RITIRO ON LINE                                                                                                   
maggio
2012  

 

Venero la Parola di Dio, l’Icona ed il Crocifisso.   Traccio sulla mia persona il Segno della mia fede, il Segno della Croce, mi metto alla presenza del Signore che vuole parlarmi.

A volte mi chiedo dove sei.

 

A volte mi chiedo se ci sei.

 

 

A volte mi chiedo

 

perché non ti fai vivo,

 

perché non spazzi via

 

tutto lo schifo che c’è

 

in questo mondo.

 

 

A volte mi chiedo

 

se per te conto qualcosa.

 

 

A volte mi chiedo

 

se hai perso il mio indirizzo.

 

 

A volte mi chiedo

 

perché non dici nulla

 

quando ti chiamo.

A volte mi chiedo…

 

 

Quando finalmente non chiedo più nulla,

 

quando finalmente

 

riesco a fare silenzio,

 

allora ti sento arrivare,

 

discreto,

 

come un vento leggero.

 

 

Quando finalmente

 

non chiedo più nulla,

 

Tu ti fai risposta

 

ad ogni perché.

 

 

(Eric Pearlman da “Hai un momento, Dio?”)

 

 

Veni, Sancte Spiritus, Veni, per Mariam.

 

LA CASA DELLA VITA

 

 

Nella casa di Lazzaro, Marta e Maria, incontriamo una famiglia posta dinanzi al mistero della morte e della sofferenza.

La presenza di Gesù risveglia a una nuova vita, così come la fede apre spiragli di luce dentro l'impotenza e il buio di oggi.

 

      

 

 

 

 

 

 

LECTIO   Apro la Parola di Dio e leggo in piedi il brano che mi viene proposto.   (Gv 11,1-12,11)

1Un certo Lazzaro di Betania, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato. 2Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. 3Le sorelle mandarono dunque a dirgli: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato».

4All’udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». 5Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. 6Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. 7Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!».  11Disse queste cose e poi soggiunse loro: «Lazzaro, il nostro amico, si è addormentato; ma io vado a svegliarlo».

17Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. 18Betania distava da Gerusalemme meno di tre chilometri 19e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello. 20Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. 21Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! 22Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». 23Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». 24Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». 25Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; 26chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». 27Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».

28Dette queste parole, andò a chiamare Maria, sua sorella, e di nascosto le disse: «Il Maestro è qui e ti chiama». 29Udito questo, ella si alzò subito e andò da lui. 30Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. 31Allora i Giudei, che erano in casa con lei a consolarla, vedendo Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono, pensando che andasse a piangere al sepolcro.

32Quando Maria giunse dove si trovava Gesù, appena lo vide si gettò ai suoi piedi dicendogli: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». 33Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato, 34domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». 35Gesù scoppiò in pianto. 36Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!».

38Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro. 39Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». 40Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». 41Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. 42Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». 43Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». 44Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberatelo e lasciatelo andare».

45Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui. 46Ma alcuni di loro andarono dai farisei e riferirono loro quello che Gesù aveva fatto.

47Allora i capi dei sacerdoti e i farisei riunirono il sinedrio e dissero: «Che cosa facciamo? Quest’uomo compie molti segni. 48Se lo lasciamo continuare così, tutti crederanno in lui, verranno i Romani e distruggeranno il nostro tempio e la nostra nazione».  53Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo.

 

1Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betania, dove si trovava Lazzaro, che egli aveva risuscitato dai morti. 2E qui fecero per lui una cena.

9Intanto una grande folla di Giudei venne a sapere che egli si trovava là e accorse, non solo per Gesù, ma anche per vedere Lazzaro che egli aveva risuscitato dai morti. 10I capi dei sacerdoti allora decisero di uccidere anche Lazzaro, 11perché molti Giudei se ne andavano a causa di lui e credevano in Gesù.

