Venero la Parola di Dio, l’Icona ed il Crocifisso. Traccio sulla mia persona il Segno della mia fede, il Segno della Croce, mi metto alla presenza del Signore che vuole parlarmi.
Porgi l’orecchio, Dio,
alla mia preghiera,
non nasconderti di fronte
alla mia supplica.
Dammi ascolto e rispondimi;
mi agito ansioso
e sono sconvolto. |
Dentro di me si stringe
il mio cuore,
e mi ricopre lo sgomento.
Dico: «Chi mi darà ali come
di colomba per volare e trovare riposo? » (dal salmo 55) |
Veni, Sancte Spiritus, Veni, per Mariam.
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Le ore del giorno scorrono rapide. Impossibile fermarle.
Il credente però le può «redimere».
Continuano le lectio liberamente tratte da alcune riflessioni di don Davide
Caldirola, sacerdote della Chiesa di Milano.
Buona meditazione e buona preghiera.
LECTIO Apro
la Parola di Dio e leggo in piedi il brano che mi viene proposto.
(Matteo
26,47-50.69-75)
47Mentre
ancora egli parlava, ecco arrivare Giuda, uno dei Dodici, e con lui una grande
folla con spade e bastoni, mandata dai capi dei sacerdoti e dagli anziani del
popolo.
48Il traditore aveva dato loro un segno, dicendo: «Quello che
bacerò, è lui; arrestatelo!».
49Subito si avvicinò a Gesù e disse:
«Salve, Rabbì!». E lo baciò.
50E Gesù gli disse: «Amico, per questo
sei qui!». Allora si fecero avanti, misero le mani addosso a Gesù e lo
arrestarono.
69Pietro
intanto se ne stava seduto fuori, nel cortile. Una giovane serva gli si avvicinò
e disse: «Anche tu eri con Gesù, il Galileo!».
70Ma egli negò davanti
a tutti dicendo: «Non capisco che cosa dici».
71Mentre usciva verso
l’atrio, lo vide un’altra serva e disse ai presenti: «Costui era con Gesù, il
Nazareno».
72Ma egli negò di nuovo, giurando: «Non conosco
quell’uomo!».
73Dopo un poco, i presenti si avvicinarono e dissero a
Pietro: «È vero, anche tu sei uno di loro: infatti il tuo accento ti tradisce!».
74Allora egli cominciò a imprecare e a giurare: «Non conosco
quell’uomo!». E subito un gallo cantò.
75E Pietro si ricordò della
parola di Gesù, che aveva detto: «Prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai
tre volte». E, uscito fuori, pianse amaramente.
MEDITATIO
Seduto, rileggo la Parola per più volte, lentamente. Anche la lettura della
Parola di Dio è preghiera. Siamo entrati in quella zona più sacra e più lunga
del nostro Ritiro On Line:
il grande
silenzio ! Il protagonista è lo Spirito Santo.
Il
modo migliore per assaporare un brano delle Scritture è accoglierlo in noi
come un cibo nutriente per il nostro spirito, è avere la certezza che sia
Dio a volerci parlare per farci entrare nelle dimensioni del suo disegno di
amore e di salvezza. Se ascoltiamo attentamente la Parola potremo entrare in
un rapporto vivo con il Padre, per lasciarci plasmare dal suo stesso
"cuore".
“Non conosco quell’uomo:
l'ora del tradimento”
La notte in cui fu tradito
La sera dell'Ultima Cena e della preghiera di Gesù nell'orto degli Ulivi,
diventa da subito la notte del tradimento e dell'arresto. È la notte più cupa e
triste della storia dell'umanità, preludio doloroso al dramma che si consuma nel
Venerdì santo, sulla croce. Nella liturgia eucaristica, ogni giorno, noi
facciamo memoria di questi istanti oscuri della vita di Gesù parlando della
«notte in cui fu tradito», attribuendo a questa parte della giornata anche il
momento dell'istituzione dell'Eucaristia. Ma poco importa il termine cronologico
della vicenda. La notte è cifra più ampia di quanto possa indicare qualunque
strumento di misurazione del tempo. È immagine capace di raccontare l'oscurità,
l'impero delle tenebre, la vittoria delle forze del male, la sconfitta della
luce. Proprio riferendosi all'uscita di scena di Giuda, durante l'Ultima Cena,
Giovanni scrive:
(Gv 13,26-30).
