Venero la Parola di Dio, l’Icona ed il Crocifisso. Traccio sulla mia persona il Segno della mia fede, il Segno della Croce, mi metto alla presenza del Signore che vuole parlarmi.
Signore, ascolta la mia preghiera, a te giunga il mio grido di aiuto. Non nascondermi il tuo volto nel giorno in cui sono nell'angoscia. |
Tu, Signore, rimani in eterno, il tuo ricordo di generazione in generazione. Ti alzerai e avrai compassione. |
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Scegliere di rispondere.
Continuiamo a pregare seguendo alcune lectio liberamente tratte da riflessioni
di don Giuseppe Pulcinelli, sacerdote della Chiesa di Roma.
Buona meditazione e buona preghiera.
LECTIO Apro
la Parola di Dio e leggo in piedi i brani che mi viengono proposti.
“Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone
e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano
infatti pescatori. Gesù disse loro: «Venile dietro a me, vi
farò diventare pescatori di uomini". E subito lasciarono
le reti
e lo
seguirono»
Mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù,
stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I
pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone,
e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla
barca.
Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le
vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la
notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero
così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano.
Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli.
Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare. Al
vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore,
allontanati da me, perché sono un peccatore». Lo stupore infatti aveva invaso
lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure
Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, che erano soci di Simone. Gesù disse a
Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini». E, tirate le
barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.”
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“Gesù,
giunto nella regione di Cesarea di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La
gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono
Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti».
Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il
Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone,
figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre
mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra
edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di
essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla
terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà
sciolto nei cieli»”
Dopo questi fatti, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di
Tiberiade. E si manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto
Didimo, Natanaele di Cana di Galilea, i figli di Zebedeo e altri due discepoli.
Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi
con te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero
nulla. Quando già era l’alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si
erano accorti che era Gesù. Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da
mangiare?». Gli risposero: «No». Allora egli disse loro: «Gettate la rete dalla
parte destra della barca e troverete». La gettarono e non riuscivano più a
tirarla su per la grande quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava
disse a Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si
strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare.
Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di
pesci: non erano infatti lontani da terra se non un centinaio di metri. Appena
scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. Disse
loro Gesù: «Portate un po’ del pesce che avete preso ora». Allora Simon Pietro
salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi
pesci. E benché fossero tanti, la rete non si squarciò. Gesù disse loro: «Venite
a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», perché
sapevano bene che era il Signore. Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede
loro, e così pure il pesce. Era la terza volta che Gesù si manifestava ai
discepoli, dopo essere risorto dai morti. Quand’ebbero mangiato, Gesù disse a
Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?». Gli rispose:
«Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei
agnelli». Gli disse di nuovo, per la seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni,
mi ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli
disse: «Pascola le mie pecore». Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di
Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli
domandasse: «Mi vuoi bene?», e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che
ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore. In verità, in verità io
ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma
quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà
dove tu non vuoi». Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe
glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: «Seguimi».
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MEDITATIO
Seduto, rileggo la Parola per più volte, lentamente.
Anche la lettura della Parola di Dio è preghiera. Siamo entrati in quella zona
più sacra e più lunga del nostro Ritiro On Line:
il grande
silenzio ! Il protagonista è lo Spirito
Santo.
Il
modo migliore per assaporare un brano delle Scritture è accoglierlo in noi
come un cibo nutriente per il nostro spirito, è avere la certezza che sia
Dio a volerci parlare per farci entrare nelle dimensioni del suo disegno di
amore e di salvezza. Se ascoltiamo attentamente la Parola potremo entrare in
un rapporto vivo con il Padre, per lasciarci plasmare dal suo stesso
"cuore".
Avvicinarsi a Pietro e seguire il suo percorso vocazionale significa confrontarsi con un personaggio paradigmatico per tutti
quelli che si pongono alla sequela di Gesù: è infatti l'uomo che si lascia entusiasmare, ma che anche si illude di farcela
con le proprie forze; è molto generoso, ma non ha fatto i calcoli con la propria debolezza. Egli è soprattutto l'uomo che
nella sequela sperimenta il fallimento, passando attraverso la crisi drammatica provocata dal dubbio e dalla paura, e
poi finalmente si scopre amato e
riabilitato dalla misericordia.
