Venero la Parola di Dio, l’Icona ed il Crocifisso. Traccio sulla mia persona il Segno della mia fede, il Segno della Croce, mi metto alla presenza del Signore che vuole parlarmi.
Mi fermo per un attimo.
Accolgo la luce dello Spirio dentro di me,
affinché possa andare incontro alla mia giornata
vestito di semplicità e di grazia.
(da “Apri il Cuore – Preghiere”
Romena) |
Veni, Sancte Spiritus, Veni, per Mariam.
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SCEGLIERE DI RISPONDERE.
Continuiamo a pregare seguendo alcune lectio liberamente tratte da riflessioni
di don Giuseppe Pulcinelli, sacerdote della Chiesa di Roma.
Buona meditazione e buona preghiera.
LECTIO Apro
la Parola di Dio e leggo in piedi i brani che mi vengono proposti.
(Lc 1,26-38)
26Al
sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea,
chiamata Nazaret,
27a
una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe.
La vergine si chiamava Maria.
28Entrando
da lei, disse: «Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te».
29A
queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto
come questo.
30L’angelo
le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio.
31Ed
ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù.
32Sarà
grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono
di Davide suo padre
33e
regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
34Allora
Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?».
35Le
rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza
dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo
e sarà chiamato Figlio di Dio.
36Ed
ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un
figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile:
37nulla
è impossibile a Dio».
38Allora
Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola».
E l’angelo si allontanò da lei.
(Lc1,39-49)
39In
quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una
città di Giuda.
40Entrata
nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta.
41Appena
Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo.
Elisabetta fu colmata di Spirito Santo
42ed
esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo
grembo!
43A
che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me?
44Ecco,
appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia
nel mio grembo.
45E
beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
46Allora
Maria disse:
«L’anima mia magnifica il Signore
47e
il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
48perché
ha guardato l’umiltà della sua serva. D’ora in poi tutte le generazioni mi
chiameranno beata.
49Grandi
cose ha fatto per me l’Onnipotente e Santo è il suo nome».
(Lc 2,22-39)
22
Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – 23come è scritto nella legge del Signore: Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore – 24e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.
25Ora
a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la
consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui.
26Lo
Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima
aver veduto il Cristo del Signore.
27Mosso
dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino
Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo,
28anch’egli
lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:
29«Ora
puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola,
30perché
i miei occhi hanno visto la tua salvezza,
31preparata
da te davanti a tutti i popoli:
32luce
per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele».
33Il
padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui.
34Simeone
li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la
risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione
35–
e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri
di molti cuori».
36C’era
anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuele, della tribù di Aser. Era molto
avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio,
37era
poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal
tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere.
38Sopraggiunta
in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti
aspettavano la redenzione di Gerusalemme.
39Quando
ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in
Galilea, alla loro città di Nazaret.
(Lc 2,41-51)
41I
suoi genitori si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua.
42Quando
egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa.
43Ma,
trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù
rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero.
44Credendo
che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio e poi si misero a
cercarlo tra i parenti e i conoscenti;
45non
avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme.
46Dopo
tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li
ascoltava e li interrogava.
47E
tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le
sue risposte.
48Al
vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto
questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo».
49Ed
egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi
delle cose del Padre mio?».
50Ma
essi non compresero ciò che aveva detto loro.
51Scese
dunque con loro e venne a Nazaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva
tutte queste cose nel suo cuore.
(Lc 8,19-21)
19E
andarono da lui la madre e i suoi fratelli, ma non potevano avvicinarlo a causa
della folla.
20Gli
fecero sapere: «Tua madre e i tuoi fratelli stanno fuori e desiderano vederti».
21Ma
egli rispose loro: «Mia madre e miei fratelli sono questi: coloro che ascoltano
la parola di Dio e la mettono in pratica».
(Lc 11,27-28)
27Mentre
diceva questo, una donna dalla folla alzò la voce e gli disse: «Beato il grembo
che ti ha portato e il seno che ti ha allattato!».
