RITIRO ON LINE - maggio 2023 |
Venero
la Parola di Dio, l’Icona ed il Crocifisso. Traccio sulla mia
persona il Segno della mia fede, il Segno della Croce, mi metto alla
presenza del Signore che vuole parlarmi.
Sei la presenza, il continuo dono, colui che mai si stanca
di
Entro e ti trovo, esco e sei con me: la
salvezza è qui!
(Luca Rubin)
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Veni, Sancte Spiritus, Veni, per Mariam.
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INCONTRI DI
GESU’ LUNGO
LE STRADE
POLVEROSE DELLA
PALESTINA
In parrocchia recentemente è stata proposta una serie
di Lectio incentrata sugli incontri di Gesù con alcuni “personaggi” colti nella
concretezza della loro vita quotidiana, narrati nel Vangelo di Luca. Sono dei
“ritratti dal vivo”! In questi personaggi si possono riscontrare molti
aspetti presenti anche nella vita di ciascuno
di noi, nonostante la distanza temporale.
Sono spazi di concreta umanità ma anche di
svelamento della verità.
LECTIO
Apro la Parola di Dio e leggo in piedi i brani che mi vengono proposti.
Lc
18,1-8
1
Diceva loro una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai: 2«In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. 3In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”. 4Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, 5dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”». 6E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. 7E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? 8Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».
MEDITATIO
Seduto, rileggo la Parola per più volte, lentamente. Anche la lettura della
Parola di Dio è preghiera. Siamo entrati in quella zona più sacra e più lunga
del nostro Ritiro On Line: il grande
silenzio! Il protagonista è lo Spirito Santo.
Il
modo migliore per assaporare un brano delle Scritture è accoglierlo in noi
come un cibo nutriente per il nostro spirito, è avere la certezza che sia
Dio a volerci parlare per farci entrare nelle dimensioni del suo disegno di
amore e di salvezza. Se ascoltiamo attentamente la Parola potremo entrare in
un rapporto vivo con il Padre, per lasciarci plasmare dal suo stesso "cuore"
IMPORTANZA DELLA PREGHIERA
Con questa parabola Gesù intende rimarcare
l’importanza della preghiera, la necessità
di esserne fedeli e di perseverare
in essa.
Spesse volte coloro che si dedicano alla preghiera sono accusati di perdere
tempo; essi stessi personalmente possono essere assaliti dal dubbio o dalla
medesima tentazione. Per questa ragione, quando la loro coscienza o una voce
amica li invita a dedicare tempo a Dio, rispondono che hanno da fare, che sono
presi da faccende e da interessi urgenti e importanti.
L’esortazione di Gesù è sempre di grande attualità, poiché lo sguardo degli
uomini è fisso su tutte le fatue faccende del mondo (…è chiaro che ci sono anche
“faccende” per niente fatue!!!). Vi sono esigenze fisiche, sentimentali,
sociali, economiche, culturali che tengono occupato il cuore umano,
sovraccaricandolo di preoccupazioni familiari, di lotte politiche, di impegni
professionali. La maggior parte del tempo è assorbita dal lavoro, dalle
riunioni, da congressi; anche il divertimento vuole il suo spazio… Alla routine
quotidiana si sovrappongono contrattempi imprevisti, appuntamenti di affari,
dialogo con persone di rilievo.
C’è il rischio che non ci sia tempo per stare con Dio e dialogare con lui. In
questo modo fallisce l’operazione decisiva: «Il
Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».
LA PERSEVERANZA
Gesù «diceva
loro una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai
»
(v. 1). Questo primo versetto introduce la parabola, offrendo il contesto e la
motivazione da cui nasce. Ne spiega il senso e ne offre la chiave di lettura.
La tematica della preghiera è tra le più rimarcate da Luca sia nel Vangelo sia
nel libro degli Atti.
L’evangelista continuamente coglie l’occasione per riaffermare quanto sia
importante pregare; descrive i suoi personaggi in atteggiamento di preghiera.
Anche con questo versetto introduttivo, pone in rilievo il fatto che Gesù non
dice semplicemente di dover pregare, ma afferma che la preghiera deve essere
perseverante, costante, senza interruzioni, senza perdite di slancio, senza
stanchezza o indolenza.
Inoltre sostiene che l’orazione costante non è facoltativa, ma necessaria, anzi
fondamentale e indispensabile perché sia efficacemente esaudita. Se essa si
riduce a una recita stereotipata di formule, non può essere praticata
stabilmente, ma se esprime la comunione e l’amicizia con Dio, con cuore aperto e
fiducioso, allora può essere protratta senza affievolire né interrompere il
legame amoroso con il Padre celeste.
