Venero la Parola di Dio, l’Icona ed il Crocifisso. Traccio sulla mia persona il Segno della mia fede, il Segno della Croce, mi metto alla presenza del Signore che vuole parlarmi.
In questa sera in penombra passa accanto a me. Cerco cose nascoste ai dotti, ai sapienti e anche a me.
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Un venticello leggero possa soffiare su di noi e sussurrarci ancora che ci sei.
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Veni, Sancte Spiritus, Veni, per Mariam.
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FATE ATTENZIONE A COME ASCOLTATE
Continua (e termina) la piccola serie di lectio collegate tra di loro, liberamente tratte da
alcune riflessioni/meditazioni di padre Innocenzo Gargano, monaco camaldolese.
Buona meditazione e buona preghiera.
LECTIO Apro
la Parola di Dio e leggo in piedi i brani che mi vengono proposti. (Luca
19,1-10)
1Entrò
nella città di Gerico e la stava attraversando,
2quand’ecco
un uomo, di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco,
3cercava
di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era
piccolo di statura.
4Allora
corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomoro, perché doveva
passare di là.
5Quando
giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zaccheo, scendi subito,
perché oggi devo fermarmi a casa tua».
6Scese
in fretta e lo accolse pieno di gioia.
7Vedendo
ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!».
8Ma
Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che
possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto».
9Gesù
gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è
figlio di Abramo.
10Il
Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».
MEDITATIO
Seduto, rileggo la Parola per più volte, lentamente.
Anche la lettura della Parola di Dio è preghiera. Siamo entrati in quella zona
più sacra e più lunga del nostro Ritiro On Line:
il grande
silenzio ! Il protagonista è lo Spirito
Santo.
Il
modo migliore per assaporare un brano delle Scritture è accoglierlo in noi
come un cibo nutriente per il nostro spirito, è avere la certezza che sia
Dio a volerci parlare per farci entrare nelle dimensioni del suo disegno di
amore e di salvezza. Se ascoltiamo attentamente la Parola potremo entrare in
un rapporto vivo con il Padre, per lasciarci plasmare dal suo stesso
"cuore".
L'apparire della salvezza
Questa pagina, molto bella, è forse fra le più conosciute
dell'evangelista Luca: è
chiamata la «pagina di Zaccheo» e in realtà è la pagina che apre alla speranza
il cuore di Gesù.
Gesù lungo l'itinerario dalla Galilea verso Gerusalemme non aveva raccolto, in
fondo, molti frutti. Aveva avuto però qualche soddisfazione sulla strada di
Gerico, quando guarito un cieco, figlio di Timeo, quell'uomo, vistosi guarito,
aveva deciso di seguire Gesù (cfr. Lc18,35-36). Era stata certamente una grossa
soddisfazione. Ma Gesù forse si aspettava molto di più. L'ingresso in Gerico gli
avrebbe aperto il cuore alla speranza grazie a un uomo di nome Zaccheo,
probabilmente uno dei personaggi più importanti del paese.
L'evangelista Luca dice che Gesù dopo l'incontro con Zaccheo «camminava
davanti a tutti salendo verso Gerusalemme.»
(Lc 19,28), perché vedeva già emergere all'orizzonte Gerusalemme, luogo per
eçcellenza della realizzazione messianica (cfr. Lc 19,11). Proprio come quando
qualcuno è sulla riva del mare e si accorge, scrutando l'orizzonte, che sta
arrivando una nave ed è già sicuro del suo arrivo in porto, nonostante che si
intraveda appena la cima dell'albero più alto della nave, così anche Gesù vede
nel «piccolo» Zaccheo, che ha tirato giù dal sicomoro, l'inizio
dell'affermazione definitiva del regno di Dio.
La conversione di Zaccheo, nella lettura di Luca, è proprio questa «nave che
appare all'oriz zonte». Lo si può verificare immediatamente al v. 11 della
nostra pagina:
«Mentre
essi stavano ad ascoltare queste cose, disse ancora una parabola, perché era
vicino a Gerusalemme ed essi pensavano che il regno di Dio dovesse manifestarsi
da un momento all’altro».