28Ma
egli disse: «Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la
osservano!».
(Gv 2,1-12)
1Il
terzo giorno vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di
Gesù.
2Fu
invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli.
3Venuto
a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino».
4E
Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora».
5Sua
madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».
6Vi
erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei,
contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri.
7E
Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo.
8Disse
loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed
essi gliene portarono.
9Come
ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il
quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso
l’acqua – chiamò lo sposo
10e
gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già
bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono
finora».
11Questo,
a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua
gloria e i suoi discepoli credettero in lui.
12Dopo
questo fatto scese a Cafarnao, insieme a sua madre, ai suoi fratelli e ai suoi
discepoli. Là rimasero pochi giorni.
(Gv 19,25-27)
25Stavano
presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di
Cleopa e Maria di Magdala.
26Gesù
allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla
madre: «Donna, ecco tuo figlio!».
27Poi
disse al discepolo: «Ecco tua madre!». E da quell’ora il discepolo l’accolse con
sé.
MEDITATIO
Seduto, rileggo la Parola per più volte, lentamente.
Anche la lettura della Parola di Dio è preghiera. Siamo entrati in quella zona
più sacra e più lunga del nostro Ritiro On Line:
il grande
silenzio ! Il protagonista è lo Spirito
Santo.
Il
modo migliore per assaporare un brano delle Scritture è accoglierlo in noi
come un cibo nutriente per il nostro spirito, è avere la certezza che sia
Dio a volerci parlare per farci entrare nelle dimensioni del suo disegno di
amore e di salvezza. Se ascoltiamo attentamente la Parola potremo entrare in
un rapporto vivo con il Padre, per lasciarci plasmare dal suo stesso
"cuore".
«LA VOCAZIONE DI MARIA, MADRE DI GESU’ E DEL DISCEPOLO»
Maria, donna dell'ascolto, diviene
modello di ogni discepolo
La vocazione di Gesù è stata
resa possibile dalla
vocazione e dal «sì» di un'altra libertà umana, dal
fiat
di una
donna, Maria;
per cui
il disegno
divino ha voluto
che il
compiersi della
vocazione di
Gesù, almeno cronologicamente
nel suo
attuarsi storico, fosse
preceduto dalla
chiamata e
dalla risposta
positiva di una madre terrena.
La madre di Gesù ha una presenza rilevante nel Nuovo Testamento, anche se
concentrata in alcuni scritti;
escluso Gesù, è il secondo personaggio più citato dopo Simon
Pietro.
E’ importante che Maria sia stata
menzionata
nei momenti cruciali della storia salvifica
inaugurata dal Figlio.
Cronologicamente il primo ad
accennare a lei è Paolo,
poi troviamo
la consistente testimonianza
dei vangeli sinottici, la menzione negli Atti degli Apostoli, quindi la sua
presenza nella
tradizione
giovannea.
La sua
rilevanza
in
questi scritti, che vanno dalla metà
sino alla fine del I
sec. d.C.,
mostra come
la chiesa
nascente abbia
progressivamente preso coscienza dell'importanza del ruolo della madre, in
ordine agli eventi salvifici
incentrati sul
Figlio. Proprio
alla luce
del mistero pasquale, l'intravedere l'origine divina del Figlio
risuscitato dal Padre celeste ha spinto la chiesa nascente a interrogarsi sulla
sua origine umana, a partire dalla madre
terrena.
Questo processo
della fede basata sull'ascolto è pienamente riscontrabile in ciò che i
vangeli, specialmente Luca
e per
certi versi
anche Giovanni, ci trasmettono dell'atteggiamento della
madre di
Gesù di
fronte agli
avvenimenti che la toccavano e
che erano strettamente intrecciati con la vita e il destino del
Figlio.
Di questo brano mettiamo in evidenza soltanto
alcuni elementi attinenti al tema della chiamata da parte di Dio e della
risposta di fede da parte di Maria.
