RITIRO ON LINE                                                                                                   
maggio 2019

                                                                                                                                                                                                                                                

 

Venero la Parola di Dio, l’Icona ed il Crocifisso.   Traccio sulla mia persona il Segno della mia fede, il Segno della Croce, mi metto alla presenza del Signore che vuole parlarmi. 


Mi fermo per un attimo.

Accolgo la luce dello Spirio dentro di me,

affinché possa andare incontro alla mia giornata

vestito di semplicità e di grazia.

 

(da “Apri il Cuore – Preghiere”  Romena)

 

Veni, Sancte Spiritus, Veni, per Mariam.

 

 

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SCEGLIERE DI RISPONDERE.

 

Continuiamo a pregare seguendo alcune lectio liberamente tratte da riflessioni di don Giuseppe Pulcinelli, sacerdote della Chiesa di Roma.

Buona meditazione e buona preghiera.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LECTIO Apro la Parola di Dio e leggo in piedi i brani che mi vengono proposti.

 

(Lc 1,26-38)

26Al sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, 27a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. 28Entrando da lei, disse: «Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te».

29A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. 30L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. 31Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. 32Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre 33e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».

34Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». 35Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. 36Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: 37nulla è impossibile a Dio». 38Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.

 

(Lc1,39-49)

39In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. 40Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. 41Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo 42ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! 43A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? 44Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. 45E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».

46Allora Maria disse:

«L’anima mia magnifica il Signore 47e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, 48perché ha guardato l’umiltà della sua serva. D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. 49Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente e Santo è il suo nome».

 

(Lc 2,22-39)

22Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – 23come è scritto nella legge del Signore: Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore – 24e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.

25Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. 26Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. 27Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, 28anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:

29«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, 30perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, 31preparata da te davanti a tutti i popoli: 32luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele».

33Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. 34Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione 35– e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».

36C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuele, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, 37era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. 38Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.

39Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nazaret.

 

(Lc 2,41-51)

41I suoi genitori si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. 42Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. 43Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. 44Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; 45non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. 46Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. 47E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. 48Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». 49Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». 50Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro.

51Scese dunque con loro e venne a Nazaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore.

 

(Lc 8,19-21)

19E andarono da lui la madre e i suoi fratelli, ma non potevano avvicinarlo a causa della folla. 20Gli fecero sapere: «Tua madre e i tuoi fratelli stanno fuori e desiderano vederti». 21Ma egli rispose loro: «Mia madre e miei fratelli sono questi: coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica».

 

(Lc 11,27-28)

27Mentre diceva questo, una donna dalla folla alzò la voce e gli disse: «Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato!». 28Ma egli disse: «Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!».

 

(Gv 2,1-12)

1Il terzo giorno vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. 2Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. 3Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». 4E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». 5Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».

6Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. 7E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. 8Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono. 9Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo 10e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora».

11Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui. 12Dopo questo fatto scese a Cafarnao, insieme a sua madre, ai suoi fratelli e ai suoi discepoli. Là rimasero pochi giorni.

 

(Gv 19,25-27)

25Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Cleopa e Maria di Magdala. 26Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco tuo figlio!». 27Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre!». E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

MEDITATIO   Seduto, rileggo la Parola per più volte, lentamente. Anche la lettura della Parola di Dio è preghiera. Siamo entrati in quella zona più sacra e più lunga del nostro Ritiro On Line: il grande silenzio !  Il protagonista è lo Spirito Santo.

 Il modo migliore per assaporare un brano delle Scritture è accoglierlo in noi come un cibo nutriente per il nostro spirito, è avere la certezza che sia Dio a volerci parlare per farci entrare nelle dimensioni del suo disegno di amore e di salvezza. Se ascoltiamo attentamente la Parola potremo entrare in un rapporto vivo con il Padre, per lasciarci plasmare dal suo stesso "cuore".

 

 

«LA VOCAZIONE DI MARIA, MADRE DI GESU’ E DEL DISCEPOLO»

Maria, donna dell'ascolto, diviene modello di ogni discepolo

 

La vocazione di Gesù è stata resa possibile dalla vocazione e dal «sì» di un'altra libertà umana, dal fiat di una donna, Maria; per cui il disegno divino ha voluto che il compiersi della vocazione di Gesù, almeno cronologicamente nel suo attuarsi storico, fosse preceduto dalla chiamata e dalla risposta positiva di una madre terrena.