Quando Paolo compone la lettera ai Romani, Pietro non era ancora stato a Roma. La tradizione riguardante il suo
martirio è fondata sulla testimonianza della Prima lettera di Clemente, ma la data della morte rimane comunque incerta
( tra il 64 e il 67). Gli scavi compiuti a metà del XX secolo sotto la basilica Vaticana, hanno rafforzato la tradizione del
martirio di Pietro
a Roma.
La vicenda vocazionale di Pietro è presentata in tutti e quattro i vangeli che, pur concordando sull'essenziale, tuttavia
offrono
ciascuno dei
punti di vista particolari sul personaggio.
Nel racconto della chiamata dei primi quattro discepoli, presentata come "istantanea" da Marco e Matteo, è inserita
anche quella di Pietro: «Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano
le reti in mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: "Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini". E
subito lasciarono
le reti
e lo
seguirono»
(Marco 1,16-18).
A tale presentazione così stringata dobbiamo supporre qualcosa di più progressivo, una certa conoscenza previa tra
Gesù e Pietro. L'evangelista Luca organizza il suo racconto lasciando spazio a questa progressione, che fa risultare
anche più comprensibile la scelta di mettersi al seguito di Gesù. Egli infatti fa precedere la scena della chiamata dei
primi discepoli da altri episodi:
-
dalla predicazione di Gesù nella sinagoga di Cafamao, dove libera un indemoniato
(Luca 4,31-35);
-
cosa che fa diffondere la sua fama in tutta la regione: (Lc 4,36-37)
-
e, in particolare, dalla sua permanenza in casa di Simone, dove
opera la guarigione della
suocera (Lc 4,38-39)
-
e poi quella di molti altri (Lc 4,40-41);
-
quindi inserisce il quadro della
predicazione itinerante (Lc 4,42-44).
- Soltanto a questo punto pone la chiamata dei primi discepoli, legandola all'episodio della pesca straordinaria ( Lc
5,1-11).
Ci troviamo di mattina sulla riva del lago di Gennèsaret, non lontano da Cafarnao. Intorno a Gesù c'è una ressa di
persone accorse per ascoltarlo, perché hanno intuito che egli annuncia «la parola di Dio» (Lc 5,1) e che, quindi, egli è
un uomo di Dio. In quella situazione, per allentare la pressione su di lui e poter insegnare più agevolmente, Gesù
prende l'iniziativa: viste due barche ormeggiate, con i pescatori a terra intenti a lavare le reti, sale su quella di Simone
(che egli dunque già conosceva bene), e a qualche metro dalla riva la usa come fosse una cattedra («Sedette»: Lc 5,3)
o un pulpito, da cui ammaestrare le folle.
Terminato di insegnare, Gesù si rivolge a Simone e gli chiede di fare qualcosa di completamente inaspettato. Anzi,
qualcosa che doveva apparire addirittura assurdo: «Scostati verso il largo e calate le reti per la pesca» (Lc 5,4). Uno che
di mestiere finora aveva fatto il carpentiere dice a un pescatore provetto, uno che su quel lago e sulle barche da pesca ci
aveva passato una vita, di gettare le reti in pieno giorno. Nessuno pesca mai di giorno; è di notte infatti il tempo propizio!
Simone è sconcertato: non gli risulta facile rispondere; da una parte vorrebbe compiacere il maestro che ha già iniziato
ad ammirare, dall'altra sente di mettere in gioco oltre che la sua esperienza anche la sua reputazione. Tenta allora
almeno di far ragionare Gesù: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte, ma non abbiamo preso nulla!» (Lc 5,5). Nella
prima parte della risposta di Simone è contenuta l'amara esperienza di una notte insonne a lavorare senza alcun
risultato…
Se si fosse fermato a questa prima parte della risposta, segnata dall'impotenza e dallo scetticismo, avrebbe lasciato
intendere che non aveva senso acconsentire
a quella strana richiesta, e tutto sarebbe finito
lì.