Della vergine di Nazaret sappiamo che è una
figlia del suo popolo con il
quale condivide
la vita di fede e di preghiera e che, come gli altri ebrei, conosce la
speranza messianica contenuta nelle Scritture.
Il saluto iniziale con il quale il messaggero
di
Dio
le
si
rivolge
(«Rallegrati,
piena
di
grazia,
il Signore è con te»:
Lc1,28) riecheggia gli annunci di
salvezza e gli inviti all'esultanza rivolti da
Dio
attraverso
i
profeti
alla
figlia
di
Sion,
cioè
Gerusalemme:
«Rallegrati,
figlia
di
Sion, grida
di
gioia,
Israele, esulta e acclama con tutto il cuore,
figlia di Gerusalemme... Il Signore,
tuo Dio,
in mezzo a
te è un salvatore potente»
(Sofonia 3,14.17). Quindi
Maria viene presentata come figlia di Sion, la comunità santa di Israele,
che attende la realizzazione
della promessa di liberazione da
parte del Signore.
La seconda parola del saluto è l'appellativo
personale «piena
di grazia»,
un
nome nuovo, dalla semantica ricca di implicazioni teologiche:
si tratta infatti della grazia, cioè della
benevolenza, dell'amore preveniente e
libero di Dio, che trasforma Maria
rendendola favorita-amata
in vista della missione da compiere a
favore di tutto il popolo, quale
madre del Messia davidico e Figlio
di Dio. Tale missione è presentata
poi al v. 31 con i tre verbi
di cui ella è soggetto:
concepirai
/
partorirai
/
chiamerai.
La terza parte del saluto («Il
Signore è
con te»
) è assicurazione della presenza proteggente e provvidente del Dio
dell'alleanza, per cui anche la missione più gravosa risulta possibile.
Di fronte
a quelle parole
inattese e
sconcertanti, la
prima reazione
di Maria, senza
ancora dire
nulla, è
quella del grande turbamento e della riflessione interrogativa
(«Fu
molto turbata e si domandava...»).
Maria rimane turbata
per
il
mistero
che le
si è
fatto vicino e cerca di
comprendere il senso delle parole che ha udito. Perciò il messaggero divino,
dopo averla
rincuorata
(«Non
temere, Maria
»),
le rivela la
missione per
cui è
stata scelta:
divenire la madre del
Messia.
Maria non mette
in dubbio
la verità
delle parole
che ha
ascoltato, né
chiede delle
prove.
La
sua
domanda riguarda
invece la
modalità della
realizzazione di
questo annuncio: desidera soltanto comprendere meglio in che modo potrà
contribuire a realizzare la parola di
Dio. Nella
strategia narrativa
di Luca
la domanda
di Maria serve a introdurre l'apice della rivelazione riguardante Gesù,
la sua speciale origine divina: lo Spirito che discende sulla madre vergine indica
che il bambino nascerà senza intervento di un uomo,
per opera
esclusiva di
Dio, come
una nuova
creazione:
«Perciò
colui che
nascerà sarà
santo e sarà
chiamato Figlio
di Dio»
(Lc1,35). Dopo
avere menzionato il segno
costituito da un'altra maternità straordinaria che sta per realizzarsi (Lc1,36),
l'ultima frase del messaggero divino («Nulla
è impossibile a Dio»)
evoca il
patriarca Abramo
(Gn18,14), la figura cioè
del progenitore per eccellenza, grazie
alla cui fede ha origine il popolo di Israele, e
nella cui discendenza sarebbero
state benedette
tutte le stirpi della terra
(Gn12,1-3).
Possiamo dire che dopo
aver soppesato
le parole
ascoltate, Maria si interroga
e interroga il messaggero divino, entrando
in dialogo
con lui,
per cercare
di
comprendere anche con la ragione
(perciò non si tratta affatto
di un
atteggiamento passivo!).