Infatti il verbo greco che noi traduciamo con «manifestarsi», è il verbo tecnico
- dicono gli esegeti - utilizzato per indicare l'«avvicinarsi di una nave
all'orizzonte». Gesù si è appena commosso di fronte alla conversione di Zaccheo,
che già intravede in questa conversione l'inizio del regno di Dio. È molto
importante tener presente questa «convinzione» e questo «stupore» di Gesù,
mentre ci mettiamo di fronte all'episodio, bellissimo, di Zaccheo il pubblicano.
Cerchiamo di approfondirlo insieme.
Una bella inclusione
All'inizio e alla fine di questa pagina incontriamo un medesimo verbo che apre e
chiude la pagina stessa: è il verbo «cercare». La pagina inizia con la decisione
di Zaccheo di vedere Gesù, dall'alto di un albero:
«Cercava
di vedere chi era Gesù» (v. 3).
E si conclude con la descrizione del tentativo di Gesù di «cercare
e salvare ciò che era perduto» (v. 10).
Luca è maestro nel descrivere simili capovolgimenti. All'inizio sembra che colui
che cerca sia Zaccheo, in realtà chi stava cercando Zaccheo era proprio Gesù.
Anche nella pagina su Marta e Maria Luca aveva giocato in modo analogo: sembrava
che fosse Marta a dover dare qualcosa a Gesù, in realtà poi, alla fine, era Gesù
che aveva dato la parte buona a Maria. Potremmo trovare altre pagine in cui Luca
sembra quasi divertirsi nel capovolgere le situazioni iniziali o
nell'individuare una profondità diversa da ciò che appare in superficie nel modo
di essere, di fare o di parlare di Gesù. Cerchiamo di tener presente tutto
questo e visualizziamo la scena.
Situazioni concrete
Luca ha uno stile fortemente legato alle situazioni concrete: Gesù osserva un
contadino che semina (cfr. Lc 8,5); osserva dei pescatori che pescano (cfr. Mc
1,16 e Lc 5); osserva qualcuno intento a contrattare al banco delle tasse (cfr.
Mc 2,14 e Lc 5); osserva una vedova che getta l'ultimo spicciolo nel tesoro del
tempio (cfr. Lc 21,2). Gesù osserva la storia del quotidiano e, leggendo dentro
la storia, propone il suo messaggio. Gesù sembra convinto che il messaggio che
Dio vuole trasmettere al mondo sia nascosto nel quotidiano, proprio come il
lievito nascosto da una donna nella massa della farina (cfr. Lc 13,20-21). Lo
sguardo di Gesù, che io definisco «contemplativo», è capace di scoprire la
presenza di un senso nel quotidiano, che abitualmente sfugge ai più, e tenta di
educare i suoi discepoli a fare altrettanto.
Lo abbiamo visto a proposito della parabola del seminatore: «A
voi è dato conoscere i misteri del regno», non a «quelli di
fuori», perché quelli di fuori restano appunto «fuori»: non avendo l'occhio
contemplativo, non riescono ad andare oltre la superficie dei fatti, la
superficie della cronaca, la superficie della normalità, della quotidianità
della vita. Gesù sconvolge proprio per questa sua capacità di penetrare nel
cuore delle cose e dei fatti, che cadono sotto gli occhi di tutti nella banalità
del quotidiano. È una caratteristica di Gesù.
Lo aveva già profetizzato il vecchio Simeone a Maria: «
Ecco, egli è qui … affinché siano svelati i pensieri di molti cuori
» (Lc 2,35). Gesù riesce ad andare oltre il confine, oltre il limite al quale si
fermano abitualmente tutti gli altri. Perciò scopre la sofferenza profonda della
prostituta (cfr. Gv 8,3-11), scopre il desiderio profondo di liberazione di un
peccatore, scopre il desiderio di libertà del figlio che scappa via di casa
(cfr. Lc 15,11-12); scopre perfino la preoccupazione che ha l'amministratore che
sa di non essere stato fedele fino in fondo all'impegno preso con il suo padrone
(cfr. Lc 16,1-12) e corre ai ripari. Gesù è dunque qualcuno che sa leggere
oltre, sa andare oltre. Nell'episodio di Zaccheo abbiamo una verifica di tutto
questo.
