RITIRO ON LINE - novembre 2022 |
Venero
la Parola di Dio, l’Icona ed il Crocifisso. Traccio sulla mia
persona il Segno della mia fede, il Segno della Croce, mi metto alla
presenza del Signore che vuole parlarmi.
A me che non sono eterno e che non ho garanzie di lunga vita,
a me che penso sempre al futuro donami Signore di vivere l’oggi
nel dono, nell’amore, nella gioia
(Un minuto con Dio)
Veni, Sancte Spiritus, Veni, per Mariam.
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INCONTRI DI GESU’ LUNGO LE STRADE POLVEROSE DELLA PALESTINA
In parrocchia recentemente è stata proposta una serie di Lectio incentrata sugli
incontri di Gesù con alcuni “personaggi” colti nella concretezza della loro vita
quotidiana, narrati nel Vangelo di Luca. Sono dei “ritratti dal vivo”! In questi
personaggi si possono riscontrare molti
aspetti presenti anche nella vita di ciascuno di noi, nonostante la
distanza temporale. Sono spazi di
concreta umanità ma anche di svelamento della verità.
LECTIO
Apro la Parola di Dio e leggo in piedi i brani che mi vengono proposti.
25Ed ecco, un dottore della Legge si alzò per metterlo alla prova e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». 26Gesù
gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». 27Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua
anima,
con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te
stesso».
28Gli
disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai».
29Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». 30Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e
cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. 31Per caso, un
sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. 32Anche un levita, giunto in quel luogo, vide e passò oltre.
33Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. 34Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite,
versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. 35Il giorno seguente, tirò fuori due denari
e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. 36Chi di questi tre ti sembra sia
stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». 37Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e
anche
tu fa’ così».
MEDITATIO
Seduto, rileggo la Parola per più volte, lentamente.
Anche la lettura della Parola di Dio è preghiera. Siamo entrati in quella zona
più sacra e più lunga del nostro Ritiro On Line:
il grande
silenzio! Il protagonista è lo Spirito
Santo.
Il
modo migliore per assaporare un brano delle Scritture è accoglierlo in noi
come un cibo nutriente per il nostro spirito, è avere la certezza che sia
Dio a volerci parlare per farci entrare nelle dimensioni del suo disegno di
amore e di salvezza. Se ascoltiamo attentamente la Parola potremo entrare in
un rapporto vivo con il Padre, per lasciarci plasmare dal suo stesso "cuore"
IL CONTESTO DELLA
SCENA
La parabola del «buon samaritano», la cui redazione si trova soltanto in Luca, è
certamente tra le più famose. Nei secoli è stata la più amata, approfondita e
predicata, oggetto di un’infinità di riflessioni e applicazioni.
Essa viene inclusa nel contesto del viaggio di Gesù verso Gerusalemme e
all’interno di una controversia tra Gesù e un dottore della legge.
LE DUE PARTI DEL BRANO
Il brano è chiaramente divisibile in due parti, di cui la prima (vv. 25-28)
(Ed
ecco, un dottore della Legge si alzò per metterlo alla prova e chiese: «Maestro,
che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta
scritto nella Legge? Come leggi?». Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio
con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con
tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». Gli disse: «Hai risposto
bene; fa’ questo e vivrai»)
affronta l’argomento dell’amore verso Dio e verso il prossimo: un tema ampio,
cumulativo, legato alle Scritture, in particolare alla Torah, la legge di Mosè.
La seconda parte (vv. 29-37) (Ma
quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». Gesù
riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei
briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono,
lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima
strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levita, giunto in quel luogo,
vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli
accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite,
versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un
albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li
diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te
lo pagherò al mio ritorno”. Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di
colui che è caduto nelle mani dei briganti?». Quello rispose: «Chi ha avuto
compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così»)
comprende il racconto della parabola, dove il tema è preso in considerazione in
modo preciso, circostanziato nella sua sconvolgente concretezza.
