RITIRO ON LINE - maggio 2024     










Venero la Parola di Dio, l’Icona ed il Crocifisso. Traccio sulla mia persona il Segno della mia fede, il Segno della Croce, mi metto alla presenza del Signore che vuole parlarmi. 

 

(chiesa e fontana di san Cassiano – Chianale – Pontechianale - Cuneo)

Ho smesso di cercarti, Signore,

e ti ho trovato quando ho iniziato a lasciarmi cercare.

(Patrizio Righero  – Un minuto con Dio)

Veni, Sancte Spiritus, Veni, per Mariam.

 

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I SALMI INSEGNANO A PREGARE

Continua la piccola serie di Lectio suggerite dalla lettura di alcuni salmi. Per fare ciò prendiamo liberamente spunto da alcune riflessioni di padre Ubaldo Terrinoni, (OFM cappuccini), raccolte nel suo libro “I salmi insegnano a pregare”.

   

 

 

 

 

 

 

 

 

LECTIO Apro la Parola di Dio e leggo in piedi i brani che mi vengono proposti.  Salmo 23 (22)

vv. 1-4: immagine del pastore

Il Signore è il mio pastore:

non manco di nulla.   

2Su pascoli erbosi mi fa riposare,

ad acque tranquille mi conduce.   

3Rinfranca l’anima mia,

mi guida per il giusto cammino

a motivo del suo nome.        

4Anche se vado per una valle oscura,

non temo alcun male, perché tu sei con me.

Il tuo bastone e il tuo vincastro

mi danno sicurezza.  

 

v. 5 – immagine dell’ospite

 5Davanti a me tu prepari una mensa

sotto gli occhi dei miei nemici.

Ungi di olio il mio capo;

il mio calice trabocca.           

 

v.6 – conclusione

 6Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne

tutti i giorni della mia vita,

abiterò ancora nella casa del Signore

per lunghi giorni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

MEDITATIO   Seduto, rileggo la Parola per più volte, lentamente. Anche la lettura della Parola di Dio è preghiera. Siamo entrati in quella zona più sacra e più lunga del nostro Ritiro On Line: il grande silenzio! Il protagonista è lo Spirito Santo.

 Il modo migliore per assaporare un brano delle Scritture è accoglierlo in noi come un cibo nutriente per il nostro spirito, è avere la certezza che sia Dio a volerci parlare per farci entrare nelle dimensioni del suo disegno di amore e di salvezza. Se ascoltiamo attentamente la Parola potremo entrare in un rapporto vivo con il Padre, per lasciarci plasmare dal suo stesso "cuore"

 

 

Salmo 23 – Il Signore è il mio pastore

 

Premessa e struttura letteraria

 È un autentico gioiello del Salterio; è uno dei più celebri salmi. È una lirica che si snoda delicata e serena come un ruscello di montagna  che si fa  strada tra le rocce. Pur  nella semplicità del messaggio e delle immagini,  il salmo riesce sempre a suscitare, in colui che lo prega e lo celebra, profonde emozioni e un’esperienza sempre nuova di un abbandono pieno e fiducioso in Dio: come la  pecorella  si fida e segue il suo pastore.

 San Charles de Foucauld dichiarava di «essere intimamente felice nel sapersi guidato dalla dolce presenza di un tale pastore!».

 Approfondiamo brevemente la struttura letteraria  di questa composizione.

 Secondo l’interpretazione più  comune, la   struttura   è  fondata   su  due immagini: a) quella del pastore (vv. 1-4) e  b) quella dell’ospite (vv. 5-6).

