Venero la Parola di Dio, l’Icona ed il Crocifisso. Traccio sulla mia persona il Segno della mia fede, il Segno della Croce, mi metto alla presenza del Signore che vuole parlarmi.
Vieni, Spirito di bellezza, Soffio che da vita.
Vieni, Spirito dei poeti, Soffio che rende eterna la Parola.
Vieni, Spirito dei filosofi, Soffio che attraversa la verità.
Vieni, Spirito degli artisti, Soffio sparso nel colore e nel segno.
Vieni, Spirito dei monaci, Soffio che abita nel silenzio.
Vieni, Spirito dei profeti, Soffio che tiene i fuochi accesi.
Vieni, Spirito dei piccoli, Soffio che scompiglia i calcoli.
Vieni, Spirito dei poveri, Soffio che smaschera gli ipocriti.
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Vieni, Spirito dei popoli, Soffio che produce la diversità delle voci.
Vieni, Spirito dell'umanità, Soffio che fa brillare i volti.
Vieni, Spirito dei testimoni di pace, Soffio che disarma la guerra.
Vieni, Spirito di Dio, riempi questa città della tua bellezza, rivestila della tua giustizia, falla volare sulle tue ali.
Vieni, Spirito di tenerezza, rendici tutti più umani.
Vieni, Spirito di compassione, rendi più dolce la terra.
Vieni, Spirito della bellezza e salva questo mondo. Amen (da “Pregare nel cuore della città”) |
Veni, Sancte Spiritus, Veni, per Mariam.
DISCERNERE
Discernere come azione profetica, come esperienza dello Spirito che consente di scorgere il volto di Dio nella storia, un volto inaspettato, scoperto
sulle orme di Elia attraverso un cammino faticoso e impervio.
LECTIO Apro la Parola di Dio e leggo in piedi il brano che mi viene proposto.
Cammino, discernimento e profezia: Elia e il mistero di Dio sul monte. (1 Re 19, 1-16)
1Acab riferì a Gezabele tutto quello che Elia aveva fatto e che aveva ucciso di spada tutti i profeti. 2Gezabele inviò un messaggero a Elia per dirgli: «Gli dèi mi facciano questo e anche di peggio, se domani a quest’ora non avrò reso la tua vita come la vita di uno di loro». 3Elia, impaurito, si alzò e se ne andò per salvarsi. Giunse a Bersabea di Giuda. Lasciò là il suo servo. 4Egli s’inoltrò nel deserto una giornata di cammino e andò a sedersi sotto una ginestra. Desideroso di morire, disse: «Ora basta, Signore! Prendi la mia vita, perché io non sono migliore dei miei padri». 5Si coricò e si addormentò sotto la ginestra. Ma ecco che un angelo lo toccò e gli disse: «Alzati, mangia!». 6Egli guardò e vide vicino alla sua testa una focaccia, cotta su pietre roventi, e un orcio d’acqua. Mangiò e bevve, quindi di nuovo si coricò. 7Tornò per la seconda volta l’angelo del Signore, lo toccò e gli disse: «Alzati, mangia, perché è troppo lungo per te il cammino». 8Si alzò, mangiò e bevve. Con la forza di quel cibo camminò per quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio, l’Oreb.
9Là entrò in una caverna per passarvi la notte, quand’ecco gli fu rivolta la parola del Signore in questi termini: «Che cosa fai qui, Elia?». 10Egli rispose: «Sono pieno di zelo per il Signore, Dio degli eserciti, poiché gli Israeliti hanno abbandonato la tua alleanza, hanno demolito i tuoi altari, hanno ucciso di spada i tuoi profeti. Sono rimasto solo ed essi cercano di togliermi la vita». 11Gli disse: «Esci e férmati sul monte alla presenza del Signore». Ed ecco che il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento, un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. 12Dopo il terremoto, un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco, il sussurro di una brezza leggera. 13Come l’udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all’ingresso della caverna.
Ed ecco, venne a lui una voce che gli diceva: «Che cosa fai qui, Elia?». 14Egli rispose: «Sono pieno di zelo per il Signore, Dio degli eserciti, poiché gli Israeliti hanno abbandonato la tua alleanza, hanno demolito i tuoi altari, hanno ucciso di spada i tuoi profeti. Sono rimasto solo ed essi cercano di togliermi la vita».
