Venero la Parola di Dio, l’Icona ed il Crocifisso. Traccio sulla mia persona il Segno della mia fede, il Segno della Croce, mi metto alla presenza del Signore che vuole parlarmi.
Chi sei, luce che mi inondi
e rischiari la notte del mio cuore?
Tu mi guidi come la mano
di una madre.
Tu sei lo spazio che circonda l’essere mio e lo protegge. |
Tu, più vicino a me di me stessa,
a me più intimo dell’anima mia,
eppure sei intangibile e infrangi le catene di ogni nome:
Spirito Santo – Eterno Amore! (Edith Stein)
|
Veni, Sancte Spiritus, Veni, per Mariam.
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L’INCONTRO CON LA MISERICORDIA
Inizia il tempo santo e salutare della Quaresima. La lectio di oggi è relativa
ad un episodio evangelico molto conosciuto: “l’adultera” perdonata da Gesù.
In quale parrocchia, in quale comunità, non si propone questo brano emblematico
della MISERICORDIA divina?
Buona meditazione e buona preghiera.
LECTIO Apro
la Parola di Dio e leggo in piedi i brani che mi vengono proposti. (Giovanni
8,2-11)
MEDITATIO
Seduto, rileggo la Parola per più volte, lentamente.
Anche la lettura della Parola di Dio è preghiera. Siamo entrati in quella zona
più sacra e più lunga del nostro Ritiro On Line:
il grande
silenzio ! Il protagonista è lo Spirito
Santo.
Il
modo migliore per assaporare un brano delle Scritture è accoglierlo in noi
come un cibo nutriente per il nostro spirito, è avere la certezza che sia
Dio a volerci parlare per farci entrare nelle dimensioni del suo disegno di
amore e di salvezza. Se ascoltiamo attentamente la Parola potremo entrare in
un rapporto vivo con il Padre, per lasciarci plasmare dal suo stesso
"cuore".
Premessa
L'episodio
dell'adultera è un mini-dramma in due scene. La prima scena ha molti personaggi:
gli accusatori, la donna, Gesù; la seconda ne ha due soli: Gesù e la donna.
Gesù e gli accusatori
Leggiamo quello che si riferisce al primo atto:
2Al
mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli
sedette e si mise a insegnare loro.
3Allora
gli scribi e i farisei gli condussero
una donna sorpresa in
adulterio,
la
posero
in
mezzo
e 4gli dissero:
«Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio.
5Ora
Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne
dici?» .
6
Dicevano questo
per metterlo alla prova e per avere
motivo
di accusarlo. Ma Gesù
si chinò e
si mise a scrivere col dito per terra.
7Tuttavia,
poiché insistevano
nell'interrogarlo,
si
alzò e disse loro: «Chi di voi è senza
peccato, getti
per primo la pietra contro di lei».
8E
chinatosi di nuovo, scriveva per terra.
9Quelli,
udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai
più anziani. Lo lasciarono solo, e
la donna
era
là in mezzo.
(Gv 8,2-9).
Ricostruiamo mentalmente la scena. Gesù sta insegnando nel tempio.
Improvvisamente, il cerchio degli ascoltatori si apre per far passare una donna
spintonata da una muta di farisei vociferanti. Gliela mettono di fronte e si
dispongono intorno in cerchio, probabilmente con le braccia conserte. Dicono che
la donna sia stata "sorpresa" in adulterio, ma viene il sospetto che la donna
non è stata propriamente "sorpresa", ma spiata per diverse notti - l'episodio
avviene sul far del mattino (Gv 8,2, ) - per andare sul sicuro. Tolta a forza la
donna dalle braccia dell'amante, la conducono davanti a Gesù.
«Tu che ne
dici?». Non erano venuti per chiedere un parere, ma per tendergli
un tranello. Come quando gli chiedono se è lecito o no pagare il tributo a
Cesare. Il tranello consiste in questo: se dice di non lapidarla, si mette
contro la Legge di Mosè e potrà essere accusato come trasgressore perché nel
Decalogo, non soltanto è proibito l'adulterio, ma è anche esplicitamente
precisata la punizione di questo peccato: la morte per lapidazione. Se invece
dice di lapidarla, perderà finalmente quell'aura di maestro buono, pietoso con i
peccatori, che gli attira il favore del popolo. Hanno congegnato molto bene il
tutto e sono sicuri di uscire vittoriosi dalla prova.
