Venero la Parola di Dio, l’Icona ed il Crocifisso. Traccio sulla mia persona il Segno della mia fede, il Segno della Croce, mi metto alla presenza del Signore che vuole parlarmi.
Inizia la quaresima.
Con le ceneri. Un rito semplice che parla da solo. Un rito terrestre. Polveroso. Un gesto che va dalle mani alla testa. E poi giù, giù fino in fondo al cuore. Inizia la quaresima. E ci ricorda che la vita è una cosa seria. |
Ciò che conta davvero non si trova in offerta speciale sugli scaffali accanto alla cassa del supermercato. Occorre attenzione e dedizione. Inizia la quaresima. E ci ricorda che Dio è invisibile a tutti perchè ciascuno possa vederlo in modo unico . Inizia la quaresima. Inizia un cammino! (Patrizio Righero) |
(vieni anche tra i tribolati e i perseguitati)
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Se tuo fratello commetterà una colpa
La lectio di questo mese è liberamente tratta da una catechesi di padre
Innocenzo Gargano, monaco camaldolese, inserita negli “INCONTRI CELIMONTANI
2017-2018” sul tema
“IL CARCERE E LA GIUSTIZIA: REDENZIONE E RICONCILIAZIONE?”.
Proseguiamo il cammino iniziato nella lectio nel mese passato.
Buona meditazione e buona preghiera.
LECTIO Apro
la Parola di Dio e leggo in piedi il brano che mi viene proposto.
(Matteo
18,18-35)
15Se
il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e
lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello;
16se non ascolterà, prendi ancora con
te una o due persone, perché ogni cosa
sia risolta sulla parola di due o tre testimoni.
17Se poi non ascolterà costoro, dillo
alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano
e il pubblicano.
terra sarà sciolto in cielo.
19In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il
Padre mio che è nei cieli gliela concederà. 20Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a
loro».
21Allora Pietro gli si avvicinò e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte
dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». 22E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta
volte sette.
23Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. 24Aveva cominciato a
28Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo
soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. 29Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi
pazienza con me e ti restituirò”. 30Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse
pagato il debito.
31Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto
l’accaduto. 32Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto
quel debito perché tu mi hai pregato. 33Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto
pietà di te?”. 34Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto.
35Così anche il Padre mio celeste
farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello».
MEDITATIO
Seduto, rileggo la Parola per più volte, lentamente.
Anche la lettura della Parola di Dio è preghiera. Siamo entrati in quella zona
più sacra e più lunga del nostro Ritiro On Line:
il grande
silenzio ! Il protagonista è lo Spirito
Santo.
Il
modo migliore per assaporare un brano delle Scritture è accoglierlo in noi
come un cibo nutriente per il nostro spirito, è avere la certezza che sia
Dio a volerci parlare per farci entrare nelle dimensioni del suo disegno di
amore e di salvezza. Se ascoltiamo attentamente la Parola potremo entrare in
un rapporto vivo con il Padre, per lasciarci plasmare dal suo stesso
"cuore".
La correzione fraterna: la sua portata pratica nella nostra vita
(Matteo 18, 18-35)
In verità io vi dico
Nel testo di Matteo sul quale abbiamo meditato/pregato nel mese di febbraio (Mt
18,15-17) c’è un’aggiunta molto importante, che ribadisce la responsabilità sia
della comunità, sia dei due o tre, sia dell’uno che potrebbe essere sintetizzata
così: Non datevi pace, perché «in
verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo,
e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto
in cielo» (Mt 18,18).
E’ “lui” il problema?
Non ci si può dunque chiamare fuori gioco dicendo: “è lui il problema, non io”,
perché tutto ciò che accade qui su questa terra ha ripercussioni in cielo. Non
si può pensare di poter camminare facendo a meno di un membro del corpo che
resta comunque ferito appunto perché
lo strappo prodotto dal membro non può non far sanguinare il corpo
stesso. Non ci si può sentire tranquilli rifugiandoci nel dire che noi siamo
perfetti, all’interno del nostro gruppo, della nostra comunità, della nostra
Chiesa. Perciò la vocazione ecumenica è parte essenziale in una Chiesa che si
ritrova divisa, nonostante tutto, dal momento che certi gesti hanno una
ripercussione escatologica.