15Il Signore gli disse: «Su, ritorna sui tuoi passi verso il deserto di Damasco; giunto là, ungerai Cazaèl come re su Aram. 16Poi ungerai Ieu, figlio di Nimsì, come re su Israele e ungerai Eliseo, figlio di Safat, di Abel-Mecolà, come profeta al tuo posto.
Parola di Dio
MEDITAZIO Seduto, rileggo la Parola per più volte, lentamente. Anche la lettura della Parola di Dio è preghiera. Siamo entrati in quella zona più sacra e più lunga del nostro Ritiro On Line: il grande silenzio ! Il protagonista è lo Spirito Santo.
Il modo migliore per assaporare un brano delle Scritture è accoglierlo in noi come un cibo nutriente per il nostro spirito, è avere la certezza che sia Dio a volerci parlare per farci entrare nelle dimensioni del suo disegno di amore e di salvezza.
Se ascoltiamo attentamente la Parola potremo entrare in un rapporto vivo con il Padre, per lasciarci plasmare dal suo stesso "cuore".
Il dramma del discernimento
Perché è necessario il discernimento? Evidentemente siamo di fronte a una difficoltà di comprensione, a una qualche oscurità, un qualcosa che non è chiaro e chiede riflessione, una complessità che impedisce di capire e quindi di agire. Tutto ciò accade perché la rivelazione di Dio passa attraverso l'uomo, con le sue contraddizioni e ambiguità: non è facile riconoscere Dio, la sua presenza, il suo volere; il discernimento è proprio questa operazione di riconoscimento. È una questione che ci mette, nel suo aspetto ultimo e radicale, a tu per tu con Dio: ecco la radice di ogni discernimento. Un "tu per tu" che inizia con una domanda più o meno esplicita: «Dove sei, Signore?» e che si conclude con un'altra domanda, che risuona nell'intimo: «Dove sei, Elia?».
Nel passaggio tra una domanda e l'altra, nel coraggio e nella provocazione di questo passaggio, ecco lo spazio del discernimento, che percorreremo in compagnia di Elia.
Dove sei, Signore?
Il testo si apre con il dramma del profeta: l'uomo che aveva sfidato sul Carmelo i profeti di Baal è il campione della fede nel Dio di Israele. Egli aveva ricondotto gli israeliti al Signore facendo scendere fuoco dal cielo, aveva riportato con la sua parola la pioggia sulla terra dopo la siccità, mosso dalla potenza del Signore era riuscito a correre addirittura più veloce del carro del re trainato da cavalli; adesso però si smarrisce di fronte alle minacce di una donna, Gezabele. Elia ha scannato i profeti di Baal (aveva ucciso di spada tutti i profeti), quei profeti che mangiavano alla tavola regale, e ora la regina giura di farlo morire.
Di fronte all'intimidazione di una donna il grande profeta ha paura: Elia, impaurito, si alzò e se ne andò per salvarsi , si alza e fugge per la sua vita. Il timore fa percepire il proprio limite: il pericolo imminente pone l'uomo di Dio, il «profeta simile al fuoco», davanti alla sua fragilità. Così giunse a Bersabea di Giuda e lasciò là il suo servo . Nella fuga il profeta giunge al limite della terra promessa (Bersabea era considerata l’estremo sud della terra promessa), e lì abbandona il suo servo, rimanendo solo.
Giunto al confine del paese, Elia esce da quella terra, dono di Dio, come se la promessa per lui fosse ormai insufficiente, come se il dono del Signore, la presenza divina nella sua storia, che pure era stata così potente, non bastasse più. L'"uscita dalla promessa" mostra come il dramma di Elia oltrepassi la sua paura di morire. La difficoltà è ampia e profonda e coinvolge la sua percezione di Dio: si tratta di una crisi religiosa determinata dall'impossibilità di vedere ancora il Signore all'opera nella storia, una storia di violenza, di idolatria, di prevaricazioni. E, ancora oltre, Elia non riesce più a scorgere neppure la presenza divina che agisce nella sua storia: dov'è il Dio che tiene la sua mano su di lui? Perché non interviene per proteggerlo? Perché non lo soccorre davanti alla minaccia della regina? Perché sembra assente, lontano? Adesso per Elia il discernimento è impossibile.