La madre di Gesù ha una presenza rilevante nel Nuovo Testamento, anche se concentrata in alcuni scritti; escluso Gesù, è il secondo personaggio più citato dopo Simon Pietro. E’ importante che Maria sia stata menzionata nei momenti cruciali della storia salvifica inaugurata dal Figlio.  Cronologicamente il primo ad accennare a lei è Paolo,   poi  troviamo  la consistente testimonianza dei vangeli sinottici, la menzione negli Atti degli Apostoli, quindi la sua presenza nella  tradizione  giovannea. La  sua  rilevanza  in questi scritti, che vanno dalla metà sino alla fine del I sec. d.C., mostra come la chiesa nascente abbia progressivamente preso coscienza dell'importanza del ruolo della madre, in ordine agli eventi salvifici incentrati sul Figlio. Proprio alla luce del mistero pasquale, l'intravedere l'origine divina del Figlio risuscitato dal Padre celeste ha spinto la chiesa nascente a interrogarsi sulla sua origine umana, a partire dalla madre terrena.

 

Maria, donna dell'ascolto

 La grandezza di Maria, si fonda sulla sua risposta di fede alla chiamata di diventare «madre del Signore», in particolare  su quell'aspetto  della fede costituito dalla capacità e dalla disponibilità all'ascolto. Dal vangelo di Luca, in particolare, emerge come ella sia davvero la donna dell'ascolto. Di fatto la vocazione del popolo d'Israele è quella di essere  il popolo  dell'ascolto:  «Se  darete ascolto  alla mia  voce e  custodirete la mia alleanza, voi sarete per me una  proprietà particolare  tra tutti i popoli» (Esodo 19,5); al centro della spiritualità del fedele israelita c'è lo shema' Yisrael ( <<Ascol.ta Israele»: Deuteronomio 6,4), e Gesù nella sua predicazione non mancherà di sottolinearlo, ma anche nel mettere in guardia da un ascolto soltanto superficiale e al quale non segue la messa in pratica (parabola del seme: Mc4,3-20; paragone della casa costruita sulla roccia o sulla sabbia: Mt7,24-27; Lc6,47-49).

Questo processo  della fede basata sull'ascolto è pienamente riscontrabile in ciò che i vangeli, specialmente Luca e per certi versi anche Giovanni, ci trasmettono dell'atteggiamento della madre di Gesù di fronte agli avvenimenti che la toccavano e che erano strettamente intrecciati con la vita e il destino del Figlio.

 

Maria ascolta, entra in dialogo e accoglie le parole dell'annuncio-vocazione

 Con  il  brano  dell'annunciazione  (Lc1,26-38) si entra nella versione lucana di quelli che sono stati chiamati i «vangeli dell'infanzia». In particolare, i primi due capitoli di Luca riflettono la consapevolezza che le comunità cristiane della seconda-terza  generazione  avevano  della straordinaria rilevanza del ruolo di Maria nella storia della salvezza.

Di questo brano mettiamo in evidenza soltanto alcuni elementi attinenti al tema della chiamata da parte di Dio e della risposta di fede da parte di Maria.

Della vergine di Nazaret sappiamo che è una figlia del suo popolo con il quale  condivide  la vita di fede e di preghiera e che, come gli altri ebrei, conosce la speranza messianica contenuta nelle Scritture.

Il saluto iniziale con il quale il messaggero  di  Dio  le  si rivolge  («Rallegrati, piena di grazia, il Signore è con te»: Lc1,28) riecheggia gli annunci di salvezza e gli inviti all'esultanza rivolti da Dio attraverso i profeti alla figlia di Sion, cioè Gerusalemme:  «Rallegrati, figlia di Sion, grida  di gioia, Israele, esulta e acclama con tutto il cuore, figlia di Gerusalemme... Il Signore,  tuo  Dio,  in  mezzo a   te è un salvatore potente» (Sofonia 3,14.17). Quindi Maria viene presentata come figlia di Sion, la comunità santa di Israele,  che  attende la realizzazione della promessa di liberazione da parte del Signore.

