Venero la Parola di Dio, l’Icona ed il Crocifisso. Traccio sulla mia persona il Segno della mia fede, il Segno della Croce, mi metto alla presenza del Signore che vuole parlarmi.
Ogni giorno è una partenza, Signore. Ogni giorno una nuova avventura. Passo dopo passo.
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Minuto dopo minuto. Di nulla ho paura se Tu sei con me ogni giorno.
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Veni, Sancte Spiritus, Veni, per Mariam.
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FATE ATTENZIONE A COME ASCOLTATE
Continua la piccola serie di lectio collegate tra di loro, liberamente tratte da
alcune riflessioni/meditazioni di padre Innocenzo Gargano, monaco camaldolese.
Buona meditazione e buona preghiera.
LECTIO Apro
la Parola di Dio e leggo in piedi i brani che mi vengono proposti. (Luca
10,38-42)
38Mentre
erano in cammino, entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò.
39Ella
aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore,
ascoltava la sua parola.
40Marta
invece era distolta per i molti servizi. Allora si fece avanti e disse:
«Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire?
Dille dunque che mi aiuti».
41Ma
il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose,
42ma
di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà
tolta».
MEDITATIO
Seduto, rileggo la Parola per più volte, lentamente.
Anche la lettura della Parola di Dio è preghiera. Siamo entrati in quella zona
più sacra e più lunga del nostro Ritiro On Line:
il grande
silenzio ! Il protagonista è lo Spirito
Santo.
Il
modo migliore per assaporare un brano delle Scritture è accoglierlo in noi
come un cibo nutriente per il nostro spirito, è avere la certezza che sia
Dio a volerci parlare per farci entrare nelle dimensioni del suo disegno di
amore e di salvezza. Se ascoltiamo attentamente la Parola potremo entrare in
un rapporto vivo con il Padre, per lasciarci plasmare dal suo stesso
"cuore".
«LA PARTE CHE NON LE SARA’ TOLTA»
Premessa
Abbiamo già parlato, nella Lectio del mese passato, dell'unità letteraria
costituita dalla pagina lucana che ha inizio con la domanda del dottore della
Legge e termina con la risposta data da Gesù a Marta, la sorella di Maria.
Abbiamo anche detto che questa unità letteraria può essere individuata grazie al
riferimento alla «eredità»; che collega l'interrogativo posto dal dottore della
Legge alla risposta data da Gesù prima con riferimento al dono della prossimità
ricevuto dal samaritano e poi con riferimento a una situazione anch'essa
emblematica, in cui vengono a trovarsi Marta e sua sorella Maria. Abbiamo già
letto la parabola del buon samaritano con un taglio particolare che ci ha
permesso di riconoscere nel malcapitato Colui che era stato estromesso dal
consorzio degli uomini, già preannunziato soprattutto nei quattro canti del
profeta Isaia (Is 42,1-9; 49,1-6; 50,4-11; 52,13-53,12) e poi riconosciuto dal
Nuovo Testamento come figura di Gesù di Nazareth. E abbiamo concluso che colui
che si fa prossimo del malcapitato, contraendo una parentela o consanguineità
con lui, si ritrova coerede dello stesso patrimonio che spetta normalmente ai
figli.
Marta e Maria: due tipologie
Proseguiamo adesso nel nostro approfondimento della pagina, rileggendo i vv.
38-42 del capitolo 10 di Luca, che
costituiscono il famoso episodio
parabolico di
Marta e
di Maria.
«Maestro,
che cosa devo fare per conseguire l'eredità della vita eterna?».
Gesù non sale in cattedra. Trasmette l'insegnamento mentre vive ciò che insegna.
In questo caso Gesù sta andando verso Gerusalemme:
«Mentre
erano in cammino, entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò»
(v. 38).
La padrona di casa sembra essere Marta. Probabilmente, Marta è la sorella
maggiore se, immediatamente dopo, si aggiunge:
«Ella
aveva una sorella di nome Maria»
(v. 39).
Nel racconto di Luca la padrona di casa è dunque Marta. È lei che accoglie Gesù
nella sua casa e il suo è un primato che non le viene tolto. Probabilmente
l'intenzionalità dell'evangelista è quella di sottolineare questo primato
dell'accoglienza fisica di Gesù da parte di Marta.