Infatti egli s’ inoltrò nel deserto una giornata di cammino. Il deserto è un luogo ambiguo: luogo di morte, «terra di serpenti e di scorpioni», terra «dove nessuno può vivere», ma dove Dio aveva consentito al suo popolo di rimanere in vita e camminare. Sembra quasi una sfida nei confronti del Signore: Elia si avventura da solo in una terra in cui solo Lui può far vivere, mettendo alla prova nella sua vita questo "esserci" eterno e misterioso. Siccome però egli non percepisce più alcuna traccia di questa presenza, era desideroso di morire. Si preferisce morire piuttosto che vivere in una storia contraddittoria, difficile, una storia in cui il volto di Dio è nascosto dalla ferocia degli uomini.
Nel suo desiderio di morte, il profeta si sente solidale con il peccato dei suoi antenati, con la colpa dei padri, con una trasgressione che, per eccellenza, è quella dell'idolatria, quella cioè di farsi un'immagine di Dio falsa, di adorare un Dio fatto dall'uomo a sua misura. Di fatto anche Elia ha smarrito il vero volto di Dio, non è più in grado di scorgerlo.
Egli infatti si coricò e si addormentò, gesto che sancisce la rinuncia alla missione profetica: il profeta è colui che «sta in piedi davanti al Signore» come Abramo; quale sentinella egli è colui che sta sulla breccia; per Giona il comando «alzati e va'» segna l'inizio della missione. Il profeta simile al fuoco adesso si corica e si addormenta con un sonno che segna il rifiuto della vita stessa. È un rifiuto profondo: infatti, viene un angelo, tocca il profeta e gli ordina di mangiare; Elia mangia ma di nuovo si coricò. Non è la forza che manca, bensì la voglia di vivere.
Cammino per il discernimento
II Signore insiste nutrendo ancora il suo profeta nel deserto, come a suo tempo aveva fatto con Israele. La seconda volta l'angelo non solo porge del cibo a Elia, ma gli prospetta un cammino: perché è troppo lungo per te il cammino. L'uomo di Dio, che si era sdraiato, dovrà camminare e non sarà un cammino qualunque: egli è chiamato a percorrere all'indietro la strada che il popolo dell'Alleanza ha compiuto dall'Egitto alla terra promessa; sarà un viaggio che durerà quaranta giorni e quaranta notti, simili ai quarant’anni di cammino di Israele: la meta sarà il luogo dell'Alleanza, il monte di Dio.
L'andare di Israele nel deserto è segnato dalla ribellione, dall'incapacità di vedere Dio all'opera nel luogo della desolazione: «Perché ci avete portati a morire nel deserto?» sono le parole che scandiscono i passi del popolo.
Anche a Elia, solidale con la colpa dei suoi padri, è chiesto di fare un cammino a ritroso nella sua stessa ribellione, nella sua incapacità di vedere Dio nella storia, in una storia difficile, contraddittoria, che nasconde la presenza divina. In una parola, Elia è chiamato a esplorare la sua incapacità di discernimento. È Dio stesso che condurrà il suo profeta: il testo infatti ci ricorda che egli camminerà con la forza di quel cibo; solo con il vigore che viene da Dio è possibile attraversare le nostre ribellioni, le nostre incapacità di scorgere il suo volto.
L'esperienza di Dio: «Che fai qui, Elia?»
Il cammino conduce Elia al monte di Dio, l'Oreb, al luogo della santa Alleanza. Là entrò in una caverna, luogo ambiguo: può evocare il grembo materno, la protezione; ma allo stesso tempo è un posto angusto, oscuro, che richiama l'angoscia della morte. Siamo di fronte a un simbolo ambivalente, che si pone in tensione tra sicurezza e insicurezza. Proprio in questa zona misteriosa e sfuggente il Signore si rivela; egli si manifesta in uno spazio ambiguo, allo stesso modo in cui si mostra in una storia ambigua, nella quale Elia non è più capace di intravedere il suo volto.
Ed ecco la domanda: Che cosa fai qui, Elia? Nella caverna il Signore rivolge la sua parola al profeta e lo mette in discussione tramite una domanda che provoca la sua libertà, spronandolo a reagire. Egli è invitato a prendere coscienza di sé, del suo posto in una storia contraddittoria, difficile.
Ma Elia, invece di volgere lo sguardo su di sé, punta il dito verso il suo popolo: gli Israeliti hanno abbandonato... hanno demolito... hanno ucciso. Per quanto lo riguarda, egli si riconosce fedele a Dio: sono pieno di zelo per il Signore; proprio per questo motivo egli è ormai solo (sono rimasto solo) e in pericolo di vita (essi cercano di togliermi la vita).