La seconda parola del saluto è l'appellativo personale «piena di grazia», un nome nuovo, dalla semantica ricca di implicazioni teologiche: si tratta infatti della grazia, cioè della benevolenza, dell'amore preveniente e libero di  Dio, che trasforma Maria rendendola favorita-amata in vista della missione da compiere a favore di tutto il popolo, quale madre del Messia davidico e Figlio di Dio. Tale missione è presentata  poi al v. 31 con i tre verbi di cui ella è soggetto: concepirai / partorirai / chiamerai.

La terza parte del saluto Il Signore  è  con te» ) è assicurazione della presenza proteggente e provvidente del Dio dell'alleanza, per cui anche la missione più gravosa risulta possibile.

Di fronte a quelle parole inattese e sconcertanti, la prima reazione di Maria, senza ancora dire nulla, è quella del grande turbamento e della riflessione interrogativa Fu molto turbata e si domandava...»). Maria rimane turbata per il mistero che le si è fatto vicino e cerca di comprendere il senso delle parole che ha udito. Perciò il messaggero divino, dopo averla rincuorata Non temere, Maria »), le rivela la missione per cui è stata scelta: divenire la madre del Messia.

Maria non mette in dubbio la verità delle parole che ha ascoltato, chiede delle prove. La sua domanda riguarda invece la modalità della realizzazione di questo annuncio: desidera soltanto comprendere meglio in che modo potrà contribuire a realizzare la parola di Dio. Nella strategia narrativa di Luca la domanda di Maria serve a introdurre l'apice della rivelazione riguardante Gesù, la sua speciale origine divina: lo Spirito che discende sulla madre vergine indica che il bambino nascerà senza intervento di un uomo, per opera esclusiva di Dio, come una nuova creazione: «Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio» (Lc1,35). Dopo avere menzionato il segno costituito da un'altra maternità straordinaria che sta per realizzarsi (Lc1,36), l'ultima frase del messaggero divino Nulla è impossibile a Dio») evoca il patriarca Abramo (Gn18,14), la figura cioè del progenitore per eccellenza, grazie alla cui fede ha origine il popolo di Israele, e nella cui discendenza  sarebbero state  benedette  tutte le stirpi della terra (Gn12,1-3).

Possiamo dire che dopo aver soppesato le parole ascoltate, Maria si interroga e interroga il messaggero divino, entrando in dialogo con lui, per cercare di comprendere anche con la ragione (perciò non si tratta affatto di un atteggiamento passivo!). E finalmente risponde con piena disponibilità e generosità, dichiarandosi pronta ad assumere responsabilmente, in atteggiamento di fede e obbedienza, il servizio cui  Dio l'ha chiamata, come la serva di Yhwh:  «Ecco la  serva  del  Signore,  avvenga per me secondo la tua parola» (Lc1,38).

La risposta di Maria, anche nella sua formulazione, esprime disponibilità, adesione, obbedienza piena al piano di Dio, in un modo che ha pochi paragoni nella Scrittura. Con la risposta di fede di un uomo senza discendenza, e segnato dagli anni, era iniziata la storia della benedizione e della salvezza  (Genesi 12,1; 15,6); con l'atto di fede di Maria questa storia raggiunge  la sua pienezza. Ella è figlia di Abramo non solo in quanto sua discendente nella carne, ma soprattutto perché ha creduto, come il patriarca, e in un certo senso più di lui, che Dio è capace di realizzare quanto ha promesso. Ella rimarrà salda nella fede anche in tutte le prove che poi sarebbe stata chiamata ad affrontare .

 

«Beata colei che ha creduto»: la beatitudine viene dal sì a Dio

 Che un intento primario dell'evangelista sia quello di esaltare la risposta di fede di Maria per proporla come modello del discepolo, è confermato dall'esclamazione che troviamo sulle labbra di Elisabetta nell'episodio della visitazione (Lc1,39-45). Dopo aver già rivolto a Maria parole di lode e di benedizione al momento dell'incontro, Elisabetta esclama: «Beata colei che ha creduto nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto» (Lc1,45). Il discorso di Elisabetta passa qui dalla seconda alla terza persona singolare, per indicare che tale beatitudine ricade su tutti coloro che,  avendo Maria come modello ideale,  accolgono la parola di Dio e la mettono in pratica. In questo sta la beatitudine di Maria, e in questo sta anche la beatitudine di ogni discepolo: credere che le parole dette dal Signore avranno un compimento, che le sue promesse non cadono mai nel vuoto.