«Gesù
venne fra i suoi»
(Gv 1,11): la Parola di Dio si è fatta carne all'interno di Israele così che il
Figlio di Dio, in Gesù, è ebreo e lo è in modo definitivo. Questo privilegio non
lo toglie nessuno a Israele. Dunque Marta può essere letta come il simbolo
stesso del popolo di Israele, del popolo ebraico: è lei che è stata scelta da
Gesù perché lo potesse ricevere in casa sua.
Ma all'interno di questa realtà di Israele si può presentare una situazione
particolare in cui soltanto qualcuno, magari «il più piccolo», riesce a intuire
la straordinaria dignità di colui che è stato accolto nella casa. Perciò
immediatamente si aggiunge: «
Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore,
ascoltava la sua parola.»
(v. 39).
Dunque è Marta che riceve in casa Gesù, ma la casa di Marta è anche la casa di
sua sorella minore, Maria. Maria però non solo intuisce la grandissima dignità
dell'ospite, ma lo riconosce anche come Maestro. Perciò si pone nella situazione
della discepola «seduta ai piedi di Gesù» e, come tale, è accettata da lui.
Sedere ai piedi del Maestro
Non è la prima volta che Luca ci pone di fronte a una scena di questo tipo.
Anzi, proprio nei vangeli dell'infanzia ci aveva messi di fronte a una scena
analoga presentandoci Gesù dodicenne, appena arrivato all'età in cui per un
ragazzo ebreo scattava la dignità di poter ascoltare l'insegnamento della Torà,
seduto ai piedi dei maestri e dialogante con loro (cfr. Lc 2,46). È molto
importante tener conto di questa scena.
Purtroppo noi siamo stati abituati a vedere nel Gesù dodicenne, che si eclissa
dall'attenzione dei suoi e si nasconde in qualche modo fra i dottori del tempio,
un bambino prodigio che, messosi in cattedra, umiliava con le sue intuizioni e
il suo insegnamento i sapienti di Israele. Ma non è così!
L'evangelista vuole invece sottolineare proprio questo «sentirsi a casa sua» da
parte di Gesù dodicenne, in casa di suo Padre, dove i maestri della Legge gli
trasmettono le «dieci parole» di Dio e la loro interpretazione.
Dunque è possibile fare un confronto tra la casa identificata con il tempio, dei
vangeli dell' infanzia, e questa casa di Marta dove Maria, sorella minore di
Marta, si pone nella stessa situazione in cui si era posto Gesù dodicenne ai
piedi dei maestri di Israele. Vuol dire che adesso Maria riconosce in Gesù tutto
ciò che Gesù dodicenne aveva riconosciuto nei sapienti di Israele. Lui è ormai
la sapienza sintetizzata nella sua persona e nel suo insegnamento; perciò si
siede ai suoi piedi tutta intenta ad ascoltare: «seduta
ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola».
Ascoltare e fare silenzio
Era l'unica richiesta fatta al discepolo, perché al maestro conviene insegnare,
ma al discepolo conviene “obaudire et tacere”, “ascoltare e fare silenzio”. Noi
monaci siamo abituati a sentirci dire questa frase perché viene dalla Regola di
san Benedetto. Durante il noviziato è il maestro che insegna al discepolo, il
quale conviene, dice il testo, che si ponga semplicemente in atteggiamento di
ascolto, in sacrosanto silenzio.
Questo è l'atteggiamento di Maria. Questo era stato l'atteggiamento di Gesù nel
tempio. In quell'occasione Gesù dodicenne si era fatto talmente assorbire
dall'ascolto dei maestri che aveva dimenticato di avere un papà e una mamma. E
quando i genitori, tutti preoccupati, lo ritrovano e tentano di rimproverarlo,
cade dalle nuvole e dice: «Perché
mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?
». (Lc 2,49)
Gesù dodicenne si presenta dunque già con un atteggiamento simile a quello che
qui ritroviamo in Maria. Come se volesse dire: “Sono talmente preso dal
desiderio di non perdere neppure una goccia della sapienza che viene attraverso
questi dottori, questi maestri, che dimentico tutto il resto”. L’ascolto è un
ascolto attentissimo, un ascolto preoccupato di contenere la pienezza di tutto
l’insegnamento. Non vuol perdere nulla della eredità che è stata lasciata a
Israele concentrata e sintetizzata nell'insegnamento del Maestro.