 

Immagine del pastore

nel  v. 1       Si annuncia il tema: Dio è pastore, e, dunque, da parte nostra fiducia assoluta in lui.

nei vv. 2-3  

 Si descrive con tre verbi l’opera del pastore: «pasce», «fa riposare», «guida». Si noti che in Oriente il pastore è molto di più di una semplice guida delle pecore; egli è il costante e fedele compagno; le ore del gregge sono le sue stesse ore, e così anche i rischi, i disagi, la fame e la sete.

nel v. 4       

 Si afferma che il pastore conforta (rassicura) in ogni momento il proprio gregge. Il bastone e il vincastro danno sicurezza: probabilmente il bastone ha una sfumatura di comando, il vincastro invece ha lo scopo di difesa.

 

Immagine dell’ospite

nel v.5   Si  illustra la premura dell’ospitante, che è Dio: «davanti a me tu prepari una mensa sotto gli occhi dei miei nemici. Ungi di olio il mio capo, il mio calice trabocca». Dio applica qui le leggi della cordialissima ospitalità orientale. La mensa imbandita indica comunione di vita e anche assistenza e asilo sicuro contro i nemici. L’olio sul capo è segno di gioia e di predilezione. Il vino nel calice, versato in abbondanza, dice amicizia gioiosa.

nel v. 6 Si ha la conclusione: il salmista, uscendo daIl’immagine, presenta Dio che si premura di donare felicità e grazia e riposo sereno e sicuro senza fine: «per lunghissimi anni».

  

Commento

vv. 1-4   immagine del pastore

 Molto probabilmente il salmo è stato composto in occasione di una liturgia di ringraziamento al  tempio.  Ecco come dovrebbero essersi svolte le cose. Un pio israelita è uscito sano e salvo da una terribile prova (forse una grave malattia o una pericolosa violenza subita o altro ancora), e pensa bene di  salire  al tempio per esprimere la sua commossa gratitudine al Signore per aver scampato il terribile pericolo.

 Vestito a festa, accompagnato da familiari, parenti  e amici, va a offrire con gioia la vittima per il sacrificio. Qui  giunto, invita i presenti ad ascoltare la sua storia e a unirsi a lui nel ringraziare Dio. Annuncia l’argomento:

«Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla»;

«Venite, ascoltate voi tutti che temete Dio e narrerò quanto per me ha fatto»   (Sal 66,16).

 La frase esprime una incrollabile fiducia in Dio, che è pastore buono e premuroso. La memoria di una lunga esperienza di fiducioso abbandono in lui offre al salmista sufficienti motivi per continuare  ad  affidare  ancora  alla sua guida  il  resto del cammino  della  vita,  senza  avvertire il bisogno di ricorrere ad altri.

 Dio ha cura del gregge e della singola pecorella; anzi, ognuna è custodita e protetta come fosse la sua unica. Per questo, giustamente notiamo che nel salmo risuona il pronome possessivo «mio» sulle labbra del salmista: «Il Signore è il mio pastore». Con lui accanto, si sta bene al sicuro; in lui  si ha  tutto ciò di cui ha bisogno il nostro cuore: «nulla manca a coloro per i quali Dio è tutto», ammonisce un padre del deserto.

nei vv. 2 e 3 viene la parte essenziale, centrale del ringraziamento,  che è il racconto di quanto è avvenuto nella sua vita; narra come si è trovato nel pericolo e come Dio è intervenuto. C’è uno stretto e commovente binomio «pastore-gregge», che viene precisato dal salmista con quattro verbi concreti: «fa riposare», «conduce», «rinfranca», «guida».

 Anche il profeta Isaia evoca questa tenera immagine:  «Come un pastore egli fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna; porta gli agnellini sul petto e conduce dolcemente le pecore madri» (Is 40,11; Ez 34,1).

 Abbiamo già affermato che il pastore vive e condivide tutto con il suo gregge: il sole e la pioggia, le acque ristoratrici e l’afa bruciante, il verde manto erboso del prato e la landa sterile e desolata del deserto. Egli è a un tempo guida e compagno inseparabile, sa difendere e sa proteggere, sa tenere in mano il bastone e anche  il vincastro.

nel v. 4 il salmista afferma che anche se, con il sopraggiungere della notte, dovesse attraversare  l’oscurità fonda di una valle, non teme nulla e nessuno, perché sa di avere vicino il pastore: «Tu sei con me».

