RITIRO ON LINE - ottobre 2022 |
Venero
la Parola di Dio, l’Icona ed il Crocifisso. Traccio sulla mia
persona il Segno della mia fede, il Segno della Croce, mi metto alla
presenza del Signore che vuole parlarmi.
Basta uno sguardo per scoprire il dono,
sentirsi dono, vivere nel dono.
(Un minuto con Dio)
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INCONTRI DI GESU’ LUNGO LE STRADE POLVEROSE DELLA PALESTINA
In
parrocchia recentemente è stata proposta una serie di Lectio incentrata sugli
incontri di Gesù con alcuni “personaggi” colti nella concretezza della loro vita
quotidiana, narrati nel Vangelo di Luca. Sono dei “ritratti dal vivo”! In questi
personaggi si possono riscontrare molti
aspetti presenti anche nella vita di ciascuno di noi, nonostante la
distanza temporale. Sono spazi di
concreta umanità ma anche di svelamento della verità.
LECTIO
Apro la Parola di Dio e leggo in piedi i brani che mi vengono proposti.
57
Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada». 58E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo».59
A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». 60Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio».61
Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». 62Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio».
MEDITATIO
Seduto, rileggo la Parola per più volte, lentamente.
Anche la lettura della Parola di Dio è preghiera. Siamo entrati in quella zona
più sacra e più lunga del nostro Ritiro On Line:
il grande
silenzio! Il protagonista è lo Spirito
Santo.
Il
modo migliore per assaporare un brano delle Scritture è accoglierlo in noi
come un cibo nutriente per il nostro spirito, è avere la certezza che sia
Dio a volerci parlare per farci entrare nelle dimensioni del suo disegno di
amore e di salvezza. Se ascoltiamo attentamente la Parola potremo entrare in
un rapporto vivo con il Padre, per lasciarci plasmare dal suo stesso "cuore"
GESÙ, E ALCUNE PERSONE IN PROCINTO DI SEGUIRLO
IL CONTESTO DELLA
SCENA
Il racconto si apre con l’indicazione che Gesù e i suoi discepoli stanno
camminando: «Mentre
camminavano per la strada».
Poco sopra, al v. 9,51, il cammino era già iniziato, nell’avvio verso
Gerusalemme: «Mentre
stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, egli prese la
ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme.»
Gesù si dirige decisamente verso la città santa. Stanno per compiersi i giorni
della sua dipartita.
La «strada»
è caratterizzata dalla salita verso il luogo dove lo attende la croce. Una
strada non facile, per intraprendere la quale Gesù ha dovuto prendere una
FERMA DECISIONE,
per indicare la fermezza e la forza con cui affronta il suo destino.
TRE PERSONE SI ACCOSTANO A GESU’
Mentre il Maestro, in compagnia dei suoi discepoli, è in cammino, si accostano,
uno dopo l’altro, tre individui dei quali Luca non offre alcuna indicazione
utile per poterli identificare: non dice il nome, né la professione, né l’età,
né a quale gruppo sociale appartengano. Matteo, che racconta un episodio simile,
segnala solo due persone: notifica che uno è scriba e l’altro un discepolo. Per
Luca sono semplicemente tre individui, che impersonano tutti coloro che hanno
intenzione di seguire il Figlio dell’uomo.
Da notare che Gesù è “in cammino”, in atteggiamento mobile e di tensione; ne
consegue che chi vuole stargli vicino per vivere con lui, deve mettersi in
movimento e seguire anch’egli il Maestro. Questo aspetto è importante per
un’autentica concezione del cristianesimo quale discepolato di Cristo. Il tema
del cammino, sia spirituale e interiore, sia fisico, costituisce il cuore stesso
della vita cristiana pensata in modo dinamico, come un avanzare lungo la via del
Signore per andare dietro a lui e collaborare con lui.
LA PRIMA PERSONA E LA PROSPETTIVA DEL FIGLIO DELL’UOMO
«Un
tale gli disse: “Ti seguirò dovunque tu vada”».
Balza subito agli occhi l’intraprendenza di questa persona, che spontaneamente
si impegna a seguire Gesù. Questo comportamento non rispecchia la consuetudine
di Gesù che chiama di sua iniziativa i discepoli. Tuttavia con ciò questa
persona fa vedere di essere desideroso di accompagnarlo dovunque si diriga. Si
sente pronto, idoneo, non ha legami, è libero per partire con lui. Dimostra
un’incondizionata disponibilità. Ovunque si muova il Maestro, è disposto a
seguirlo.