 Parola di Dio

 

 

 

 

 

 

 

 

MEDITAZIO   Seduto, rileggo la Parola per più volte, lentamente. Anche la lettura della Parola di Dio è preghiera. Siamo entrati in quella zona più sacra e più lunga del nostro Ritiro On Line: il grande silenzio !   Il protagonista è lo Spirito Santo.

 Il modo migliore per assaporare un brano delle Scritture è accoglierlo in noi come un cibo nutriente per il nostro spirito, è avere la certezza che sia Dio a volerci parlare per farci entrare nelle dimensioni del suo disegno di amore e di salvezza.

Se ascoltiamo attentamente la Parola potremo entrare in un rapporto vivo con il Padre, per lasciarci plasmare dal suo stesso "cuore".

 

 

La casa della Vita

Il capitolo undici di Giovanni, che si trova a metà del quarto Vangelo, riveste un'importanza fondamentale per lo svolgimento dei fatti che riguardano Gesù, dato che vi si narra la fine del suo ministero pubblico, che precede la grande sezione dedicata ai racconti della sua passione e resurrezione (cfr. Gv 12-20). In questo capitolo va cercata, dunque, una chiave del mistero del destino dello stesso Gesù, oltre che il messaggio di fondo di tutto il Vangelo di Giovanni. Questo messaggio nasce dalla storia della morte di un uomo, Lazzaro, del dolore delle sue sorelle e dello smarrimento in cui viene a trovarsi la sua famiglia, fatta di parenti e amici, quando si scatena una situazione di sofferenza.

Il dinamismo che nasce dalla malattia «Un certo Lazzaro di Betania, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato. ( .. .) Le sorelle mandarono dunque a dirgli: "Signore, ecco, colui che tu ami è malato"».

Il motivo per cui la famiglia di Lazzaro manda a chiamare Gesù sembra essere quello normalissimo e naturale per cui quando qualcuno si ammala ci si preoccupa di avvisare gli amici più cari e vicini. La malattia si presenta, infatti, come un'occasione di bisogno e una fonte di paura, per cui ci si sente deboli e impotenti ad affrontarla da soli. Inoltre essa inietta, nell' animo, il timore di perdere la persona cara e diffonde l'angoscia di restare orfani di chi ci ama e si ama, facendo scattare, così, la solidarietà del dolore.

Gesù appare legatissimo alla famiglia di Lazzaro e questo rapporto tanto tenero e profondo viene illuminato proprio dal fatto che Egli si faccia presente nel momento più difficile della umana convivenza: quello della malattia e della morte. Gesù va da Lazzaro a causa dell'amore che lo unisce al suo amico e alle sue sorelle, perché sa e sente che essi lo aspettano non solo nella tristezza, ma anche nell' anelito che dalla sua vicinanza e dal suo calore risorga una speranza.

 

La morte in famiglia

Ma quando Gesù arriva Lazzaro è già sepolto. La gente era arrivata per consolare le sorelle della sua morte. Il dolore delle due donne, rimaste ormai sole, era acuito dalla condizione storica della donna nel mondo di allora, quando senza un uomo in famiglia tutto diventava più duro e incerto, compresa la sussistenza. Ma più che soffermarsi su questi particolari, peraltro abbastanza scontati, Giovanni si sofferma a descrivere il diverso comportamento di Marta e Maria, non di fronte alla morte di Lazzaro – cui ambedue avevano reagito con il cordoglio - ma di fronte alla venuta di Gesù.

Grande è l'esempio di Marta! Saputo che Gesù stava arrivando, Marta «gli andò incontro. ( ...) Disse a Gesù: "Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto" ». Nelle parole di Marta c'è, da una parte, un retrogusto di rimprovero dinanzi alla lentezza di Gesù verso l'emergenza della malattia di Lazzaro («Quando (Gesù) sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea! ») , dall' altra una fiducia netta nei suoi confronti: ella confessa che Gesù avrebbe potuto salvare Lazzaro dalla morte («Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà»). Splendida e sfrontata è la parola di Marta: di fronte alla morte non si piega e non la accetta, e ancora mostra di contare in qualcosa che possa venire da Gesù, se pure dopo quattro giorni da che il corpo di suo fratello giaceva inerte, iniziando a sfigurarsi e decomporsi. Marta inchioda Gesù con la fermezza della sua fede e del suo rammarico.