Le parole che vengono rivolte a Maria costituiscono, inoltre, una testimonianza rilevante dell'apprezzamento, quasi di una forma incipiente di venerazione, da parte della chiesa  nascente  a  cui appartiene l'evangelista, verso colei che, con espressioni di stupore e onore, viene chiamata «la madre del mio Signore», il titolo mariologico più importante nel Nuovo Testamento. Infatti, subito dopo nel canto del Magnificat (Lc1,46-55)  viene predetto che  tale beatitudine esemplare di Maria, posta come modello del discepolo che è beato in quanto crede, le verrà riconosciuta da «tutte le generazioni» (Lc1,48). In esso trovano espressione i sentimenti di gioia, di lode e di riconoscenza di fronte al dono della vocazione, insieme allo stupore per il modo in cui Dio agisce nella storia: «Allora Maria disse: "L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l'umiltà della sua serva. D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto  per  me l'Onnipotente e Santo è il suo nome» (Lc1,46-49).

 

«Maria custodiva nel suo cuore, meditandole, tutte queste parole»

Dopo la scena dell'annuncio-vocazione, l'evangelista Luca continua a tratteggiare l'atteggiamento di fede meditativa della madre di Gesù e, implicitamente, la propone come modello di ogni discepolo che progredisce nel cammino di fede e di comprensione del mistero cristiano. Ci troviamo al termine dell'episodio della visita dei pastori che trovano Maria, Giuseppe e il bambino come era stato loro annunciato (Lc2,15-20). Il primo verbo che in quella frase esprime la reazione di Maria custodiva») significa registrare, conservare nella memoria; in questo caso, le cose viste e udite riguardo alla nascita di Gesù e ai suoi effetti nelle persone; non si tratta di un ricordare, magari in modo malinconico, un tempo ormai passato, ma di un tener vivo qualcosa che è entrato a far parte del contenuto stesso della fede. Il secondo verbo («meditandole») mette in luce la capacità che ha Maria, modello dei credenti, di ponderare mettendo a confronto, indica cioè il modo giusto di recepire e interpretare gli accadimenti. In questo caso si tratta di interpretare le parole- evento di cui è stata fatta partecipe, discernendo il loro senso autentico, non  mediante una  speculazione  intellettuale, ma con l'affetto e l'intelligenza del cuore. È questa la dinamica caratteristica di una fede che progredisce nella comprensione della rivelazione  divina  attraverso la custodia e la meditazione delle parole-evento in cui essa si manifesta.

Un'altra di queste, dove viene ulteriormente profetizzata la vocazione di Maria in stretta con nessione con quella del Figlio, è contenuta nell'episodio della presentazione al tempio (Lc2,22-39):

«Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: "Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione e anche a te una spada trafiggerà l'anima , affinché siano svelati i pensieri di molti cuori"» (Lc2,34-35).

 

Custodire nel proprio cuore

Luca presenta una seconda volta Maria nel suo atteggiamento meditativo di credente esemplare, che conserva la feconda memoria degli eventi che scandiscono l'esistenza di Gesù, al termine di uno dei racconti più sconcertanti per il lettore: quello del ritrovamento di Gesù dodicenne nel tempio tra i dottori (Lc2,41-50). È sconcertante soprattutto perché sembra mettere in dubbio l'elemento edificante del rapporto di Gesù con i suoi genitori, in particolare proprio con Maria, di cui finora Luca non ha mancato occasione di elogiare la fede e la totale disponibilità alla parola di Dio. Dal punto di vista di Maria e di Giuseppe,  infatti,  ciò che  Gesù ha fatto è incomprensibile: essersi allontanato dal gruppo, da loro due, senza chiedere, senza  avvertire, sapendo che li avrebbe gettati nell'angoscia Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo  padre e io, angosciati, ti cercavamo!»: Lc2,48). E Gesù pare non rispondere a tono; anzi, sembra  non rendersi conto del loro smarrimento e della loro angoscia, o peggio, di non curarsene: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?» (Lc2,49).