IL CONTENUTO
Il contenuto concerne sempre l’amore del prossimo, che affonda le radici
nell’Antico Testamento, ma assume una tonalità del tutto nuova, con punte di
radicalità che immettono direttamente nel cuore del messaggio cristiano, proprio
di quel vangelo annunciato e impersonato da Gesù.
UN DOTTORE
DELLA LEGGE E GESU’
Il genere letterario del testo è quello di una controversia, dove un avversario
cerca di mettere alla prova Gesù, suscitando un dibattito dottrinale intorno a
una realtà di fondamentale importanza, quella della salvezza eterna. Di fronte
ad essa Gesù è in certo modo costretto a prendere posizione e a mostrare la sua
opinione. Ne risulta una vera rivelazione dei suoi intenti e della novità che
egli è venuto a instaurare. Dimostra di voler essere un riformatore religioso e
ne manifesta una chiara coscienza, insieme all’affermazione di assoluta
autorevolezza. Il nucleo centrale del messaggio che ne scaturisce è
caratterizzato da una carica di religiosità rinnovatrice, che però avrà
l’effetto di causargli ben presto la morte precoce e violenta.
In questo dibattito c’è un susseguirsi e un trasformarsi dei ruoli. All’inizio
lo sconosciuto avversario si fa avanti per svergognare Gesù, mascherandosi da
discepolo, con la giustificazione di ricercare la via della salvezza; alla fine
è lui a essere spiazzato e mortificato, costretto a prendere sul serio la regola
di vita, di cui aveva fatto baldanzosamente l’encomio. Da dottore decade a
semplice apprendista. Gesù, al contrario, da inquisito assurge ad autorevole
Maestro, che convalida l’esattezza della risposta e indica la strada da
percorrere.
SI ALZO’: COSA DEVO FARE?
Il versetto iniziale (v. 25) (un
dottore della Legge si alzò
) dice che un dottore della legge, esperto in dottrina, «si
alzò»:
il verbo indica bene il carattere accusatorio di chi è deciso a colpire; quindi
l’indole presuntuosa di chi vuole mettere alla prova. Si erge pronto ad
affrontare l’avversario e a trovare ogni minimo pretesto di accusa. Lo chiama
«maestro», secondo il modo usuale di apostrofare Gesù da parte degli estranei.
La sua domanda: («Maestro,
che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?»),
è più speciosa che reale; costituisce un espediente per impostare una
controversia.
Se si sta dalla parte del lettore, a cui probabilmente Luca è più interessato
che al dottore della legge, allora la domanda acquista senso, anzi risulta
fondamentale. Essa non riguarda una cosa di poco conto, poiché si occupa della
vita eterna, ed è di essenziale importanza domandarsi cosa bisogna fare per
ottenerla.
Su questo sfondo di eternità e di pienezza assume valore la richiesta: «cosa
devo fare?».
COSA STA SCRITTO?
Gesù non risponde immediatamente a tale domanda. Anzi pone una contro-domanda al
suo interlocutore (v. 26), (Gesù
gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?»
) invitandolo a trovare da solo la risposta. Essendo istruito, il dottore
dovrebbe sapere. Gesù mette la legge di Dio come base comune tra lui e l’altro,
sfuggendo all’insidia della domanda iniziale. Il suo intento è quello di
condurre l’uomo esperto in sacra Scrittura a trovare in essa la soluzione, a
scoprire le vere risposte per capire il vero senso della vita.
La Torah, saggiamente scrutata, indica la strada della salvezza, purché l’uomo
abbia il coraggio di confrontarsi onestamente con essa, di lasciarsi giudicare e
scuotere dalla sua luce.
Al v. 27 (Costui
rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua
anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come
te stesso».)
la risposta del dottore forma un collage fra due passi biblici ben conosciuti.
Il primo fa parte dello shemà, la preghiera per eccellenza dell’israelita,
ripresa dal testo biblico di Dt 6,5: «Tu
amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le
forze.».