Ma era
possibile un'altra
scelta, ed
è
quella
che fa Simone, nonostante la stanchezza
accumulata:
«Maestro,
abbiamo faticato tutta la notte, senza prendere
nulla: ma
sulla tua
parola calerò
le reti».
Anzitutto riconosce l'autorità di Gesù chiamandolo «maestro»; poi fa il passo decisivo di fidarsi di Gesù. Con quella
frase è come se gli dicesse: «Anche se adesso non ne vedo il senso, anzi mi sembra inutile, se però sei tu a
chiedermelo, allora accetto il rischio, sulla tua parola». Perché quella di Gesù non è la parola di uno qualsiasi, e
Simone aveva già iniziato ad accorgersene (Lc 4,38-41), così come lo aveva percepito anche la gente che accorreva a
lui. «Sulla tua parola...»: è la prima esplicita attestazione di fiducia di qualcuno verso Gesù, e non a caso è Simone a
farla.
E ogni volta che si confida nella parola del Signore avviene l'impensabile: «Avendolo fatto, presero una quantità enorme
di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell'altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi
vennero e riempirono tutte e
due le barche fino a
farle quasi
affondare»
(Lc 5,6-7).
La reazione di Simon Pietro (a questo punto l'evangelista non a caso accosta anche il secondo nome, quello datogli
da Gesù, segno della nuova missione che sta per ricevere) è tipica di chi si trova di fronte a una manifestazione di Dio:
è sopraffatto da un senso di stupore misto a spavento («Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui,
per la pesca che avevano fatto»: Lc 5,9), si prostra davanti a lui e lo supplica: «Signore, allontànati da me, perché sono
un peccatore»
(Lc 5,8).
Ora Pietro si rivolge a Gesù confessando la sua signoria (lo chiama «Signore»), e manifestando il sentimento di una
profonda indegnità, come espressione del sentimento della distanza abissale che c'è tra l'uomo e Dio. La sua
esperienza è molto simile a quella vissuta dal profeta Isaia o di altri nell'Antico Testamento quando si trovano di fronte
al divino.
Il «non temere», tante volte risuonato nella Bibbia per introdurre una promessa-missione da parte di Dio, ora viene
rivolto a Pietro, come introduzione alla chiamata, che risulta implicita nella promessa profetica: «Non temere, d'ora in
poi sarai pescatore di uomini»
(Lc 5,10).
La risposta di Gesù, inoltre, implica che la futura missione di Pietro (e degli altri chiamati) non dipenderà dalle qualità
personali dell'apostolo (così come la pesca straordinaria non è da attribuire alla perizia dei pescatori), ma riposerà sulla
parola di
colui che
conferisce l'incarico e sulla
fiducia riposta in tale parola.
La metafora del pescare uomini ha chiaramente uno sfondo ecclesiale-missionario: l'annuncio della parola di Dio di
fatto ha come primo scopo quello di raccogliere le persone nella "rete" di Dio, nel popolo dei chiamati alla salvezza.
Tale attività, prima ancora di esprimere il compito dell'apostolo, la si può applicare al "primo inviato" che è Gesù
stesso. In questa prima pesca sono Pietro e gli altri con lui a essere i pesci che rimangono catturati per vivere
nella rete di Gesù. Infatti il risultato è che, «tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono» (Lc 5,11). Grazie
alla fiducia mostrata da Pietro, altri vengono coinvolti nella stessa straordinaria esperienza (Lc 5,6-7), e decidono perciò
di
condividere con
lui la scelta radicale di lasciare tutto e seguire Gesù.
La formazione del futuro apostolo, tra dubbi e resistenze
La lettura del brano della chiamata di Pietro e compagni si chiude con quella frase lapidaria nella sua radicalità:
«Lasciarono tutto e lo seguirono». Quel movimento comporta un cammino ancora più impegnativo, con alcune tappe
anche critiche, che faranno intendere come la rinuncia più grande non stia indietro nel passato, ma rimanga tuttora
davanti a loro.
