RITIRO ON LINE                                                                                                   
marzo 2019

                                                                                                                                                                                                                                                

 

Venero la Parola di Dio, l’Icona ed il Crocifisso.   Traccio sulla mia persona il Segno della mia fede, il Segno della Croce, mi metto alla presenza del Signore che vuole parlarmi. 

 

Signore, ascolta la mia preghiera,

a te giunga il mio grido di aiuto.

Non nascondermi il tuo volto

nel giorno in cui sono nell'angoscia.

Tu, Signore, rimani in eterno,

il tuo ricordo di generazione

in generazione.

Ti alzerai e avrai compassione.
(dal salmo 102)

 

 Veni, Sancte Spiritus, Veni, per Mariam.

 

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Scegliere di rispondere.

 

Continuiamo a pregare seguendo alcune lectio liberamente tratte da riflessioni di don Giuseppe Pulcinelli, sacerdote della Chiesa di Roma.

Buona meditazione e buona preghiera.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LECTIO Apro la Parola di Dio e leggo in piedi i brani che mi viengono proposti.

 

“Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone  e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: «Venile dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini". E subito lasciarono le reti e lo seguirono»          (Marco 1,16-18 ).

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Mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca.

Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare. Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontanati da me, perché sono un peccatore». Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini». E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.”          (Luca 5,1-11)

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Gesù, giunto nella regione di Cesarea di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti». Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli»          (Matteo 16,13-19)

 

 

Dopo questi fatti, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberiade. E si manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Didimo, Natanaele di Cana di Galilea, i figli di Zebedeo e altri due discepoli. Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla. Quando già era l’alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No». Allora egli disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infatti lontani da terra se non un centinaio di metri. Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. Disse loro Gesù: «Portate un po’ del pesce che avete preso ora». Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si squarciò. Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», perché sapevano bene che era il Signore. Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce. Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti. Quand’ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli». Gli disse di nuovo, per la seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pascola le mie pecore». Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: «Mi vuoi bene?», e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore. In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi». Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: «Seguimi».         (Giovanni 21,1-19)

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MEDITATIO   Seduto, rileggo la Parola per più volte, lentamente. Anche la lettura della Parola di Dio è preghiera. Siamo entrati in quella zona più sacra e più lunga del nostro Ritiro On Line: il grande silenzio !  Il protagonista è lo Spirito Santo.

 Il modo migliore per assaporare un brano delle Scritture è accoglierlo in noi come un cibo nutriente per il nostro spirito, è avere la certezza che sia Dio a volerci parlare per farci entrare nelle dimensioni del suo disegno di amore e di salvezza. Se ascoltiamo attentamente la Parola potremo entrare in un rapporto vivo con il Padre, per lasciarci plasmare dal suo stesso "cuore".

 

 PIETRO  IL PRIMO CHIAMATO

 

Avvicinarsi a Pietro e seguire il suo percorso vocazionale significa confrontarsi con un personaggio paradigmatico per tutti

 

quelli che si pongono alla sequela di Gesù: è infatti l'uomo che si lascia entusiasmare, ma che anche si illude di farcela

 

con le proprie forze; è molto generoso, ma non ha fatto i calcoli con la propria debolezza. Egli è soprattutto l'uomo che

 

nella sequela sperimenta il fallimento, passando attraverso la crisi drammatica provocata dal dubbio e dalla paura, e

 

poi finalmente si scopre amato e riabilitato dalla misericordia.

 

Inquadramento biografico

In tutto il Nuovo Testamento Pietro è il  personaggio più citato dopo il maestro di Nazaret! Con il fratello Andrea condivide

l'attività di pescatore sul lago di Gennèsaret in Galilea. Come la stragrande maggioranza degli abitanti della Palestina,

Pietro deve essere stato analfabeta: (in Atti 4,13 insieme a Giovanni viene definito "persona semplice e senza istruzione",

cioè senza un 'istruzione scolastica). Sappiamo che era originario di Betsaida, e che al momento dell'incontro con Gesù

abitava a Cafarnao, probabilmente la patria di sua moglie.

 

Dopo gli eventi pasquali, lo ritroviamo negli Atti degli Apostoli, che per circa la metà narrano proprio gli atti di Pietro: lo

presentano infatti nel ruolo di guida nella comunità di Gerusalemme; testimone coraggioso nella persecuzione;  apostolo 

itinerante  quando  visita la Samaria e la  zona costiera. È il primo a battezzare un non-giudeo e a dover giustificare tale

svolta davanti alla chiesa riunita.

