Venero la Parola di Dio, l’Icona ed il Crocifisso. Traccio sulla mia persona il Segno della mia fede, il Segno della Croce, mi metto alla presenza del Signore che vuole parlarmi.
Non aver
paura di guardarti dentro,
io
raccoglierò la sofferenza delle tue inquietudini
e la tua
incompiuta purificazione di luce.
Non aver
paura della paura,
io
raccoglierò le tue durezze affamate
di dolcezza,
i tuoi pianti
imbevuti di miracoli.
Non aver
paura,
io
benedirò la tua misericordia
quando si fa abbraccio,
la
tua pietà quando si fa tenera,
il
tuo dolore quando si fa pane.
Non aver paura,
ci
sarà pace anche per il tuo cuore ribelle,
poiché il mio cuore è a casa solo accanto al tuo.
(don Luigi Verdi)
Veni, Sancte Spiritus, Veni, per Mariam.
Proseguiamo una serie di lectio, iniziata nel mese scorso, che ci porteranno
passo dopo passo a incontrare Gesù Risorto fra poco più di cinque mesi. Un
viaggio nei giorni del mistero pasquale, nel cuore della fede cristiana. Don
Angelo Casati, della Chiesa di Milano, ci accompagna nei giorni cruciali della
vicenda di Gesù, nel luogo decisivo di ogni incontro con Lui, con le sue
meditazioni tinte di una luce delicata e poetica. Buona meditazione e buona
preghiera.
IL GIORNO
DELL’INGRESSO
LECTIO Apro
la Parola di Dio e leggo in piedi il brano che mi viene proposto
(Lc
19,28-41).
28Dette queste cose, Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme. 29Quando fu vicino a Betfage e a Betania, presso il monte detto
degli Ulivi, inviò due discepoli 30dicendo: «Andate nel villaggio di fronte; entrando, troverete un puledro legato, sul quale non è mai salito nessuno.
Slegatelo e conducetelo qui. 31E se qualcuno vi domanda: “Perché lo slegate?”, risponderete così: “Il Signore ne ha bisogno”». 32Gli inviati
andarono e trovarono come aveva loro detto. 33Mentre slegavano il puledro, i proprietari dissero loro: «Perché slegate il puledro?». 34Essi
risposero: «Il Signore ne ha bisogno». 35Lo condussero allora da Gesù; e gettati i loro mantelli sul puledro, vi fecero salire Gesù. 36Mentre egli
avanzava, stendevano i loro mantelli sulla strada. 37Era ormai vicino alla discesa del monte degli Ulivi, quando tutta la folla dei discepoli, pieni di
gioia, cominciò a lodare Dio a gran voce per tutti i prodigi
che avevano veduto, 38dicendo:
«Benedetto
colui che viene, il re, nel nome del Signore.
Pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli!».
39Alcuni farisei tra la folla gli dissero: «Maestro, rimprovera i tuoi discepoli». 40Ma egli rispose: «Io vi dico che, se questi taceranno, grideranno le
pietre».
41Quando
fu vicino, alla vista della città pianse su di essa.
MEDITATIO
Seduto, rileggo la Parola per più volte, lentamente.
Anche la lettura della Parola di Dio è preghiera. Siamo entrati in quella zona
più sacra e più lunga del nostro Ritiro On Line:
il grande
silenzio ! Il protagonista è
lo Spirito Santo.
Il
modo migliore per assaporare un brano delle Scritture è accoglierlo in noi
come un cibo nutriente per il nostro spirito, è avere la certezza che sia
Dio a volerci parlare per farci entrare nelle dimensioni del suo disegno di
amore e di salvezza. Se ascoltiamo attentamente la Parola potremo entrare in
un rapporto vivo con il Padre, per lasciarci plasmare dal suo stesso
"cuore".
Ingresso trionfante?
Nel suo vangelo Luca poco prima di narrare l'ingresso di Gesù in Gerusalemme,
quell'ingresso che forse solo impropriamente chiamiamo trionfale, ha un ricordo
di lui che, scrive,
«camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme».
Ingresso solitario!
Vedendolo andare tutto
solo davanti, ci viene spontaneo interrogarci su quella sua solitudine. Forse
potremmo fare nostri i pensieri di uno studioso di esegesi biblica che così
commenta il camminare di Gesù davanti a tutti. Scrive:
«Giunto alla fine del cammino, quando si trova
difronte alla città, che abbraccia dall'alto del monte degli Ulivi, non sono più
menzionati né la folla né i discepoli, come se Gesù si trovasse ormai solo. Si
direbbe che tutti sono scomparsi, per lasciarlo faccia a faccia con la Città e
il suo destino, il loro comune destino. I dodici erano stati invitati a seguirlo
sino alla fine: "Ecco che saliamo a Gerusalemme". Se, arrivato ormai così vicino
al termine, Gesù sembra avanzare da solo sulla strada, sarà probabilmente perché
essi non hanno capito nulla di ciò che egli aveva detto loro» (Roland
Meyner).
