RITIRO ON LINE - marzo 2023 |
Venero
la Parola di Dio, l’Icona ed il Crocifisso. Traccio sulla mia
persona il Segno della mia fede, il Segno della Croce, mi metto alla
presenza del Signore che vuole parlarmi.
ma
non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona.
Quando ti chiedo un segno, quando ti chiedo luce,
quando ti grido la mia paura, mostrami Te stesso
Signore della Vita, Luce dei miei giorni.
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Veni, Sancte Spiritus, Veni, per Mariam.
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INCONTRI DI GESU’ LUNGO LE STRADE POLVEROSE DELLA PALESTINA
In parrocchia recentemente è stata proposta una serie
di Lectio incentrata sugli incontri di Gesù con alcuni “personaggi” colti nella
concretezza della loro vita quotidiana, narrati nel Vangelo di Luca. Sono dei
“ritratti dal vivo”! In questi personaggi si possono riscontrare molti
aspetti presenti anche nella vita di ciascuno
di noi, nonostante la distanza temporale.
Sono spazi di concreta umanità ma anche di
svelamento della verità.
LECTIO
Apro la Parola di Dio e leggo in piedi i brani che mi vengono proposti.
Lc
17,11-19
11Lungo
il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samaria e la Galilea.
12Entrando
in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a
distanza
13e
dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!».
14Appena
li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi
andavano, furono purificati.
15Uno
di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce,
16e
si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano.
17Ma
Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono?
18Non
si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori
di questo straniero?».
19E
gli disse: «Alzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».
MEDITATIO
Seduto, rileggo la Parola per più volte, lentamente. Anche la lettura della
Parola di Dio è preghiera. Siamo entrati in quella zona più sacra e più lunga
del nostro Ritiro On Line: il grande
silenzio! Il protagonista è lo Spirito Santo.
Il
modo migliore per assaporare un brano delle Scritture è accoglierlo in noi
come un cibo nutriente per il nostro spirito, è avere la certezza che sia
Dio a volerci parlare per farci entrare nelle dimensioni del suo disegno di
amore e di salvezza. Se ascoltiamo attentamente la Parola potremo entrare in
un rapporto vivo con il Padre, per lasciarci plasmare dal suo stesso "cuore"
I PROTAGONISTI
Nella prima parte del passo (vv. 11-14) sono indicate
dieci
persone, malate di lebbra, nel movimento
di dirigersi verso Gesù, mentre nella seconda parte (vv. 15-19) è posta in primo
piano la figura di
uno solo di essi.
Costui, nella sua singolarità, si trova di fronte al suo salvatore e sperimenta
in pienezza la salvezza.
In altri brani evangelici, talvolta è sottolineata l’iniziativa di Gesù, che va
incontro agli uomini per salvarli. Questi sono descritti in atteggiamento
passivo di accoglienza.
Nel testo di oggi, (a parte il v.12 dove si accenna
all’arrivo di Gesù in un villaggio) si evidenzia nell’insieme
il moto
attivo di andare verso Cristo: prima i
dieci lebbrosi insieme, e poi uno di loro.
Resta vero il fatto che l’uomo non può accostarsi a Cristo se questi non va
incontro a lui e non gli si fa vicino, ma non deve essere sottovalutato
l’apporto dell’uomo, il quale di fronte a Gesù che arriva è libero di assumere
contegni diversi. Può rimanere indifferente al suo passaggio oppure rendersi
ostile nei suoi confronti e respingerlo, come appare da alcuni racconti
evangelici: per esempio a Nazaret (4,16-30) o in un villaggio di samaritani
(9,52-56). La città stessa di Gerusalemme manifesterà un deciso e determinante
rifiuto.
Altre volte invece è segnalato un atteggiamento accogliente, come nel caso di
Marta e di Maria (10,38-42), o, come in questo brano, un orientamento dinamico
dei dieci lebbrosi verso Gesù, che transita nelle loro zone.
LA SCENA
Il versetto iniziale inquadra l’episodio: «
Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samaria e la Galilea
». Gesù oltrepassa regioni considerate meno ossequiose alla legge o meno fedeli
rispetto alla Giudea. Un mondo ai margini della tradizione religiosa d’Israele,
dove si mescolavano giudei e pagani.