Si sa che Gesù è diretto verso Gerusalemme. Il suo cammino, come quello del
discepolo che lo segue, non comporta il girovagare a caso di chi non si ferma in
alcun posto perché non vuole legarsi a niente e a nessuno.
Non è il caso di Gesù, il quale va in molti villaggi, è vero, ma l’orientamento
del suo cammino è sempre lo stesso. Egli ha davanti a sé un traguardo preciso
dal quale non si lascia deviare. É un viandante senza fissa dimora, tuttavia sta
fermo nel suo proposito: fare la volontà del Padre.
Quel tale che gli si accosta si dichiara pronto a partire con lui, desidera far
parte del gruppo dei discepoli più stretti. É disposto a percorrere ogni luogo
assieme al suo Maestro da poco conosciuto.
Il discepolo non si spaventa del futuro, non si preoccupa di sapere quali
saranno le difficoltà che dovrà affrontare, né cerca di conoscere in quale luogo
dovrà porre la sua dimora. L’unica cosa essenziale per lui è quella di stare con
il Maestro. Mostra un evidente distacco dalle preoccupazioni riguardo al futuro,
che invece sono fonte di ansia per tanti uomini.
La risposta di Gesù sembra smorzare l’entusiasmo e mettere alla prova
l’apparente e totale disponibilità di quella persona; prospetta in effetti un
cammino arduo, con l’intento di non creare illusioni in colui che vuole
seguirlo, affinché non si trovi poi deluso o amareggiato.
La mente dell’uomo è portata a fantasticare sul futuro, sperandolo migliore del
presente, oppure si slancia verso l’avvenire per sfuggire alla concretezza del
presente. Per frenare o allontanare queste possibili evasioni, Gesù risponde con
parole forti e crude: «Le
volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio
dell’uomo non ha dove posare il capo».
L’uomo che si accosta a Gesù è già consapevole che seguirlo implica l’impegno di
una vita itinerante. Per questa ragione è pronto ad andare ovunque lui vada. Ma
il Maestro precisa che il suo cammino è caratterizzato da imprevisti come quello
di “uno senza patria”. A partire dalla sua nascita a Betlemme, fuori del suo
paese, il Cristo di Dio conduce la vita dello straniero e del viandante. Ciò
comporta che la sequela non sia semplicemente definita dalla povertà, né dalla
fatica di una vita peregrinante; più radicalmente, essa denota l’insicurezza
umana, la precarietà, l’assenza di un rifugio stabile e tranquillo.
Il breve dialogo tra quel tale e Gesù è filtrato da una impercettibile tensione:
l’uno confessa di essere disponibile ad andare ovunque, l’altro sposta
l’attenzione sul “fermarsi”, sul luogo dove posare il capo. Dichiara che questo
luogo non esiste per il Figlio dell’uomo. Il punto determinante non è tanto la
peregrinazione, che lo sconosciuto aveva mostrato di accettare, quanto la
provvisorietà di ogni luogo raggiunto; non è questione di prontezza per andare
dovunque, ma di consapevolezza di non saper mai dove sostare e rifugiarsi. Gesù
afferma che nessuna località, in cui si è pervenuti, porta le caratteristiche di
un nido o di una tana, di un asilo sicuro per lui e per chi lo segue.
Per il Maestro la sequela è il cammino che egli stesso percorre per svolgere la
sua missione. Il discepolo, che lo vuole seguire, deve anzitutto fissare bene lo
sguardo su di lui per vedere le connotazioni presenti nel suo cammino.
Gesú é il Figlio dell’uomo, titolo che ha una valenza particolare, ricca di
risonanze messianiche. Indica il Messia-Signore, la cui venuta segna la grande
svolta, inaugura finalmente la signoria di Dio sul mondo. Gesù fa appello a un
titolo prestigioso cui spetta potestà, dominazione, regno. Sarebbe stato comodo
farsi di esso un’idea trionfalistica.
Per evitare tale errore Gesù specifica che il Figlio dell’uomo «non
ha dove posare il capo».
Nasce subito la sorpresa, lo stupore: com’è possibile che il Figlio dell’uomo
non abbia dove posare il capo, lui che é il Signore e il Messia?