Non basta dunque una semplice soluzione giuridica. Noi siamo amministratori
della riconciliazione e quello che noi facciamo o non facciamo ha ripercussione
in cielo. È un problema di
responsabilità. La dichiarazione di Gesù è solennissima: «In
verità, in verità vi dico: tutto quelle che legherete sopra la terra sarà legato
in cielo, tutto quello che scioglierete sopra la terra sarà sciolto in cielo»
(Mt 18,18).
La mia responsabilità
Sul significato di legare e sciogliere si può discutere. Si tratta comunque di
modi di esprimersi degli autori del Nuovo Testamento e della letteratura dello
stesso periodo, per ribadire la stessa cosa in modo più forte, più preciso.
Legare o sciogliere significa che in qualunque situazione vi doveste trovare,
che si tratti di legame o di scioglimento, rimane la responsabilità,
escatologica, perché ciò che tu sei riuscito o meno a fare qui su questa terra,
ha ripercussioni in cielo.
Tutto questo fa capire il perché dello sconvolgimento nell’animo di Pietro,
introdotto dal Vangelo di Matteo, con una sottolineatura ancora maggiore, dove
si parla di una seconda dichiarazione, altrettanto solenne:
«In
verità io vi dico ancora: se due di voi sopra la terra si accorderanno per
domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà»
(Mt 18,19).
Mi unisco alla sinfonia?
Il verbo greco synphōnēsōsin comporta
la necessità che tutti gli strumenti suonino in sinfonia fra di loro,
all’unisono fra di loro, in concordia fra di loro. Dunque non si tratta di
maggioranza o minoranza, come avviene nel principio moderno della democrazia,
dove succede che, per rispettare la democrazia, il 51% ha sempre ragione sul
49%. Di qualunque cosa si tratti, la maggioranza detta sempre legge.
La sinfonia consiste invece nel sentirsi
cor unum et anima una.
Ecco perché anche nei Concili Ecumenici si tende ad essere unanimi. Si può
discutere anche animatamente tra maggioranza e minoranza, ma poi, alla fine, la
proclamazione conciliare crea la sinfonia e tutti obbediscono alla decisione
“sinfonica”. E la sinfonia, in quanto tale, produce il cammino della
comprensione della verità nella crescita della carità che tende ad una unità
sempre più forte fra tutti i membri della comunità ecclesiale.
Due o tre riuniti…
Gesù parla di qualunque cosa “chiediate”. Quindi non c’è nessuna eccezione:
tutto cade o si costruisce sulla sinfonia.
La sinfonia ha un fondamento teologico nella Trinità stessa in cui c’è unità
nella distinzione. Il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo, benché distinti, sono
un unico Dio.
Questa è allora la precondizione per riuscire a guadagnare il fratello. Se
invece contrapponiamo a non finire maggioranza e minoranza, o utilizziamo il
diritto basato soltanto sull’oggettività dei fatti senza alcun riferimento alla
persona, difficilmente riusciremo ad andare avanti. Gesù ha promesso: «Dove
sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro»
(Mt 18,20).
…nel mio nome
La ricongiunzione del fratello è dunque l’esaudimento di una preghiera concorde
al cui centro c’è il Signore stesso che intercede “semper
vivens pro nobis”. Coloro che si riuniscono “nel nome” hanno, nel nome, la
garanzia della presenza di Lui e
perciò stesso sono esauditi.
Allora non sono le leggi, non è il diritto, che garantiscono il ritorno del
fratello, ma chi garantisce il ritorno del fratello è Lui. E se due o tre sono
davvero animati da un amore profondissimo verso il fratello, otterranno
certamente (questa è la promessa di Gesù) ciò che chiedono.
…sì, va bene, ma quante volte?
Pietro, che ha capito bene il messaggio di Gesù, fa delle obiezioni, che faremmo
tutti:
«Signore,
se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli?
Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma
fino a settanta volte sette».
(Mt 18,21-22).
Gesù non solo ribadisce la necessità del perdono, ma lo porta all’eminenza. E
questo ci fa paura. Il rischio che paventiamo con questa risposta di Gesù è
quello dell’anarchia, del soggettivismo, del relativismo per cui non ci si
impegna più, perché tanto poi Lui abbraccia tutti indistintamente. “Settanta
volte sette” è un modo di dire per riferirsi al “sempre”.
Secondo il Vangelo di Matteo noi
dovremmo di fatto essere la personificazione stessa del perdono, perché dovremmo
cercare di avvicinarci il più possibile alla misericordia del Padre che è nei
cieli. E questo senza fretta nel presumere di giudicare o condannare nessuno.
Nella parabola del loglio e del grano buono l’evangelista aveva parlato dei
contadini che avevano chiesto al padrone: “Vuoi che andiamo a scardinare subito
il loglio?” E si erano sentiti rispondere negativamente (Mt 13,24-30). La
risposta di Gesù è coerente con tutto il Vangelo di Matteo.
Non è la “semplice” verità, che cambia le cose…
Papa Francesco prima di scrivere l’Amoris
laetitia deve aver riflettuto molto su questi testi. Ancora una volta ci
viene confermato che non è la verità che cambia, siamo noi che entriamo, grazie
a Dio, progressivamente, in una maggiore comprensione del mistero della verità,
che è sempre davanti a noi.
Mi ricordo del modo con cui Dio si è rapportato con me?
E arriva adesso la parabola che leggiamo in Matteo 18,23-35.
I due debitori della parabola si differenziano in modo enorme tra di loro: uno
deve diecimila talenti, l’altro appena cento denari. Stiamo dentro la comunità
perché è all’interno della comunità che si determinano certe auto-assoluzioni
dovute all’abitudine di aver educato il cuore a rapportarci con gli altri
dimenticando il modo con cui Dio si è rapportato con noi.
Succede che crediamo nella misericordia di Dio, ma soltanto a nostro uso e
consumo. E può succedere che in certi casi ci prostriamo perfino per terra, non
avendo il denaro da restituire, per commuovere un creditore potente che può
comandare che siano messi sul lastrico la moglie e i figli dopo aver sequestrato
tutti i beni.
La parabola racconta che quel servo, gettatosi a terra, lo supplicava: «Abbi
pazienza con me e ti restituirò ogni cosa» (Mt 18,27). La
richiesta è sincera, non è ipocrita. È sincerissima.
Imparare dalla lezione
Il problema non sta nella mancanza di sincerità da parte del debitore nei
confronti del padrone, ma piuttosto nel fatto che egli non ha imparato nulla
dalla lezione che gli ha impartito il suo padrone.
Non ha capito che il padrone, condonandogli tutto, gli aveva trasmesso un
insegnamento preziosissimo sul comportamento che avrebbe dovuto tenere, a sua
volta, con gli altri. Infatti non si può agire utilizzando due pesi e due misure
in modo tale che ne utilizziamo una quando ci auto-misuriamo e un’altra quando
misuriamo gli altri.
C’è forse qualcuno di voi che può condannare?
Un esempio molto calzante è, a questo proposito, il famoso testo del Vangelo di
Giovanni, della donna sorpresa in flagrante adulterio che viene portata davanti
a Gesù:
«Allora
gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero
in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante
adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa.
Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di
accusarlo. Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia,
poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza
peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo,
scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando
dai più anziani. Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si
alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose:
«Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non
peccare più». (Gv 8,3-11)
Gli accusatori sostengono che la legge prescrive, inflessibile, che va lapidata,
punto e basta! Gesù, per tutta risposta, si piega verso terra strisciando le
dita sul pavimento, come per dire che si è messo allo stesso livello della
donna, poi si alza e dice: «Chi
di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei»
(Gv 8,7).
In parole povere Gesù domanda: “C’è
forse qualcuno di voi che è senza peccato?”