Desiderio di cercare
Possiamo immaginarcelo quest'uomo più basso della media, magari anche corposo,
abituato com'era a stare sempre seduto al banco delle tasse. Possiamo divertirci
nel vederlo sgomitare, lui che si sentiva tanto importante, perché era molto
ricco, ma non riusciva a emergere come avrebbe voluto per poter incontrare,
individuare Gesù. Fermiamoci un attimo per tentare di capire come mai questo
desiderio così incontenibile da parte di un uomo che agli occhi della gente
aveva tutto: era il ricco del villaggio, era colui che si poteva permettere
tutto, anche se, poveretto, non si poteva permettere di aggiungere un solo
centimetro alla sua statura. Forse proprio questo limite poteva averlo condotto
alla consapevolezza di un limite che solo Dio avrebbe potuto colmare.
A partire dal suo limite fisico quest'uomo poteva essere arrivato alla
convinzione che ci sono realtà di fronte alle quali è impotente perfino il
denaro, che in genere apre tutte le porte. Può darsi anche che si sia illuso un
attimo di poter comprare con i soldi anche la pace dell'anima. Niente di strano.
Può darsi che Zaccheo sia stato attraversato da questo o simili pensieri, ma
certamente deve averli respinti iniziando, grazie a questo rifiuto, ad aprire
una breccia nel suo cuore. È da qui, forse, che era partito per ammettere il
proprio limite, la propria pochezza, che magari non appariva agli occhi degli
altri, ma che era evidentissima nel suo proprio cuore.
Aveva forse toccato anche il limite delle sue ricchezze: poteva contare i suoi
soldi, soddisfarsi nel contemplare le sue belle monete ma poi, alla fine, ciò
che desiderava più ardentemente non riusciva a raggiungerlo. Ha sentito parlare
di Gesù e gli è nato dentro un desiderio cocente di vederlo, di potergli parlare
da cuore a cuore in piena sincerità e senza alcun sottinteso di interesse
economico o progetto nascosto di potere.
Agitarsi
Quest'uomo piccolo comincia ad agitarsi perché per quanto si alzi sulla punta
dei piedi non vede proprio niente e la curiosità lo divora. Mette da parte ogni
pensiero di decorosità dovuta al suo rango, o forse alla sua età, e corre
arrampicandosi in fretta e con fatica sul sicomoro che costeggia la strada. I
suoi vicini prorompono probabilmente in una gran risata. Segnato a dito, diventa
immediatamente una burla e una barzelletta. Qualcuno tira un po' di sollievo:
finalmente, anche lui è un uomo come tutti gli altri! Zaccheo si mette comunque
a tal punto in evidenza che lo stesso Gesù non può fare a meno di guardare in su
scovando fra le foglie dell'albero il frutto che era venuto a cercare, ormai
pronto e maturo da portare in tavola.
E qui comincia la differenza. Mentre la folla può essersi fermata a divertirsi,
raccontando del grande uomo potente che si era reso ridicolo con l'arrampicarsi,
Gesù, abituato a guardare uomini e cose oltre l'apparenza, scopre il cuore in
subbuglio di Zaccheo e non riesce a fare a meno di fermarsi cogliendo al volo un
invito al quale Zaccheo
teneva
certamente tantissimo, ma che non si sarebbe mai azzardato di presentare,
consapevole com'era delle proprie ingiustizie e nefandezze. Aveva defraudato (lo
sappiamo dal testo); aveva richiesto più di quanto dovuto; si era creato una
cerchia infinita di nemici. Come avrebbe potuto avere l'ardire di invitare Gesù
a casa sua? Ma Gesù ha riconosciuto in quest'uomo odiato da tutti, vilipeso,
preso in giro, detestato perfino da se stesso, la «pecora smarrita» di cui Luca
aveva parlato appena quattro capitoli prima (cfr Lc 15,4-7). Perciò, come il
pastore della parabola, abbandona tutti, abbandona la folla, e si prende cura di
questa pecora perduta e ritrovata. E naturalmente, come nella «parabola della
pecorella smarrita e ritrovata», tutto si conclude con una grande festa
celebrata insieme con gli amici.