Da un lato Gesù non nasconde la sua grandezza; dall’altro fa emergere la
debolezza della sua esistenza. Egli porta con sé la duplice componente di un
essere superiore ed eccelso, congiunto a un’esistenza di stenti, di povertà, di
provvisorietà. É il mistero di Gesú, che ancora una volta si ripropone a chi lo
vuole seguire. Lo scandalo non sta tanto nel fatto che egli richieda al
discepolo la disponibilità a lasciare ogni sicurezza, ma che lui stesso abbia
scelto un’esistenza del tutto precaria.
Gesù dice che perfino gli animali hanno un rifugio, lui no. La sua condizione
messianica non é paragonabile nemmeno a quella degli animali che a fine giornata
ritornano comunque al loro nido. Il suo cammino invece è carico di imprevisti,
esposto continuamente al rifiuto e al fallimento, come mostra l’episodio
antecedente, dove un villaggio di samaritani nega l’ospitalità a lui e ai
discepoli.
Il racconto non ha l’interesse di riferire l’esito dell’incontro, ma di mettere
in luce il senso della sequela cristiana: ciascun discepolo è chiamato a
condividere con il Figlio dell’uomo lo stesso destino di insicurezza e di
precarietà. Come per il Figlio dell’uomo così per ogni suo discepolo la verità
resta questa: tutto sulla terra è sotto il segno della provvisorietà. L’unica
cosa necessaria è quella di essere con Gesù, che solo offre sicurezza.
UN’ALTRA PERSONA E L’URGENZA DEL REGNO DI DIO
La seconda parte del brano introduce un altro personaggio. In essa l’idea
fondamentale non riguarda l’orientamento verso il futuro come la precedente, ma
richiama il momento presente.
Considera il tempo dell’azione e ciò che è necessario e urgente fare oggi.
Il discepolo è chiamato a compiere una missione di primaria importanza, quella
di annunciare il regno di Dio.
A differenza della situazione antecedente, in questo caso è Gesù che interviene
per primo e chiama, invitando alla sequela: «A
un altro disse: “Seguimi”».
La disponibilità dell’interpellato sembra certa. L’unica clausola che pone è la
legittima richiesta di una dilazione, uno spazio di tempo utile per compiere la
sepoltura di suo padre: «Signore,
permettimi di andare prima a seppellire mio padre».
Non è chiaro se la proroga gli serva per prendersi cura del padre fino alla
morte o se debba rendere l’estremo saluto al padre appena morto. Egli reclama
semplicemente l’opportunità di poter eseguire il dovere di figlio, provvedendo
all’inumazione di suo padre (o all’assistenza, in attesa della dipartita).
Nell’ambiente giudaico, come ovunque, l’obbligazione di un figlio nei confronti
di un genitore morto era doverosa e sacra; seppellire i propri morti era
considerato un dovere essenziale.
Gesù in modo sorprendente gli ribatte: «Lascia
che i morti seppelliscano i loro morti».
Luca, a differenza di Matteo, aggiunge la frase: «
…tu invece va’ e annuncia il regno di Dio».
Nella missione di Cristo l’amore per il regno di Dio viene prima di tutto.
Nulla può anteporsi alla chiamata divina. Anche la morte di un genitore assume
un valore secondario e relativo. Gesù stesso non andrà al funerale dell’amico
Lazzaro per accompagnarlo al sepolcro, ma vi andrà dopo, per donare a lui la
vita e la risurrezione. La sepoltura dei morti diventa un fatto meno importante
dal momento in cui Gesù apre le porte della morte a se stesso e a coloro che lo
seguono. La venuta del regno di Dio attesta precisamente che la morte è stata
sconfitta e la vita vera ha fatto irruzione sulla terra. Occorre dunque andare
verso la vita. Seguire Cristo significa esattamente incamminarsi sulla strada
che conduce alla vittoria sulla morte. Il discepolo non può restare imprigionato
entro le strettoie terrene, lasciandosi condizionare da ciò che sa di morte e
che dalla morte è sopraffatto. Egli, più che inumare i morti, avrà il compito di
farli vivere in Cristo.
Con questo Gesù non intende certo abolire un dettato della legge, né
correggerlo. Afferma che è giunto qualcosa che sta sopra: il regno di Dio, il
cui primato non ammette eccezioni. Se così non fosse, l’affermazione «lascia
che i morti seppelliscano i loro morti»
non avrebbe alcun senso, anzi potrebbe suonare irriverente. Il regno di Dio, di
cui Gesù si fa annunciatore e testimone, comporta un valore assoluto, in quanto
è la salvezza e la vita per l’uomo.