 

Anche nelle lettere  paoline se ne afferma il primato, come il primo testimone del Risorto, la cui autorità apostolica è

riconosciuta da Paolo e rinomata anche nelle comunità cristiane esterne alla Palestina; sappiamo che si trova a

soggiornare ad Antiochia di Siria, ed è molto probabile che sia stato a Corinto insieme con la moglie.

Quando Paolo compone  la lettera  ai Romani, Pietro non era ancora stato a Roma. La tradizione riguardante il suo

 

martirio è fondata sulla testimonianza della Prima lettera di Clemente, ma la data della morte rimane comunque incerta

 

( tra il 64 e il 67). Gli scavi compiuti a metà del XX secolo sotto la basilica Vaticana, hanno rafforzato la tradizione del

 

martirio di Pietro a Roma.

 

  La chiamata di Pietro

La vicenda vocazionale di Pietro è presentata in tutti e quattro i vangeli che, pur concordando sull'essenziale, tuttavia

 

offrono ciascuno dei punti di vista particolari sul personaggio.

 

Nel racconto della chiamata dei primi quattro discepoli, presentata come "istantanea" da Marco e Matteo, è inserita

 

anche quella di Pietro: «Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano

 

le reti in mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: "Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini". E

 

subito lasciarono le reti e lo seguirono» (Marco 1,16-18).

 

A tale presentazione così stringata dobbiamo supporre qualcosa di più progressivo, una  certa conoscenza previa tra

Gesù e Pietro. L'evangelista Luca organizza il suo racconto lasciando spazio a questa progressione, che fa risultare

 

anche più comprensibile la scelta di mettersi al seguito di Gesù. Egli infatti fa precedere la scena della chiamata dei

 

primi discepoli da altri episodi:

-       dalla predicazione di Gesù nella sinagoga di Cafamao, dove libera un indemoniato (Luca 4,31-35);

-       cosa che fa diffondere la sua fama in tutta la regione: (Lc 4,36-37)

-       e, in particolare, dalla sua permanenza in casa di Simone, dove  opera la guarigione  della suocera  (Lc 4,38-39)

-       e poi quella di molti altri (Lc 4,40-41);

-       quindi inserisce il quadro della predicazione itinerante (Lc 4,42-44).

-       Soltanto a questo punto pone la chiamata dei primi discepoli, legandola all'episodio della pesca straordinaria ( Lc

 

5,1-11).

 

Ci troviamo di mattina sulla riva del lago di Gennèsaret, non lontano da Cafarnao. Intorno a Gesù c'è una ressa di

 

persone accorse per ascoltarlo, perché hanno intuito che egli annuncia «la parola di Dio» (Lc 5,1) e che, quindi, egli è

 

un uomo di Dio. In quella situazione, per allentare la pressione su di lui e poter insegnare più agevolmente, Gesù

 

prende l'iniziativa: viste due barche ormeggiate, con i pescatori a terra intenti a lavare le reti, sale su quella di Simone

 

(che egli dunque già conosceva bene), e a  qualche metro dalla riva la usa come fosse una cattedra («Sedette»: Lc 5,3)

 

o un pulpito, da cui ammaestrare le folle.

 

Terminato di insegnare, Gesù si rivolge a Simone e gli chiede di fare qualcosa di completamente inaspettato. Anzi,

 

qualcosa che doveva apparire addirittura assurdo: «Scostati verso il largo e calate le reti per la pesca» (Lc 5,4). Uno che

 

di mestiere finora aveva fatto il carpentiere dice a un pescatore provetto, uno che su quel lago e sulle barche da pesca ci

 

aveva passato una vita, di gettare le reti in pieno giorno. Nessuno pesca mai di giorno; è di notte infatti il tempo propizio!

 

Simone è sconcertato: non gli risulta facile rispondere; da una parte vorrebbe compiacere il maestro che ha già iniziato

 

ad ammirare, dall'altra sente di mettere in gioco oltre che la sua esperienza anche la sua reputazione. Tenta allora

 

almeno di far ragionare Gesù: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte, ma non abbiamo preso nulla!» (Lc 5,5). Nella

 

prima parte della risposta di Simone è contenuta l'amara esperienza di una notte insonne a lavorare senza alcun

 

risultato…

 

Se si fosse fermato a questa prima parte della risposta, segnata dall'impotenza e dallo scetticismo, avrebbe lasciato

 

intendere che non aveva senso acconsentire a quella strana richiesta, e tutto sarebbe finito .