La scena avviene all’ingresso di un villaggio sito nei pressi della Samaria,
territorio in cui vivono gli odiati nemici dei giudei, considerati eretici e
scismatici, più vicini dei pagani alla fede di Israele, ma proprio per questo
maggiormente detestati. Vigeva una costante tensione e ostilità tra samaritani e
giudei, come dimostrano molti passi dei vangeli.
Sebbene percorra una zona di frontiera, Gesù non tralascia il suo compito
missionario, mentre prosegue verso la destinazione finale. Il viaggio ormai
volge al termine, là dove il suo ministero dovrà esplicare l’ultima fase.
IL CAMMINO VERSO GERUSALEMME
Il richiamo al cammino di Gesú verso Gerusalemme all’inizio di questo brano non
é secondario, poiché lo innesta in un contesto più ampio. Tutti i personaggi
sono come risucchiati nella scia di Gesù che sale a Gerusalemme per affrontare
il proprio destino. Molti giudei lo rifiuteranno, invece i samaritani e poi
molti pagani lo accoglieranno. In questo racconto si presenta quello che avviene
costantemente nell’economia salvifica: nove persone, forse giudei, si mostrano
ingrate e un solo samaritano riconoscente.
Per Luca il cammino di Gesù non ha solo un significato geografico, come il
passaggio da un luogo a un altro, ma anche e principalmente una valenza
teologica e salvifica. E’ diretto a Gerusalemme, la città vista non tanto come
il capoluogo della Palestina, ma, più profondamente, il centro spirituale.
E’ il punto di arrivo dell’intera vicenda di Gesú e il punto di partenza della
vita della Chiesa. É il luogo degli eventi decisivi e fondamentali: morte,
risurrezione, ascensione, pentecoste. E’ la meta, il fine e il coronamento del
viaggio messianico e redentore di Cristo.
Là si attua il compimento del suo esodo, cioé del suo passaggio dal mondo al
Padre, e della sua assunzione nella gloria. L’assunzione costituisce il vero
ingresso di Gesù nella gloria, il ritorno presso il Padre suo: da qui effonderà
lo Spirito a Pentecoste.
D’altro canto si sa che Gerusalemme è il luogo del rifiuto, di cui Gesù ha
coscienza. Lì si compie il rigetto totale. Il rifiuto diventa radicale nel
momento stesso in cui la storia della salvezza giunge al suo culmine, là dove è
radunato il popolo di Dio, dove sono presenti le guide ufficiali e gli
interpreti autorizzati della legge.
Gerusalemme è anche la città da dove parte e si diffonde il vangelo fino a
raggiungere gli estremi confini della terra. Là è nata la Chiesa, unica e pur
destinata a estendersi per tutto il mondo.
DIECI LEBBROSI
E
GESÙ
«
Entrando in un villaggio
»
Il v. 12 presenta Gesù in procinto di entrare in un villaggio, probabilmente per
fare sosta, mentre dieci lebbrosi gli vanno incontro. Per chiedere sostentamento
e poter sopravvivere i malati di lebbra dovevano dimorare nei pressi degli
agglomerati umani, da cui ricevevano i viveri. Per questo Gesù li incontra alla
periferia di un borgo.
I due movimenti, quello di Gesù che accede al paese e l’altro dei dieci che si
avvicinano a lui, ancora non determinano un pieno e totale incontro. Essi stanno
a una certa distanza per osservare le prescrizioni della legge.
Il malato di lebbra in Israele, come ugualmente nella società antica, non è
ritenuto un semplice infermo, sofferente nel corpo, ma è posto in una situazione
particolare. Anzitutto veniva escluso dalla famiglia, era allontanato dalle
città con mura e doveva vivere ai margini della vita sociale. Escluso dalla
comunità religiosa, era considerato un essere castigato da Dio e la lebbra ne
era il segno. Per paura di contagio, egli non poteva avvicinarsi, doveva farsi
riconoscere e rimanere a una certa distanza. L’unica possibilità concessagli era
quella di fare vita comune con le persone colpite dalla medesima malattia. Nel
presente caso si tratta di un gruppo di dieci individui. Nel v. 13 si legge: «…si
fermarono a distanza e dissero ad alta voce: “Gesù, maestro, abbi pietà di noi”».