LE DUE PARABOLE SUL TEMA
Per ribadire la necessità di pregare senza sospensioni Gesù espone due parabole:
questa e quella dell’amico importuno (Lc 11,5-8). In effetti può essere facile
attenuare la comunione con Di, o, poiché l’uomo è propenso a stancarsi e a
perdere il gusto della preghiera. Possono sorgere dubbi se Dio sia pronto
all’ascolto e all’esaudimento; quanto debba durare la richiesta o quanto tempo
occorra aspettare per ottenere la grazia. L’orante pecca sovente di impazienza
perché vorrebbe avere tutto e subito.
A CHI PARLA GESU’?
Non va dimenticato che la parabola è rivolta «a
loro»,
cioè ai discepoli, non è diretta ai lontani, a coloro che non pregano o non
hanno mai gustato la bellezza della preghiera, perché non credono in Dio. Essa è
indirizzata ai seguaci del Signore, disseminati in tutti i tempi e posti nelle
situazioni concrete dell’umana esistenza. Ovunque e sempre la preghiera non deve
mancare; ne va di mezzo la fede.
I DUE SOGGETTI
A CONFRONTO
Nella parabola Gesù presenta due personaggi che vivono nella medesima città e
che possono avere occasioni di incontrarsi poiché non sono lontani uno
dall’altro.
IL GIUDICE
Al v. 2 appare per prima la figura del giudice. «In
una città viveva un giudice
». Egli svolge una professione ad alto livello sociale e civile, con gravi
responsabilità morali. Viene ritratto nel suo rapporto con Dio e con gli uomini.
Quanto al primo riferimento: «Non
temeva Dio»,
precisa Gesù, nel senso che non ha alcun rispetto verso Dio, non ha fede, non è
un uomo religioso, non prende in considerazione il fatto che un giorno dovrà
rendere conto al giudice supremo del suo operato, lui che sulla terra esercita
una attività giudiziaria.
Per quanto riguarda il secondo riferimento, verso il prossimo, la parabola
aggiunge: «…né
aveva riguardo per alcuno»,
non bada neppure agli uomini, non si interessa di loro, non pensa al bene di
nessuno, è un egoista. Non cerca né la giustizia divina né quella umana. É
quanto di più negativo si possa dire di un giudice.
LA VEDOVA
Con il versetto successivo (v. 3) viene introdotto sulla scena il secondo
soggetto: «
In quella città c’era anche una vedova
». Essa appartiene alla categoria di coloro che sono ritenuti deboli dal punto
di vista sociale e poveri a livello economico. Nella Bibbia la vedova, insieme
all’orfano e allo straniero, costituisce il simbolo della persona fragile,
indifesa, indigente, disattesa o maltrattata da tutti.
Proprio a causa della sua debolezza, viene maltrattata da un avversario. Non ha
chi la difenda. L’unico appiglio, in cui può sperare per essere liberata
dall’oltraggio subìto, sta nell’intervento autoritario di una persona superiore,
in particolare del giudice. Costui le può fare veramente giustizia: «
andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”
». Questo solo chiede la donna: di essere liberata dal sopruso di un avversario.
Ella desidera che le sia praticata l’equità e che possa vivere tranquilla,
risarcita del danno secondo i decreti legislativi.
IL GIUDICE NON ASCOLTA
NESSUNO
Con i vv. 4-5 la parabola torna a puntare lo sguardo sul giudice, in modo
particolare si sofferma a descrivere il suo cambiamento interiore di fronte a
quella donna. «
Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio
e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le
farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”».
In un primo momento non dà retta alle istanze della vedova, non le presta
attenzione e non vuole adoperarsi a suo favore. Gesù afferma che «
Per un po’ di tempo egli non volle
» farle giustizia. La persona e la situazione sociale della vedova lo lasciano
completamente indifferente. Si tratta di una poveraccia e non se ne ricava alcun
vantaggio. Se fosse stata una benestante, il magistrato probabilmente avrebbe
usato tutta la perizia legale per darle il suo appoggio.
MA CAMBIA
ATTEGGIAMENTO
In un secondo momento muta il suo atteggiamento e decide di far giustizia alla
vedova. Accoglie la sua richiesta e le fa avere quanto le spetta: «
ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato
che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga
continuamente a importunarmi”
».
Come mai questo cambiamento? Si può pensare che sia
stato mosso a pietà per quella povera oppure che la coscienza del dovere si sia
risvegliata in lui. Niente di tutto ciò. La parabola rivela lo stato d’animo di
quell’uomo, esponendo il discorso che egli fa con se stesso, nella propria
interiorità, da cui si riscontra il motivo del cambiamento.