 

Ma era possibile un'altra scelta, ed è quella che fa Simone, nonostante la stanchezza accumulata:

 

«Maestro, abbiamo faticato tutta la notte, senza prendere nulla: ma sulla tua parola calerò le reti».

 

 Anzitutto riconosce l'autorità di Gesù chiamandolo «maestro»; poi fa il passo decisivo di fidarsi di Gesù. Con  quella

 

frase è come se gli dicesse: «Anche se adesso non ne vedo il senso, anzi mi sembra  inutile, se però sei tu a

 

chiedermelo, allora accetto il rischio, sulla tua parola». Perché quella di Gesù non è la parola di uno qualsiasi,  e

 

Simone  aveva già iniziato ad accorgersene (Lc 4,38-41), così come lo aveva percepito anche la gente che accorreva a

 

lui. «Sulla tua parola...»: è la prima esplicita attestazione di fiducia di qualcuno verso Gesù, e non a caso è Simone a

 

farla.

 

E ogni volta che si confida nella parola del Signore avviene l'impensabile: «Avendolo fatto,  presero una quantità enorme

 

di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell'altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi

 

vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare» (Lc 5,6-7).

 

La reazione di Simon Pietro (a questo punto l'evangelista non a caso accosta anche il secondo nome, quello datogli

 

da Gesù, segno della nuova missione che sta  per  ricevere) è tipica di chi si trova di fronte a una manifestazione di Dio:

 

è sopraffatto da un senso di stupore misto a spavento Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui,

 

per la pesca che avevano fatto»: Lc 5,9), si prostra davanti a lui e lo supplica: «Signore, allontànati da me, perché sono

 

un peccatore» (Lc 5,8).

 

Ora Pietro si rivolge a Gesù confessando la sua signoria (lo chiama «Signore»), e manifestando il sentimento di una

 

profonda indegnità, come espressione del sentimento della distanza abissale che c'è tra l'uomo e Dio. La sua

 

esperienza è molto simile a quella vissuta dal  profeta Isaia  o di altri nell'Antico Testamento quando si trovano di fronte

 

al divino.

 

Il «non temere», tante volte risuonato nella Bibbia per introdurre una promessa-missione da parte di Dio, ora viene

 

rivolto a Pietro, come introduzione alla chiamata, che risulta implicita nella promessa profetica: «Non temere, d'ora in

 

poi sarai pescatore di uomini» (Lc 5,10).

 

La risposta di Gesù, inoltre, implica che la futura missione di Pietro (e degli altri chiamati) non dipenderà dalle qualità

 

personali dell'apostolo (così come la pesca straordinaria non è da attribuire alla perizia dei pescatori), ma riposerà sulla

 

parola di colui che conferisce l'incarico e sulla fiducia riposta in tale parola.

 

La metafora del pescare uomini ha  chiaramente uno sfondo ecclesiale-missionario:  l'annuncio della parola di Dio di

 

fatto ha come primo scopo quello di raccogliere  le  persone  nella  "rete"  di Dio, nel popolo dei chiamati  alla salvezza.  

 

Tale attività, prima ancora  di  esprimere  il  compito dell'apostolo, la si può applicare al "primo inviato" che è  Gesù 

 

stesso.  In  questa  prima  pesca sono Pietro e gli altri con  lui a  essere  i  pesci che rimangono catturati per vivere

 

nella rete di Gesù. Infatti il risultato è che, «tirate le barche  a terra, lasciarono tutto e lo seguirono» (Lc 5,11). Grazie

 

alla fiducia mostrata da Pietro, altri vengono coinvolti nella stessa straordinaria esperienza (Lc 5,6-7), e decidono perciò

 

di condividere con lui la scelta radicale di lasciare tutto e seguire Gesù.

 

La formazione del futuro apostolo, tra dubbi e resistenze

La lettura del brano della chiamata di Pietro e compagni si chiude con quella frase lapidaria nella sua radicalità:

 

«Lasciarono tutto e lo seguirono». Quel movimento comporta un cammino ancora più impegnativo, con alcune tappe

 

anche critiche, che faranno intendere come la rinuncia più grande non stia indietro nel passato, ma rimanga tuttora

 

davanti a loro.