Non sarebbe probabilmente possibile recensire tutto ciò che riguarda la
«categoria teologica» notte. Ci basta sapere che siamo nel campo misterioso e
incomprensibile dell'azione del male, dell'agire dell'Avversario che sempre si
oppone alla prodigiosa opera di salvezza del Signore. Siamo nel cuore del
mysterium iniquitatis che agita le coscienze dell'uomo di sempre, che lascia
senza parole e senza fiato.
Giuda e Pietro insieme
In questo quadro notturno
consideriamo insieme la figura di
Giuda e quella di Pietro. L'accostamento non è arbitrario. Nella narrazione dei
sinottici - dalla preghiera del Getsemani in poi - sono gli unici apostoli ad
essere esplicitamente chiamati per nome
durante le vicende della Passione, mentre gli altri discepoli rimangono
distanti, sullo sfondo. La loro vicenda, pur così diversa negli esiti finali, è
molto simile: è vicenda di paura, di rifiuto, di rinnegamento dell'amico e di se
stessi, della propria dignità. È vicenda di poveri uomini incapaci di vincere il
male, che cadono sotto il peso della propria fragilità. È storia di amici che
amano e tradiscono insieme, come capita a tutti noi nella tempesta e nel buio
della vita.
Giuda, fino in fondo, rimane duro, anche nei confronti di se stesso e del
proprio male. Non pensa ci possa essere perdono, ma solo un albero a cui
appendersi.
Chi è Giuda
Vediamo più da vicino, allora, i protagonisti dell'ora del tradimento. Vogliamo
capire chi sono, e ci interessa capire chi sono «in questo preciso momento». Il
Vangelo ci dà di loro - soprattutto di Pietro - moltissime altre informazioni;
noi però li vogliamo fotografare in questi istanti, in questa notte di buio. Per
farlo proviamo a rileggere in profondità le parole di Matteo, così come la
tradizione ce le consegna. Cominciamo da Giuda.
Giuda è prima di tutto «uno
dei Dodici», e continua
ad
essere definito così da Matteo anche nel momento in cui ci viene presentato
nell'atto di tradire. Spesso nei Vangeli quando si parla di Giuda si ribadisce
che è uno dei Dodici: non è un estraneo, un infiltrato, una persona oscura e
cattiva che poco alla volta, con una strategia perversa e paziente, ha occupato
un posto sufficientemente vicino al Maestro per poterlo ingannare e consegnare.
È uno scelto da Gesù, chiamato da lui. «Ha avuto anche lui la vocazione», mi
diceva sempre un vecchio padre spirituale, ma questo non l'ha messo al riparo
dalla terribile possibilità di mancare e di cadere. Gesù non è stato tradito da
un nemico, ma da uno dei suoi. Giuda, nel brano di Matteo che stiamo rileggendo,
è «mandato
con una gran folla dai sommi sacerdoti e dagli anziani del popolo».
Se andiamo a rileggere la vicenda dei Dodici nei Vangeli, li scopriamo spesso
«mandati a due a due» per evangelizzare, guarire, scacciare i demoni. Attraverso
questo compito e questa responsabilità Gesù ha provato a formarli, a cambiarli,
a introdurli poco alla volta nel ministero pensato e desiderato per loro. Anche
in questa scena ritroviamo Giuda «mandato». Ma stavolta non è più Gesù
all'origine di questo suo viaggio, di questo cammino nella notte. Giuda ha
cambiato riferimento, ha cambiato padrone, ha cambiato Maestro e Signore. Ha
cessato di obbedire alla parola di Gesù per affidarsi ad altre parole. Qui
cambia completamente la scena. È stridente il contrasto tra le indicazioni di
Gesù nell'inviare i discepoli e la rappresentazione di questa folla che
accompagna Giuda. Nel Vangelo di Matteo troviamo scritto:
Occorre fermarsi qualche istante su queste due parole che nella narrazione di
Matteo risuonano talmente vicine che quasi si fondono e si confondono. Lo
facciamo riascoltando un testo altissimo e commovente tratto dalla più bella
omelia di don Primo Mazzolari che si
intitolava “Ma io voglio bene anche a Giuda”:
Chi è Pietro
Abbiamo guardato a Giuda. Ora la nostra attenzione si sposta su Pietro, sulla
scena del suo triplice rinnegamento, del canto del gallo, del suo pianto
amarissimo.