Un impegno di amore che coinvolge interamente l’essere umano, il «tutto»
dell’uomo, cuore, anima, forze. Luca aggiunge anche la mente.
Il secondo passo è tratto da Lv 19,17-18, dove si evidenzia la solidarietà
tribale o nazionale: «
Non coverai nel tuo cuore odio contro il tuo fratello; rimprovera apertamente il
tuo prossimo, così non ti caricherai di un peccato per lui. Non ti vendicherai e
non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo
come te stesso.
».
Nel medesimo capitolo 19 del Levitico si accenna all’amore verso il forestiero,
che l’ebreo deve amare come se stesso:
«Quando
un forestiero dimorerà presso di voi nella vostra terra, non lo opprimerete. Il
forestiero dimorante fra voi lo tratterete come colui che è nato fra voi; tu
l’amerai come te stesso, perché anche voi siete stati forestieri in terra
d’Egitto.
» (vv. 33-34).
I due passi biblici, l’uno del Deuteronomio (amore verso Dio), l’altro del
Levitico (amore al prossimo), vengono ora congiunti in modo che l’uno illumini e
sostenga l’altro. Un meraviglioso compendio sull’amore.
LA RISPOSTA DI GESU’
Al v. 28 compare, finalmente, la risposta di Gesù, che non è altro che la
conferma alle parole del dottore: «
Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai
». La conclusione è che l’amore fa vivere, rende vivi, conquista la vita eterna.
Esso ha il potere di sconfiggere la morte proprio perché l’amore è più forte
della morte. L’amore pertanto non costituisce una realtà secondaria, ma è un
aspetto essenziale e capitale.
QUAL E’ IL LIMITE DELL’AMORE?
A questo punto subentra una nuova questione, che riapre la narrazione. Inizia
così la seconda parte, che è propria di Luca. La struttura ricalca quella
precedente: alla domanda del dottore della legge fa seguire, alla fine, la
contro-domanda di Gesù; a questa affianca la risposta del dottore e infine, come
suggello, appone l’esortazione di Cristo.
Nel v. 29 è posta la domanda che dà l’occasione per il racconto della parabola:
«
Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?
».
Con la frase: «volendo
giustificarsi»,
Luca fa notare che lo studioso della Bibbia si sente in colpa, riconoscendo la
propria deficienza per il fallito tentativo di far cadere Gesù in qualche
errore, mentre ha trovato in lui una piena rispondenza alla legge e una
straordinaria capacità di difesa. Vuole uscire da questo imbarazzo, formulando
una seconda richiesta chiarificatrice: «Chi
è il mio prossimo?»,
vale a dire “chi fa parte della cerchia di persone che io devo amare come me
stesso?” Fin dove va posto il limite dell’amore o fin dove va allungato il suo
raggio? Chi dev’essere amato come prossimo e chi invece deve essere considerato
estraneo all’amore?
Il dottore della legge sembra convinto che ci debbano essere dei limiti. La
domanda appare interessante, non priva di consistenza e di risonanza
esistenziale. Gesù però, nella battuta finale, non sembra offrire una
delucidazione diretta, poiché rovescia la prospettiva e capovolge la domanda.
FARSI PROSSIMO
Al v. 36, dopo il racconto, Gesù interroga il suo interlocutore: «
Chi di questi tre
(sacerdote, levita, samaritano)
ti sembra sia stato prossimo di colui
che è caduto nelle mani dei briganti?
.
Non chiede chi dei tre abbia amato il prossimo, ma chi si sia fatto prossimo.
Nella parabola, in effetti, l’uomo incappato nei ladri non è il prossimo per il
samaritano, ma questi Io ha visto e si è fatto a lui prossimo. Il capovolgimento
è radicale. Ciò che è essenziale non è sapere chi sia il mio prossimo (aspetto
oggettivo), ma chiedersi se io mi faccio prossimo, se mi accosto all’altro,
chiunque esso sia (aspetto soggettivo). Ne segue che il prossimo non è tanto
quello che sta vicino in senso fisico o geografico, ma colui al quale l’uomo si
avvicina, lo guarda, ne capisce i bisogni, ne intende le aspirazioni, ne sente
compassione, lo ama.