Quella chiamata; pur con il notevole cambiamento che imprime alla vita, rappresenta dunque non il punto di arrivo, ma
soltanto l'avvio di un'esperienza di iniziazione, unica e affascinante, ma anche estremamente impegnativa: si tratta
infatti di fare i conti con le proprie fragilità e illusioni, fino a culminare con lo sconvolgente impatto con lo scandalo della
croce.
Sono tanti gli episodi, lungo la narrazione dei singoli evangelisti, che vedono Pietro come interlocutore di Gesù e co-
protagonista con lui. Mettendo insieme tutti gli elementi veniamo a conoscere molti aspetti del suo carattere e del suo
temperamento. In ogni caso tutti e quattro i vangeli sono concordi su un paio di elementi che si rivelano fondamentali
per la vita e la vocazione della comunità che si raccoglie intorno al messia: il ruolo primaziale di Pietro nel gruppo dei
discepoli e la sua defezione avvenuta con il rinnegamento; due aspetti che a prima vista sembrano opporsi nel
curriculum del futuro apostolo. Invece, proprio messi insieme rappresentano il luogo della manifestazione della
potenza dell'amore divino.
Il suo ruolo di leader emerge in molti testi: è nominato per primo nelle liste dei Dodici (Marco 3,16 e paralleli), con
Giacomo e Giovanni è testimone di avvenimenti importanti (la risurrezione della figlia di Giairo: Marco 5,37-38 e paralleli;
la trasfigurazione: Marco 9,2-3 e paralleli; agonia di Gesù: Marco 14,33; Matteo 26,37), è portavoce dei Dodici (Marco
10,28 e paralleli; Giovanni
6,68-69).
Questo tratto primaziale ha il suo culmine nella confessione di fede: egli è infatti il primo a professare la messianicità di
Gesù, secondo quanto narra
Marco 8,27-30.
L'episodio è ambientato presso Cesarea di Filippo, un territorio a nord fuori della Palestina (quasi a prefigurare la
predicazione cristiana che si estenderà ai non-ebrei); quella domanda sull'identità di Gesù, che a più riprese e da vari
interlocutori attraversa tutta la prima parte del vangelo di Marco, ora è Gesù stesso a porla ai discepoli, dapprima sulla
percezione che la gente ha di lui: «La gente, chi dice che io sia?». Così i discepoli riportano le opinioni delle persone
con cui sono venuti a contatto: fanno rientrare Gesù in una delle categorie loro note anche in base alla memoria
collettiva d'Israele (il Battista, Elia o uno dei profeti); poi la domanda egli la pone ai discepoli in modo diretto e personale:
«Ma voi chi dite che io sia?». Quel «voi» rimanda alla dimensione comunitaria-ecclesiale del gruppo, che lo ha seguito
già per un buon tratto di strada. Anche a nome degli altri, Pietro pone' il tassello finale che ancora mancava per
completare il quadro: «Tu sei il Cristo». La parola ebraica è miisiab, che significa unto, consacrato (da Dio), il
corrispondente
in greco
è appunto
christos.
Pietro fa dunque il collegamento decisivo tra le attese messianiche, che emergevano dall'Antico Testamento e dal
giudaismo del suo tempo, con la persona concreta di Gesù che sta davanti a loro. L'affermazione è giusta, Gesù è
davvero il Cristo, l'unto di Dio, colui che doveva venire, la professione di fede è impeccabile dal punto di vista della
dottrina. Ma Gesù desiderava soprattutto che essi si interrogassero sul loro rapporto con lui, che facessero
discernimento sul tipo di coinvolgimento personale con la sua vita, sulla misura della loro fiducia in lui: «Chi sono io per
te?».
E questa in fondo
è la domanda fondamentale che il cristiano
deve riproporsi incessantemente.