E finalmente risponde con
piena disponibilità e generosità, dichiarandosi pronta ad assumere
responsabilmente, in atteggiamento di fede e obbedienza, il servizio cui
Dio l'ha chiamata, come la serva
di
Yhwh:
«Ecco
la
serva
del
Signore,
avvenga
per me secondo
la tua
parola»
(Lc1,38).
La
risposta di Maria, anche nella sua
formulazione, esprime disponibilità, adesione, obbedienza piena al piano di Dio,
in un modo che ha pochi paragoni nella Scrittura.
Con la
risposta di
fede di
un uomo
senza discendenza, e segnato dagli anni, era iniziata la storia della
benedizione e della salvezza
(Genesi 12,1; 15,6); con l'atto di
fede di Maria questa storia raggiunge
la sua pienezza. Ella è figlia
di
Abramo non solo in quanto sua discendente nella carne, ma soprattutto perché ha
creduto, come il patriarca, e in un certo senso più di lui, che Dio è capace di
realizzare quanto ha promesso.
Ella
rimarrà
salda nella fede anche in tutte le prove che poi sarebbe stata chiamata ad
affrontare
.
Le
parole che
vengono rivolte
a Maria
costituiscono, inoltre, una testimonianza rilevante dell'apprezzamento,
quasi di una forma incipiente di venerazione, da parte della chiesa
nascente a
cui appartiene l'evangelista, verso colei che, con espressioni di stupore
e onore, viene chiamata «la
madre del mio Signore»,
il titolo mariologico più importante nel Nuovo Testamento. Infatti,
subito dopo
nel canto
del
Magnificat
(Lc1,46-55)
viene predetto che tale
beatitudine esemplare
di Maria,
posta come
modello del
discepolo che è beato in quanto crede, le verrà riconosciuta da «tutte
le generazioni»
(Lc1,48). In esso trovano
espressione i
sentimenti di
gioia, di
lode e
di riconoscenza di fronte al
dono della vocazione, insieme
allo stupore
per il
modo in
cui Dio
agisce nella storia:
«Allora
Maria disse:
"L'anima mia
magnifica
il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato
l'umiltà della sua serva. D'ora
in poi
tutte le
generazioni mi
chiameranno beata. Grandi cose ha fatto
per me l'Onnipotente e Santo
è il suo nome»
(Lc1,46-49).
«Maria custodiva nel suo cuore, meditandole, tutte queste parole»
Dopo la
scena dell'annuncio-vocazione,
l'evangelista Luca
continua a
tratteggiare l'atteggiamento
di fede meditativa della madre di Gesù e, implicitamente, la propone come
modello di ogni discepolo che progredisce nel cammino di fede e di
comprensione del
mistero cristiano.
Ci troviamo
al termine
dell'episodio della
visita dei
pastori che trovano Maria, Giuseppe e il
bambino come era stato loro annunciato (Lc2,15-20). Il primo
verbo che in quella frase esprime la reazione di
Maria («custodiva»)
significa registrare,
conservare nella
memoria; in
questo caso,
le cose
viste e udite
riguardo alla
nascita di
Gesù e
ai suoi
effetti nelle persone; non si tratta di
un ricordare, magari in modo malinconico, un tempo ormai passato, ma di
un tener vivo qualcosa che è entrato a far parte del contenuto stesso della
fede. Il secondo verbo («meditandole»)
mette in luce la capacità che ha Maria, modello dei credenti, di ponderare
mettendo a confronto, indica cioè il modo giusto di recepire e interpretare gli
accadimenti. In questo caso si tratta di interpretare le
parole-
evento
di cui è stata fatta partecipe, discernendo il loro senso autentico, non
mediante una
speculazione intellettuale,
ma con l'affetto e l'intelligenza del cuore. È questa la dinamica caratteristica
di una fede che progredisce nella comprensione della rivelazione
divina attraverso la
custodia e la meditazione delle parole-evento
in cui essa si manifesta.