 

Quella chiamata; pur con il notevole cambiamento che imprime alla vita, rappresenta dunque non il punto di arrivo, ma

 

soltanto l'avvio di un'esperienza di iniziazione, unica e affascinante, ma anche estremamente impegnativa: si tratta

 

infatti di fare i conti con le proprie fragilità e illusioni, fino a culminare con lo sconvolgente impatto con lo scandalo della

 

croce.

 

Sono tanti gli episodi, lungo la narrazione dei singoli evangelisti, che vedono Pietro come interlocutore di Gesù e co-

 

protagonista con lui. Mettendo insieme tutti gli elementi veniamo a conoscere molti aspetti del suo carattere e del suo

 

temperamento. In ogni caso tutti e quattro i vangeli sono concordi su un paio di elementi che si rivelano fondamentali

 

per la vita e la vocazione della comunità che si raccoglie intorno al messia: il ruolo primaziale di Pietro nel gruppo dei

 

discepoli e la sua defezione avvenuta con il rinnegamento; due aspetti che a prima vista sembrano opporsi nel

 

curriculum del futuro apostolo. Invece,  proprio  messi insieme  rappresentano il luogo della manifestazione della

 

potenza dell'amore divino.

 

Il suo ruolo di leader emerge in molti testi: è nominato per primo nelle liste dei Dodici (Marco 3,16 e paralleli), con

 

Giacomo e Giovanni è testimone di avvenimenti importanti (la risurrezione della figlia di Giairo: Marco 5,37-38 e paralleli;

 

la trasfigurazione: Marco 9,2-3 e paralleli; agonia di Gesù: Marco 14,33; Matteo 26,37), è portavoce dei Dodici (Marco

 

10,28 e paralleli; Giovanni 6,68-69).

 

Questo tratto primaziale ha il suo culmine nella confessione di fede: egli è infatti il primo a professare la messianicità di

 

Gesù, secondo quanto narra Marco 8,27-30.

 

L'episodio è ambientato presso Cesarea di Filippo,  un  territorio  a nord fuori della  Palestina (quasi a prefigurare la

 

predicazione cristiana che si estenderà ai non-ebrei); quella domanda sull'identità di Gesù, che a più riprese e da vari

 

interlocutori attraversa tutta la prima parte del vangelo di Marco, ora è Gesù stesso a porla ai discepoli, dapprima sulla

 

percezione che la gente ha di lui: «La gente, chi dice che io sia?». Così i discepoli riportano le opinioni delle persone

 

con cui sono venuti a contatto: fanno rientrare Gesù in una delle categorie loro note anche in base alla memoria

 

collettiva d'Israele (il Battista,  Elia o uno dei profeti); poi la domanda egli la pone ai discepoli in modo diretto e personale:

 

«Ma voi chi dite che io sia?». Quel «voi» rimanda alla dimensione comunitaria-ecclesiale del gruppo, che lo ha seguito

 

già per un buon tratto di strada. Anche a nome degli altri, Pietro pone'  il tassello finale che ancora mancava per

 

completare il quadro: «Tu sei il Cristo». La parola ebraica è miisiab, che significa unto, consacrato (da Dio), il

 

corrispondente in greco è appunto christos.

 

Pietro fa dunque il collegamento decisivo tra le attese messianiche, che emergevano dall'Antico Testamento e dal

 

giudaismo del suo tempo, con la persona concreta di Gesù che sta davanti a loro. L'affermazione è giusta, Gesù è

 

davvero il Cristo, l'unto di Dio, colui che doveva venire, la professione di fede è impeccabile dal punto di vista della

 

dottrina. Ma Gesù desiderava soprattutto che essi si interrogassero sul loro rapporto con lui, che facessero

 

discernimento sul tipo di coinvolgimento personale con la sua vita, sulla misura della loro fiducia in lui: «Chi sono io per

 

te?».

 

E questa in fondo è la domanda fondamentale che il cristiano deve riproporsi incessantemente.