Gesù farà un lungo discorso con Marta circa la resurrezione dei morti, finché non giungerà ad inchiodare, a sua volta, la donna dinanzi alla domanda ultima sulla fede: «lo sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me non morirà in eterno. Credi tu questo?». Ma Marta supererà egregiamente la prova della fede e risponderà: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che deve venire nel mondo». Marta crede. In ciò sta la sua grandezza e un esempio concreto di ciò che sia la fede: essa consiste nel fare credito a una vita altra e ulteriore, dentro l'impotenza e il buio dell'oggi.

 

La sofferenza come sacramento

Seguiamo ora i passi dell'altra sorella Maria. Lazzaro è morto e lei non sa ancora dell'arrivo di Gesù. Mentre Marta era uscita incontro a Gesù, lei «se ne stava seduta in casa». Ma quando le dicono che Gesù è arrivato e la chiama, ella: «si alzò subito e andò da lui». Per quale missione il Signore la chiama? Per essere testimone e attore di una resurrezione. Della resurrezione di suo fratello Lazzaro!

«Quando Maria giunse dove si trovava Gesù, appena lo vide si gettò ai suoi piedi». Su quei piedi ella versò una liturgia di lacrime, finché non pianse anche Gesù: «Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato, domandò: "Dove l'avete posto? ". Gli dissero: "Signore, vieni a vedere!". Gesù scoppiò in pianto. Dissero allora i Giudei: "Guarda come lo amava!"». Quelle lacrime versate sul cadavere del fratello amato, sull'orrore della morte, quel pianto di Maria e di Gesù e di tutti i Giudei, quel segno inconfondibile di amore prese forma nel grido di Gesù: «Lazzaro, vieni fuori!» e nella forza della resurrezione.

La resurrezione del corpo di un uomo non deriva dalla potenza astratta e magica di un dio, ma è frutto dell'amore solidale, fraterno, "familiare" di Dio e della comunità umana, che insieme scendono e abbracciano l'abisso del dolore e della morte e si fanno grido di riscatto per la vita. Le lacrime della sorella Maria veicolano le lacrime di tutti i Giudei e fanno scoppiare a piangere quel Dio incarnato negli occhi e nei singhiozzi di Gesù.

La morte non va rimossa, non va chiusa ipocritamente nelle camere mortuarie degli ospedali, bandita dal cospetto dei bambini e dei giovani; al contrario deve essere guardata in faccia, poiché è lo specchio della verità della vita e si deve consumare su di essa un fiume di lacrime e un oceano di grida, finché non arrivi il risveglio, la luce nuova, il mattino di un respiro nuovo. Maria è chiamata a essere testimone e apostolo di quella rinascita di suo fratello, che attesta che Gesù è la resurrezione e la vita.

«Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui».

 

Dinanzi al mistero

«Gesù andò a Betania, dove si trovava Lazzaro, che egli aveva risuscitato dai morti». Il racconto della resurrezione di Lazzaro è strettamente collegato, nel prosieguo del Vangelo di Giovanni, con quella Pasqua che sarà celebrata sei giorni dopo, quando Gesù sarà ucciso e poi glorificato. La resurrezione di Lazzaro è, pertanto, l'anticipo simbolico e reale di quanto sta per accadere a Gesù ed è proposta come una chiave di lettura che aiuterà il cristiano a comprendere la stessa morte di Lui e la sua resurrezione. Nel capitolo dodici, in cui si racconta della cena che Gesù fece a Betania in presenza di Lazzaro ormai risuscitato dai morti, si dice infatti: «Intanto una grande folla dei Giudei venne a sapere che egli si trovava là e accorse non solo per Gesù, ma anche per vedere Lazzaro che egli aveva risuscitato dai morti».