Salire per vedere: Zaccheo
Questo il racconto del quale adesso tentiamo di approfondire ogni singola parte.
Quest'uomo
ricco, all'inizio, vuole semplicemente individuare Gesù: «Vedere
chi era Gesù»; semplicemente questo. Probabilmente era arrivata
anche a lui la notizia del cieco che stava lungo la strada e che con insistenza
aveva gridato:
«Figlio
di Davide, abbi pietà di me; Figlio di Davide, abbi pietà di me!».
E aveva sentito dire cose inaudite: Gesù aveva ridato addirittura la vista al
cieco mendicante (cfr. Lc 18,35-36). Zaccheo, che sa di trovarsi nella stessa
tenebra del cieco - non una tenebra fisica, ma una tenebra interiore - sente
nascere dentro di sé lo stesso grido: Avrà compassione di me? Si rapporterà
anche con me così come si è rapportato con il mendicante cieco? E cerca di
individuare Gesù. Forse, per guardarlo negli occhi o per lasciarsi guardare in
modo che quel «Figlio di Davide» potesse leggergli il cuore. Ma era troppo
immerso nelle cose della carne e del sangue. Si era lasciato travolgere dalla
folla e adesso «a
causa della folla» non aveva alcuna possibilità di elevarsi per
andare oltre quella « folla». Infatti, la piccolezza di Zaccheo si riferiva
certamente alla «statura» fisica, ma poteva denotare anche i suoi orizzonti
ristretti, appunto, a quel che pensa la gente e alla meschinità. Il suo limite
insomma non gli permetteva di superare l'orizzonte comune (noi potremmo dire
l'opinione comune). Perché gli mancava ciò che gli avrebbe permesso di andare
oltre. Zaccheo era costretto a fare una scelta assai radicale nella sua vita se
voleva incontrare il Maestro di Nazareth. Se uno vuol vedere un panorama non può
restare alla base della montagna; deve decidersi di rompere ogni indugio e
iniziare la salita e a mano a mano che salirà il panorama si farà sempre più
aperto e anche più ricco. È ciò che intuisce Zaccheo. Finché resterà nella folla
resterà anche dentro i pensieri, i desideri, i comportamenti propri della folla.
Se vuole scoprire Gesù deve compiere un esodo, deve uscir fuori, deve cercare il
deserto, estraniandosi
nell'anachoresi.
Cammino spirituale
Avviene così per
ogni
cammino spirituale. Anche il popolo d'Israele dovette uscire dalla pianura
egiziana e incamminarsi verso il monte Sinai per ricevere in dono l'alleanza.
Gesù stesso, nel vangelo di Luca e nel vangelo di Marco, si porta fuori dalla
folla e si trascina dietro i suoi amici, i suoi discepoli (cfr. Mc 6,31; Lc
9,10). Senza
questa anachoresi, senza questa
«uscita», questo «esodo» o «distacco», senza questo «allontanamento dalla
folla», non è possibile incontrare nell'intimità Gesù. Da qui il distacco
richiesto al credente, al monaco, al discepolo.
Di Zaccheo il testo dice: «
Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomoro, perché
doveva passare di là.
» (v. 4).
Non
c'è possibilità di visione senza una salita. Abbiamo già parlato della vita
attiva intesa come presupposto della vita contemplativa. Senza esercizio
ascetico; senza distacco progressivo; senza questo arrampicamento, se vogliamo,
lungo la verticale del monte, non riusciremmo mai ad avere esperienza della vera
visione . Aggiungiamo certo che, come per Zaccheo, così per ogni credente,
l'energia per dare inizio a questa necessaria salita viene ancora da lui e
tuttavia, «chi ha creato te senza di te, non può salvare te senza di te»,
spiegherebbe Agostino.