L'espressione della propria fedeltà diventa di fatto una lamentela e un'accusa mossa verso Dio: non soltanto il suo profeta è solo, ma anche in pericolo di vita perché, concretamente, egli non fa niente per difenderlo.
Ma ecco il comando di Dio: Esci. Elia è invitato a uscire: se la caverna è il luogo stretto dell'angoscia e dell'oscurità, allora uscire richiama una liberazione da questo stato, come l'uscita di Israele dall'Egitto. E l'esortazione "Esci" rivela come in quest'opera di liberazione è necessariamente implicata la libertà dell'uomo: Dio non può tirare fuori Elia dalla caverna; egli deve uscire, da solo. L'uscita del profeta diventa allora una liberazione dalle sue angosce, dalle sue paure.
Ma siccome la caverna è anche il luogo della sicurezza, paragonabile a un grembo materno, l'uscita può fare anche riferimento a un'uscita dal grembo, a una nascita intesa questa volta come l'abbandono del luogo della protezione per affrontare le insicurezze, le contraddizioni della storia.
Non solo Esci, ma anche fermati alla presenza del Signore, che alla lettera è «stare davanti alla faccia del Signore», davanti al suo volto, proprio quel volto che Elia non riconosce più. Egli è chiamato a stare davanti a questo volto con umiltà; l'espressione «alla presenza» indica nella scrittura l'atteggiamento di colui che si pone davanti a un superiore per attendere ordini: Elia è chiamato, dunque, con un atteggiamento di umiltà, a percepire la propria piccolezza davanti alla rivelazione di Dio.
Ma stare alla presenza del Signore è anche l'atteggiamento dell'intercessore, di colui che si fa carico di una storia di peccato, di tradimenti e violenza. L'intercessore è colui che riesce a vedere nella storia un principio possibile di conversione e in virtù di questo chiede misericordia. Elia è così chiamato a farsi carico proprio di coloro contro cui aveva puntato il dito.
Discernimento come riconoscimento di Dio
Inizia il discernimento di Elia, che si attua in primo luogo nel riconoscimento di Dio: l'esperienza di Dio che egli fa, infatti, è problematica, richiede la sapienza di un vero e proprio discernimento.
Ed ecco che il Signore passò. Il mistero di Dio non è qualcosa di immobile, è piuttosto qualcosa che passa e chiede di essere riconosciuto, è qualcosa di cui si riesce a percepire il passaggio quando ormai non c'è più.
Non a caso, all'inizio il testo ci descrive la presenza divina nell'assenza, rivelandoci non tanto dove è Dio, ma piuttosto dove non è: non era nel vento... non era nel terremoto... non era nel fuoco. Questi fenomeni richiamano esperienze straordinarie di Dio: il vento ricorda il «forte vento», quello che nella notte dell'esodo prosciuga il Mar Rosso; il terremoto e il fuoco sono i segni della teofania di Dio al Sinai. Si tratta di esperienze non solo singolari ma originarie, fondanti: Dio attraverso di esse si rivela al suo popolo nel momento stesso della sua origine, nell'uscita dall'Egitto e nell'Alleanza.
Ancora di più, il fuoco fa riferimento alla stessa esperienza di Elia sul Carmelo, quando «cadde il fuoco del Signore» ed egli si manifestò davanti al suo profeta e a tutto il popolo.
Adesso, invece, siamo di fronte al "non esserci" di Dio, di un Dio che si mostra nell'assenza. Ma non solo: quando egli si rivela, lo fa in una maniera inaspettata, superando tutte le aspettative e le precedenti esperienze. Questo chiede discernimento: non è possibile identificare la presenza del Signore sempre e immediatamente con una sua manifestazione, con una determinata situazione già conosciuta, con ciò che è ormai chiaro ed inequivocabile. Siamo di fronte a un'espressione nuova del divino, a una rivelazione sconcertante, perché nega l'abituale volto di Dio, il suo modo tradizionale di presentarsi.
Dopo il fuoco, il sussurro di una brezza leggera. Questa è la traduzione letterale del testo ed è paradossale, poiché si legano la voce (il sussurro), che in ebraico indica sempre un fenomeno udibile, al silenzio (la brezza leggera), chiara assenza di percezione uditiva. Non ci sono suoni o forme udibili, ma un uomo percepisce nel silenzio, cioè nell'assenza di voce, Dio che parla.