L'avvenimento di Lazzaro viene finalizzato alla evangelizzazione dei Giudei, e sarà proprio a causa di queste conversioni che: «i capi dei sacerdoti allora decisero di uccidere anche Lazzaro» dopo che in precedenza avevano già preso la decisione di uccidere Gesù («da quel giorno dunque decisero di ucciderlo»).

In questo susseguirsi di annunci velati della resurrezione di Gesù, l'ombra di quei Giudei che non vogliono riconoscerlo si allunga minacciosa, nella stessa misura in cui si moltiplicano i Giudei che, al contrario, credono in Gesù e sono rapiti dalla forza del suo mistero di Vita restituita, di resurrezione dalla morte.

Per il cristiano, dunque, la sofferenza, la malattia e la morte sono l'occasione della più piena testimonianza della fede. E allora la fede cristiana non può essere vissuta se non in un contesto di fraternità e di "famiglia", poiché essa trova la sua "casa" sull' amore e sulla passione, forti più della morte. «Gesù amava Marta, sua sorella e Lazzaro». In virtù di questo amore Lazzaro fu liberato dalla morte e risvegliato a una nuova vita.

 

Per la riflessione

"Signore, ecco, colui che tu ami è malato": ho la confidenza di presentare al Signore i problemi quotidiani che mi angustiano? di non vivere la mia quotidianità da solo, ma di condividerla con chi si è offerto di camminarmi a fianco?

"Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto": ho l’umiltà di parlare con Lui come semplice “condivisione”, senza avere la pretesa (pretesa che somiglia quasi a un “ricatto”) che Lui intervenga? e che il Suo intervento sia già stato “prenotato” con le mie pratiche di pietà?  che Lui “non possa non esaudirmi”? 

“lo sono la risurrezione e la vita”: Gesù è la fonte della mia vita, la forza della mia trasformazione, il carburante che mi permette di amare chi mi circonda? oppure preferisco seguire altri leader, accattivanti in quanto demagoghi e arruffa popoli, in quanto faziosi a favore della mia fazione, in quanto portatori di promesse irrealizzabili? 

“Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che deve venire nel mondo”: Marta non poteva ancora rendersi conto che il Figlio di Dio è già nel mondo; io, però, che ho conosciuto tutto l’arco della storia della Salvezza, so con certezza che Gesù è, oggi come ieri e come domani, nel mondo; lo so perché fa parte della religione tramandata dai padri (e dalle madri), o perché fa parte delle “radici della mia nazione”, oppure lo so perché ne ho fatto esperienza diretta? 

“Lazzaro, vieni fuori!”: Paolo, vieni fuori!... Claudio, vieni fuori!... Chiara, vieni fuori!... Matteo, vieni fuori!... Eleonora, vieni fuori!... Angelo, vieni fuori!... Flavia, vieni fuori!... Lo sento Gesù che mi chiama ad uscire dalla caverna nella quale mi sono rintanato? e mi invita a vedere la vita con occhi nuovi? 

“Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo”: decidere di “far fuori” chi ha la capacità di mettere in crisi la mia coscienza addomesticata, è la cosa che facciamo più spesso! sicuramente anch’io… un giorno sì e l’altro pure…

 

 

ORATIO    Domando umilmente di poter essere coerente con le indicazioni emerse dalla meditatio. Esprimo fede, speranza, amore. La preghiera si estende e diventa preghiera per i propri amici, per la propria comunità, per la Chiesa, per tutti gli uomini. La preghiera si può anche fare ruminando alcune frasi del brano ripetendo per più volte la frase/i che mi hanno fatto meditare.

 

Mio Dio, non dimenticarti di me,
quando io mi dimentico di te.

 

Non abbandonarmi, Signore,
quando io ti abbandono.