Egli sposta così l’argomento dall’esame della donna all’esame di coscienza di
coloro che intendevano lapidarla. Quasi per dire: “Tu, tu, tu, tu: come vorresti
essere trattato? Non è forse vero che desidereresti una misura più conforme alla
tua debolezza? E perché allora pretendi di utilizzarne un’altra nei confronti di
questa donna?” E di nuovo – dice il testo – si china per terra proseguendo a
strisciare le sue dita sul pavimento in compagnia della povera donna trascinata
davanti a lui. E così veniamo posti con sublime ironia di fronte allo spettacolo
del dileguarsi di tutti gli accusatori, a cominciare dai più anziani.
Uno di fronte all’altro
E furono lasciati loro due soltanto:
misera et misericordia, dice Agostino.
E Gesù: «Donna,
dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E
Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più»
(Gv 8,10-11).
Potrebbe essere una domanda: “Non peccherai più?” Forse... Perché l’amore con
cui è stata trattata la donna ha
esaudito fino in fondo il suo desiderio di amore, e come potrà più esserci
spazio per il peccato quando il cuore è stato abitato tutto dall’amore?
Coinvolgendo “le viscere”
La risposta data da Gesù a Simone nel vangelo di Matteo
«Non
ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette»
(Mt18,22) possiamo dunque metterla accanto a questa scena di Giovanni che
comunque corrisponde all’insegnamento concreto di Gesù. Un insegnamento che
viene dedotto da Gesù stesso a conclusione della parabola che, dopo aver
accennato al trattamento del duro di cuore da parte del padrone, sentenzia:
«Così
anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al
proprio fratello»
(Mt 18,35).
“Di cuore” potremmo anche esprimerlo con “coinvolgendo le viscere”, e il testo
evangelico potrebbe quasi suonare: “Così
succederà anche a voi se non perdonerete, coinvolgendo le viscere, al vostro
fratello”.
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ORATIO
Domando umilmente di poter essere coerente con le indicazioni emerse dalla
meditatio. Esprimo fede, speranza, amore. La preghiera si estende e diventa
preghiera per i propri amici, per la propria comunità, per la Chiesa, per tutti
gli uomini. La preghiera si può anche fare ruminando alcune frasi del brano
ripetendo per più volte la frase/i che mi hanno fatto meditare.
Signore, tu non pretendi che
la
tua Chiesa
sia una comunità di perfetti,
ma
vuoi che diventi luogo
di
perdono,
società di perdonati.
Padre, perdona e accogli
me
peccatore,
così come accogli chiunque
si
rivolge a te,
affinché il mondo sappia che
non c’è limite
alla tua misericordia.
Illuminami con la luce del tuo volto,
perché possa capire
la
tua tenerezza
e ogni giorno possa gustare
la gioia della tua benevolenza
e la manifesti
nel perdono fraterno.
(don Canio Calitri)
CONTEMPLATIO
Avverto il bisogno di guardare solo a Gesù, di lasciarmi raggiungere dal suo
mistero, di riposare in lui, di accogliere il suo amore per noi. È l’intuizione
del regno di Dio dentro di me, la certezza di aver toccato Gesù. È
Gesù che ci precede, ci accompagna, ci è vicino, Gesù solo! Contempliamo in
silenzio questo mistero: Dio si fa vicino ad ogni uomo!
Per Cristo, con Cristo e in Cristo a te, Dio Padre Onnipotente,
nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria per tutti i secoli dei
secoli. Amen
ACTIO
Mi impegno
a vivere un versetto di questi brani, quello che mi ha colpito di più.
Si compie concretamente un’azione che cambia il
cuore e converte la vita. Ciò che si è meditato diventa ora vita!
Prego
con la Liturgia delle Ore, l’ora canonica del giorno adatta al momento.
Concludo il momento di lectio recitando con calma la preghiera insegnataci da
Gesù: Padre Nostro...
Arrivederci!
(spunti liberamente tratti da una lectio di padre Innocenzo Gargano, monaco
camaldolese)