Egli
ribadisce di non temere Dio; la sua intenzione perciò non è quella di
convertirsi. Non è la paura del giudizio divino che lo muove a intervenire a
favore della donna. Riafferma inoltre di non prendersi cura degli uomini; mostra
così di non aver pietà di nessuno, neanche di quella vedova. Non è sorto nel suo
animo un pizzico d’amore. Non è dunque neanche la commozione o la preoccupazione
per il bene altrui a scuoterlo per soccorrere la poveretta.
Quale allora la motivazione? Bisogna riconoscere che
lo fa solo per egoismo. Egli vuole sbarazzarsi del fastidio ed evitare ulteriori
seccature. La donna è sempre lì, a importunarlo con la sua richiesta assillante.
Alla fine risulta veramente molesta, come una
mosca che gli ronzasse attorno. Sembra che si sia stancato di costei e voglia
farla finita, assecondandola. Così avrà termine questo stillicidio e la donna
non verrà più a importunarlo.
LE PEGGIORI INTENZIONI
VENGONO
SCARDINATE
La parabola a questo punto si conclude. Il racconto si è trattenuto maggiormente
a illustrare la figura del giudice che non della vedova, insistendo a
tratteggiarne qualità talmente negative, che non si potrebbero immaginare di
peggiori. Ne risulta una figura di magistrato che appare come l’emblema della
massima ingiustizia umana.
Eppure la preghiera insistente e petulante della vedova riesce a piegare e a
mutare un siffatto atteggiamento. Lo costringe a svolgere adeguatamente il ruolo
di giudice, lui che di giustizia non vuole saperne; lo spinge a occuparsi di
lei, proprio lui che per principio non si prende cura di nessuno.
La preghiera ostinata ha la capacità di conseguire
simili prodigi. La conclusione si impone da sé:
la preghiera
può ottenere tutto.
LA GIUSTIZIA
I vv. 6-8 formano un commento alla parabola. Gesù invita a considerare le parole
che il giudice pronuncia dentro di sé: «
E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non
farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li
farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente.
».
Poteva sembrare più logico e consequenziale che fosse sottolineata soprattutto
l’insistenza della donna, la sua incessante preghiera. Invece Gesù esorta a
fermare l’attenzione sul giudice, per poi elevare il pensiero a Dio. In effetti
l’atteggiamento del giudice viene interpretato direttamente in riferimento a
Dio: se un giudice, estremamente disonesto, si decide a fare giustizia alla
vedova, a maggior ragione Dio, sommamente giusto, buono e amante degli uomini,
attuerà la giustizia per i suoi eletti.
LA SOLLECITA GIUSTIZIA DIVINA
Gesù ha mostrato spesso il volto di Dio come Padre, non come un giudice
disonesto, indifferente alle vicende umane. In una parabola simile alla
presente, quella dell’amico importuno, insiste sulla necessità di implorare Dio
Padre per ottenere i suoi favori: «
Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto
più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo
chiedono!
» (11,13).
Gesù porta l’esempio del giudice disonesto non per assimilarlo a Dio, ma per
sollecitare la fede di chi prega. Quando questa si affievolisce e viene meno,
facilmente l’uomo cade nell’errore di considerare Dio come un essere che non si
prende cura degli uomini, lontano dalle loro debolezze, incomprensibile nei suoi
disegni, proprio come il giudice della parabola.
D’altra parte l’esistenza umana, con i suoi drammi, le sue assurdità, le sue
ingiustizie, sembra simile alla posizione di questa vedova, che chiede giustizia
a colui che gliela potrebbe procurare, ma che tarda nell’esaudirla. Se alle
volte Dio non risponde immediatamente all’implorazione dei credenti e può
apparire come il magistrato, l’orante non deve demordere nell’insistenza a
pregare, né stancarsi di chiedere, anzi deve proseguire ininterrottamente e
fiduciosamente. Allora otterrà i risultati desiderati (...o i risultati che Dio
ritiene più opportuni per me, in questa specifica fase della mia vita…).
«
E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso
di lui?
», domanda Gesù. Egli parla di eletti, al plurale, con probabile riferimento a
una comunità cristiana che vive nella sofferenza, bisognosa di salvezza e
redenzione. Inoltre Gesù annota che la preghiera va fatta «giorno
e notte»,
cioè senza intervalli né sospensioni, senza soste, diversamente dall’andamento
del corpo che richiede momenti di riposo e di rilassamento. Essa diventa «grido»,
che sgorga dall’intimo di chi soffre e geme.
DIO ASCOLTO’ IL LORO LAMENTO
Vengono in mente i molti salmi di supplica presenti nel Salterio, come il brano
del libro dell’Esodo: «
Gli israeliti gemettero per la loro schiavitù, alzarono grida di lamento e il
loro grido dalla schiavitù salì a Dio. Dio ascoltò il loro lamento, Dio si
ricordò della sua alleanza con Abramo, Isacco e Giacobbe. Dio guardò la
condizione degli israeliti, Dio se ne diede pensiero
» (Es 2,23-25).