In ogni caso, in questo itinerario di Zaccheo c'è l'itinerario dell'ascesi
cristiana; c'è l'itinerario dell'ascesi monastica: finché si rimane assorbiti
dalla folla non si riesce a vedere oltre; solo quando si ha il coraggio di
distaccarsene, comincia l 'itinerario vero verso la visione .
Scendere per rimanere: Gesù
A questo punto Luca capovolge la situazione. Finora ci ha presentato il
desiderio dell'uomo Zaccheo che vuole individuare Gesù. Adesso capovolge tutto:
è Gesù che guarda in alto; il soggetto non è più Zaccheo, ma Gesù.
Zaccheo è posto nella stessa situazione della cananea (cfr. Mt 15,28), che aveva
costretto Gesù a convertirsi. Infatti Zaccheo ha costretto Gesù a guardare in
alto. Sono pennellate delicatissime di Luca, in cui mentre ci parla della
conversione di Zaccheo di fatto ci descrive anche la conversione di Gesù. La
disponibilità di Zaccheo commuove Gesù. Come lo aveva commosso la disponibilità
della cananea, così adesso lo commuove la disponibilità di Zaccheo. Zaccheo è
stato disposto a salire sull'albero sotto i lazzi e l'ironia degli altri, ma
proprio per questo diventa adesso oggetto particolarissimo di attenzione da
parte di Gesù, che forse legge nella situazione personale di Zaccheo qualcosa di
molto simile a ciò che sperimenterà presto lui stesso a Gerusalemme.
«Zaccheo,
scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua»
(v.
5).
Lui stava cercando in alto e Gesù lo richiama in basso. Quel Dio che lui cercava
verso il cielo si era già piegato verso terra ed era sceso, desideroso di porre
la sua tenda in mezzo agli uomini, la sua casa in mezzo alla casa degli
sventurati come Zaccheo.
Un capovolgimento straordinario: si notava un uomo, a suo modo religioso, che
pensava di poter raggiungere la visione dell'inviato di Dio incamminandosi verso
l'alto con la disciplina della sua ascesi, ma adesso che ha dimostrato la sua
completa disponibilità, quell'uomo si accorge che dovrà cambiare direzione.
L'insegnamento è abbastanza chiaro! Non sei tu che puoi ascendere e salire verso
Dio, ma è Dio che ha deciso di scendere verso di te, in casa tua. Infatti «
il Verbo si è
fatto carne e ha posto la sua tenda in mezzo agli uomini
». È straordinaria questa intuizione di Luca, questo capovolgimento che
noi possiamo, con criteri moderni, chiamare «passaggio dalla religione alla
fede». Se Dio non si fosse fatto uomo - abbiamo già sentito dire dai Padri -
invano l'uomo cercherebbe di raggiungere Dio.
Nell'itinerario interiore di Zaccheo possiamo vedere sintetizzato ogni
itinerario religioso dell'uomo. Di fronte a Zaccheo Gesù invita a scendere in
basso, perché è in casa sua che deve incontrarsi con colui che cerca; così il
messaggio evangelico, rivolto in ogni direzione, non può rinunciare a questa
affermazione fondamentale: se non è Dio a scendere, invano l'uomo tenterà di
salire. «
Oggi devo fermarmi in casa tua».
Devo… bisogna…
Quel «devo» (potremmo anche dire “bisogna”) è la traduzione italiana di un verbo
greco molto importante nel Nuovo
Testamento. Esso indica infatti un progetto misteriosissimo di Dio. Luca
utilizza ripetutamente questo verbo al termine del suo vangelo, al capitolo 24,
mettendolo, fra l'altro, in bocca a Gesù risorto che risponde ai discepoli di
Emmaus scandalizzati che Gesù fosse stato rifiutato dagli addetti alle cose
religiose, cioè da quegli stessi capi che avrebbero dovuto garantire invece
l'autenticità del messaggio del «profeta potente in opere e parole» (cfr. Lc
24,13-14). Scrive Luca: «
Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua
gloria?