Pur stando in lontananza, nulla vieta loro di gridare, di chiedere aiuto, per
superare lo spazio che li separa da Gesù, in modo che egli possa ascoltare il
loro dramma. Ancora più marcatamente il grido vuole mostrare tutta la gravità
della loro disgrazia, affinché giunga al suo cuore e lo muova a pietà. Esso
sgorga dalla fiducia che pongono in colui di cui hanno certamente sentito
parlare, ne hanno conosciuto la fama e il potere di guarire. Una fiducia
premiata con la guarigione, ma in contrasto alla loro susseguente ingratitudine.
I dieci uomini creano un rapporto personale con Gesù, poiché lo chiamano per
nome. Il vocativo «Gesù»
è piuttosto raro nei Vangeli. Ritorna in Luca anche nella richiesta del «buon
ladrone» sulla croce. Essi aggiungono il titolo «maestro».
La parola non va intesa nel significato generico di rabbino, ma nel senso più
specifico di «colui che sta sopra».
Proseguono dicendo: «abbi
pietá di noi».
Tutti e dieci sono uniti nella preghiera di petizione, originata dalla stessa
miseria e dallo stesso dolore. Non avendo la capacità di aiutarsi da soli, non
possono far altro che ricevere aiuto dall’esterno; in questo momento si affidano
a uno che ha potere sulla loro malattia e sperano sia disposto a impiegarlo in
loro favore.
In alcuni casi Gesù anticipa colui o coloro che si trovano in situazioni
disperate, qui invece è preceduto dall’iniziativa dei lebbrosi, in quanto sono
essi che invocano pietà e lui lascia che lo preghino. Tuttavia egli non si
avvicina per guarirli istantaneamente, ma «
appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti”».
Non solo li ascolta, ma li vede. Il fatto che Gesù veda esprime una
concentrazione del suo animo su di essi, un sentimento di amore a cui fa seguito
un intervento salvifico. Le sue parole sorprendono e appaiono assai strane: «andate
a presentarvi ai sacerdoti».
Non si accosta ad essi, ma piuttosto li manda via, lontano da sé. Può dare
l’impressione che voglia liberarsi di loro quasi per sbarazzarsene. Li invia dai
sacerdoti senza aver compiuto concretamente nulla di buono.
LA LEGGE
Secondo la legge, contenuta nei capitoli 13 e 14 del Levitico, i sacerdoti sono
competenti per discernere tale genere di malattia e devono accertare se un
lebbroso sia tornato effettivamente sano. Dal loro giudizio dipende la
riammissione nella comunità sociale e religiosa. Per ottenere questo, però, la
condizione previa ovviamente è che i lebbrosi siano guariti.
Che senso ha l’ordine di Gesù, se non c’è stata la guarigione? Perché
presentarsi ai sacerdoti nello stato di lebbra?
IN CAMMINO
Le parole di Gesù vogliono semplicemente mettere i dieci in cammino. É un
cammino di fede, poiché si richiede ad essi la fiducia che l’«andare», dietro
l’invito di Cristo, abbia un senso e conduca a un fine. Per loro è necessario
intraprendere questo movimento non solo fisico, ma di apertura interiore.
D’altra parte Gesù stesso è in cammino verso Gerusalemme. Indirettamente li pone
sulla medesima traiettoria salvifica.
Le dieci persone, che erano giunte a Gesù per gridare e chiedere aiuto, avevano
mostrato un inizio di fede, nata dal bisogno e dalla necessità; ora sono poste
di fronte a una scelta esistenziale più profonda. Si tratta di aver fiducia
nella parola incomprensibile di Gesù, di eseguire il suo comando, nella certezza
che in lui avrebbero trovato in ogni modo la salvezza che desideravano.
Infine il testo dà subito la lieta notizia: «
E mentre essi andavano, furono purificati.».
Tutti e dieci hanno superato la prova della fede, hanno obbedito e ricevuto il
dono della guarigione, un dono veramente straordinario per la loro vita. Non si
tratta soltanto della salute riacquistata, ma più globalmente di una
purificazione, che li rende di nuovo idonei a essere inseriti in famiglia e in
società, un rinnovamento totale.