L'assenza di voce, è l'assenza della voce di Dio nella storia, del passato come del presente, laddove Dio è soffocato dalle urla di uomini e donne che soffrono, laddove Dio non parla, non interviene di fronte alle atrocità più grandi, laddove Dio è reso impotente e muto in ogni innocente che subisce violenza... Come riconoscere Dio in questa storia? Questo il dramma del profeta!
Eppure Elia viene a dirci che questo silenzio di Dio ha voce, che esiste la voce del silenzio che all'interno di una storia di contraddizione, una storia in cui l'uomo si sente abbandonato da Dio, parla. Il silenzio di Dio che parla!
Questo silenzio può essere percepito, sperimentato, ascoltato (come l’udì). Appena Elia lo percepisce, si coprì il volto con il mantello. Il gesto è carico di significato: il profeta, cosciente di trovarsi di fronte a un mistero che lo supera, come Mosè si copre il volto. Ma il comportamento di Elia non rivela soltanto la coscienza del mistero: coprirsi il volto, infatti, significa anche esporsi all'altro senza la possibilità di vederlo, cioè senza poter percepire le sue intenzioni. Coprirsi il volto di fronte all'altro significa, in una parola, consegnarsi a lui, abbandonarsi nella fiducia.
Elia si abbandona dunque a quel silenzio, lascia cadere le difese e giunge a riconoscere Dio, a discernere il suo passaggio.
II testo ci mostra che per discernere Elia ha spento in qualche modo tutti i sensi (il silenzio, come impossibilità di ascolto; il mantello sul volto, come cecità, impossibilità di vedere) perché potesse attivarsi il "sesto senso", quello della fede, che consente l'abbandono, la resa. Ascoltare e osservare vengono così superati: il discernimento richiede un sovrappiù, non basta la somma di ascoltare e osservare. È necessario attivare un "sesto senso", aprire un altro occhio e un altro orecchio, per riconoscere la voce di Dio, la sua presenza. Siamo di fronte a un'esperienza dello Spirito.
Ed ecco che il profeta uscì e si fermò. Egli può finalmente obbedire al comando del Signore (esci e férmati) perché ha trovato il suo volto, la "faccia del Signore" di fronte alla quale era chiamato a stare. Adesso è in grado di uscire e fermarsi davanti a questo volto.
Che fare?
Entrare nella fede e arrendersi a Dio, non significa essere fatalisti e passivi! Tutt'altro: Elia ce lo mostra.
Il fatto che sia riuscito a discernere il volto di Dio, a riconoscerlo, ha conseguenza prima di tutto su di lui: alla luce della riscoperta del volto di Dio egli può ritrovare anche il proprio posto nella storia. Che cosa fai qui, Elia? La risposta è solo apparentemente la stessa: in realtà, essa non è più una lamentela sterile, ma si apre all'intervento di Dio, all'accoglienza di questo nuovo volto. Infatti, il Signore questa volta può ordinare: Su, ritorna sui tuoi passi verso il deserto. Sembra tutto uguale: ancora il cammino, ancora il deserto, come nella fuga di Elia, ma niente è più come prima.
Il discernimento, il volto di Dio riconosciuto, è l'inizio per Elia di una nuova missione profetica: profeta è, infatti, chi riconosce il volto di Dio nella storia. Adesso Elia l'ha riconosciuto e quindi la sua missione profetica può compiersi: ungerai il re di Aram, ungerai il re di Israele e infine ungerai Eliseo... come profeta al tuo posto. In realtà le prime due azioni, l'unzione di Cazael e di leu, saranno compiute da Eliseo; ecco che l'unzione di quest'ultimo come profeta si rivela l'azione decisiva e fondamentale, al punto tale che è quella che Elia compie subito dopo il ritorno dal monte di Dio.
Elia credeva di essere indispensabile in Israele (sono rimasto solo); la voce del silenzio gli fa percepire la rela tività della sua missione: ungere Eliseo come profeta significa che la parola di Dio dovrà passare a un altro, preannunciando, in qualche modo, la sua stessa fine. Il riconoscimento del volto di Dio nel sussurro di una brezza leggera ridimensiona l'immagine che Elia ha di sé: egli ha toccato il proprio limite, le proprie contraddizioni.