L'atteggiamento di Maria, proprio di ogni discepolo in Israele, era stato
l'atteggiamento di Gesù dodicenne all'alba del suo essere adulto in Israele.
Accoglienza fuori dagli stereotipi
Dietro tutto questo si nasconde però un'altra affermazione estremamente
importante.
Una delle diciotto benedizioni, che ogni pio ebreo recita quotidianamente, verte
sul ringraziamento che fa il pio ebreo di essere stato creato
uomo e perciò capace di ascoltare,
studiare e mettere in pratica la Legge del Signore. La donna ha altre funzioni
all'interno di Israele, ma non ha per sé la funzione di ricevere l'insegnamento
dei maestri e di trasmetterlo attraverso l'uso della parola. Gesù, che viveva
all'interno di una simile tradizione, avrebbe potuto estromettere Maria
indicandole la sua presuntuosità. Ma non lo fa. Accetta che Maria si metta
all'interno del cerchio dei discepoli,«seduta
ai piedi del Signore», in un atteggiamento per nulla diverso da
quello che veniva richiesto a ogni discepolo. E Gesù l'accoglie. E Gesù le
riconosce questo diritto. Gesù approva questa sua libertà. Probabilmente è da
qui che occorre partire per leggere, adesso, il disappunto di Marta.
Distolta dai molti sevizi... e sola a servire
Marta è all'interno della tradizione. Marta è perfettamente ligia alla Legge.
Marta sa stare nei suoi limiti, sa contenersi all'interno di ciò che è
prescritto a una donna. Marta non ha - potremmo dire - la sfrontatezza di Maria
e si aspetta che da parte del Maestro ci sia una approvazione della sua
discrezione, della sua riservatezza, del suo restare all'interno dei propri
limiti. Tutto questo forse è possibile leggere nella frase di Luca: «Marta
invece era distolta per i molti servizi.».
Marta aveva accettato la sua condizione femminile, aveva accettato tutto ciò che
questo poteva comportare nella sua identità di donna e la generosità
la riversava
tutta nel servizio, nella «molta
diaconia». Chissà di quante piccolissime cose ha circondato Gesù perché si
sentisse pienamente a suo agio in casa sua!
Anche noi, quando arriva un ospite a cui teniamo molto, tiriamo fuori tutto il
meglio che abbiamo in casa. Deve aver fatto così anche Marta. Era talmente
felice di avere Gesù in casa sua che deve avergli profuso tutto il meglio che
aveva, mettendolo a disposizione e, possiamo
aggiungere, mettendosi a disposizione.
Situazioni analoghe
Si riscontrano spesso nella vita situazioni analoghe. Nei monasteri soprattutto,
ma anche nelle famiglie: non solo ci sentiamo al di sopra degli altri perché
abbiamo dimostrato di lavorare di più, di sacrificarci di più, di dare di più,
ma vorremmo anche che gli altri ci prendessero come modello: «Dovreste fare
tutti come me e allora le cose andrebbero certamente meglio» (in famiglia, in
comunità, nella società)! Sotto la frase di Marta: «Signore,
non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille
dunque che mi aiuti
», c'è tutto questo. Marta l'abbiamo individuata già come simbolo di Israele, e
simbolo dell'Israele osservante, simbolo dell'Israele che è tutto dedito ad
applicare le prescrizioni della Legge fino nei minimi particolari, tanto che in
questa osservanza della Legge pensa «onestamente» di poter mostrare la propria
giustizia e dunque di indicarla come modello di comportamento agli altri. Ora
aggiungiamo che non c'è maliziosità in tutto questo, ma semmai tanta ingenuità.
Tutto è vissuto all'interno di una situazione estremamente onesta.
Luca non è nuovo a questi chiaroscuri: Simone il lebbroso è un amico di Gesù
nonostante che venga attraversato dal dubbio sull'identità profetica del
Maestro, così come Marta è un'amica di Gesù nonostante che si lasci attraversare
dal dubbio sulla positività del suo atteggiamento nei riguardi di Maria. Anche
il fariseo della «parabola del fariseo e del pubblicano» credo vada letto dunque
con occhio positivo. Luca ha espressioni che potremmo leggere con meno
aggressività di quanto non siamo stati abituati a fare. Ad esempio quando Gesù
dice: «
io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori perché si convertano»
» (cfr. Lc 5,31-32), forse dovremmo scoprire nelle sue parole un rispetto enorme
per chi si ritiene giusto, onestamente si ritiene giusto, per chi si ritiene
sano. Gesù non li condanna. Rivendica solo una libertà diversa.