A questo punto l'evangelista Matteo inserisce l'investitura solenne di Pietro, le famose parole che più di tutte esprimono
l'unicità della sua vocazione primaziale: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli
inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei
cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli» (Matteo 16,18-19). Siamo di fronte a uno sviluppo
notevole della missione conferitagli da Gesù: cambiandogli il nome in “Roccia” gli indica che gli viene fatta la grazia di
partecipare alla fortezza della roccia che è Dio stesso (Salmo 18,3.32; 19,15 ecc.), per cui dall'iniziale «pescatore di
uomini» del lago di Galilea diventa fondamento di quella comunità a cui viene promesso che, pur trovandosi nella lotta,
non soccomberà mai contro il male. Inoltre Pietro avrà il potere di legare e di sciogliere: attraverso queste immagini
semitiche (cfr. Isaia 22,22), si indica che egli sarà abilitato a interpretare la rivelazione divina per affrontare e risolvere
i problemi e le controversie ecclesiali.. Nel momento in cui Pietro riconosce l'identità di Gesù e lo confessa come il
Cristo, da lui riceve la conoscenza più profonda della propria identità e vocazione. E questo è qualcosa che non vale
soltanto per Pietro: ogni volta che si ottiene una nuova conoscenza del mistero di Cristo, si perviene a una nuova e più
profonda
conoscenza di sé e della propria
chiamata.
La professione di fede di Pietro è ineccepibile. Tuttavia da sola non basta a evitare il rischio di fraintendere. All'epoca
infatti erano molto variegate le opinioni che circolavano sul messia.
La prova di questo fraintendimento viene poi soprattutto da Pietro stesso, quando di fronte all'annuncio di un messia
che si presenta con le sembianze del servo sofferente (Isaia 53), e che subisce il rifiuto e la morte, si mostra del tutto
refrattario: si tratta dell'incapacità di accettare la logica della croce (Marco 8,31-33). In effetti è proprio questo l'ostacolo
più grande sul cammino di fede di Pietro (e poi di ogni discepolo). Egli che pensava di aver lasciato tutto per seguire
Gesù («Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito»: Marco 10,28), non ha ancora compreso che finora non
ha affrontato la rinuncia più esigente in assoluto: lasciare le proprie convinzioni su ciò che è il bene, accettare di
cambiare le proprie buone idee, soprattutto quelle che si hanno su Dio e sul modo da lui scelto di cambiare il mondo...:
proprio in questo consiste la vera conversione. Altrimenti si finisce per porre ostacolo alla volontà di Dio, per passare
addirittura dalla parte del nemico: «Allora Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverare Gesù. Ma egli, voltatosi e
guardando i discepoli, rimproverò Pietro e disse: "Va' dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma
secondo gli uomini"» (Marco 8,32-33). Pietro si era posto davanti a Gesù, riteneva di dover essere lui a indicargli la
strada, quasi si fossero invertite le parti tra maestro e discepolo, ma così facendo metteva un inciampo al cammino del
messia (nel passo parallelo di Matteo 16,23 si usa la parola skandalon). Per questo Gesù lo riprende duramente: «Torna
dietro a me» (cioè, torna al tuo posto da discepolo), e usa quella parola terribile che doveva rimanergli impressa per
tutto il resto
della vita: «Satana!»
(in ebraico, «avversario», «nemico»).
Il punto più basso: il rinnegamento
La sua difficoltà con se stesso è soprattutto il fatto di non rendersi conto della propria fragilità e debolezza: lui che è
conosciuto per il suo coraggio, come un uomo risoluto che sa quello che vuole, che è capace di prendere le sue
decisioni, di assumersi le responsabilità (come quando gestiva l'azienda di pesca sul lago), si scontra con l'amara
esperienza di non poter confidare nella propria forza e coraggio. Da un lato c'è il suo autentico attaccamento a Gesù,
davvero la sua è un'amicizia forte, e sincero è il suo desiderio di stare dalla sua parte, dovesse costargli anche la vita;
dall'altro,
c'è che
non ha
fatto i conti
con le
sue paure e
le sue
fragilità.
Entrambe queste componenti emergono nell'episodio del rinnegamento,
riportato da
tutti e quattro i vangeli.