» (v. 26).
L'utilizzazione
di “devo”, “bisogna” è dunque un invito
molto chiaro a riconoscere nell'evento narrato un preciso progetto di Dio in via
di realizzazione.
E’ di una pregnanza straordinaria perché risponde al progetto di Dio. Cioè alla
benevolenza di Dio manifestata nel mondo e manifestata nella storia.
Zaccheo, che si era impegnato a salire sull'albero per poter vedere, in realtà è
visto e perciò viene colto, «come un frutto», da Colui che intende condividere
la sua stessa situazione, in casa sua. Infatti Zaccheo è proprio un «frutto
maturo»: ha dimostrato la sua disponibilità e questo è stato sufficiente perché
il Signore stesso lo cogliesse come frutto dall'albero per gioire insieme
nell'intimità della casa.
Rimanere… fermarmi… unirmi… integrarmi,,,
Il verbo dell'intimità è « rimanere, fermarmi…», che è il verbo della
condivisione della vita, e dello stare l'uno dentro l'altro. Dio ha deciso di
unirsi, di integrarsi con la carne dell'uomo nella sua «terrestrità», nella sua
piccolezza con i segni del peccato che si porta dietro, per poterlo redimere e
ricondurlo alla pienezza stessa della vita. Zaccheo, e lo scopriamo adesso,
diviene anche lui simbolo dell'umanità.
Lo
«stupore» di Gesù viene premiato dallo stupore di Zaccheo. Infatti anche Gesù,
insieme con i suoi, è pieno di allegrezza. Comincia a veder nascere finalmente
all'orizzonte il regno di Dio! La gioia di Zaccheo è la gioia stessa di Gesù. È
una gioia molto simile a quella che i discepoli dimostrano a Gesù dopo essere
stati inviati: « Ma sai, perfino i demòni ci obbedivano!» (cfr. Lc 10,17). Erano
pieni di gioia perché avevano potuto raccogliere «molto frutto».
Un'accoglienza di festa…
«Scese
in fretta e lo accolse pieno di gioia.»
(v. 6); immediatamente Zaccheo
scese e lo ricevette godendosi l'intimità di Gesù, tenendoselo tutto per sé, in
casa sua. Lui che non poteva neppure lontanamente immaginare
di individuare Gesù, adesso non sta più nei panni perché Gesù ha scelto
addirittura di farsi suo ospite e di rimanere in casa sua.
…ma anche drammatica…
La chiusura del racconto è drammatica:
«Vedendo
ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!
»
È il mistero dell'incarnazione del Figlio di Dio che sconcerta, e sconcerta
sempre. Lui sce glie di entrare in casa degli uomini e delle donne accettandoli
e accettandole con i segni del loro peccato, ma l'uomo religioso ne resta
scandalizzato. L'uomo religioso rifiuta di accettare tutto questo, ma Gesù non
torna indietro. La contrapposizione è molto precisa: da una parte la gioia
estatica di Zaccheo che non sta nei suoi panni per aver potuto ricevere Gesù
nella propria casa, e dall'altra la tristezza, l'invidia, la gelosia,
l'aggressività di tutti gli altri che non si aspettavano
una
scelta del genere. Tutti gli altri, possiamo aggiungere: uomini e donne
religiose, vedono in tutto questo una palese ingiustizia.
Basti pensare alla «parabola dei chiamati alla vigna» nelle diverse ore del
giorno (cfr. Mt 20,1- 16). Sono stati chiamati alla prima, alla terza, alla
sesta, alla nona, alla undecima ora, ma lui dà la stessa paga a tutti. Più
ingiusto di così!