lo spuntare di ogni nuovo giorno è preceduto dal canto del gallo che annuncia
dai tempi dei tempi un tradimento.
Il canto del gallo risuona come un richiamo e quasi come una liberazione per
Pietro che si trova sempre più lontano da se stesso mentre si affanna
a negare di conoscere il Maestro, mentre si smarrisce nella sua menzogna
e nella paura di perdere la vita. Il canto del gallo è un risveglio. La
coscienza dell'apostolo si ridesta, scopre l'errore, il male, dà un nome al
proprio tradimento e al proprio peccato, si rinnova e si illumina. Si leva il
sole: Pietro, alla nuova luce, al nuovo risveglio, vede chi è lui e capisce chi
è il suo Signore. Il pianto di amarezza diviene anche pianto di liberazione. Ma
cosa c'è prima di questo risveglio e di questo pianto? C'è tutta la menzogna di
Pietro, la sua falsità, che dobbiamo imparare a leggere con grande attenzione.
La verità infine è una commozione che nasce dal cuore ferito («Pianse
amaramente»): le parole vere nascono dal pianto: non quello
facile, non quello retorico, ma quello che sgorga da un'autentica ferita.
Questo è Pietro: un uomo che era con Gesù e che ora si dibatte tra verità e
menzogna, in attesa del canto del gallo, di un pianto liberatore, di uno sguardo
di perdono.
Colui che bacia
Nella prima parte della nostra riflessione abbiamo lasciato in secondo piano i
gesti più intensi di Giuda e Pietro: il bacio e le lacrime. Li riprendiamo ora,
per rileggerli alla luce della nostra esperienza quotidiana. Partiamo da Giuda:
colui che bacia.
Il bacio richiama gli affetti, la tenerezza, l'amore.
A Gerusalemme, l'altare della basilica del Getsemani è costruito su
una grande roccia dove -
secondo la tradizione - si è steso Gesù a pregare prima del tradimento di
Giuda e dell'arresto. Spesso al termine della loro preghiera silenziosa o della
celebrazione dell'Eucaristia, i pellegrini si chinano a baciare la roccia, come
segno di pietà e di devozione. È questo un gesto sempre profondamente scosso da
un'intensa commozione. In questo gesto possiamo vedere il tentativo generoso e
fragilissimo insieme, di superare e riscattare con gesto di affetto il bacio del
tradimento. L'ora del tradimento è l'ora del disamore, dell'amore mancato,
dell'amore ferito. Questa piaga può essere curata soltanto da un affetto
smisurato che si condensa in un piccolo segno, due labbra che si appoggiano alla
roccia dura, che si attaccano a una pietra sicura per non tradire di nuovo.
È così che possiamo leggere anche il gesto struggente del Venerdì santo con cui
i fedeli si mettono in fila per baciare il Crocifisso. È un segno che vale più
di molte preghiere. È come se il seme di ogni nostra supplica morisse sulle
nostre labbra per sbocciare in un bacio soltanto, è come se accettassimo di
divenire muti di fronte alla morte di Cristo per lasciare parlare il nostro
affetto, così fragile e così vero, così denso di amore e così segnato dal
tradimento.
Colui che piange
Se Giuda è colui che bacia, Pietro è colui che piange. Un pianto di liberazione,
un pianto sincero, finalmente, dopo tanta menzogna. Un pianto ricchissimo
che lo riporta alla verità di se stesso e - rendendolo più fragile e più
umile - lo prepara ad accogliere e ricevere il perdono.