 

Non allontanarti da me,
quando io mi allontano da te.

 

Chiamami se ti fuggo,
attirami se ti resisto,
rialzami se cado.

 

Donami, Signore, Dio mio,
un cuore vigile 
che nessun vano pensiero porti lontano da te,

un cuore retto 


che nessuna intenzione perversa possa sviare,

 

un cuore fermo 


che resista con coraggio ad ogni avversità,


un cuore libero 


che nessuna torbida passione possa vincere.

 

 

 

Concedimi, ti prego, una volontà che ti cerchi,


una sapienza che ti trovi, 


una vita che ti piaccia, 


una perseveranza che ti attenda con fiducia 


e una fiducia che alla fine giunga a possederti.

 

(S. Tommaso d'Aquino)

 

 

 

 CONTEMPLATIO     Avverto il bisogno di guardare solo a Gesù, di lasciarmi raggiungere dal suo mistero, di riposare in lui, di accogliere il suo amore per noi. È l’intuizione del regno di Dio dentro di me, la certezza di aver toccato Gesù.

 È Gesù che ci precede, ci accompagna, ci è vicino, Gesù solo! Contempliamo in silenzio questo mistero: Dio si fa vicino ad ogni uomo!

 

 Per Cristo, con Cristo e in Cristo

a te, Dio Padre Onnipotente,

nell’unità dello Spirito Santo,

ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoli.

AMEN

ACTIO     Mi impegno a vivere un versetto di questi brani, quello che mi ha colpito di più.

Si compie concretamente un’azione che cambia il cuore e converte la vita. Ciò che si è meditato diventa ora vita!

Prego con la Liturgia delle Ore, l’ora canonica del giorno adatta al momento.

Concludo il momento di lectio recitando con calma la preghiera insegnataci da Gesù: Padre Nostro...

Arrivederci!

  (spunti da una riflessione della biblista Rosanna Virgili) 

 

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 Maria, donna del popolo

(tratto da: don Tonino Bello – “Maria, donna dei nostri giorni”)

 

 

Sì, il Signore se l'è scelta proprio di là.

Oggi diremmo: dai rioni popolari, grevi di sudori e di odori. Dai quartieri bassi, dove i tuguri dei poveri, se rimangono ancora in piedi, è perché si appoggiano a vicenda.

Penso a certe periferie, dove le zanzare brulicano sulle pozzanghere della strada, e le mosche volteggiano sugli escrementi. O a certe zone del centro storico, imbandierate con i panni del bucato.

Il Signore, Maria l'ha scoperta lì. Nell'intreccio dei vicoli, profumati di minestre meridiane e allietati dal grido dei fruttivendoli. Tra le fanciulle che, dai pianerottoli colmi di gerani, parlavano d'amore. Nel cortile dove i vicini prolungavano nell'ultimo sbadiglio i racconti della sera, prima che si consumasse l'olio della lampada e risonasse il tintinnare dei chiavistelli e si sprangassero gli usci.

L'ha scoperta lì. Non lungo i corsi della capitale, ma in un villaggio di pecorai, sconosciuto nell' Antico Testamento, anzi, additato al pubblico sarcasmo dagli abitanti delle borgate vicine: «Da Nazaret può mai venir qualcosa di buono?».

L'ha scoperta lì, in mezzo alla gente comune, e se l'è fatta sua.

Maria non aveva particolari ascendenze dinastiche. L'araldica della sua famiglia non vantava stemmi nobiliari come Giuseppe. Lui, sì: benché si fosse ridotto a fare il carpentiere, era del casato illustre di Davide. Lei, invece, era una donna del popolo. Ne aveva assorbito la cultura e il linguaggio, i ritornelli delle canzoni e la segretezza del pianto, il costume del silenzio e le stigmate della povertà.