Il prossimo, dunque, non è una persona precostituita o che abbia delle
connotazioni in sé determinate e oggettivamente riconoscibili; nella parabola,
esso è indicato nel soggetto che si china accanto all’altro e si fa partecipe.
Da qui il rovesciamento della questione di sapere non chi sia il prossimo, ma
come uno debba farsi prossimo.
Nella visuale della narrazione il centro dell’attenzione è rivolto alla persona
diversa da sé, all’altro uomo, per vederlo nella sua concretezza, nella sua
situazione particolare, per discernere come lo si possa avvicinare, come
aiutarlo, in altre parole come lo si debba amare.
COLUI CHE SI E’ GETTATO CON TUTTO L’IMPEGNO
Il dottore della legge risponde prontamente alla richiesta di Gesù, dicendo « Chi ha avuto compassione di lui », ma anche, in una versione più letterale, potremmo dire: «Colui che ha fatto la misericordia». Il samaritano non solo ha provato un sentimento di pietà, ma si è gettato con tutto l’impegno e la sollecitudine a compiere atti di bontà, di servizio, di generosità. Ha fatto sua la stessa misericordia divina, in quanto il Signore viene a fasciare le ferite dei dolenti del suo popolo.
Immediata è la replica di Gesù: «
Va’ e anche tu fa’ così
».
L’interlocutore deve eseguire quello che ha ben capito e reputato importante. Il
dottore della legge deve «fare similmente», come si è comportato il samaritano.
L’amore di costui diventa il paradigma con cui si deve confrontare ogni amore
per il prossimo. La parabola manifesta il modo come amare, a quale misura arrivi
l’amore, con quale intensità sia da esplicarsi, quali ostacoli debba superare, a
quale coinvolgimento esso spinga l’animo di colui che vuole farsi prossimo.
UN UOMO SCENDEVA…
Torniamo al racconto della parabola. Il v. 30 introduce la parabola: « ». «
Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei briganti, che
gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo
mezzo morto.
»
La strada da Gerusalemme verso la ricca pianura di Gerico, attraversa una
regione accidentata, semidesertica, frequentata solo da viaggiatori frettolosi e
da fuorilegge. Fino all’inizio del secolo XX era un percorso insicuro, lungo il
quale vi era sempre il pericolo degli assalti di briganti. Proprio in quella
strada un passante viene violentemente aggredito e malmenato, rimane prigioniero
fra le mani dei banditi, sopraffatto dalla loro ferocia. Dopo essere stato
bastonato a sangue, giace esanime sulla strada, abbandonato a se stesso,
nell’incapacità di muoversi e di reagire in qualche modo, per riprendersi e
trovare soccorso. La situazione è di estrema emergenza. E’ evidente che quel
malcapitato abbia bisogno di aiuto ed è altrettanto ovvio che prestare
assistenza costituisca un impegno di non poco conto, poiché comporta la rottura
del programma prefissato, e può causare un pericolo personale per il troppo
indugiare in quel luogo pericoloso.
La parabola dice in termini generici: «Un
uomo scendeva»,
senza specificare la condizione, la nazionalità, anche se si può legittimamente
supporre che sia un ebreo. Lo sconosciuto si imbatte nell’agguato di alcuni
ladroni di strada, che lo spogliano di tutto ciò che possiede, e, forse per
intimorirlo affinché non ricorra alle autorità, lo ricoprono di colpi. L’uomo
resta tramortito, mezzo morto, ferito gravemente, lasciato alla sua sorte. Da
solo certamente non può salvarsi, perché non ne ha le forze. Potrebbe scamparne
solo se capitasse sulla stessa strada e in quel momento qualcuno che si fermi e
lo aiuti.