Gesù rivolge la sua attenzione a tutti quei dieci lebbrosi, senza eccezione di
persona. Il numero dieci sta a indicare un insieme di individui che formano un
popolo; è il minimo richiesto per costituire una comunità. La disponibilità del
Signore è di salvare tutti, di effondere il suo amore su ciascuno che ne abbia
bisogno. Non risana solo colui che poi torna a ringraziarlo.
NOVE + UNO
Se generosa e universale è l’azione salvifica di Gesù, altrettanto determinante
e decisiva per la salvezza risulta la risposta libera dei dieci uomini. Il
racconto lo fa subito notare: «Uno
di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce.
».
Tutti sono stati guariti, ma non tutti hanno corrisposto interiormente
all’intervento miracoloso: solo uno su dieci ha sentito il bisogno di
glorificare Dio.
I NOVE
Finora i lebbrosi erano stati uniti come un insieme compatto, nella condivisione
della loro disgrazia; dopo la loro guarigione uno si distacca dal gruppo e torna
da Gesù. Si può immaginare cosa abbiano fatto gli altri, anche se il testo non
lo notifica. Appena si sono accorti di aver ricuperato la salute, pieni di gioia
sono andati con ogni probabilità dai sacerdoti come ingiungeva la legge e come
aveva loro ordinato Gesù, seguendone la lettera più che lo spirito. Con questo
atto sono ufficialmente reinseriti nella comunità.
Badano al grande vantaggio che la guarigione conferisce loro, al fatto che sono
realmente guariti, che possono riacquistare in pienezza le facoltà umane e
riprendere il contatto con gli altri, ritornare in famiglia e nella società, da
cui erano stati emarginati.
Per loro questa è la salvezza, come una rinascita e un ritorno alla vita.
Ricolmi di euforia per le loro persone ristabilite, non pensano di guardare
indietro, alla fonte della loro nuova vita.
Hanno dimenticato in un baleno colui che li ha tratti fuori dalla loro
situazione miserevole. Essi sono attratti più dall’aiuto ricevuto che da colui
che lo ha loro donato. In fondo sono concentrati essenzialmente su se stessi.
Quei nove vivono una nuova esistenza, senza rendersi conto della causa che ha
loro provocato una vita nuovamente felice.
Il movente di tutto, il fondamento vero, l’inizio della vita rinnovata è Gesù,
ma essi non se ne avvedono o lo hanno ben presto dimenticato. Per questo non
raggiungono la pienezza della fede, che costituisce la fondamentale e definitiva
salvezza di tutto l’essere umano.
Avvinti al beneficio immediato della salute, sono incapaci di accogliere doni
ancora più grandi e profondi, che li avrebbero introdotti alla felicità
imperitura dell’unione con Cristo.
IL DECIMO…
Uno solo torna indietro «lodando
Dio a gran voce».
Se tutti avevano «alzato
la voce»
per chiedere misericordia, ora quest’unico lebbroso risanato esplode nel grido
di lode a Dio. Gli altri, ormai guariti, non ne sentono l’esigenza; il loro
intento è stato raggiunto; era quello che desideravano. Tutto il resto non
conta, è un sovrappiù che non rientra nelle loro prospettive.
Per quest’unico la guarigione non è solo la ritrovata salute, ma l’incontro con
Dio; egli l’ha sperimentata consapevolmente come l’azione di grazia e di
misericordia del Signore.
«A
gran voce»,
cioè con tutto il suo essere e con tutte le forze ora riacquistate. Quando era
malato aveva gridato insieme agli altri per «avere»
la salute, ora grida per «donare»
la gloria a Dio, per riconoscerlo come autore della sua guarigione. Quando
implorava aiuto, lo faceva «alzando
la voce»,
adesso glorifica il Signore a «gran
voce»,
con intensità maggiore. La lode divina in lui
assume un valore più grande della richiesta umana.
Il racconto prosegue dicendo che il lebbroso guarito «
si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo
». Oltre a magnificare Dio, egli ringrazia Gesù, vedendo come un dono di Dio
l’opera che Gesù ha compiuto. É questo un atto di autentica fede che riconosce
in Cristo lo strumento della potenza divina. Per questo torna da lui e si
prostra ai suoi piedi. Da lebbroso si era fermato a distanza, da sano può
finalmente incontrare e vedere da vicino colui che lo ha soccorso e gli ha
trasmesso il dono di Dio.