Un'altra di queste, dove viene ulteriormente profetizzata
la vocazione
di Maria
in stretta
con nessione con quella del
Figlio, è contenuta nell'episodio della presentazione al tempio (Lc2,22-39):
«Simeone
li benedisse
e a
Maria, sua
madre, disse: "Ecco, egli è
qui per la caduta e la risurrezione di molti
in Israele
e come
segno di
contraddizione e anche
a te
una spada
trafiggerà l'anima
, affinché siano
svelati i
pensieri di
molti cuori"»
(Lc2,34-35).
Custodire nel proprio cuore
Luca
presenta una
seconda volta
Maria nel
suo atteggiamento meditativo di credente esemplare, che
conserva la
feconda memoria
degli eventi
che scandiscono l'esistenza
di Gesù,
al termine
di uno dei racconti più
sconcertanti per il lettore: quello
del ritrovamento di Gesù dodicenne nel tempio tra i dottori (Lc2,41-50). È
sconcertante soprattutto perché sembra mettere in dubbio l'elemento edificante
del rapporto
di Gesù
con i
suoi genitori,
in particolare proprio con Maria, di cui finora
Luca
non ha mancato occasione di elogiare la fede e la totale disponibilità alla
parola di Dio. Dal punto di vista di
Maria e di Giuseppe, infatti,
ciò che Gesù ha fatto è
incomprensibile: essersi allontanato dal gruppo, da loro due, senza chiedere,
senza avvertire, sapendo che li
avrebbe gettati nell'angoscia («Figlio,
perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo
padre e io, angosciati, ti cercavamo!»:
Lc2,48). E Gesù pare non rispondere a tono; anzi, sembra
non rendersi conto del loro smarrimento e della loro angoscia, o peggio,
di non curarsene: «Perché
mi cercavate? Non
sapevate che
io devo
occuparmi delle cose del Padre
mio?»
(Lc2,49).
Nello sviluppo della narrazione lucana di questi primi due capitoli, a prevalere
non è la componente cronachistica ma quella teologica, in particolare la
professione di fede su Gesù; finora essa era pervenuta da parte dei vari
personaggi (angeli,
Elisabetta, pastori,
Simeone e
Anna), che rappresentano il
progredire della conoscenza del mistero cristiano da parte del lettore credente.
Ora la confessione dell'identità di Gesù viene presentata come proveniente da
lui stesso - ormai abbastanza adulto e intelligente da dialogare con i dottori -
mediante la prima parola che di lui ci viene
tramandata. La stranezza per certi versi scandalosa del suo modo di agire
e della replica alla domanda di Maria ha la funzione di mettere in evidenza ciò
che rappresenta a tutti gli effetti una nuova rivelazione riguardante la sua
identità, la sua appartenenza e la sua missione: egli ha un rapporto filiale
unico e prioritario con Dio, suo vero
Padre, al
quale obbedisce
e dal
quale si
lascia docilmente guidare in tutto; un rapporto che prevale su tutti gli
altri, anche su quello, comunque importante, che lo lega ai genitori
terreni.
La grandezza del mistero che tale rivelazione ha
lasciato intravedere viene sottolineata dal commento dell'evangelista
sull'effetto che essa produce su
Giuseppe e
Maria: «Ma
essi non
compresero ciò che aveva
detto loro»
(Lc2,50). Di
fatto l'annotazione
di segno
negativo si riallaccia agli
esiti sfavorevoli precedenti («senza
che i genitori se ne accorgessero»:
Lc2,43; «non
avendolo trovato»:
Lc2,45) e alla domanda perplessa
della madre
(v.
48), e
comporta senz'altro
una componente
di insufficienza
nella capacità di capire. Tuttavia essa non va affatto interpretata nel
senso di una incapacità assoluta, tantomeno di una resistenza o di una chiusura;
soprattutto alla
luce del
versetto successivo
(«Sua
madre custodiva tutte queste cose nel suo
cuore»:
Lc2,51). Va invece interpretata come attitudine a restare aperti al mistero,
quasi come un invito sottinteso a conservare e interiorizzare ciò che appare
troppo grande per essere capito e imparato senza un cammino di fede. La ricerca,
seppur faticosa, sarà tuttavia coronata da successo,
il mistero
con tutta
la sua
densità si
rivelerà a chi coltiva tale attitudine («Lo
cercarono»:
Lc2,44; «lo
trovarono»:
Lc2,46).