L’«ANDARE OLTRE» DI
UN SACERDOTE
E DI
UN LEVITA
Al v. 31 si racconta che fortunatamente, «per
caso»,
passa un sacerdote, non una persona qualsiasi, ma l’uomo addetto al culto,
custode e proclamatore della legge santa. Anche lui percorre il medesimo
tragitto, anche lui potrebbe trovarsi nella stessa dolorosa condizione. Vede il
malcapitato: riconosce pertanto la gravità della situazione, si rende conto di
ciò che è successo. Questo è il dato di fatto. Un sacerdote e una persona mezza
morta, che si trovano nella medesima strada, l’uno di fronte all’altro, l’uno
guarda l’altro e nota il suo stato doloroso di estremo sfinimento.
Sconcertante suona la conclusione: il sacerdote «passò
oltre»,
dall’altra parte. Neanche un attimo di sosta né un briciolo di pietà. La
preoccupazione per se stesso, il senso della propria dignità, sono state più
forti della compassione verso l’uomo abbandonato. La sua religiosità, il suo
servizio a Dio non hanno permeato il cuore, né lo hanno mosso all’amore o
richiamato alla misericordia divina. Egli resta rinchiuso entro un’osservanza
religiosa troppo formale ed esteriore. Probabilmente per essere ligio al compito
cultuale verso il Signore, non intende contaminarsi con il sangue dell’uomo
ferito, forse anche morto. Vuole verosimilmente conservare la propria purità
legale e non perdere la sua integralità sacrale.
Il versetto successivo (v. 32) narra di
un altro uomo, anch’egli addetto al culto, un levita, dirigente delle sante
liturgie nel tempio «Anche
un levita, giunto in quel luogo, vide e passò oltre.».
Pure lui, come il sacerdote, transita per quella strada, vede lo sventurato, non
se ne cura, e prosegue il cammino. Balza agli occhi il contrasto sottolineato da
Luca: coloro che in Israele sono tenuti a osservare maggiormente la legge della
carità, proclamata e predicata nel tempio, si comportano da egoisti.
Resta il fatto conturbante che l’uomo maltrattato dai briganti è ancora lì,
bisognoso di soccorso, fra la vita e la morte. Chi lo potrà aiutare? Ci sarà una
persona generosa, altruista, che avrà il coraggio di fermarsi? Oppure il povero
uomo sarà destinato a essere lasciato lì a morire? Sembra abbandonato da tutti:
dai briganti, dopo che gli hanno fatto del male, e dai due uomini di culto,
indifferenti. Si troverà qualcuno che avrà la forza, la generosità, il tempo per
avvicinarsi? Chi si fermerà e si piegherà ad alleviare le sue ferite? Egli è
mezzo morto. La vita, il bene più prezioso, sta per andarsene. Chi ridarà a lui
la pienezza di questa vita, che può scaturire solo da gesti di amore, in quanto
solo l’amore fa vivere? Egli è stato privato del denaro, spogliato di ogni bene.
Chi pagherà per lui?
UN SAMARITANO SI FERMO’
Qualcuno arriva: è uno sconosciuto samaritano, cioè uno straniero. Dallo
straniero odiato non ci si può aspettare normalmente che odio. Se gli altri due,
appartenenti allo stato religioso, non si sono scomposti, tanto più potremmo
pensare che costui di certo non si fermerà.
Gesù prende come esempio un nemico per suscitare nei giudei che lo ascoltavano
il senso vero e pieno dell’amore, come un invito a ritrovarne la misura giusta e
imprevedibile. Se avesse segnalato un sant’uomo, avrebbero potuto obiettare che
la capacità di amare è caratteristica esclusiva di chi è perfetto, ma avendo
scelto un nemico dichiarato provoca realmente una revisione di vita, non solo
per coloro a cui era diretta la parabola, ma per gli uditori di tutti i tempi.
Questo uomo, un samaritano e un avversario, assurge a vero protagonista; nella
sua figura la parabola tocca vertici veramente alti. In lui, nella sua persona,
nel suo modo di comportarsi, nei suoi sentimenti, si svela man mano una
grandezza d’animo insospettata. A lungo Gesù lo descrive, lo osserva, si ferma
dettagliatamente su di lui, delineandone un quadro suggestivo. Mentre sugli
altri due offre appena un cenno, per indicare che se ne sono andati via, via
anche dalla considerazione dell’ascoltatore. Si sono dileguati come nel vuoto.