 

A questo punto l'evangelista Matteo inserisce l'investitura solenne di Pietro, le famose parole che più di tutte esprimono

 

l'unicità della sua vocazione primaziale: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli

 

inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei

 

cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli» (Matteo 16,18-19). Siamo di fronte a uno sviluppo

 

notevole della missione conferitagli da Gesù: cambiandogli il nome in “Roccia” gli indica che gli viene fatta la grazia di

 

partecipare alla fortezza della roccia che è Dio stesso (Salmo 18,3.32; 19,15 ecc.), per cui dall'iniziale «pescatore di

 

uomini» del lago di Galilea diventa fondamento di quella comunità a cui viene promesso che, pur trovandosi nella lotta,

 

non soccomberà mai contro il male. Inoltre Pietro avrà il potere di legare e di sciogliere: attraverso queste immagini

 

semitiche (cfr. Isaia  22,22), si indica che egli sarà abilitato   a interpretare la rivelazione divina per affrontare e risolvere  

 

i problemi e le controversie  ecclesiali.. Nel momento in cui Pietro riconosce l'identità di Gesù e lo confessa come il

 

Cristo, da lui riceve la conoscenza più profonda della propria identità e vocazione. E questo è qualcosa che non vale

 

soltanto per Pietro: ogni volta che si ottiene una nuova conoscenza del mistero di Cristo, si perviene a una nuova e più

 

profonda  conoscenza di sé e della propria chiamata.

 

La professione di fede di Pietro è ineccepibile. Tuttavia da sola non basta a evitare il rischio di fraintendere. All'epoca

 

infatti erano molto variegate le opinioni che circolavano sul messia.

 

La prova di questo fraintendimento viene poi soprattutto da Pietro stesso, quando di fronte all'annuncio di un messia

 

che si presenta con le sembianze del servo sofferente (Isaia 53), e che subisce il rifiuto e la morte, si mostra del tutto

 

refrattario: si tratta dell'incapacità di accettare la logica della croce (Marco 8,31-33). In effetti è proprio questo l'ostacolo

 

più grande sul cammino di fede di Pietro (e poi di ogni discepolo). Egli che pensava di aver lasciato tutto per seguire

 

Gesù Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito»: Marco 10,28), non ha ancora compreso che finora non

 

ha affrontato la rinuncia più esigente in assoluto: lasciare le proprie convinzioni su ciò che è il bene, accettare di

 

cambiare le proprie buone idee, soprattutto quelle che si hanno su Dio e sul modo da lui scelto di cambiare il mondo...:

 

proprio in questo consiste la vera conversione. Altrimenti si finisce per porre ostacolo alla volontà di Dio, per passare

 

addirittura dalla parte del nemico: «Allora Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverare Gesù. Ma egli, voltatosi e

 

guardando i discepoli, rimproverò Pietro e disse: "Va' dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma

 

secondo gli uomini"» (Marco 8,32-33). Pietro si era posto davanti a Gesù, riteneva di dover essere lui a indicargli la

 

strada, quasi si fossero invertite le parti tra maestro e discepolo, ma così facendo metteva un inciampo al cammino del

 

messia (nel passo parallelo di Matteo 16,23 si usa la parola skandalon). Per questo Gesù lo riprende duramente: «Torna

 

dietro a me» (cioè, torna al tuo posto da discepolo), e usa quella parola terribile che doveva rimanergli impressa per

 

tutto il resto della vita: «Satana!» (in ebraico, «avversario», «nemico»).

 

Il punto più basso: il rinnegamento

 La sua difficoltà con se stesso è soprattutto il fatto di non rendersi conto della propria fragilità e debolezza: lui che è

 

conosciuto per il suo coraggio, come un uomo risoluto che sa quello che vuole, che è capace di prendere le sue

 

decisioni, di assumersi le responsabilità (come quando gestiva l'azienda di pesca sul lago), si scontra con l'amara

 

esperienza di non poter confidare nella propria forza e coraggio. Da un lato c'è il suo autentico attaccamento a Gesù,

 

davvero la sua è un'amicizia forte, e sincero è il suo desiderio di stare dalla sua parte, dovesse costargli anche la vita;

 

dall'altro, c'è che non ha fatto i conti con le sue paure e le sue fragilità.

 

Entrambe queste componenti emergono nell'episodio del rinnegamento,  riportato  da  tutti e quattro i vangeli.