Prima di diventare madre, Maria era, dunque, figlia del popolo. Apparteneva all'anima più intima del popolo: agli «anawim», alla schiera dei poveri. Al resto d'Israele, sopravvissuto allo sgretolamento delle tragedie nazionali. A quel nucleo residuale, cioè, che teneva vive le speranze dei profeti, nel quale si concentravano le promesse dei patriarchi, e da cui passava il filo rosso della fedeltà.

Donna del popolo, Maria si mescola con i pellegrini che salgono al tempio e si accompagna alle loro salmodie. E se in uno di questi viaggi perde Gesù dodicenne, è perché, «credendolo nella carovana», non sa immaginarsi suo figlio estraneo all' ansimare della gente comune.

C'è nel vangelo di Marco una icona di incomparabile bellezza che delinea la natura, la vocazione e il destino popolare di Maria. Un giorno, mentre Gesù sta parlando alla folla che lo ascolta seduta in cerchio, arriva lei con alcuni parenti. A chi lo avverte della sua presenza, Gesù, girando tutto intorno lo sguardo e additando la folla, esclama: «Ecco mia madre ... ». A prima vista, potrebbe sembrare una scortesia. Invece, la risposta di Gesù, che identifica sua madre con la folla, è il monumento più splendido eretto a Maria, donna fatta popolo.

 

Santa Maria, donna del popolo, grazie, perché hai convissuto con la gente, prima e dopo l'annuncio dell'angelo, e non hai preteso da Gabriele una scorta permanente di cherubini, che facesse la guardia d'onore sull'uscio di casa tua.

Grazie, perché, pur consapevole di essere la madre di Dio, non ti sei ritirata negli appartamenti della tua aristocrazia spirituale, ma hai voluto assaporare sino in fondo le esperienze, povere e struggenti, di tutte le donne di Nazaret.

Grazie, perché d'estate ti univi al coro delle spigolatrici, nelle campagne bruciate dal sole. E nei meriggi d'inverno, quando il tuono brontolava sui monti di Galilea, ti rifugiavi nella casa delle vicine. E il sabato, per lodare il Signore, partecipavi con le tue amiche alle funzioni comunitarie della sinagoga. E quando la morte visitava il villaggio, accompagnandoti ai parenti intridevi tossendo il fazzoletto di lacrime. E nei giorni di festa, quando passava il corteo nuziale, attendevi anche tu sulla strada, e ti sollevavi sulla punta dei piedi per veder meglio la sposa.

 

Santa Maria, donna del popolo, oggi più che mai abbiamo bisogno di te. Viviamo tempi difficili, in cui allo spirito comunitario si sovrappone la sindrome della setta.

Agli ideali di più vaste solidarietà si sostituisce l'istinto della fazione. Alle spinte universalizzanti della storia, fanno malinconico riscontro i sottomultipli del ghetto e della razza. Il partito prevarica sul bene pubblico; la fazione sulla nazione; la chiesuola sulla Chiesa.

Dacci, ti preghiamo, una mano d'aiuto perché possiamo rafforzare la nostra declinante coscienza di popolo. Noi credenti, che per definizione ci chiamiamo popolo di Dio sentiamo di dover offrire una forte testimonianza di comunione, sulla quale il mondo possa cadenzare i suoi passi. Tu rimanici accanto in questa difficile impresa.

 

Santa Maria; donna del popolo, insegnaci a condividere con la gente le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce che contrassegnano il cammino della nostra civiltà.

Donaci il gusto di stare in mezzo, come te, nel Cenacolo.

Liberaci dall'autosufficienza e snidaci dalle tane dell'isolamento.

Tu che sei invocata nelle «favelas» dell' America Latina e tra i grattacieli di New York, rendi giustizia ai popoli distrutti dalla miseria, e dona la pace interiore ai popoli annoiati dall' opulenza. Ispira fierezza nei primi e tenerezza nei secondi. Restituiscili alla gioia di vivere. E intoneranno gli uni e gli altri, finalmente insieme, salmi di libertà.