Gesù chiamato in causa
Gesù nella sua risposta rompe tutto, non ci sono più confini:
«Signore,
non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille
dunque che mi aiuti
».
Certi convincimenti sono talmente inammissibili che sboccano nell'imposizione di
prassi e di leggi tese a evitare drasticamente qualunque apertura delle
frontiere. Ripeto, non occorre vedere maliziosità in tutto questo: chi lo fa
crede di agire in modo estremamente onesto. Ciò non toglie che questa onestà sia
vissuta all'interno di un limite egoistico che Gesù è venuto a superare, a
infrangere e condannare definitivamente.
«Dille
dunque che mi aiuti!»:
costringi anche lei, cioè, all'interno dei miei stessi criteri di definizione di
ciò che è giusto (caccialo fuori dalla scuola, che stia con i suoi pari,…).
Ma Gesù le rispose, e io credo che in questa risposta ci sia la sintesi di tutto
ciò che l'evangelista ha voluto dirci finora:
«Marta,
Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose
».
È questo che le impedisce di constatare nella scelta di Maria la libertà che
permette di sperimentare finalmente, nella propria vita, la stessa libertà di
Dio. Marta si è talmente avviluppata, talmente imprigionata all'interno di tutte
queste convenzioni, che non riesce ad avere il distacco necessario per osservare
la realtà a 360°. E dunque non riesce più a capire ciò che è importante e ciò
che non lo è; ciò che è essenziale e ciò che è superfluo; ciò che appartiene al
cuore stesso della realtà e ciò che è soltanto contorno. Ha identificato il
centro con la periferia, l'essenziale con il superfluo e, naturalmente, si è
persa nel suo labirinto.
Succede spesso che si rincorrano le superfluità e si trasformino in necessità,
al punto da sentirsi incapaci di fare a meno di tutti i comfort che secondo
l'opinione pubblica, secondo gli schemi della moda culturale corrente, sono un
dovere per potersi sentire membri accettati da questa società.
«Marta,
Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno
».
Di che cosa c'è bisogno?
Non è un rimprovero quello che Gesù fa a Marta. Semplicemente Gesù richiama
Marta alla libertà di cui intende fruire per seguire i criteri della gratuità.
Non c'è nessun rimprovero e non c'è neppure alcuna contrapposizione (come
potremmo immaginare noi) tra Marta e Maria. Estremo rispetto, dunque, per tutto
ciò che nella mentalità di Marta costituisce, in onestà, il suo modo di essere
di fronte a Dio. C'è però rivendicazione - questa sì - da parte di Gesù di
venire incontro a chi vive all'interno di una sensibilità, di una situazione, di
una decisione diversa, senza lasciarsi condizionare dai diritti acquisiti da
coloro che si sono comportati bene e secondo giustizia.
È da questa libertà di Dio che nasce la libertà dell'altro. Gesù concede a Maria
di stare ai piedi come discepola. È stata la libertà di Gesù che ha creato la
libertà di Maria!
La magnifica eredità
A questo punto si inserisce la dichiarazione fondamentale: «
Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».
Maria si è scelta l'eredità migliore (si è scelta la bella, la buona, eredità).
Torniamo di nuovo alla distribuzione delle terre fatta da Giosuè (ne abbiamo
parlato nella lectio precedente). Ognuno aveva tentato di accaparrarsi i
territori migliori, ma nessuno era stato così furbo o privilegiato come Levi che
aveva scelto unicamente il Signore!
Ecco Maria! Maria ha scelto l'eredità per eccellenza, ha scelto il Signore e nel
Signore ha avuto tutto il resto; gli altri, invece, avendo scelto tutto il
resto, hanno rischiato, e tuttora rischiano, di non avere lui. Ecco perché Maria
ha scelto il territorio buono, il terreno fertile: perché ha scelto il Signore:
«Tu sei la
mia parte e la mia eredità» (cfr. Sal 15,5).