 E questa è anche la rassicurante certezza di ogni orante: nessuno ti è vicino come sa esserlo il Signore, pastore forte e tenero; nel momento della prova, della stanchezza, del buio, dello smarrimento interiore egli non ti abbandona alla sorte o alla notte. Inoltre, la sua voce inconfondibile la riconosci fra mille e mille e ti chiama per  nome, con il  tuo proprio nome; il  suo tocco è sempre puro e delicato. Mentre quello dei mercenari macchia, sciupa, trattiene, prende. . .

 Dopo la narrazione del beneficio ricevuto, di solito seguiva l’offerta del sacrificio. Nel nostro salmo non è espresso chiaramente questo momento, ma lo troviamo esplicitato e articolato in altri salmi, ad esempio, nel salmo 116,17-19:

«A te offrirò un sacrificio di ringraziamento e invocherò il nome del Signore.  Adempirò i miei voti al Signore davanti a tutto il suo popolo, negli atri della casa del Signore,   in mezzo a te, Gerusalemme».

 

v. 5 immagine dell’ospite

 Dopo il sacrificio offerto nel tempio dal pio israelita, veniva, come necessario compimento,  il  banchetto  sacro nel quale erano consumate dai familiari e dagli amici e parenti in festa le parti non offerte in olocausto:  «davanti a me tu prepari una mensa  sotto gli occhi dei miei nemici».  (v. 5)

 In altri salmi di ringraziamento si dichiara che Dio «hai  mutato il mio lamento in danza, hai tolto l’abito di sacco e  mi hai rivestito di gioia» (Sal 30,12). Qui si afferma che Dio stesso ha imbandito un banchetto, ha preparato una mensa ospitale con le squisite premure che son proprie della cultura orientale. Partecipando a questa festa di ringraziamento, si rinsaldano i vincoli familiari e di amicizia, ed è fugato per sempre l’incubo della tremenda prova.

 L’esplicita menzione nel salmo dell’olio profumato (che tonifica e conferisce splendore ai capelli e al volto) e del  calice spumeggiante (offerto al primo arrivo in segno di amicizia) faceva parte integrante del rituale dell’ospitalità e si svolgeva prima che gli ospiti si disponessero a mensa. Così, l’olio, balsamo odoroso, e la coppa traboccante contribuivano a creare e ad alimentare un clima di festa che raggiungeva tutto e tutti e coinvolgeva in modo irresistibile nella serenità e nella gioia.

 Ma da  questa festa restano decisamente  esclusi i nemici, i quali si aggirano nei dintorni come una presenza malefica e lanciano sguardi fugaci e sdegnati verso il protagonista esultante, che vive intensamente  con parenti e amici una comprensibile soddisfazione.

 

v. 6 conclusione

 Così, la descrizione di una giornata memoranda volge al termine. E l’orante coglie una felice certezza, come risposta di Dio al gradimento del sacrificio celebrato: «bontà e fedeltà mi saranno compagne». Sono due magnifici doni, come personificati; saranno inseparabili compagne della sua vita.

 Ed è giunto anche il momento di lasciare il tempio. Però, per la gioia e la pace sperimentata, egli promette di tornare ancora: «abiterò ancora nella casa del Signore, per lunghi giorni». In definitiva, prima era perseguitato dai suoi nemici, ora invece si sente accompagnato e protetto dalla benevolenza e dalla grazia del Signore.

 

Attualizzazione - pregare il salmo oggi

Il Dio-pastore

 La metafora del pastore affonda le radici nell’esperienza antichissima  degli «aramei erranti» e anche  degli antichi patriarchi capostipiti d’Israele per la loro secolare esperienza di accompagnare  il  gregge nelle campagne in  cerca di erba verde e fresca. Il pastore di ieri, di oggi e di sempre esprime due aspetti apparentemente contrastanti: egli è, a un tempo, «capo» responsabile e «compagno» del gregge; è l’uomo forte e premuroso, che difende e protegge  il  gregge e lo guida lentamente per sentieri e pascoli sicuri.