 

Questo il susseguirsi dei fatti nel racconto della passione:

 

- durante l'ultima cena Gesù predice lo sconcerto e la dispersione dei discepoli di fronte alla sua sorte;

 

- Pietro protesta che qualsiasi cosa succeda, lui non lo abbandonerà, nemmeno se dovesse costargli la vita;

 

-     Gesù gli predice il rinnegamento;

 

- dopo la preghiera al Getsèmani Gesù viene arrestato, e «tutti abbandonatolo fuggirono» (Marco 14,50);

 

- mentre Gesù viene interrogato davanti al sinedrio, Pietro lo segue da lontano, poi entra nel cortile del palazzo del

 

sommo sacerdote e si scalda al fuoco insieme ad altri (servi e guardie);

 

- qui una serva e degli astanti lo riconoscono come uno dei seguaci, ma per tre volte egli nega: «I presenti dicevano di

 

nuovo a Pietro: "È vero, tu certo sei uno di loro; infatti sei Galileo". Ma egli cominciò a imprecare e a giurare: "Non

 

conosco quest'uomo di cui parlate". E subito, per la seconda volta, un gallo cantò. E Pietro si ricordò della parola che

 

Gesù gli aveva detto: "Prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai". E scoppiò in pianto»  (Mc 14,70-72).

 

Nonostante  l'affetto  sincero,  le  promesse di fedeltà e l'avvertimento, Pietro rinnega l'amico che in quel momento è

 

abbandonato, rifiutato, condannato; nel momento in cui se ne rende conto scoppia in un pianto irrefrenabile: prevale la

 

vergogna, la rabbia contro se stesso, l'esperienza della propria miseria e del fallimento totale. Quella bugia che

 

pronuncia preso dalla paura, «Non conosco quell'uomo» (cioè, non sono un suo discepolo), in fondo esprime una

 

 

verità: Pietro non aveva ancora conosciuto davvero Gesù e la sua misericordia, e non aveva ancora capito che cosa

 

significasse essere suo vero discepolo. In quel pianto di pentimento che sgorga dal più profondo di sé, c'è però il segno

 

di una sorgente vitalizzante che inizia a sgorgare e che non si fermerà più: di lì nasce e si forma l'apostolo.

 

La seconda chiamata

Durante l'ultima cena Gesù preannuncia la sua passione, evocando il fatto che dove lui sta per andare essi non

 

possono venire. Poi, rivolto a Pietro che gli chiede dove sta andando, gli  risponde:

 

«"Dove io vado, tu per ora non puoi seguirmi; mi seguirai  più  tardi".  Pietro disse: "Signore, perché non posso seguirti

 

ora? Darò la mia vita per te!"» (Gv 13,36-37).

 

Questo in terrogativo   «Perché dici che ti seguirò più tardi e non posso farlo ora?» rimane sospeso nell'aria. È come se

 

per la risposta debba prima succedere qualcosa che possa renderla comprensibile. Come aveva detto poco prima,

 

quando Gesù era andato da Pietro per lavargli i piedi e lui si opponeva: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo

 

capirai dopo» (Gv13,7). Ovviamente ciò che doveva accadere era la passione di Gesù  e l'esperienza sconvolgente del

 

rinnegamento, sconvolgente perché Pietro non credeva che potesse succedergli; sconvolgente perché scopre qualcosa

 

di se stesso che non conosceva e che gli incute paura.

 

Quella domanda troverà risposta soltanto dopo la pasqua, nell'incontro mattutino sulla riva di quello stesso lago dove

 

tutto era cominciato, ora intorno a un altro fuoco, quando il Risorto si manifesta a Pietro e agli altri nella pesca

 

straordinaria e in un pasto preparato da lui (Gv 21,1-19). In quel momento avviene la riabilitazione di Pietro e la nuova

 

chiamata al primato pastorale: «Mi ami tu?... Pasci le mie pecore». E dopo avergli predetto l'abbandono fiducioso che

 

sarà chiamato a vivere in vecchiaia, gli dice: «Seguimi!» (Gv 21,19).

 

Se prima della passione gli aveva detto che ancora non poteva seguirlo, ora finalmente è possibile: come se ciò che

 

ancora mancava nella sua formazione non era la prova della fedeltà, ma l'esperienza della caduta, quella della fragilità

 

e della paura, l'esperienza cioè del peccato e del perdono: in una parola, la misericordia! Pietro si accorge finalmente

 

che Gesù non si aspettava da lui che diventasse forte, ma che accettasse di essere debole, e che proprio con quella

 

debolezza ora iniziasse a seguirlo. Infatti, se Gesù gli dice "ora puoi", non è perché è scomparsa la sua debolezza, ma

 

soltanto che ora può seguirlo cosciente di essere debole, e sapendo che la debolezza non è un ostacolo. Anzi, può

 

divenire un luogo in cui esercitare l'abbandono fiducioso nelle mani del Signore Quando eri più giovane andavi dove

 

volevi, ...adesso un altro ti porta...»: Gv 21,18 ) .