Nello sviluppo della narrazione lucana di questi primi due capitoli, a prevalere non è la componente cronachistica ma quella teologica, in particolare la professione di fede su Gesù; finora essa era pervenuta da parte dei vari personaggi (angeli, Elisabetta, pastori, Simeone e Anna), che rappresentano il progredire della conoscenza del mistero cristiano da parte del lettore credente. Ora la confessione dell'identità di Gesù viene presentata come proveniente da lui stesso - ormai abbastanza adulto e intelligente da dialogare con i dottori - mediante la prima parola che di lui ci viene tramandata. La stranezza per certi versi scandalosa del suo modo di agire e della replica alla domanda di Maria ha la funzione di mettere in evidenza ciò che rappresenta a tutti gli effetti una nuova rivelazione riguardante la sua identità, la sua appartenenza e la sua missione: egli ha un rapporto filiale unico e prioritario con Dio, suo vero Padre, al quale obbedisce e dal quale si lascia docilmente guidare in tutto; un rapporto che prevale su tutti gli altri, anche su quello, comunque importante, che lo lega ai genitori terreni.

La grandezza del mistero che tale rivelazione ha lasciato intravedere viene sottolineata dal commento dell'evangelista sull'effetto che essa produce su Giuseppe e Maria: «Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro» (Lc2,50). Di fatto l'annotazione di segno negativo si riallaccia agli esiti sfavorevoli precedenti senza che i genitori se ne accorgessero»: Lc2,43; «non avendolo trovato»: Lc2,45) e alla domanda perplessa della madre (v. 48), e comporta senz'altro una componente di insufficienza nella capacità di capire. Tuttavia essa non va affatto interpretata nel senso di una incapacità assoluta, tantomeno di una resistenza o di una chiusura; soprattutto alla luce del versetto successivo Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore»: Lc2,51). Va invece interpretata come attitudine a restare aperti al mistero, quasi come un invito sottinteso a conservare e interiorizzare ciò che appare troppo grande per essere capito e imparato senza un cammino di fede. La ricerca, seppur faticosa, sarà tuttavia coronata da successo, il mistero con tutta la sua densità si rivelerà a chi coltiva tale attitudine («Lo cercarono»: Lc2,44; «lo trovarono»: Lc2,46).

Maria dunque conserva e lascia maturare nel suo cuore anche la parola che ancora deve essere pienamente compresa; così, accogliendo e approfondendo tutti gli eventi e le parole connesse con il Figlio, attende la sua realizzazione progredendo nella fede: è questa la prospettiva dell'evangelista che implicitamente propone Maria come modello di ogni credente.

 

«Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato!»

Già qualche capitolo prima Luca aveva messo l'accento sulla preminenza della nuova famiglia di Gesù rispetto ai meri legami di sangue: «Mia madre e i miei fratelli sono questi: coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica» (Lc8,21), ed è nella stessa ottica che va letta la beatitudine che troviamo  in  Lc11,28, quale risposta di Gesù all'esclamazione della donna anonima  tra la folla: «Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica» . Una prima lettura di questi testi porterebbe  erroneamente  a   concludere che si tratti di un ridimensionamento della figura della madre di Gesù, ma non è così. La beatitudine, che ha  per  oggetto la madre naturale di Gesù, ha precedenti biblici e giudaici ed è tutto sommato  espressione  di  un  comune  sentimento di ammirato entusiasmo suscitato dal successo di un figlio, sentimento che si riverbera su colei che l'ha generato.

Ebbene, Gesù non contraddice l' affermazione della donna, non rifiuta cioè le felicitazioni che onorano lui e la madre per averlo generato, ma subito rettifica, indicando la motivazione più profonda che origina la beatitudine, e che in tal modo può estendersi immediatamente alla donna anonima e a tutti, al di là del legame di sangue o del contatto fisico: tutti coloro che ascoltano e osservano la parola di Dio, cioè vivono l'atteggiamento di fede, sono beati, avendo accesso a una vita che va al di là di quella naturale e familiare in senso stretto. Alla luce dei testi lucani precedenti, Maria risulta certamente inclusa (e tra i primi!) nei destinatari della beatitudine,  in quanto era già emerso il suo ruolo come prototipo del credente, cioè come colei che ascolta, accoglie e custodisce la parola di Dio. Pertanto, nella prospettiva dell'evangelista ella non soltanto risulta inclusa, ma detiene senz'altro la preminenza in questo ruolo discepolare grazie alla sua fede, più che nella maternità fisica.

 

Da madre a “mediatrice”

Già si è compreso come Maria abbia compiuto un cammino vocazionale anche faticoso nel quale la sua fede è stata messa alla prova in diverse circostanze.