Di essi non resta nulla, se non l’amarezza della loro rigidità interiore.
Del samaritano invece Gesù vuole mettere in rilievo l’intima movenza del cuore,
la prestazione incondizionata, l’amorevole cura.
VIDE (con gli occhi e con il cuore)
Egli «era
in viaggio»,
certamente per affari. La sua patria si trova a nord e perciò attraversare un
territorio straniero per lui è più pericoloso rispetto agli altri due. Avrebbe
potuto reagire con maggior indifferenza, riconoscendo che non spettava a lui
affrontare situazioni di una persona estranea e nemica, fuori com’era dal suo
paese e dagli usi a lui familiari. Come gli altri due, passa accanto allo
sventurato e lo vede. Nel suo caso però il testo sacro aggiunge: «…vide
e ne ebbe compassione»,
cioè ha “viscere di misericordia”.
Da lì, dalla commozione intima, ha origine ogni azione. L’amore viene dal di
dentro.
Il samaritano ha occhi aperti e cuore pronto ad aiutare. Interviene. Subito si
accosta, cioè si fa ancor più vicino, guarda, tocca. E’ l’atteggiamento
contrario a quello degli altri due, che si sono distaccati, passando dall’altra
parte.
«Gli
si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino».
Egli nota anzitutto le ferite e vi pone un rimedio istantaneo con i mezzi a sua
disposizione, una specie di pronto soccorso improvvisato: tampona le piaghe
asciugandone il sangue, vi versa olio e vino, il primo come sedativo, il secondo
come disinfettante, poi le fascia. Si tratta di una protezione immediata, ma
sufficiente per non far peggiorare la situazione. Pur essendo in viaggio e
dovendosi sbrigare, non si preoccupa di perdere tempo. Non fa calcoli su come
riuscire a cavarsela nel modo più rapido, comodo, indisturbato e innocuo
possibile. L’intervento per prestare aiuto richiede noie e pesi; l’amore
concreto costa sacrificio e impegno, esige superamento delle difficoltà.
SI PRESE CURA
Appena fasciato, lo carica sul giumento: «
poi lo caricò sulla sua cavalcatura».
Offre il suo posto all’altro, come fosse se stesso, mentre lui ora percorre la
strada a piedi, per condurlo alla locanda più vicina. «
lo portò in un albergo e si prese cura di lui
»: cerca per costui un luogo di accoglienza e di protezione; non lo lascia sulla
strada, ma lo porta con sé.
Sono gesti di grande disponibilità e bontà. Probabilmente molte persone fino a
questo punto si sarebbero comportate allo stesso modo. Ma l’amore arriva a un
livello più alto, come fa notare Gesù. Il samaritano si prende cura del povero
infermo, dopo che lo ha scortato fino all’albergo. Poteva lasciarlo lì e lui
andarsene via, avendo fatto fin troppo per quello che era in suo potere. Invece
alla locanda lo assiste ancora con maggior premura, gli sta accanto, vegliando
per tutta la notte, pronto a dargli aiuto qualora avesse avuto bisogno di
qualcosa.
COINVOLGE ALTRI
«Il
giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo:
“Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”.»
Il mattino seguente, non potendo fermarsi più a lungo, ma dovendo proseguire il
suo viaggio d’affari, estrae due denari per pagare l’albergatore. Dona qualcosa
di suo, corrispondente al salario
di due giornate. Sapendo che il pover’uomo non ha denari perché derubato dai
briganti, supplisce con i suoi soldi. Non solo, ma sollecita il locandiere ad
avere cura di lui. Con questo coinvolge
un’altra persona nella complessa operazione della carità. Mostra di avere un
amore altamente disinteressato, anzi vi rimette il denaro di persona. Insieme
appare molto delicato nei confronti dell’oste: da una parte non lo vuole privare
del legittimo guadagno, dall’altra, sempre mosso dalla carità, lo prega di
assumersi il carico di assistere un malato. Egli promette di ritornare per
rimborsargli altre spese; si può pensare che certamente tornerà anche per
rivedere lo stato di salute del malcapitato!