 Proprio così amabile, forte e premuroso è il Signore-pastore, come lo descrive il  profeta Isaia: «Come un pastore egli fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna; porta gli agnellini sul petto, e conduce dolcemente le pecore madri»

(Is 40,11).

  È ancora Isaia che nel capitolo 49 ai vv. 9-10 presenta Dio-pastore che garantisce pascoli abbondanti per il suo popolo: «Essi pascoleranno lungo tutte le strade, e su ogni altura troveranno pascoli. Non avranno né fame né sete e non li colpirà l’arsura né il sole, perché colui che ha misericordia di loro li guiderà, li condurrà alle sorgenti d’acqua».

 In  riferimento  al Dio-pastore  si noti un  particolare: egli tiene presente il gregge e la singola pecorella; cioè è oggetto delle sue cure e premure sia il singolo come la collettività, sia  il popolo di Dio come l’individuo. Egli non massifica, non generalizza, ma ha  costantemente  presenti tutti e ciascuno.

 Il Signore si prende cura della mia vita; egli provvede a  tutto ciò di cui ho bisogno. Anzi, a ben pensarci, lui è tutto per me e con lui ho tutto. «Ogni realtà che non sei tu è cenere per me», così dichiarava il grande Agostino con gioia e profonda convinzione.

 

Gesù buon pastore

 Il Nuovo Testamento ci aiuta a fare una lettura più precisa del salmo con l’aiuto della splendida figura di Gesù buon pastore. Qui ovviamente il pastore assume un volto umano e un nome ben noto! Egli si presenta come pastore e dichiara di conoscere singolarmente tutte le sue pecorelle: «Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me» (Gv 10,11.14). Non dice «io sono come il buon pastore» e neppure dice «conosco il mio gregge», bensì «conosco le mie pecore»!

 Ebbene, queste parole tracciano il programma di Gesù e riassumono la sua intera missione terrena. Egli è il pastore che ricerca la pecorella smarrita (Lc 15,4-7), cioè è colui che ricerca i peccatori, i poveri, gli ultimi, i malati, gli esclusi, gli abbandonati, i dimenticati. . . Per cui l’apostolo Pietro può scrivere parole rassicuranti alle prime comunità cristiane: «Eravate erranti come pecore, ma ora siete stati ricondotti al pastore e custode delle vostre anime» (IPt 2,25).

 

Il pastore oggi

 Sono molti a spacciarsi come «pastori». Oggi c’è chi si lascia guidare da filosofi e chi da politici; chi confida nel potere della scienza e chi nella potenza del denaro; chi ricorre all’arte e chi alle armi. Ma io mi affido a Gesù: buon pastore!

 Questo dato di fatto ci conferma che nessuno può fare a meno di una guida: tutti abbiamo bisogno di un pastore e di un «pascolo». E nella storia vediamo gli uomini ammassarsi come greggi dietro a questo o a quel capo, il quale però, presto o tardi, scompare o fallisce o diventa un despota, un dittatore, un oppressore.

 Il Signore invece mi conduce in verdi pascoli: i pascoli della sua Parola  che danno  senso e gusto  alla mia  persona e alla mia vita; che rendono preziosa anche la più modesta esistenza e luminosa anche l’opera  più nascosta.  Vi  sono poi i pascoli della sua  grazia,  che rendono  sempre più forte il mio spirito, più robusta la mia volontà, più sicuro e fermo il mio passo:  «Anche se vado per una valle oscura, non temo alcun male, perché tu sei con me!» (v. 4).