Questo il susseguirsi dei fatti nel
racconto della
passione:
-
durante l'ultima
cena Gesù predice lo sconcerto e la dispersione dei
discepoli di
fronte alla
sua sorte;
-
Pietro protesta
che qualsiasi cosa succeda, lui non lo abbandonerà, nemmeno
se dovesse
costargli la
vita;
-
Gesù gli
predice il rinnegamento;
- dopo la preghiera al Getsèmani
Gesù viene arrestato, e «tutti
abbandonatolo fuggirono»
(Marco 14,50);
- mentre Gesù viene interrogato davanti al sinedrio, Pietro lo segue da lontano, poi entra nel cortile del palazzo del
sommo sacerdote e si scalda al fuoco
insieme ad altri (servi
e guardie);
- qui una serva e degli astanti lo riconoscono come uno dei seguaci, ma per tre volte egli nega: «I presenti dicevano di
nuovo a Pietro: "È vero, tu certo sei uno di loro; infatti sei Galileo". Ma egli cominciò a imprecare e a giurare: "Non
conosco quest'uomo di cui parlate". E subito, per la seconda volta, un gallo cantò. E Pietro si ricordò della parola che
Gesù gli
aveva detto:
"Prima che
due volte
il gallo
canti, tre
volte mi
rinnegherai".
E
scoppiò
in
pianto»
(Mc
14,70-72).
Nonostante l'affetto sincero, le promesse di fedeltà e l'avvertimento, Pietro rinnega l'amico che in quel momento è
abbandonato, rifiutato, condannato; nel momento in cui se ne rende conto scoppia in un pianto irrefrenabile: prevale la
vergogna, la rabbia contro se stesso, l'esperienza della propria miseria e del fallimento totale. Quella bugia che
pronuncia preso dalla paura, «Non conosco quell'uomo» (cioè, non sono un suo discepolo), in fondo esprime una
verità: Pietro non aveva ancora conosciuto davvero Gesù e la sua misericordia, e non aveva ancora capito che cosa
significasse essere suo vero discepolo. In quel pianto di pentimento che sgorga dal più profondo di sé, c'è però il segno
di una sorgente vitalizzante che inizia a sgorgare e che non si fermerà più: di
lì nasce e si forma l'apostolo.
La seconda chiamata
Durante l'ultima cena Gesù preannuncia la sua passione, evocando il fatto che dove lui sta per andare essi non
possono
venire. Poi,
rivolto a
Pietro che gli chiede dove sta andando, gli
risponde:
«"Dove io vado, tu per ora non puoi seguirmi; mi seguirai più tardi". Pietro disse: "Signore, perché non posso seguirti
ora? Darò la mia vita per te!"»
(Gv 13,36-37).
Questo in terrogativo «Perché dici che ti seguirò più tardi e non posso farlo ora?» rimane sospeso nell'aria. È come se
per la risposta debba prima succedere qualcosa che possa renderla comprensibile. Come aveva detto poco prima,
quando Gesù era andato da Pietro per lavargli i piedi e lui si opponeva: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo
capirai dopo» (Gv13,7). Ovviamente ciò che doveva accadere era la passione di Gesù e l'esperienza sconvolgente del
rinnegamento, sconvolgente perché Pietro non credeva che potesse succedergli; sconvolgente perché scopre qualcosa
di se
stesso che
non conosceva e che gli incute
paura.
Quella domanda troverà risposta soltanto dopo la pasqua, nell'incontro mattutino sulla riva di quello stesso lago dove
tutto era cominciato, ora intorno a un altro fuoco, quando il Risorto si manifesta a Pietro e agli altri nella pesca
straordinaria e in un pasto preparato da lui (Gv 21,1-19). In quel momento avviene la riabilitazione di Pietro e la nuova
chiamata al primato pastorale: «Mi ami tu?... Pasci le mie pecore». E dopo avergli predetto l'abbandono fiducioso che
sarà
chiamato a
vivere in
vecchiaia, gli
dice: «Seguimi!»
(Gv 21,19).
Se prima della passione gli aveva detto che ancora non poteva seguirlo, ora finalmente è possibile: come se ciò che
ancora mancava nella sua formazione non era la prova della fedeltà, ma l'esperienza della caduta, quella della fragilità
e della paura, l'esperienza cioè del peccato e del perdono: in una parola, la misericordia! Pietro si accorge finalmente
che Gesù non si aspettava da lui che diventasse forte, ma che accettasse di essere debole, e che proprio con quella
debolezza ora iniziasse a seguirlo. Infatti, se Gesù gli dice "ora puoi", non è perché è scomparsa la sua debolezza, ma
soltanto che ora può seguirlo cosciente di essere debole, e sapendo che la debolezza non è un ostacolo. Anzi, può
divenire un luogo in cui esercitare l'abbandono fiducioso nelle mani del Signore («Quando eri più giovane andavi dove
volevi, ...adesso
un altro
ti porta...»:
Gv 21,18 )
.