Dal punto di vista religioso è certamente una palese ingiustizia. La risposta
data dal padrone nella parabola è sconcertante e dura nello stesso tempo: «Perché
sei invidioso?» (cfr. Mt 20,15). Tutto questo vale come discorso
generale nell 'incontro tra la fede e la religione, ma vale anche come discorso
particolare, pratico, perché mette in discussione il nostro modo meritocratico
di concepire la giustizia, molto più insistente nel mondo occidentale di quanto
noi possiamo immaginare. Se osservate bene tutte le riforme proposte dai
politici, dagli economisti e dagli educatori, vi accorgerete che vanno tutte
nella linea della meritocrazia. La giustizia si sente esaudita soltanto
all'interno dei parametri meritocratici; gli altri si arrangino, gli altri
possono essere zavorra di cui liberarsi o addirittura carne da macello. È
terribile, ma è così. È vero, infatti, che all'interno di strutture più
tipicamente religiose questo è affermato in modo netto, quasi a compartimenti
stagni (c'è la casta superiore, poi c'è quella media, poi quella inferiore, poi
quella esclusa), ma è altrettanto vero che nelle nostre strutture cosiddette
secolari o «laiche» i criteri sono semplicemente gli stessi. Ora proprio questi
criteri Gesù è venuto a contestare per aprire la strada alla gratuità
dell'amore.
Criteri diversi
Il messaggio che si nasconde in tutto il vangelo di Luca è proprio questo.
Luca non si lascia ingannare dal fatto che Zaccheo è ricco, no: individua in
Zaccheo il pec catore e, in quanto tale, l'escluso. Gli altri invece osservando
il comportamento di Gesù concludono con un giudizio molto duro: il suo modo di
comportarsi è scorretto e ingiusto, perché va a stare in una casa di peccatori.
Poteva venire in una delle nostre case: siamo buoni cristiani - buoni ebrei,
potremmo dire - , gente religiosa! Che cosa va a fare là? Oltre tutto, questo
maestro accetta tranquillamente di contaminarsi! Entrando in casa di un
peccatore non si rende conto che si sporca anche lui?
La fecondità
La giustificazione di Luca - che è la giustificazione di Gesù, perché nonostante
tutto Gesù ac cetta di creare scandalo, lasciandosi in qualche modo annoverare
fra i peccatori - sarà poi la conclusione del vangelo di Luca: «Quando
giunsero sul luogo chiamato Cranio, vi crocifissero lui e i malfattori, uno a
destra e l’altro a sinistra.
» (cfr. Lc 23,33).
Qual è la giustificazione di tutto questo? Proprio la «fecondità» di questo
spazio, la «fertilità» di questo spazio: perfino fra i delinquenti condannati a
morte con lui, Gesù riesce a raccogliere figli per il regno:
un malfattore addirittura è
il primo a entrare nel regno: «Oggi
sarai con me nel paradiso» (Lc 23,39-43).
Stando in piedi
E ritorniamo al discorso iniziale: là dove la massa della gente si ferma alla
superficie e giudica dall'apparenza, Gesù entra nel cuore e risponde alle attese
del cuore. E chi si accorge che Gesù ha risposto ai suoi veri problemi personali
non può non dimostrare la sua straordinaria riconoscenza.
Ha inizio la parte esaltante della conclusione: «
Zaccheo,
alzatosi,…» (v. 8).
Zaccheo che andava a testa bassa sotto le critiche, le gelosie, le aggressività
e le ironie degli altri, una volta che si è sentito accolto da Gesù risuscita,
ha di nuovo il coraggio di mettersi a fronte alta. Si è liberato non soltanto
dall'ironia degli altri, ma soprattutto dai pesi interiori che lo tenevano prono
a terra, legato ai propri
desideri di potere, di ricchezza, di benessere e di considerazione nel
giudizio degli uomini.
Essere risuscitato significa per Zaccheo riuscire finalmente a realizzare quel
distacco, quella liberazione che nella prima fase del suo cammino era stata
soltanto esterna e sarebbe rimasta soltanto esterna se non ci fosse stato Colui
che aveva deciso di entrare proprio quel giorno stesso in casa sua. Adesso sì
che comincia la nuova vita di Zaccheo. Adesso Zaccheo, rinnovato, può vivere da
persona nuova.