Maria dunque conserva e lascia maturare nel suo cuore anche la parola che ancora
deve essere pienamente compresa; così, accogliendo e approfondendo tutti gli
eventi e le parole connesse con il Figlio, attende la sua realizzazione
progredendo nella fede:
è questa
la prospettiva
dell'evangelista che
implicitamente propone
Maria come
modello di ogni credente.
«Beato il
grembo che
ti ha
portato e il
seno che
ti ha
allattato!»
Già qualche capitolo prima Luca aveva messo
l'accento sulla preminenza della nuova famiglia
di Gesù rispetto ai meri legami di sangue: «Mia
madre e i miei fratelli sono questi: coloro che ascoltano la parola di Dio e la
mettono in pratica»
(Lc8,21), ed è nella stessa ottica che va letta la beatitudine che troviamo
in Lc11,28, quale risposta
di Gesù all'esclamazione della donna anonima
tra la folla: «Beati
piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica»
. Una prima lettura di questi testi porterebbe
erroneamente a
concludere che si tratti di un ridimensionamento della figura della madre
di Gesù, ma non è così. La beatitudine, che ha
per oggetto la madre
naturale di Gesù, ha precedenti biblici e giudaici ed è tutto sommato
espressione di
un comune
sentimento di ammirato entusiasmo suscitato dal successo
di
un figlio, sentimento che si riverbera su colei che
l'ha generato.
Ebbene, Gesù non contraddice l'
affermazione
della donna, non rifiuta cioè le felicitazioni
che onorano lui e la madre per averlo generato, ma subito rettifica,
indicando la motivazione più profonda che origina la beatitudine, e che in tal
modo può estendersi immediatamente alla donna anonima e a tutti, al di là del
legame di sangue o del contatto
fisico: tutti coloro che ascoltano e
osservano la
parola di
Dio, cioè
vivono l'atteggiamento di
fede, sono beati, avendo accesso
a una vita che va al di là di quella naturale e familiare in senso stretto. Alla
luce dei testi lucani precedenti, Maria risulta certamente inclusa (e tra
i
primi!) nei destinatari della beatitudine,
in quanto era già emerso il suo ruolo come prototipo
del credente, cioè come colei che ascolta, accoglie e custodisce la parola di
Dio. Pertanto, nella prospettiva
dell'evangelista ella
non soltanto risulta
inclusa, ma
detiene senz'altro
la
preminenza in questo ruolo
discepolare grazie alla sua fede, più che nella maternità fisica.
Già si è compreso come Maria abbia compiuto un cammino vocazionale anche
faticoso nel quale la sua fede è stata messa alla prova in
diverse circostanze.
Nella narrazione contenuta nel vangelo di Giovanni,
dei fatti che vedono coinvolta Maria, a prevalere
è soprattutto
la componente
simbolico-teologica rispetto a quella più
prettamente storicobiografica
riscontrabile nella tradizione
sinottica.
La novità consiste essenzialmente nel fatto
che a
essere evidenziata nella madre di Gesù è
non più
soltanto la figura della credente
esemplare, ma
colei che, posta all'inizio e alla
fine dell'attività
pubblica
di Gesù,
ha un
ruolo attivo
nella vita
di fede dei discepoli.
Del primo brano che la riguarda,
quello delle
nozze di Cana (Gv2,1-12), ci
limitiamo a
far emergere alcuni elementi
particolarmente
significativi circa la vocazione
della madre di
Gesù. Nella scena ella
compare come
co-protagonista
insieme al
Figlio. Anzi,
nella narrazione
viene addirittura nominata
all'inizio prima di Gesù e dei
suoi
discepoli, e di nuovo verrà nominata
nell'epilogo, dopo Gesù e prima dei fratelli e dei discepoli. Inoltre viene
presentata non con il suo nome personale («Maria» non rìcorre mai nel quarto
vangelo), ma con l'appellativo «madre
di Gesù»
e, successivamente, con il titolo singolare di «donna»
(Gv2,4).