Da questo atteggiamento di umile accettazione della propria miseria, in modo particolare se accompagnato dalle
lacrime, nasce l'apostolo: quando egli si rende conto che Gesù invece di revocargli la vocazione gli conferma la sua
fiducia, addirittura gli dà un compito ancora più grande, allora avviene la vera conversione. Essa si fonda proprio su
questa esperienza, il sentirsi amati
nonostante l'indegnità e l'incapacità.
Ecco la seconda chiamata di Pietro, che in un modo o nell'altro ogni discepolo di Gesù può sperimentare nella propria
vita. Gesù non sceglie di chiamare qualcuno perché è affidabile, stabile, fedele. Anzi, prende uno come Pietro che si
dimostra fragile, friabile come
sabbia, perché nell'esperienza della misericordia, diventi "roccia"
in Lui.
Sei amato perché…
Se tutti i vangeli riportano la vicenda di Pietro, in particolare il suo rinnegamento, è perché gli apostoli e i primi cristiani
hanno intuito che essa rivelava un aspetto centrale del Vangelo, cioè la dimostrazione della misericordia per i peccatori.
La storia di Pietro e della sua chiamata in effetti si rivela paradigmatica del nocciolo del Vangelo: non sei amato
(stimato, chiamato, investito di autorità) perché con le tue risorse sei degno di esserlo, ma sei amato perché tu diventi
degno, perché tu divenga amabile.
ORATIO
Domando umilmente di poter essere coerente con le indicazioni emerse dalla
meditatio. Esprimo fede, speranza, amore. La preghiera si estende e diventa
preghiera per i propri amici, per la propria comunità, per la Chiesa, per tutti
gli uomini. La preghiera si può anche fare ruminando alcune frasi del brano
ripetendo per più volte la frase/i che mi hanno fatto meditare.
Stese la mano dall’alto e mi prese,
mi sollevò dalle grandi acque.
Mi assalirono nel giorno
della mia sventura,
ma il Signore fu il mio sostegno;
mi portò al largo,
mi liberò perché mi vuol bene.
I suoi giudizi mi stanno
tutti davanti,
non ho respinto da me la sua legge.
Perché tu salvi il popolo dei poveri,
ma abbassi gli occhi dei superbi. Signore, tu dai luce
alla mia lampada; |
il mio Dio rischiara
le mie tenebre.
Con te mi getterò nella mischia,
con il mio Dio scavalcherò
le mura.
La via di Dio è perfetta,
la parola del Signore è purificata nel fuoco;
egli è scudo per chi in lui
si rifugia.
Infatti, chi è Dio, se non il Signore? O chi è roccia, se non
il nostro Dio? (dal Salmo 18) |
CONTEMPLATIO
Avverto il bisogno di guardare solo a Gesù, di lasciarmi raggiungere dal suo
mistero, di riposare in lui, di accogliere il suo amore per noi. È l’intuizione
del regno di Dio dentro di me, la certezza di aver toccato Gesù. È
Gesù che ci precede, ci accompagna, ci è vicino, Gesù solo! Contempliamo in
silenzio questo mistero: Dio si fa vicino ad ogni uomo!
Per Cristo, con Cristo e in Cristo a te, Dio Padre Onnipotente,
nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria per tutti i secoli dei
secoli. Amen
ACTIO
Mi impegno
a vivere un versetto di questi brani, quello che mi ha colpito di più.
Si compie concretamente un’azione che cambia il
cuore e converte la vita. Ciò che si è meditato diventa ora vita!
Prego
con la Liturgia delle Ore, l’ora canonica del giorno adatta al momento.
Concludo il momento di lectio recitando con calma la preghiera insegnataci da
Gesù: Padre Nostro...
Arrivederci!
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