Ed è ovvio che Gesù non possa non rispettare la scelta di Maria. È infatti la
scelta che gli sta più a cuore. È la scelta che la fa sentire più vicina. È la
scelta che Gesù si attendeva anche da Marta.
La scelta dell’ “unum”, del Signore
Dunque questa «parte buona», scelta da Maria, è l'unum, è il Signore. E
scegliendo il Signore, ha scelto di amarlo «con
tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutte le forze».
Nello Shemà di Israele tutto deriva dall'affermazione dell'unum: «Io
sono l'unico, io ti ho tratto dalla terra d'Egitto (cfr. Sal
80,11). Io ti
ho condotto nella terra promessa». Perciò: «
amerai il
Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutte le
tue forze» (cfr. Dt 6,4-5). Legandoci a lui, aderendo unicamente
a lui, non ci stacchiamo dai fratelli, ma semmai li leghiamo più fortemente a
noi con la stessa forza che riceviamo da lui. Non c'è dunque una
contrapposizione tra «vita attiva» e «vita contemplativa». Non c'entra proprio!
Gregorio Magno, nella sua Regola pastorale, sottolinea con molta insistenza
quest'unità nell’unum. È ovvio che l'amore si espande. I problemi nascono
soltanto quando non c'è amore, perché in questo caso l'attività diventa
attivismo e, tutto sommato, poco utile. Quando invece c'è amore, l'amore per
natura sua tende a riversarsi in generoso servizio dei fratelli.
I grandi santi hanno sperimentato sempre l'unità di queste due tensioni. Un
autentico missionario non può non essere anche un autentico uomo di preghiera.
E, d'altra parte, un autentico uomo di preghiera - dal momento che è la luce
accesa dal Signore che non può restare nascosta - non può essere posto sotto il
tavolo, ma deve essere messo sopra il candeliere perché illumini l'intera casa
(cfr. Mt 5,15).
ORATIO
Domando umilmente di poter essere coerente con le indicazioni emerse dalla
meditatio. Esprimo fede, speranza, amore. La preghiera si estende e diventa
preghiera per i propri amici, per la propria comunità, per la Chiesa, per tutti
gli uomini. La preghiera si può anche fare ruminando alcune frasi del brano
ripetendo per più volte la frase/i che mi hanno fatto meditare.
Spesso, o Signore, ho desiderato essere altro.
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la bellezza del creato
(don Dario, stralcio da “un minuto con Dio”) |
CONTEMPLATIO
Avverto il bisogno di guardare solo a Gesù, di lasciarmi raggiungere dal suo
mistero, di riposare in lui, di accogliere il suo amore per noi. È l’intuizione
del regno di Dio dentro di me, la certezza di aver toccato Gesù. È
Gesù che ci precede, ci accompagna, ci è vicino, Gesù solo! Contempliamo in
silenzio questo mistero: Dio si fa vicino ad ogni uomo!
Per Cristo, con Cristo e in Cristo a te, Dio Padre Onnipotente,
nell’unità dello Spirito Santo,
ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoli.
Amen
AGGIUNTINA
Spunti per valide riflessioni possono venire dalle fonti meno aspettate…
nella libertà dello Spirito che soffia dove vuole.
Mi permetto di suggerire una simpatica “scenetta” sul tema “Marta e
Maria” scaturita dall’umorismo, ma anche dalla saggezza, di Giovanni
Scifoni (attore, scrittore, drammaturgo teatrale).
Andate su “www.youtube.com”
e nel campo di ricerca scrivete “giovanni
scifoni santa marta”.
Il link diretto è “https://www.youtube.com/watch?v=ZxcyY-y_pa8”.
E’ interessante, nella seconda parte del breve video, la considerazione
di quanto sia importante “ricalibrare” la mèta quando ci si accorge che
gli obbiettivi fissati si allontanano anziché avvicinarsi… (e a chi non
è mai capitato?)
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ACTIO
Mi impegno
a vivere un versetto di questi brani, quello che mi ha colpito di più.
Si compie concretamente un’azione che cambia il cuore e converte la vita. Ciò
che si è meditato diventa ora vita!
Prego con la Liturgia delle Ore, l’ora canonica del giorno adatta al momento.
Concludo il momento di lectio recitando con calma la preghiera insegnataci da
Gesù: Padre Nostro...
Arrivederci!
(spunti liberamente tratti da una lectio di padre Innocenzo Gargano, monaco
camaldolese)