Da questi dati si vede bene come la persona del prossimo prenda il primo posto
nel cuore del samaritano: gli altri interessi e faccende non hanno più valore
primario. Tutto in qualche modo resta subordinato alla premura e alle cure verso
colui che ha bisogno e che diventa l’attrazione principale. I sentimenti, le
attenzioni, i gesti sono orientati a soccorrere l’indigente che ha incontrato
sulla strada e a cui si è avvicinato, a coglierne le esigenze, a considerarne le
emergenze e le possibili soluzioni. Ciò che conta è che l’altro viva e stia
bene. Perché questo accada, occorre l’amore, perché solo l’amore fa vivere.
Tutto ha origine da quei tre verbi con i quali è presentato, fin dall’inizio,
l’uomo samaritano: passò accanto,
lo vide,
ne ebbe compassione.
VA’ E ANCHE TU FA’ LO STESSO
Gesù presenta un amore talmente elevato, che normalmente non si riscontra nella
concretezza della vita. Secondo anche il commento degli antichi padri della
Chiesa, nelle linee che dipingono la figura del samaritano non è errato
riconoscere la persona stessa di Cristo, nel suo amore compassionevole verso
tutti i sofferenti, che lo ha spinto a condividere la loro medesima esistenza
per confortarli e guarirli.
Però egli non vuole mettersi in mostra, e trasfonde il suo grande amore in
questo samaritano, davanti al quale i suoi seguaci devono confrontarsi ed essere
stimolati a condividere il medesimo amore.
Il contesto del brano è incentrato propriamente sul discepolato. A ogni suo
seguace Gesù rivolge quelle parole conclusive e impegnative: «Va’
e anche tu fa’ lo stesso».
ORATIO
Domando umilmente di poter essere coerente con le indicazioni emerse dalla
meditatio. Esprimo fede, speranza, amore. La preghiera si estende e diventa
preghiera per i propri amici, per la propria comunità, per la Chiesa, per tutti
gli uomini. La preghiera si può anche fare ruminando alcune frasi del brano
ripetendo per più volte la frase/i che mi hanno fatto meditare.
Voi valete di più.
Più dei vostri mali.
Più delle vostre tristezze.
Più dei vostri limiti.
Più del vostro lavoro.
Voi valete di più.
|
Più dei vostri fallimenti
ma anche più
dei vostri successi.
Voi valete più
dei vostri sogni.
Voi valete di più
perché siete
il tesoro di Dio.
(un minuto con Dio) |
CONTEMPLATIO
Avverto il bisogno di guardare solo a Gesù, di lasciarmi raggiungere dal suo
mistero, di riposare in lui, di accogliere il suo amore per noi. È l’intuizione
del regno di Dio dentro di me, la certezza di aver toccato Gesù. È Gesù che ci
precede, ci accompagna, ci è vicino, Gesù solo! Contempliamo in silenzio questo
mistero: Dio si fa vicino ad ogni uomo!
Per Cristo, con Cristo e in Cristo a te, Dio Padre Onnipotente,
nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria per tutti
i secoli dei secoli.
Amen
ACTIO
Mi impegno a
vivere un versetto di questi brani, quello che mi ha colpito di più.
Si compie concretamente un’azione che cambia il
cuore e converte la vita. Ciò che si è meditato diventa ora vita!
Prego con la Liturgia delle Ore, l’ora canonica
del giorno adatta al momento.
Concludo il momento di
lectio recitando con calma la preghiera insegnataci da Gesù: Padre Nostro...
Arrivederci!
(tratto
da Lectio sul Vangelo di Luca proposte in parrocchia)
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