Alla domanda posta più per sollecitare l’attenzione
degli uditori che non per un vero dubbio o per ignoranza,
( «
E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso
di lui?
» ) è sempre Gesù a rispondere: «Io
vi dico che farà loro giustizia prontamente».
Parola solenne, ferma, con cui egli dimostra di essere assolutamente sicuro
dell’aiuto di Dio, giacché per lui la potenza e l’amore di Dio sono realtà
indiscutibili. Dio non può non esaudire coloro che lo invocano. Questi
tuttavia non hanno il diritto di prescrivergli come e quando deve assecondarli.
Una cosa sola resta certa:
Dio farà giustizia e porterà salvezza.
TROVERA’ LA FEDE SULLA TERRA?
Gesù pone alla fine un’altra domanda, questa volta non in modo formale, ma con
tutta la drammaticità e l’intensità del suo animo. A prima vista sembra fuori
luogo o non strettamente collegata a quanto egli ha affermato in antecedenza. Ma
se si guarda bene, essa tocca un aspetto essenziale della preghiera e pertanto
rientra nell’argomento trattato. La novità sta nel fatto che la domanda non
riguarda più Dio e il suo agire, ma l’atteggiamento di chi prega.
Mentre all’interrogazione precedente segue la risposta, a questa seconda, no.
Rimane sospesa, perché concerne la libertà e la disponibilità dell’uomo. «
Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?
». Ciò fa intendere che, laddove considera la generosità e la fedeltà di Dio,
Gesù non ha dubbi, sa con certezza che il Padre va incontro ai figli, mentre
quando pensa all’uomo, resta attonito e perplesso, conoscendo l’instabilità e
l’incoerenza del cuore umano.
Riportando l’interrogativo di Gesù, l’intenzione di Luca è quella di far vedere
che l’insistenza sulla preghiera non è intesa tanto in senso generico, quanto
più particolarmente in riferimento all’attesa del ritorno escatologico del
Signore. Nella grande apocalisse lucana, cioè nel discorso escatologico a
Gerusalemme, Gesù dichiara: «
Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto
ciò che sta per accadere e di comparire davanti al Figlio dell’uomo
»
(21,36).
Dalla PREGHIERA alla FEDE oppure dalla FEDE alla PREGHIERA ?
Da quest’ultima domanda si capisce che risulta
fondamentale il rapporto tra preghiera insistente e fede. Se è vero che la
preghiera vivifica la fede, è anche vero che la fede provoca e alimenta la
preghiera. Se la preghiera cade, la fede si smorza e viene meno; al contrario,
se la fede è forte e vibrante, la preghiera nasce e si accresce. Da qui
l’interrogativo di Gesù come se sapesse quanto questo connubio tra preghiera e
fede sia difficile da mantenere da parte dell’uomo. L’elemento d’incertezza non
proviene da Dio, ma propriamente dagli uomini. La potenza e l’amore di Dio sono
assolutamente degni di fiducia. Meno sicura appare la capacità degli uomini di
conservare in tutte le prove la fede in Dio Padre. La domanda di Gesù diventa
quindi un invito a sperare che per mezzo della fede, alimentata dalla preghiera
continua, la comunità cristiana resti unita a Dio e non
diffidi
in alcun modo del suo aiuto e del suo intervento salvifico, non solo per le
necessità quotidiane, ma soprattutto per la conquista ultima del suo regno di
vita e di beatitudine.
La tua via, o Dio, è sempre in discesa, non perché sia facile, ma perché sempre così in basso vieni a cercarmi per donarmi qualche dolcezza,
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ma soprattutto per dirmi che il Cielo è dalla mia parte: solo così possiamo guardarlo, solo così possiamo guardarti.
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CONTEMPLATIO
Avverto il bisogno di guardare solo a Gesù, di lasciarmi raggiungere dal suo
mistero, di riposare in lui, di accogliere il suo amore per noi. È l’intuizione
del regno di Dio dentro di me, la certezza di aver toccato Gesù. È Gesù che ci
precede, ci accompagna, ci è vicino, Gesù solo! Contempliamo in silenzio questo
mistero: Dio si fa vicino ad ogni uomo!
Per Cristo, con Cristo e in Cristo a te, Dio Padre
Onnipotente,
nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria per tutti
i secoli dei secoli.
Amen
Concludo il momento di lectio recitando con calma la preghiera insegnataci da
Gesù: Padre Nostro...
Arrivederci!
(tratto
da Lectio sul Vangelo di Luca proposte in parrocchia)
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