Nel contesto del banchetto di nozze, di fronte al
problema della mancanza del vino, ella prende l'iniziativa di informare Gesù,
ritenendo che egli possa fare qualcosa e, implicitamente, sollecitando un suo
intervento (Gv2,3). Dimostra così di
credere in
Gesù già
prima di
vedere il
«segno»
(che nel quarto vangelo indica il
miracolo).
La risposta di Gesù è di difficile interpretazione,
non tanto per il significato letterale da dare alla prima frase
(«Donna,
che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora»:
Gv2,4), soprattutto per l'asimmetria
e l'incongruenza tra una tale risposta e l'iniziativaesortazione
della madre
al versetto
successivo:
Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela»
(Gv2,5). In realtà in questo passo,
come poi si ripeterà più volte nei dialoghi tra Gesù e i suoi
interlocutori
del quarto vangelo (cfr. con Nicodemo sulla nuova nascita, con la Samaritana
sull'acqua della vita, con
i
giudei di Cafarnao sul pane della vita), si tratta di un invito a salire di
livello, un passaggio
impegnativo in cui l'interlocutore prova un certo
spiazzamento.
Ebbene, Maria non rimane bloccata di fronte alla risposta di Gesù che manifesta,
se non un aperto contrasto, almeno una
divergenza di
prospettiva, ma
accetta di
entrare nel nuovo punto di
vista suggerito proprio da quella dura risposta.
L'evangelista lascia emergere la grandezza d'animo e
l'atteggiamento di fede
della madre: ella non sa che cosa farà Gesù per
venire incontro a quella problematica, ma confida pienamente che il suo
intervento sarà senz'altro risolutore. Pertanto invita i servi a
fare altrettanto, cioè a
fidarsi completamente delle indicazioni che riceveranno da Gesù, a
prestargli ubbidienza in
tutto ciò che domanderà loro.
L'invito di Maria ai servi
suscita la loro piena disponibilità a
compiere la parola di
Gesù.·
L'atteggiamento credente di Maria che fiduciosamente si aspetta tutto da Dio, superando anche ciò che appare una circostanza sfavorevole, viene trasmesso ai servi, i quali eseguono alla lettera quanto viene loro comandato, anche se potrebbe apparire assurdo: dunque la madre di Gesù prefigura in modo esemplare l'atteggiamento di fede richiesto al discepolo, che nelle prove si rivolge fiducioso a Dio, lasciando a lui di intervenire come e quando riterrà di farlo. In più, già in questo brano ella viene presentata in qualche modo nel ruolo di mediatrice tra Gesù e i discepoli (i servi), in questo caso favorendo la loro attitudine credente.
Una nuova chiamata:
da madre di Gesù a madre del discepolo
Nella scena della madre di Gesù sotto la croce (Gv19,25-27) c'è la
consegna
finale di Gesù, in cui egli dona reciprocamente la madre al discepolo e questi
alla madre.
«Gesù
allora, vedendo
la madre
e accanto
a lei
il discepolo che egli amava,
disse alla madre: "Donna, ecco tuo figlio!" Poi disse al discepolo: “Ecco tua
madre!”»
(Gv19,26-27). Qui la fraseologia utilizzata
ha un chiaro tenore rivelativo-profetico («vedendo...
disse...
ecco»,
come quando il Battista vede venire
Gesù, o quando Gesù vede Natanaele). Per la madre di Gesù è come una nuova
chiamata, dal Figlio viene costituita infatti madre del discepolo e
implicitamente madre per tutti i discepoli:
una nuova
vocazione di
portata ecclesiale.