Se tutti si attardano nella tumulazione dei defunti, nessuno si prende l’impegno
di annunciare la venuta di Cristo e di fatto la vita non viene irrorata sulla
terra.
Ne segue tristemente che sempre più morti seppelliranno altri morti, cosicché
l’umanità resterà inchiodata alla morte. La cosa più importante e urgente, da
fare subito oggi, senza rimandare a domani, è quella di diffondere il Regno.
Il brano evangelico, successivo a questo, descrive la missione di 72 discepoli,
inviati da Gesù per annunciare il regno di Dio tra gli uomini. Dall’accostamento
dei due brani traspare il collegamento tra la sequela di Cristo e la missione
del discepolo. Seguire Gesù, lasciando tutto e tutti, non implica la separazione
o il distacco, ma l’instaurazione di un rapporto più vero e profondo: quello di
farsi vicino alle creature per trasmettere loro la salvezza portata da Cristo. I
discepoli, andando dietro a Gesù, si portano verso gli uomini, quali
annunciatori e testimoni della buona notizia. Si allontanano dalle creature
umane per tornare tra di esse, ma devono partire, subito, con urgenza: seguire
Cristo è la condizione primaria e assoluta, perché è lui che, a sua volta, li
invia nel mondo ed è lui che attua il regno di Dio.
«Tu
invece va’ e annuncia il regno di Dio»,
conclude deciso Gesù. Il verbo «annunciare» è posto all’imperativo presente, per
indicare che il regno deve essere annunciato senza soste, in continuazione, come
una funzione che non può essere interrotta, né basta compierla solo alcune volte
o solo in situazioni di emergenza.
«Và»,
segnala la modalità dell’annuncio. Esso va fatto mentre si cammina e si va lungo
la strada della vita. In ogni circostanza dell’umana esistenza l’annuncio del
vangelo non deve mancare. Si tratta di andare, di procedere tra gli uomini,
annunciando l’amore di Gesù.
LA TERZA PERSONA E LA PERSEVERANZA NELLA SEQUELA
Un altro sconosciuto si accosta a Gesù per seguirlo, ma prima desidera
accomiatarsi dai familiari, dai parenti, dagli amici, «da
quelli di casa mia»
che simboleggiano la realtà più amata. Un’esigenza, questa, che rientra nella
logica e nella natura delle cose. Ogni uomo, che dà una svolta alla vita o che
intraprende qualcosa di nuovo, usa congedarsi dalle persone care. Anche Eliseo,
chiamato da Elia, saluta quelli di casa e poi si mette al seguito del profeta
come servitore (1Re 19,19-21).
Alla legittima richiesta di quell’individuo, Gesù risponde con una frase
proverbiale: «
Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno
di Dio
». Queste parole si riferiscono alla vita agricola, dove il contadino, se vuole
arare in modo lineare e se intende dissodare efficacemente la dura terra, deve
mettere tutto l’impegno sia con il corpo sia con l’animo sul suo attrezzo di
lavoro. Non può permettersi di volgere lo sguardo a destra o a sinistra, né
tanto meno di voltarsi indietro o di perdersi in chiacchiere, con il pericolo di
smarrire l’orientamento giusto.
Similmente nel lavoro apostolico sono nocivi i rinvii, le distrazioni, le
nostalgie. Non c’è tempo da perdere. L’ingresso al Regno non tollera indugi per
chi ne vuole essere idoneo.
Con il richiamo a non voltarsi indietro Gesù mette in guardia il discepolo
contro il pericolo di tornare al passato, di ripiegare l’animo alla vita
trascorsa, di indulgere a pensieri che lo legano a realtá ormai vissute e che
hanno svolto il loro compito.
Il contadino, mentre ara, non puó guardare indietro: deve prendere sul serio
quello che sta facendo. Il regno di Dio, quale valore escatologico, assorbe
tutto l’uomo e tutte le sue energie. In questo senso il voltarsi indietro
costituisce una forte seduzione. Significa rimettere in discussione la chiamata,
perdere la certezza della decisione alla sequela. Ripiegarsi sul passato, anche
sotto il pretesto di motivazioni buone, può nascondere l’indifferenza a cogliere
oggi il modo e il luogo dove Dio chiama a vivere e a operare con coraggio e
determinazione.