Conclusione
II discernimento si rivela dunque azione profetica per eccellenza, quella che ci consente di vedere il volto di Dio in una storia drammatica, una storia che non lo rivela più. Il profeta può riconoscere questo volto solo se fa esperienza di Dio, un'esperienza nuova, paradossale: quella della voce del sussurro di una brezza leggera . Di fronte ad essa egli è chiamato ad arrendersi, consegnandosi al Signore. Una resa condensata nell'immagine di Elia che si copre il volto con il mantello: si tratta di un'esperienza di gloria. Il volto del profeta avvolto nel mantello è il volto del profeta avvolto dallo splendore della gloria, che non è la chiarezza cristallina della rivelazione di Dio, ma sono le stesse tenebre che diventano come luce, è la stessa notte che risplende come il giorno.
Per la riflessione
La storia che non rivela più la presenza di Dio: rifletto su come la storia in cui vivo con la sua violenza, con le sue contraddizioni, non permetta di riconoscere il volto di Dio, un Dio che si nasconde, un Dio che scandalosamente tace. Quante volte il discernimento del volto di Dio nella storia è impossibile...
Un'immagine in crisi: dov'è il Dio che soccorre? Dov'è il Dio che salva il debole dall'oppressore? Perché Dio tace?
Il cammino nelle ribellioni: di fronte all'assenza di Dio dalla storia, quando il discernimento è impossibile, è necessario entrare nelle proprie ribellioni e percorrerle a ritroso, fino alla radice, assumendo con coraggio la fatica del cammino.
Il lamento: può accadere che di fronte a una difficoltà di discernimento mi abbandono al lamento, sconfinando nell'accusa rivolta a tutto e a tutti, piuttosto che rivolgere lo sguardo verso me stesso, verso le mie motivazioni. Per poter discernere, per riconoscere cioè il volto di Dio nella storia, il Signore mi chiede di prendere coscienza del mio posto in questa storia: che fai qui? Non tanto cosa fanno gli altri, ma: che fai tu qui?
Uscire dalla caverna nell'umiltà: uscire cioè dalle mie sicurezze, ma anche dalle mie angosce. Nella percezione della mia piccolezza rimango davanti al volto di Dio.
La rivelazione nell'assenza: Dio che passa, che si rivela nell'assenza: questa è la rivelazione del volto di Dio, ma come è difficile stare davanti ad essa! Di fronte a questo c'è la necessità del discernimento: il silenzio di Dio. Cerco di sentire anche io questo silenzio di Dio, quando Dio non parla, tace. Percepisco il dramma della storia come silenzio di Dio.
La voce del silenzio: questo dramma, questo silenzio di Dio ha voce; la voce di ogni atrocità, di ogni violenza, la voce che chiede giustizia, troppo spesso soffocata... Mi fermo ad ascoltare, lascio risuonare queste voci dentro di me.
Il mantello e la resa: come posso riconoscere Dio in questa storia? L'invito è a coprirsi il volto, a consegnarsi, per attivare il sesto senso del discernimento.
ORATIO Domando umilmente di poter essere coerente con le indicazioni emerse dalla meditatio. Esprimo fede, speranza, amore. La preghiera si estende e diventa preghiera per i propri amici, per la propria comunità, per la Chiesa, per tutti gli uomini. La preghiera si può anche fare ruminando alcune frasi del brano ripetendo per più volte la frase/i che mi hanno fatto meditare.
Siamo in tanti, Signore. |
Chiediamo un pane fresco, (da “Hai un momento, Dio?”) |
CONTEMPLATIO Avverto il bisogno di guardare solo a Gesù, di lasciarmi raggiungere dal suo mistero, di riposare in lui, di accogliere il suo amore per noi. È l’intuizione del regno di Dio dentro di me, la certezza di aver toccato Gesù.
È Gesù che ci precede, ci accompagna, ci è vicino, Gesù solo! Contempliamo in silenzio questo mistero: Dio si fa vicino ad ogni uomo!
Per Cristo, con Cristo e in Cristo a te, Dio Padre Onnipotente,
nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria
per tutti i secoli dei secoli. AMEN
ACTIO Mi impegno a vivere un versetto di questi brani, quello che mi ha colpito di più.
Si compie concretamente un’azione che cambia il cuore e converte la vita. Ciò che si è meditato diventa ora vita!
Prego con la Liturgia delle Ore, l’ora canonica del giorno adatta al momento.
Concludo il momento di lectio recitando con calma la preghiera insegnataci da Gesù: Padre Nostro...
Arrivederci!
(spunti da un percorso formativo della Caritas Italiana)