Gesù reagisce in una maniera sorprendente . Se ne sta in silenzio, si china e si
mette a scrivere per terra. Non traccia probabilmente soltanto dei segni, come
dicono alcuni, ma delle lettere. Si pensa a volte che scrivesse i peccati degli
accusatori, oppure che così facendo volesse manifestare la sua indifferenza
verso gli scribi e i farisei; ma Gesù non mostra mai indifferenza, tanto meno
disprezzo, verso gli altri, chiunque essi siano.
Trattandosi di un flagrante delitto debitamente constatato, anche l'uomo doveva
essere portato davanti a Gesù assieme alla donna. Nella legge è scritto: «Se uno
commette adulterio con la moglie del suo prossimo, l'adultero e l'adultera
dovranno esser messi a morte» (Lv 20,10). Perché gli scribi e i farisei non si
sono comportati così?
La loro affermazione: «Mosè,
nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa», è
una deformazione altrettanto "flagrante" della Legge. Gesù non ha voluto
umiliare troppo i suoi oppositori davanti alla gente, facendo notare che anche
essi erano inadempienti di fronte alla Legge. Preferisce far notare che
farebbero meglio a scandagliare dentro se stessi e allora si china e scrive per
terra i passi della Legge sul flagrante delitto di adulterio.
A
tutta prima gli scribi e i farisei non capiscono. Allora Gesù alza il capo e li
indirizza sulla strada giusta: «Chi
di voi è senza peccato, getti per primo la pietra». I loro occhi
si sono finalmente aperti e leggono quello che egli ha scritto per terra. Quelli
che hanno più dimestichezza con la Legge, cioè i più anziani, capiscono per
primi le sue parole. Non hanno più bisogno di fermarsi, perché conoscono il
seguito delle citazioni. Non resta loro perciò che andarsene, in punta di piedi,
perché sono stati presi nella loro stessa trappola.
Gesù
vuole fare comprendere, con tatto ma con fermezza, che se gli esseri umani, si
situano sul terreno, apparentemente solido, della Legge e della morale più
collaudata, al fine di denunciare gli errori degli altri, essi rischiano molto
presto di avere davanti, come uno specchio, la stessa Legge e la stessa morale
che si ritorcono contro di loro! Chi può presumere di essere giusto davanti a
Dio?
Gesù e la donna, soli
Passiamo alla seconda scena, quella che si svolge tra Gesù e la donna soli.
Lo lasciarono solo, e
la donna
era
là in mezzo.
10Allora
Gesù
si alzò e
le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?».
11Ed
ella
rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io
ti condanno; va' e d'ora in poi non peccare più»
(Gv
8,9-11).
Il
tribunale si è spopolato; nell'aula
sono rimasti solo il giudice e l'imputata. Finora Gesù è rimasto chinato a
terra; ora si alza, guarda la donna e le dice: «Donna,
dove sono? Nessuno ti ha condannata?». «Donna»:
sulle labbra di Gesù questo titolo non suona disprezzo come sulle labbra degli
accusatori («questa
donna... donne come questa»), ma onore e rispetto. È lo stesso
titolo con cui si rivolse alla Madre dall'alto della croce: «Donna,
ecco tuo figlio» (Gv 19,26).
Chissà
con che voce tremante, nel silenzio
seguito alla partenza degli accusatori, la donna risponde a Gesù: «Nessuno,
Signore». E Gesù: «Neanche
io ti condanno; va' e d'ora in poi non peccare più».
Una frase, questa, inaudita, se si pensa che Gesù, per quanto riguardava l'a
dulterio, si era mostrato più severo ancora di Mosè: «Ma
io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio
con lei nel suo cuore» (Mt 5,28). Essendo l' unico senza peccato,
egli avrebbe dovuto,
a
rigore, scagliare la prima pietra. Ma non lo fa, non la condanna, non può
condannarla. Nel suo sguardo egli ha capito che quella donna non ha ancora avuto
modo di arrivare ad un'autentica vita umana, quale è voluta da Dio. Non è stata
ancora amata veramente, per se stessa.
Con il marito le cose non dovevano andare molto bene, perché difatti ha un
amante. E quest'ultimo la amava per se stessa o per se stesso? Nelle mani degli
scribi e dei farisei poi, questa donna non è altro che un oggetto, un "pretesto"
per accusare Gesù.