Lo “stile nuovo” dell’ingresso a Gerusalemme
Ed ecco che Gesù sembra
fare un estremo tentativo perché finalmente capiscano. Perché sia chiaro ai loro
occhi e agli occhi di tutti, ora che sta per concludersi, qual era il senso
della sua missione. A rivelarlo sarebbe stata puntualmente la modalità della sua
visita alla città, lo stile nuovo, inusuale, del suo ingresso in città. E lo
predetermina, lasciatemi dire, nei particolari, che non sono particolari: sono
lo svelamento di chi è e di chi è stato in mezzo a loro. Leggendo del suo
ingresso in Gerusalemme, viene infatti spontaneo notare con quanta puntualità di
indicazioni, con quante precisazioni, lui quel giorno abbia inviato due dei suoi
discepoli in una strana ricerca. C'è da stupire, la ricerca di un asino.
Dice: «Andate
al villaggio difronte, entrando troverete un puledro sul quale non è mai salito
nessuno. Scioglietelo e conducetelo qui. E se qualcuno vi domanda... rispondete
così ...».
Non si entra trionfanti sul dorso di un asino…
Quanta precisione per un
asino. Quando
normalmente tutti per il
loro ingresso sono in anelito di ben altro, non sanno più che cosa inventare,
non sanno più che cosa andare a cercare. Lui invece in anelito di cose minime,
il minimo: un asino. Voleva si stampasse a memoria. Per noi! Dirottava gli occhi
dal potere in ubriacatura di se stesso, alla mitezza dell'essere, alla umiltà
dell'essere. Convinto che si vince con altro. A memoria lascia l'asino, a
memoria! A memoria per noi.
Che significato ha questo
corteo?
Nasce la domanda: abbiamo
capito? Oggi ci chiediamo se quelli del piccolo corteo di quel giorno avessero
capito. C'è da dubitare di loro, come di noi: infatti l'evangelista Giovanni
narrando il fatto e le predizioni dei profeti, scrive:
«I suoi
discepoli sul momento non capirono queste cose, ma, quando fu glorificato, si
ricordarono che di Lui erano state dette». Non avevano capito,
perché resistente, dura a morire in
loro, era l'idea di un Messia socialmente e politicamente trionfatore, l'idea
che la vittoria fosse legata alla forza, vincente la forza, non la debolezza.
Potenza o mitezza?
Qualche esegeta vede
nell'asino legato, una immagine, quella della mitezza e dell'umiltà per troppo
tempo legate per far posto a immagini di potenza. lmmagini, quelle della mitezza
e dell'umiltà, legate, emarginate, che Gesù slega. Sdogana. Perdonate il verbo,
sdogana l'immagine dell'asino, la cavalca, cavalca l'umiltà e la mitezza.
Fa molto pensare la conclusione dell'episodio: sembra segnare un'incomprensione
dell'icona del «Messia che viene cavalcando un puledro» . Marco scrive:
«Ed entrò a
Gerusalemme, nel tempio. E dopo aver guardato ogni cosa attorno, essendo ormai
l'ora tarda, uscì con i dodici verso Betania».
Lo sguardo di Gesù
E’ a dir poco struggente
questo sguardo di Gesù, uno sguardo che passa
in rassegna ogni cosa nel
tempio. Ogni cosa ed è il
vuoto, il nulla. Nulla che lo facesse fermare nel tempio, nulla che avesse
minimamente sintonia con il segno, il segno di quel suo venire su dorso di mulo.
Una religione diremmo atea, che ha, in verità, cancellata ogni aspirazione a
qualcosa di diverso. Di diverso dal successo, dal denaro, dal profitto personale
o di gruppo. Una religione appiattita sui trionfi mondani, fondamentalmente
atea.
Noi, a cosa siamo disposti?
Rimane la domanda: che
cosa siamo disponibili a seguire,
noi? Un Gesù nell'immagine del Messia che viene su dorso d'asino?
Siamo disposti a fare spazio in noi a una immagine di umanità mite e
umile, a credere che la vera forza di un essere umano non sta nell'esibizione
dei suoi muscoli o del suo potere, non sta negli appoggi umani,
non sta nell'arroganza del suo ruolo o nella sua pretesa di verità, ma
sta in quella dimensione che attinge al profondo di se stessi, nella coscienza,
là dove il vangelo ci va
ricordando, con
l'icona di
Gesù a groppa d'asino,
una verità
purtroppo dimenticata
in una società dove l'urlo è diventato costume?