La
figura del
discepolo amato, senza
negare la concretezza della sua persona, nell'ottica giovannea ha soprattutto la
funzione di rappresentare il discepolo che rimane fedele (anche quando tutti
abbandonano Gesù), rappresentante
quindi di tutti i discepoli, quanti cioè hanno creduto in Cristo (la comunità
messianica). In questo senso il suo accogliere la madre di Gesù come propria
madre implica, oltre al riconoscere questo dono prezioso che gli viene fatto dal
Gesù morente, l'entrare nella nuova dimensione della
fratellanza
con Gesù e con tutti coloro che crederanno in lui. Anche qui come a Cana il
discepolo (là rappresentato dai
servi) esegue l'indicazione di Gesù: «Da
quell'ora il discepolo l’accolse con sé»
(Gv19,27).
La mediazione della madre di Gesù in favore della fede dei discepoli prefigurata
a Cana riceve ora per così dire l'investitura ufficiale: i due personaggi, a
partire dal loro rispettivo rapporto con Gesù,
ricevono una
nuova identità
basata sul
nuovo rapporto
reciproco.
Tra i tanti elementi teologici che emergono
da
questo brano, forse il più significativo è quello
mariano-ecclesiale: Maria sotto la
croce del Figlio diviene vera madre in senso spirituale per tutti i credenti in
Gesù, rappresentati dal discepolo amato
.
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ORATIO
Domando umilmente di poter essere coerente con le indicazioni emerse dalla
meditatio. Esprimo fede, speranza, amore. La preghiera si estende e diventa
preghiera per i propri amici, per la propria comunità, per la Chiesa, per tutti
gli uomini. La preghiera si può anche fare ruminando alcune frasi del brano
ripetendo per più volte la frase/i che mi hanno fatto meditare.
Come vorrei che oggi Tu, Maria,
percorressi le vie della mia città
“in fretta”.
Per portare in dono
la Tua presenza e quella di Gesù.
Perché la nostra vita è vuota,
e le giornate scorrono senza senso.
Abbiamo tanto bisogno di
una tua “visita”!
Nel suo duplice significato.
Visita di una persona cara,
che riempie di gioia,
perché ci si sente ricordati
e considerati.
E visita medica, da parte di qualcuno,
in grado di curare,
e, prima ancora, disposto a guardare la tua malattia. |
Riconoscerla, affrontarla
e porre rimedio.
Mica facile, oggi, trovare
chi perde tempo,
per fare una visita.
Vieni, Maria, a visitarci.
Esponi le nostre malattie a Gesù,
con semplicità.
Come facesti quando
“non avevano più vino”.
Insegnaci a presentarci
nello stesso modo.
Senza aspettare di essere presentabili.
Senza aver prima in tasca la soluzione.
Esponendo solo i problemi
e lasciando a Lui modo e tempo di cura.
(Stefania
Perna – “Strada facendo”) |
CONTEMPLATIO
Avverto il bisogno di guardare solo a Gesù, di lasciarmi raggiungere dal suo
mistero, di riposare in lui, di accogliere il suo amore per noi. È l’intuizione
del regno di Dio dentro di me, la certezza di aver toccato Gesù. È
Gesù che ci precede, ci accompagna, ci è vicino, Gesù solo! Contempliamo in
silenzio questo mistero: Dio si fa vicino ad ogni uomo!
Per Cristo, con Cristo e in Cristo a te, Dio Padre Onnipotente,
nell’unità dello Spirito Santo,
ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoli.
Amen
ACTIO
Mi impegno
a vivere un versetto di questi brani, quello che mi ha colpito di più.
Si compie concretamente un’azione che cambia il cuore e converte la vita. Ciò
che si è meditato diventa ora vita!
Prego con la Liturgia delle Ore, l’ora canonica del giorno adatta al momento.
Concludo il momento di lectio recitando con calma la preghiera insegnataci da
Gesù: Padre Nostro...
Arrivederci!
(spunti liberamente tratti da una lectio di don Giuseppe Pulcinelli, della
Chiesa di Roma)