Non essendo amata
per se stessa, come poteva questa
donna
amare gli altri nella verità e secondo quanto esige l'amore voluto da Dio tra
l'uomo e la donna? È una rappresentazione concreta di che cosa sono diventati
gli esseri umani a causa del peccato: essi si bramano l'un l'altro, si
utilizzano l'un l'altro a proprio vantaggio, quasi fossero oggetti. E il fatto
che si tratti di una donna rivela ancor più chiaramente quale sia il peso di
schiavitù che grava sull'umanità.
Gesù è venuto proprio per riscattare le creature umane da questa situazione, per
manifestare loro quanto siano amati per se stessi, gratuitamente, senza alcuna
condizione preliminare. Ecco perché Gesù non può condannare quella donna. Deve
anzitutto rivelarle che lui non l'ama come l'hanno amata tutti gli altri, cioè
per farla propria, per utilizzarla come proprietà. Lui le fa dono di un amore
integralmente rivolto verso di lei, vuole farle recuperare finalmente la sua
dignità di donna, di essere umano a pieno diritto, quale il Padre l'ha voluta.
Soltanto dopo aver scoperto lo sbocciare di questo amore, la donna troverà, in
questa sorgente che ormai zampilla nel suo intimo, la capacità di amare gli
altri per se stessi, come lei è amata.
La frase che Gesù le rivolge: «Va'
e d'ora in poi non peccare più», non è una minaccia, è un invito,
pressante certamente, perché permetta all'amore gratuito che le elargisce
da parte del Padre, di permeare tutta la sua esistenza e le sue relazioni con
gli altri. Dal momento che sa di essere amata, e amata in questa maniera, la
donna deve imparare ora ad amare anche lei nella luce e nella verità. Se Gesù
avesse fatto soltanto della "morale", questa donna non avrebbe mai potuto
approdare alla vita.
Quella donna sarà riuscita a
cambiare radicalmente la
propria vita e a non più peccare? È possibile, ma ciò non è detto! Dio
rispetta la libertà
di ognuno. Pur dopo
averlo
incontrato, pur dopo aver riconosciuto e accettato il suo amore gratuito,
succede di peccare ancora. E allora l'esortazione «Va',
non peccare più» acquista ai nostri orecchi un tono che tende
alla minaccia, per cui si corre il rischio di perdersi d'animo. Però c'è da
ricordare quello che Gesù disse a Pietro: «Non
ti dico fino a sette volte, ma fino
a settanta volte sette» (Mt
18,22).
Con il perdono occorre andare molto lontano, perché molto più lontano è arrivato
l'odio. Bisogna perdonare settanta volte sette, per indicare la pienezza della
pienezza. Detto in altri termini, non bisogna mai condannare ma sempre
perdonare, senza porre limiti alla misericordia, né nel tempo, né nelle
intenzioni.
No al peccato, si al peccatore
Passato
il terrore, la donna sente quello sguardo di misericordia come un balsamo che le
scende nel cuore. Nessun uomo l'aveva mai guardata cosi! Quanta nuova fiducia
dovette infondere nella donna quel «va'!».
In quel momento, esso significava: torna a vivere, a sperare, torna a casa;
riprendi la tua dignità di donna; annuncia agli uomini, con la tua sola presenza
tra di loro, che non c'è solo la legge, c'è anche la grazia; non c'è solo la
giustizia, c'è anche la misericordia.
Per capire cosa
deve aver provato la donna,
bisogne
rebbe
pensare a una condannata a morte cui una persona amica annuncia improvvisamente
che ha ricevuto la grazia. Fino a un minuto prima, l'adultera era nella
condizione di una condannata a morte nell'imminenza dell'esecuzione; ora è
libera di andare. Ma di più: nel suo caso non è solo la pena che è sospesa, ma
anche la colpa che è cancellata. Libera non solo fuori, davanti agli uomini, ma
anche dentro, davanti a Dio. Giustificata, come il pubblicano quando scese dal
tempio.
Questa pagina di Vangelo ha sempre sconcertato un po' i cristiani. Una volta non
era inserita nelle liturgie domenicali.
Si spiega la difficoltà incontrata da questo brano per essere ammesso nel canone
delle Scritture, difficoltà documentata dal fatto che alcuni codici antichi lo
omettono. L'atteggiamento di Gesù, che non ingiunge all'adultera neppure una
salutare penitenza, non poteva che sconcertare. C'era più motivo per togliere
questo brano dai Vangeli, se vi si trovava, che per mettervelo, se vi era
assente. Non c'è, comunque, motivo di dubitare della storicità del fatto, anche
se non fosse Giovanni ad averne scritto il racconto.