Ma si potrebbe diffidare di chi non ti regala mai un sentimento, di chi non si
commuove mai, di chi agisce con l'esattezza tecnica indiscutibile e feroce di un
computer, senza mai lasciar trasparire un'emozione, un trasporto, una scintilla
di partecipazione affettuosa. Piangere, a volte, fa bene. Ne percepiamo tutta la
forza quando abbiamo il coraggio di commuoverci per una parola, un gesto, una
musica, quando condividiamo tra le lacrime con qualcuno che amiamo la bellezza
di una preghiera, l'intensità di un racconto, la consegna di un ricordo,
l'amarezza di una confessione. Non dobbiamo esitare a chiedere al Signore il
dono della commozione. Anch'esso fa parte di quella fragilità che è la nostra
vera risorsa e la nostra forza.
E poi abbiamo bisogno di imparare a piangere sui nostri peccati. Nell'antichità
il dono delle lacrime - insieme all'arrossire del volto - era recepito come un
segno confortante, come qualcosa che diceva senza bisogno di parole la verità
del proprio pentimento e il desiderio di ripartire in una nuova vita fedele al
Signore. Imparare a piangere sui propri peccati significa entrare nella logica
di quel dispiacere profondo che solo può cancellare il disamore del peccato.
Il peccato è disamore. Il cuore diventa insensibile e chiuso, incapace di amare.
La vita buia, le giornate soltanto passaggi di tempo. Ci si stordisce con le
occupazioni e le cose, ma non se ne esce. Quella del disamore è una trappola in
cui si cade spesso.
Una volta si usava disegnare un cuore trafitto da una freccia, e scriverci a
fianco due nomi. Era il segno che un ragazzo e una ragazza erano innamorati. È
un segno ingenuo, ma che dice bene come amore e dolore spesso si incontrino,
come sia possibile amare e ferirsi, amare e tradire. Ecco le lacrime, ecco il
cuore trafitto dall'amore e dal peccato. Non possiamo fare a meno di un dono
così.
ORATIO
Domando umilmente di poter essere coerente con le indicazioni emerse dalla
meditatio. Esprimo fede, speranza, amore. La preghiera si estende e diventa
preghiera per i propri amici, per la propria comunità, per la Chiesa, per tutti
gli uomini. La preghiera si può anche fare ruminando alcune frasi del brano
ripetendo per più volte la frase/i che mi hanno fatto meditare.
Pietà di me, o Dio.
Nell’ora della paura
io in te confido.
In Dio, di cui lodo la parola,
nel Signore, di cui lodo la parola,
in Dio confido, non avrò timore.
Manterrò, o Dio,
i voti che ti ho fatto: |
ti renderò azioni di grazie,
perché hai liberato la mia vita
dalla morte,
i miei piedi dalla caduta,
per camminare davanti a Dio
nella luce dei viventi. (dal salmo 56) |
CONTEMPLATIO
Avverto il bisogno di guardare solo a Gesù, di lasciarmi raggiungere dal suo
mistero, di riposare in lui, di accogliere il suo amore per noi. È l’intuizione
del regno di Dio dentro di me, la certezza di aver toccato Gesù. È
Gesù che ci precede, ci accompagna, ci è vicino, Gesù solo! Contempliamo in
silenzio questo mistero: Dio si fa vicino ad ogni uomo!
Per Cristo, con Cristo e in Cristo a te, Dio Padre Onnipotente,
nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria per tutti i secoli dei
secoli. Amen
ACTIO
Mi impegno a vivere un versetto di
questi brani, quello che mi ha colpito di più.
Si compie concretamente un’azione che cambia il cuore e converte la vita. Ciò
che si è meditato diventa ora vita!
Prego
con la Liturgia delle Ore, l’ora canonica del giorno adatta al momento.
Concludo il momento di lectio recitando con calma la preghiera insegnataci da
Gesù: Padre Nostro...
Arrivederci!
(spunti liberamente tratti da una lectio di don Davide Caldirola, della Chiesa
di Milano)
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