Nella narrazione contenuta nel vangelo di Giovanni, dei fatti che vedono coinvolta Maria, a prevalere è soprattutto la componente simbolico-teologica rispetto a quella più prettamente storico­biografica riscontrabile nella tradizione sinottica. La novità consiste essenzialmente nel fatto che a essere evidenziata nella madre di Gesù è non più soltanto la figura della credente esemplare, ma colei che, posta all'inizio e alla fine dell'attività pubblica di Gesù, ha un ruolo attivo nella vita di fede dei discepoli.

 

Del primo brano che la riguarda, quello delle nozze di Cana (Gv2,1-12), ci limitiamo a far emergere alcuni elementi particolarmente significativi circa la vocazione della madre di Gesù. Nella scena ella compare come co-protagonista insieme al Figlio. Anzi, nella narrazione viene addirittura nominata all'inizio prima di Gesù e dei suoi discepoli, e di nuovo verrà nominata nell'epilogo, dopo Gesù e prima dei fratelli e dei discepoli. Inoltre viene presentata non con il suo nome personale («Maria» non rìcorre mai nel quarto vangelo), ma con l'appellativo «madre di Gesù» e, successivamente, con il titolo singolare di «donna» (Gv2,4).

Nel contesto del banchetto di nozze, di fronte al problema della mancanza del vino, ella prende l'iniziativa di informare Gesù, ritenendo che egli possa fare qualcosa e, implicitamente, sollecitando un suo intervento (Gv2,3). Dimostra così di credere in Gesù già prima di vedere il «segno» (che nel quarto vangelo indica il miracolo).

La risposta di Gesù è di difficile interpretazione, non tanto per il significato letterale da dare alla prima frase Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora»: Gv2,4), soprattutto per l'asimmetria  e l'incongruenza tra una tale risposta e l'iniziativa­esortazione della madre al versetto successivo: Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela» (Gv2,5). In realtà in questo passo, come poi si ripeterà più volte nei dialoghi tra Gesù e i suoi interlocutori del quarto vangelo (cfr. con Nicodemo sulla nuova nascita, con la Samaritana sull'acqua della vita, con i giudei di Cafarnao sul pane della vita), si tratta di un invito a salire di livello, un passaggio impegnativo in cui l'interlocutore prova un certo spiazzamento.

Ebbene, Maria non rimane bloccata di fronte alla risposta di Gesù che manifesta, se non un aperto contrasto, almeno una  divergenza  di  prospettiva,  ma  accetta  di  entrare  nel nuovo punto di vista suggerito proprio da quella dura risposta.

L'evangelista lascia emergere la grandezza d'animo e  l'atteggiamento  di fede  della madre: ella non sa che cosa farà Gesù per  venire incontro a quella problematica, ma confida pienamente che il suo intervento sarà senz'altro risolutore. Pertanto invita i servi a  fare  altrettanto, cioè a fidarsi completamente delle indicazioni che riceveranno da Gesù, a  prestargli  ubbidienza in tutto ciò che domanderà  loro. L'invito di Maria ai servi suscita la loro piena disponibilità a compiere la parola di Gesù.·

L'atteggiamento credente di Maria che fiduciosamente si aspetta tutto da Dio, superando anche ciò che appare una circostanza sfavorevole, viene trasmesso ai servi, i quali eseguono alla lettera quanto viene loro comandato, anche se potrebbe apparire assurdo: dunque la madre di Gesù prefigura in modo esemplare l'atteggiamento di fede richiesto al discepolo, che nelle prove si rivolge fiducioso a Dio, lasciando a lui di intervenire come e quando riterrà di farlo. In  più, già in questo brano ella viene presentata in qualche modo nel ruolo di mediatrice tra Gesù e i discepoli (i servi), in questo caso favorendo la loro attitudine credente.

 

Una nuova chiamata: da madre di Gesù a madre del discepolo 

Nella scena della madre di Gesù sotto la croce (Gv19,25-27) c'è la consegna finale di Gesù, in cui egli dona reciprocamente la madre al discepolo e questi alla madre.