Nell'episodio dell'adultera Gesù non sconfessa la Legge mosaica, solo rivela il
carattere provvisorio e contingente di alcune sue prescrizioni, in questo caso
la pena della lapidazione. A proposito d'una disposizione analoga contro le
donne - il libretto del ripudio -, dice: «È
per la durezza del vostro cuore che Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre
mogli» (Mt 19,8). Anche in questo caso, dunque, Gesù non è venuto ad
abolire la Legge, ma a perfezionarla e portarla al suo compimento.
Gesù non dice che l'adulterio non è peccato, o che è cosa da poco. C'è una
condanna esplicita di esso, anche se delicatissima, nelle parole: «Non
peccare più». L'adulterio resta infatti una colpa devastante che
nessuno può tenersi a lungo e tranquillamente sulla coscienza, senza rovinare
con essa, oltre la propria famiglia, anche la propria anima. Mette la persona
nella non-verità, costringendola quasi sempre a fingere e a condurre una doppia
vita, piena di menzogne e di sotterfugi. Indurisce il cuore al punto di
cercare
in ogni modo di far ricadere la colpa del fatto sul proprio marito o sulla
propria moglie, sempre comunque sugli altri. Non è solo tradimento del coniuge,
ma anche di se stesso. Gesù non intende dunque approvare l'operato della donna;
intende condannare l'atteggiamento di chi è sempre pronto a scoprire e
denunciare il peccato altrui.
Ma attenti, perché qui rischiamo di essere noi quelli che scagliano la prima
pietra! Condanniamo i farisei del Vangelo perché sono senza misericordia per gli
sbagli del prossimo, e magari non ci accorgiamo che spesso noi facciamo
esattamente come loro. Noi non brandiamo più le pietre contro chi sbaglia (la
stessa legge civile ce lo vieterebbe!), ma il fango sì, la maldicenza sì, la
critica sì. Se qualcuno della
nostra cerchia di conoscenze cade, o fa parlare di sé, gli si è subito addosso
scandalizzati, come quei farisei. Ma spesso non perché si detesta veramente il
peccato commesso, ma perché si detesta il peccatore. Perché, dal contrasto con
la condotta altrui, si vuole, inconsciamente, far brillare la propria.
Il Vangelo dell'adultera ci propone un grande rimedio a questa pessima
abitudine. Esaminiamoci bene, con l'occhio con cui ci vede Dio, e allora
sentiremo, sì, il bisogno di correre da Gesù, ma a chiedere il perdono per noi,
non la condanna per gli altri.
ORATIO
Domando umilmente di poter essere coerente con le indicazioni emerse dalla
meditatio. Esprimo fede, speranza, amore. La preghiera si estende e diventa
preghiera per i propri amici, per la propria comunità, per la Chiesa, per tutti
gli uomini. La preghiera si può anche fare ruminando alcune frasi del brano
ripetendo per più volte la frase/i che mi hanno fatto meditare.
Gesù, fà cadere dalle mie mani le tante pietre che raccolgo sui sentieri della vita per scagliarle contro i miei fratelli.
Perdonami
le tante lapidazioni interiori effettuate nel segreto dei miei pensieri. |
Non tener conto delle parole dure come sassi che ho lanciato sui
comportamenti degli altri, mentre imploravo parole indulgenti per
giustificare le mie fragilità e i miei errori.
Fà che io possa incontrare ogni giorno l’abbraccio della tua
misericordia. (don Canio Calitri) |
CONTEMPLATIO
Avverto il bisogno di guardare solo a Gesù, di lasciarmi raggiungere dal suo
mistero, di riposare in lui, di accogliere il suo amore per noi. È l’intuizione
del regno di Dio dentro di me, la certezza di aver toccato Gesù. È
Gesù che ci precede, ci accompagna, ci è vicino, Gesù solo! Contempliamo in
silenzio questo mistero: Dio si fa vicino ad ogni uomo!
Per Cristo, con Cristo e in Cristo a te, Dio Padre Onnipotente,
nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria per tutti i secoli dei
secoli. Amen
ACTIO
Mi impegno
a vivere un versetto di questi brani, quello che mi ha colpito di più.
Si compie concretamente un’azione che cambia il
cuore e converte la vita. Ciò che si è meditato diventa ora vita!
Prego
con la Liturgia delle Ore, l’ora canonica del giorno adatta al momento.
Concludo il momento di lectio recitando con calma la preghiera insegnataci da
Gesù: Padre Nostro...
Arrivederci!
(tratto da una lectio proposta in parrocchia nel tempo di Quaresima)
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