LA VOLONTA’ DI ESSERE DISCEPOLO
Nei tre casi analizzati si nota una certa contrapposizione tra la disponibilità
del discepolo e la proposta di Gesù, come se l’una volesse condizionare la
determinatezza dell’altra. Si vede che ognuno dei tre personaggi intende sì
seguire il Signore, ma pone delle clausole, mentre il Maestro rimarca con
nettezza l’esigenza e l’urgenza della chiamata senza compromessi o
patteggiamenti.
Tutto ciò fa intendere che la sequela di Gesù assume un valore del tutto
particolare. La differenza non sta tanto in una maggiore radicalità della
sequela, quanto in un diverso modo di porsi di fronte ad essa; l’uomo è invitato
a seguire Gesù che è la presenza e l’attuazione della salvezza messianica
definitiva.
Gesù parla in modo paradossale per evidenziare la rottura e il superamento del
suo annuncio sugli schemi del comune ragionamento, anche su una religiosità di
sapore conformista e consuetudinario. Le sue dichiarazioni appaiono
irragionevoli se considerate alla luce della riflessione puramente umana, ma
diventano ovvie se osservate dal punto di vista della novità portata da Cristo e
della sua assolutezza.
Dal primo episodio
si ricava che il futuro non può essere atteso come se portasse una situazione
esistenziale di tranquillità, poiché contrasta con quanto dice Gesù che il
Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo. Occorre vivere l’oggi precario,
senza ipotizzare situazioni di comodo e di quieto posizionamento.
Il secondo episodio
offre una luce sul presente, carico di cose da fare, pieno di tanti impegni
anche buoni, dei quali però non si riesce a capire quale sia quello
fondamentale; si va dietro alle contingenze della vita. Gesù afferma che c’è una
sola cosa necessaria: annunciare il Regno, ovunque uno si trovi a vivere la
propria esistenza. Il Regno proclamato da Gesù porta la vita vera, in modo che
chi l’accoglie si mette dalla parte della vita. Per questo i vivi non devono
tornare a vivere da morti con i morti. Gesù esorta il discepolo a distaccarsi
dalla morte per aprirsi alla vita.
Il terzo episodio avverte che il passato non può prevalere sul presente; esso non deve riaffiorare per impedire di vivere il momento attuale in cui Dio interviene e chiama alla salvezza. L’uomo attento non si volge indietro, ma cammina in avanti, perché ha messo mano all’aratro ed è pronto a dissodare il terreno per piantarvi e farvi crescere il seme del regno di Dio annunciato e portato da Cristo.
ORATIO
Domando umilmente di poter essere coerente con le indicazioni emerse dalla
meditatio. Esprimo fede, speranza, amore. La preghiera si estende e diventa
preghiera per i propri amici, per la propria comunità, per la Chiesa, per tutti
gli uomini. La preghiera si può anche fare ruminando alcune frasi del brano
ripetendo per più volte la frase/i che mi hanno fatto meditare.
Che questa fatica
non è inutile.
Che questa sofferenza
ha un senso.
Che questa attesa
ha una speranza.
Che ogni uomo
è un incontro col mistero.
|
Che per il mondo è
possibile una salvezza.
Che questo tempo è un traghetto per l’eternità.
Se lo dici Tu, Signore,
allora ci credo.
(un minuto con Dio) |
CONTEMPLATIO
Avverto il bisogno di guardare solo a Gesù, di lasciarmi raggiungere dal suo
mistero, di riposare in lui, di accogliere il suo amore per noi. È l’intuizione
del regno di Dio dentro di me, la certezza di aver toccato Gesù. È Gesù che ci
precede, ci accompagna, ci è vicino, Gesù solo! Contempliamo in silenzio questo
mistero: Dio si fa vicino ad ogni uomo!
Per Cristo, con Cristo e in Cristo a te, Dio Padre
Onnipotente,
nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria per tutti
i secoli dei secoli.
Amen
ACTIO
Mi impegno a
vivere un versetto di questi brani, quello che mi ha colpito di più.
Si compie concretamente un’azione che cambia il
cuore e converte la vita. Ciò che si è meditato diventa ora vita!
Prego con la Liturgia delle Ore, l’ora canonica
del giorno adatta al momento.
Concludo il momento di
lectio recitando con calma la preghiera insegnataci da Gesù: Padre Nostro...
Arrivederci!
(tratto
da Lectio sul Vangelo di Luca proposte in parrocchia)
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