Dei dieci soltanto costui ha accolto la guarigione non solo come ricupero della
salute e della vita comune tra gli uomini, ma anche come occasione d’incontrare
Gesù, di prostrarsi ai suoi piedi, esprimendogli gratitudine e profondo
rispetto.
Per lui quell’uomo, che lo ha guarito, ha un valore maggiore dell’osservanza
della legge, dell’inserimento nella società; conta più di tutte le altre realtà.
E’ lui che gli ha mostrato misericordia, che ha ascoltato la sua preghiera, in
una parola, è lui che lo ha salvato.
II lebbroso ha preso lo spunto dalla grazia ricevuta per porre l’attenzione
sull’amore e sulla benevolenza del benefattore; l’esperienza della guarigione è
stata per lui una circostanza per imbattersi personalmente nel salvatore. In
questo incontro si attua la redenzione. II dono può essere uno strumento, ma non
il fine, che sta nella comunione con Dio. Ne deriva che il ringraziamento
costituisce la forma fondamentale della preghiera, come mostra splendidamente
questo uomo riconoscente.
…ERA UN SAMARITANO
A questo punto l’evangelista dà notizie sull’identità del lebbroso: «Era
un samaritano».
Questa rivelazione fa sbigottire, suscita stupore. Gesù stesso lo rimarca: «…uno
straniero»,
proprio lui, che dovrebbe essere il peggiore di tutti.
Le parole di Gesù indicano anzitutto constatazione, sorpresa amara. Pensa agli
altri nove e chiede come per capacitarsi:
«
Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono?
». Si capisce la sua reazione sconcertante, poiché c’è veramente sproporzione
tra la salvezza rivolta a tutti e la risposta riconoscente di uno solo. Se la
percentuale che si rivela dall’attuale episodio dovesse essere normativa,
chiunque rimarrebbe sgomento.
D’altra parte di fronte alla libera corrispondenza dell’uomo, Cristo non può
fare altro che riscontrare il fatto; egli non può togliere ad alcuno la libertà
di accogliere il suo amore.
Da qui la domanda ansiosa e addolorata insieme: «E
gli altri nove dove sono?».
La consapevolezza che uno solo, per di più samaritano, abbia dato segno di
riconoscenza, mentre gli altri si siano dileguati nell’indifferenza e
nell’ingratitudine, ha per effetto un senso di tristezza.
«
Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio,
all’infuori di questo straniero?
». L’insistenza nel domandare manifesta ancora maggiormente l’animo addolorato
di Gesù, la cui azione miracolosa non ha avuto altro scopo che quello di
condurre gli uomini a scoprire la gloria del Padre suo, in modo che per suo
mezzo abbiano accesso alla casa paterna. Questa è la vera salvezza.
Egli constata che non si è trovato alcuno che rendesse gloria a Dio neanche tra
coloro che hanno sperimentato nella loro carne l’intervento divino; nessuno di
loro, eccetto uno «straniero».
Strano paradosso. Proprio costui, umanamente più lontano, è riuscito a superare
ogni ostacolo per avvicinarsi a Cristo. Egli rappresenta una luce in mezzo alle
tenebre, come indicano le ultime parole di Gesù, che ora guarda questo
samaritano, ormai per lui vicino, intimo al suo cuore: «Alzati
e va’; la tua fede ti ha salvato».
Sono parole sovente ripetute nel Vangelo di Luca."
ALZATI E VA’
«Alzati
e va’».
Di nuovo Gesù ordina di andare, come alla fine della prima parte del brano, ma
con una notevole differenza. La prima ingiunzione era orientata verso i
sacerdoti e la comunità, che aveva come punto di arrivo l’osservanza delle leggi
stabilite: «Andate
a presentarvi ai sacerdoti».
Questo secondo invio è provocato dalla constatazione di un evento: «La
tua fede ti ha salvato».