 

Da questo atteggiamento di umile accettazione della propria miseria, in modo particolare se accompagnato dalle

 

lacrime, nasce l'apostolo: quando egli si rende conto che Gesù invece di revocargli la vocazione gli conferma la sua

 

fiducia, addirittura gli dà un compito ancora più grande, allora avviene la vera conversione. Essa si fonda proprio su

 

questa esperienza, il sentirsi amati nonostante l'indegnità e l'incapacità.

 

Ecco la seconda chiamata di Pietro, che in un modo o nell'altro ogni discepolo di Gesù può sperimentare nella propria

 

vita. Gesù non sceglie di chiamare qualcuno perché è affidabile, stabile, fedele. Anzi, prende uno come Pietro che si

 

dimostra fragile, friabile come sabbia, perché nell'esperienza della misericordia, diventi "roccia" in Lui.

 

Sei amato perché…

Se tutti i vangeli riportano la vicenda di Pietro, in particolare il suo rinnegamento, è perché gli apostoli e i primi cristiani

 

hanno intuito che essa rivelava un aspetto centrale del Vangelo, cioè la dimostrazione della misericordia per i peccatori.

 

La storia di Pietro e della sua chiamata in effetti si rivela paradigmatica del nocciolo del Vangelo: non sei amato

 

(stimato, chiamato, investito di autorità)  perché con le tue risorse sei degno di  esserlo, ma sei amato perché tu diventi

 

degno, perché tu divenga amabile.

 

 

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ORATIO Domando umilmente di poter essere coerente con le indicazioni emerse dalla meditatio. Esprimo fede, speranza, amore. La preghiera si estende e diventa preghiera per i propri amici, per la propria comunità, per la Chiesa, per tutti gli uomini. La preghiera si può anche fare ruminando alcune frasi del brano ripetendo per più volte la frase/i che mi hanno fatto meditare.

Stese la mano dall’alto e mi prese,

mi sollevò dalle grandi acque.

Mi assalirono nel giorno

della mia sventura,

ma il Signore fu il mio sostegno;

mi portò al largo,

mi liberò perché mi vuol bene.

I suoi giudizi mi stanno

tutti davanti,

non ho respinto da me la sua legge.

Perché tu salvi il popolo dei poveri,

ma abbassi gli occhi dei superbi.

Signore, tu dai luce

alla mia lampada;

il mio Dio rischiara

le mie tenebre.

Con te mi getterò nella mischia,

con il mio Dio scavalcherò

le mura.

La via di Dio è perfetta,

la parola del Signore è purificata nel fuoco;

egli è scudo per chi in lui

si rifugia.

Infatti, chi è Dio, se non

il Signore?

O chi è roccia, se non

il nostro Dio?


(dal Salmo 18)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CONTEMPLATIO     Avverto il bisogno di guardare solo a Gesù, di lasciarmi raggiungere dal suo mistero, di riposare in lui, di accogliere il suo amore per noi. È l’intuizione del regno di Dio dentro di me, la certezza di aver toccato Gesù.  È Gesù che ci precede, ci accompagna, ci è vicino, Gesù solo! Contempliamo in silenzio questo mistero: Dio si fa vicino ad ogni uomo!

 

Per Cristo, con Cristo e in Cristo a te, Dio Padre Onnipotente,  

nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoli.  Amen

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ACTIO     Mi impegno a vivere un versetto di questi brani, quello che mi ha colpito di più.

Si compie concretamente un’azione che cambia il cuore e converte la vita. Ciò che si è meditato diventa ora vita!  Prego con la Liturgia delle Ore, l’ora canonica del giorno adatta al momento.

Concludo il momento di lectio recitando con calma la preghiera insegnataci da Gesù: Padre Nostro...

Arrivederci!  

 

 

(spunti liberamente tratti da una lectio di don Giuseppe Pulcinelli, della Chiesa di Roma)

 

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