 «Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: "Donna, ecco tuo figlio!" Poi disse al discepolo: “Ecco tua madre!”» (Gv19,26-27). Qui la fraseologia utilizzata  ha un chiaro tenore rivelativo-profetico («vedendo... disse... ecco», come quando il Battista vede venire Gesù, o quando Gesù vede Natanaele). Per la madre di Gesù è come una nuova chiamata, dal Figlio viene costituita infatti madre del discepolo e implicitamente madre per tutti i discepoli: una nuova vocazione di portata ecclesiale.

La figura del discepolo amato, senza negare la concretezza della sua persona, nell'ottica giovannea ha soprattutto la funzione di rappresentare il discepolo che rimane fedele (anche quando tutti abbandonano Gesù), rappresentante  quindi di tutti i discepoli, quanti cioè hanno creduto in Cristo (la comunità messianica). In questo senso il suo accogliere la madre di Gesù come propria madre implica, oltre al riconoscere questo dono prezioso che gli viene fatto dal Gesù morente, l'entrare nella nuova dimensione della fratellanza con Gesù e con tutti coloro che crederanno in lui. Anche qui come a Cana il discepolo (là rappresentato dai servi) esegue l'indicazione di Gesù: «Da quell'ora il discepolo l’accolse con sé» (Gv19,27).

La mediazione della madre di Gesù in favore della fede dei discepoli prefigurata a Cana riceve ora per così dire l'investitura ufficiale: i due personaggi, a partire dal loro rispettivo rapporto con Gesù, ricevono una nuova identità basata sul nuovo rapporto reciproco.

Tra i tanti elementi teologici che emergono da questo brano, forse il più significativo è quello mariano-ecclesiale: Maria sotto la croce del Figlio diviene vera madre in senso spirituale per tutti i credenti in Gesù, rappresentati dal discepolo amato .

 

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ORATIO Domando umilmente di poter essere coerente con le indicazioni emerse dalla meditatio. Esprimo fede, speranza, amore. La preghiera si estende e diventa preghiera per i propri amici, per la propria comunità, per la Chiesa, per tutti gli uomini. La preghiera si può anche fare ruminando alcune frasi del brano ripetendo per più volte la frase/i che mi hanno fatto meditare.

 

Come vorrei che oggi Tu, Maria,

percorressi le vie della mia città

“in fretta”.

Per portare in dono

la Tua presenza e quella di Gesù.

Perché la nostra vita è vuota,

e le giornate scorrono senza senso.

Abbiamo tanto bisogno di

una tua “visita”!

Nel suo duplice significato.

Visita di una persona cara,

che riempie di gioia,

perché ci si sente ricordati

e considerati.

E visita medica, da parte di qualcuno,

in grado di curare,

e, prima ancora, disposto a guardare la tua malattia.

Riconoscerla, affrontarla

e porre rimedio.

Mica facile, oggi, trovare

chi perde tempo,

per fare una visita.

Vieni, Maria, a visitarci.

Esponi le nostre malattie a Gesù,

con semplicità.

Come facesti quando

“non avevano più vino”.

Insegnaci a presentarci

nello stesso modo.

Senza aspettare di essere presentabili.

Senza aver prima in tasca la soluzione.

Esponendo solo i problemi

e lasciando a Lui modo e tempo di cura.

 

 (Stefania Perna – “Strada facendo”)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CONTEMPLATIO     Avverto il bisogno di guardare solo a Gesù, di lasciarmi raggiungere dal suo mistero, di riposare in lui, di accogliere il suo amore per noi. È l’intuizione del regno di Dio dentro di me, la certezza di aver toccato Gesù.  È Gesù che ci precede, ci accompagna, ci è vicino, Gesù solo! Contempliamo in silenzio questo mistero: Dio si fa vicino ad ogni uomo!

 

Per Cristo, con Cristo e in Cristo a te, Dio Padre Onnipotente,  

nell’unità dello Spirito Santo,

ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoli.  Amen

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ACTIO     Mi impegno a vivere un versetto di questi brani, quello che mi ha colpito di più.

Si compie concretamente un’azione che cambia il cuore e converte la vita. Ciò che si è meditato diventa ora vita!

Prego con la Liturgia delle Ore, l’ora canonica del giorno adatta al momento.

Concludo il momento di lectio recitando con calma la preghiera insegnataci da Gesù: Padre Nostro...

Arrivederci!  

 

(spunti liberamente tratti da una lectio di don Giuseppe Pulcinelli, della Chiesa di Roma)

 

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