Il samaritano è ormai una creatura nuova, nata dalla fede autentica, avendo
sperimentato la salvezza. Ora deve andare a testimoniare quella fede e quella
salvezza, che viene offerta a tutti, anche al non giudeo. In effetti solo costui
ha raggiunto la vera fede, che riconosce in Cristo la redenzione voluta
da Dio per gli uomini.
L’atteggiamento di fede non si esaurisce in una globale osservanza della legge.
Gli altri nove, andando dai sacerdoti, l’hanno effettivamente compiuta. Ma la
scelta di fede oltrepassa i limiti di un astratto e generico inserimento nella
comunità religiosa o sociale. Gli altri nove l’hanno fatta.
L’atto di fede contiene più di una esteriore e formale ubbidienza alla parola di
Gesù. Gli altri nove l’hanno eseguita, ma, appena guariti, hanno dimenticato il
salvatore. La fede integrale è «vedere»,
non solo “vedersi”; vedere la persona che ha operato la guarigione: «Vedendosi
guarito, tornò».
Essa fa intravedere e comprendere l’opera di Gesù attraverso l’esperienza
concreta del dono, come un fatto tipicamente personale. Infatti Gesù sottolinea
che è «la
tua
(fede)», per segnalare l’atto che sgorga da una scelta propria del samaritano e
che gli apre la porta per accedere a Dio.
LA GRAZIA CONTINUA
L’espressione «ti
ha salvato»
indica la continuità della grazia salvifica, che prosegue a comunicare i suoi
interventi risanatori come un tesoro che accompagna e sostiene.
I nove lebbrosi se ne erano andati senza tornare da Gesù, mentre lo straniero se
ne va, dopo aver trovato la salvezza. La malattia aveva condotto i lebbrosi a
Cristo, la guarigione li immette in una vita nuova con due sbocchi diversi: da
una parte favorisce l’allontanamento dei nove dalla presenza e dal ricordo di
Gesù, privi della sua salvezza; dall’altra sospinge il samaritano ad andare via
da Gesù, carico del suo amore.
E Gesù prosegue il suo viaggio verso Gerusalemme, dove lo attendono giorni non
facili.
ORATIO
Domando umilmente di poter essere coerente con le indicazioni emerse dalla
meditatio. Esprimo fede, speranza, amore. La preghiera si estende e diventa
preghiera per i propri amici, per la propria comunità, per la Chiesa, per tutti
gli uomini. La preghiera si può anche fare ruminando alcune frasi del brano
ripetendo per più volte la frase/i che mi hanno fatto meditare.
Un miracolo ti chiedo, Signore.
Prendi tutta la mia rabbia,
tutto il mio dolore,
tutta la mia tristezza
e fanne qualcosa di buono,
fosse anche solo
un fascio di legna
da buttare sul fuoco
per riscaldare chi ha freddo.
Io non riesco a trasformare
i miei sentimenti.
|
Sono più grandi di me.
Mi avvolgono, mi stritolano,
si insinuano in ogni pensiero.
Ma Tu puoi fare questo miracolo.
Perché sei ancora più grande.
E perché sai che dentro
quella rabbia,
dentro quel dolore e dentro
quella tristezza
non c'è rancore ma
un'immensa sete di vita.
|
CONTEMPLATIO
Avverto il bisogno di guardare solo a Gesù, di lasciarmi raggiungere dal suo
mistero, di riposare in lui, di accogliere il suo amore per noi. È l’intuizione
del regno di Dio dentro di me, la certezza di aver toccato Gesù. È Gesù che ci
precede, ci accompagna, ci è vicino, Gesù solo! Contempliamo in silenzio questo
mistero: Dio si fa vicino ad ogni uomo!
Per Cristo, con Cristo e in Cristo a te, Dio Padre
Onnipotente,
nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria per tutti
i secoli dei secoli.
Amen
ACTIO
Mi
impegno a vivere un versetto di questi brani, quello che mi ha colpito di più.
Si compie concretamente un’azione che cambia il cuore e converte la vita.
Ciò che si è meditato diventa ora vita!
Prego con la Liturgia delle Ore, l’ora canonica del giorno adatta al
momento.
Concludo il momento di lectio recitando con calma la preghiera insegnataci da
Gesù: Padre Nostro...
Arrivederci!
(tratto
da Lectio sul Vangelo di Luca proposte in parrocchia)
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