Reazione dei “maggiorenti”
Di certo, quel giorno ci
fu una reazione piena di livore e di distruttività di alcuni tra i farisei, rosi
com'erano dall'invidia per quella folla che acclamava il Rabbi di Nazaret: uno
che demitizzava ogni potere, l'arroganza del loro potere sulle coscienze. La
strategia che oppongono è quella cha da
sempre usano i poteri
forti, quella di zittire, prima
che la resistenza delle coscienze
libere metta a repentaglio gli assetti del potere e dell'arroganza,
dell'arroganza in tutte le sue forme e declinazioni, purtroppo numerose.
La voce dei “piccoli”
Alcuni dei farisei tra la
folla gli dissero:
«Maestro, rimprovera i tuoi discepoli!».
Rispondendo, disse:
«Vi dico che se tacessero costoro, griderebbero le
pietre». Ed era come se Gesù riconoscesse ed esaltasse non la
forza delle voci dei potenti, ma la forza della voce dei piccoli. Notate la
differenza: i piccoli, come i potenti, non tacciono, ma, al contrario dei
potenti, la loro voce non si affida al tuono della forza, ma al cimbro disarmato
della verità.
Lo stile della vita di
Gesù, dalla modalità della sua nascita in una mangiatoia, fino all'ingresso in
Gerusalemme su groppa d'asino, sino al suo morire su legno di croce, non si
smentisce, è nel segno dell'umile, del mite, del piccolo.
Assetati di altro
Dunque messaggio per il
piccolo, per la piccolezza evangelica. Che dice un sentirsi assetati, assetati
d'altro, di altro dalla propria immagine, un confidare nella forza inerme della
coscienza e non negli appoggi mondani, lontani
da ogni delirio di apparire
e da ogni pretesa di sapere, capaci di quella sapienza che è appresa dalle cose
quotidiane. Quella piccolezza che è germoglio di vita e di festa, contrariamente
all'arroganza che è principio di morte e di oppressione.
La groppa a disposizione
Quella piccolezza che
Gesù, potremmo forse dire, ci ha indicato con la scelta di un asino per il suo
ingresso, un animale forse più intelligente di quanto noi comunemente pensiamo,
uno che la sua groppa la mette a disposizione. E se la tua passione è di mettere
la tua groppa a disposizione, potrà anche capitarti un giorno o l'altro di aver
dato un passaggio al Signore. Anche perché un giorno lui ha detto:
«Ricordatevelo: quello che avrete fatto a uno di questi piccoli voi l'avrete
fatto a me».
==============================================================================
ORATIO
Domando
umilmente di poter essere coerente con le indicazioni emerse dalla meditatio.
Esprimo fede, speranza, amore. La preghiera si estende e diventa preghiera per i
propri amici, per la propria comunità, per la Chiesa, per tutti gli uomini. La
preghiera si può anche fare ruminando alcune frasi del brano ripetendo per più
volte la frase/i che mi hanno fatto meditare.
Ama, saluta la gente, dona, perdona, ama ancora e saluta. Dai la mano, aiuta, comprendi, dimenticae ricorda solo il bene.
giorno dopo giorno:
|
E vai, vai leggero dietro il vento e il sole
Vai di paese in paese e saluta, saluta
tutti, il nero, l'olivastro e perfino il bianco.
si contendano d'averti generato. (David Maria Turoldo) |
CONTEMPLATIO
Avverto il bisogno di guardare solo a Gesù, di lasciarmi raggiungere dal suo
mistero, di riposare in lui, di accogliere il suo amore per noi. È l’intuizione
del regno di Dio dentro di me, la certezza di aver toccato Gesù.
È
Gesù che ci precede, ci accompagna, ci è vicino, Gesù solo! Contempliamo in
silenzio questo mistero: Dio si fa vicino ad ogni uomo!
Per Cristo, con Cristo e in Cristo a te, Dio Padre Onnipotente,
nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria per tutti i secoli dei
secoli.
Amen
ACTIO
Mi impegno
a vivere un versetto di questi brani, quello che mi ha colpito di più.
Si
compie concretamente un’azione che cambia il cuore e converte la vita. Ciò che
si è meditato diventa ora vita!
Prego con la Liturgia delle Ore, l’ora canonica del giorno adatta al momento.
Concludo il momento di lectio recitando con calma la preghiera insegnataci da
Gesù: Padre Nostro...
Arrivederci!
(spunti liberamente tratti da una riflessione di don Angelo Casati)