 Nessuno mi è vicino come lui; nessuno ha squisite premure per me come le ha lui. Conosco la sua voce perché mi chiama per nome; lo riconosco dal tocco, che è puro, affettuoso e protettivo. Non mi lascia solo nel momento della prova, della stanchezza e dello smarrimento; non mi abbandona  alla sorte. Egli dà la vita per me; mi guida a fonti di sollievo e nell’ovile sicuro mi fa  riposare. Le altre guide, gli altri capi sono dei mercenari al confronto con lui: nell’ora della prova, dello smarrimento e del dolore, scompaiono! La scienza, la filosofia, la politica si tirano indietro, impotenti...!

 Egli invece mi resta vicino e mi circonda di ogni premura. Stando alle immagini bibliche, dobbiamo dire  che pastore e gregge, pastore e pecorelle sono costantemente in simbiosi; vivono e condividono tutto. Egli fa pascolare, provvede a dissetare, a far riposare e a riprendere il cammino con sempre nuove e sorprendenti delizie. È così presente e premuroso per ogni pecorella che non c’è da  temere neppure quando il sentiero si fa impraticabile, neppure quando si procede sull’orlo di un precipizio.

 Egli sa come guidare il  gregge nei momenti difficili, nella prova, nella solitudine o neIl’aggressione. Egli sa come sostenere e rifocillare la pecorella nella fatica.

 Ha cura di ognuna delle pecorelle; ha cura di te, come se tu fossi la sua unica. Non perde occasione per farti gustare la  dolcezza della sua amicizia e della  sua  intimità,  e non ti  fa  mancare le sorprese dato che ti sei affidato pienamente a lui.

 Ben sicuro di questa verità, l’apostolo Paolo, nell’Epistola ai Romani, esplode in un grido di vittoria: «Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? . . . In tutte queste cose noi siamo più che vincitori grazie a colui che ci ha amati. Io sono infatti  persuaso  che né morte, né vita, né angeli, né principati, né presente, né avvenire, né potenze, né profondità,  né alcun’altra  creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in  Cristo Gesù, nostro Signore» (Rm 8,35.37-39).

 

                                                                                                                    (via Appia antica) 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ORATIO Domando umilmente di poter essere coerente con le indicazioni emerse dalla meditatio. Esprimo fede, speranza, amore. La preghiera si estende e diventa preghiera per i propri amici, per la propria comunità, per la Chiesa, per tutti gli uomini. La preghiera si può anche fare ruminando alcune frasi del brano ripetendo per più volte la frase/i che mi hanno fatto meditare.

 

Resta ancora un pò insieme a me, Signore Gesù,

perché non ce la faccio ad affrontare da solo questo giorno.

Oggi ho bisogno della tua luce per vedere

attraverso le ombre della quotidianità.

Oggi ho bisogno del tuo calore per voler bene

anche a chi non fa nulla per lasciarsi amare.

Oggi ho bisogno di sentirti vicino.

Oggi ho bisogno di te. 

 (Patrizio Righero – Un minuto con Dio)

 

 

CONTEMPLATIO Avverto il bisogno di guardare solo a Gesù, di lasciarmi raggiungere dal suo mistero, di riposare in lui, di accogliere il suo amore per noi. È l’intuizione del regno di Dio dentro di me, la certezza di aver toccato Gesù. È Gesù che ci precede, ci accompagna, ci è vicino, Gesù solo! Contempliamo in silenzio questo mistero: Dio si fa vicino ad ogni uomo!

 

Per Cristo, con Cristo e in Cristo a te, Dio Padre Onnipotente, 

nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria per tutti

i secoli dei secoli.  Amen

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ACTIO     Mi impegno a vivere un versetto di questi brani, quello che mi ha colpito di più.   Si compie concretamente un’azione che cambia il cuore e converte la vita. Ciò che si è meditato diventa ora vita!  Prego con la Liturgia delle Ore, l’ora canonica del giorno adatta al momento.

Concludo il momento di lectio recitando con calma la preghiera insegnataci da Gesù: Padre Nostro...

Arrivederci!                                                                   

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