È nient'altro che il «bagno battesimale». Gesù entrando in casa sua gli ha
permesso di
«essere rigenerato», gli ha permesso di nascere di nuovo, e adesso Zaccheo
possiede quella libertà che prima non riusciva assolutamente a raggiungere,
nonostante l'enormità dei suoi beni e delle sue ricchezze:
«
Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a
qualcuno, restituisco quattro volte tanto»
(v. 8).
Così facendo Zaccheo di fatto si condanna all'estrema povertà, perché, di quella
metà che gli rimane, deve poi dare quattro volte tanto a quelli che ha frodato.
Ma che cosa importa? Ha finalmente la possibilità di sentirsi libero! Da qui la
constatazione di Gesù:
«Oggi
per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo.»
(v. 9).
Figlio, rinnovato, di Abramo
È figlio di Abramo, ma è il figlio rinnovato di Abramo.
Perché è riscoperto come figlio di Abramo soltanto adesso? Non appartiene già al
popolo d'Israele? Certamente. Ma soltanto adesso è riuscito a compiere quel
distacco, quell'esodo, quell'allontanamento, quella liberazione che aveva
compiuto Abramo. Adesso sì che può dirsi figlio di Abramo, adesso sì che può
trovarsi nella scia di Abramo e ricevere su di sé, grazie all'incontro con Gesù,
la stessa benedizione garantita ad Abramo.
Luca sta parlando certamente di Zaccheo, ma sta parlando anche di quel «
piccolissimo resto » (Rm 9,27) che è entrato a far parte della Chiesa di Dio.
Sta parlando forse di noi? Ce lo auguriamo!
ORATIO
Domando umilmente di poter essere coerente con le indicazioni emerse dalla
meditatio. Esprimo fede, speranza, amore. La preghiera si estende e diventa
preghiera per i propri amici, per la propria comunità, per la Chiesa, per tutti
gli uomini. La preghiera si può anche fare ruminando alcune frasi del brano
ripetendo per più volte la frase/i che mi hanno fatto meditare.
Il Signore ha posato lo sguardo proprio su di me. Ero piccolo, ma non talmente piccolo, che lui non si accorgesse di me. Ero solamente curioso di poterlo vedere, ma egli ha voluto farsi addirittura conoscere. Mi ha dato appuntamento perché io lo potessi incontrare.
|
Signore, io non ero degno che tu venissi a cercare me. Malvisto dagli uomini, perso e smarrito. Eppure tu, Signore, hai saputo vedere in me il bene che neanch'io pensavo di avere. Il tuo sguardo mi ha cambiato, l'incontro con te mi ha convertito. (dall'archivio di Qumran) |
CONTEMPLATIO
Avverto il bisogno di guardare solo a Gesù, di lasciarmi raggiungere dal suo
mistero, di riposare in lui, di accogliere il suo amore per noi. È l’intuizione
del regno di Dio dentro di me, la certezza di aver toccato Gesù. È
Gesù che ci precede, ci accompagna, ci è vicino, Gesù solo! Contempliamo in
silenzio questo mistero: Dio si fa vicino ad ogni uomo!
Per Cristo, con Cristo e in Cristo a te, Dio Padre Onnipotente,
nell’unità dello Spirito Santo,
ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoli.
Amen
ACTIO
Mi impegno
a vivere un versetto di questi brani, quello che mi ha colpito di più.
Si compie concretamente un’azione che cambia il cuore e converte la vita. Ciò
che si è meditato diventa ora vita!
Prego con la Liturgia delle Ore, l’ora canonica del giorno adatta al momento.
Concludo il momento di lectio recitando con calma la preghiera insegnataci da
Gesù: Padre Nostro...
Arrivederci!
(spunti liberamente tratti da una lectio di padre Innocenzo Gargano, monaco
camaldolese)