Venero la Parola di Dio, l’Icona ed il Crocifisso.
Traccio sulla mia persona il Segno della mia fede, il Segno della Croce, mi metto alla presenza del Signore che vuole parlarmi.
Invoco lo Spirito Santo:
Spirito Santo, eterno Amore,
che sei dolce Luce che mi inondi
e rischiari la notte del mio cuore;
Tu ci guidi qual mano di una mamma;
ma se Tu ci lasci non più d'un passo solo avanzeremo!
Tu sei lo spazio che l'essere mio circonda e in cui si cela.
Se m'abbandoni cado nell'abisso del nulla,
da dove all'esser mi chiamasti.
Tu a me vicino più di me stessa, più intimo dell'intimo mio.
Eppur nessun Ti tocca o Ti comprende
e d'ogni nome infrangi le catene.
Spirito Santo, eterno Amore.
(Edit Stein)
Veni, Sancte Spiritus
Veni, per Mariam.
1 Paolo, servo di Cristo Gesù, apostolo per vocazione, prescelto per annunziare il vangelo di Dio, 2 che egli aveva promesso per mezzo dei suoi profeti nelle sacre Scritture, 3 riguardo al Figlio suo, nato dalla stirpe di Davide secondo la carne, 4 costituito Figlio di Dio con potenza secondo lo Spirito di santificazione mediante la risurrezione dai morti, Gesù Cristo, nostro Signore. 5 Per mezzo di lui abbiamo ricevuto la grazia dell'apostolato per ottenere l'obbedienza alla fede da parte di tutte le genti, a gloria del suo nome; 6 e tra queste siete anche voi, chiamati da Gesù Cristo. 7A quanti sono in Roma diletti da Dio e santi per vocazione, grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo.
Parola di Dio
MEDITATIO Seduto, rileggo la Parola per più volte, lentamente. Anche la lettura della Parola di Dio è preghiera. Siamo entrati in quella zona più sacra e più lunga del nostro Ritiro on line: “Il Grande Silenzio”! Il protagonista è lo Spirito Santo.
Approfondimento del testo:
v. 1 Paolo, servo di Cristo Gesù, apostolo per vocazione, prescelto per annunziare il vangelo di Dio.
È l’autopresentazione di Paolo ai Romani e a noi, oggi. Qual è la sua identità? Paolo si proclama servo di Gesù Cristo, cioè del Messia Gesù, così come nell’A.T. erano proclamati servi di Javeh i grandi uomini dell’Antica Alleanza. Paolo si presenta come un chiamato da Dio per essere apostolo del suo Regno. La sua vita è quella di uno che non si appartiene perché è consacrato a Dio per una missione grande: quella di far conoscere a tutti (non solo agli ebrei) la buona e lieta notizia che è il vangelo del Signore.
v. 2-4 Vangelo che egli aveva promesso per mezzo dei suoi profeti nelle sacre Scritture, riguardo al Figlio suo, nato dalla stirpe di Davide secondo la carne, costituito Figlio di Dio con potenza secondo lo Spirito di santificazione mediante la risurrezione dai morti, Gesù Cristo, nostro Signore.
Con tutta probabilità questi versetti sono il residuo di un’antica professione di fede. Paolo mette in evidenza un fatto: quello che i profeti avevano promesso si è realizzato alla comparsa storica di Gesù, discendente di Davide: un uomo dunque pienamente tale. Ma in lui c’è altro perché il suo essere Figlio di Dio è stato realizzato “con potenza dallo Spirito Santo” E la prova irrefutabile di questa asserzione è che Gesù è Risorto, ha debellato la morte, ogni tipo di morte. Per questo Paolo può affermare solennemente di Gesù che è Gesù Cristo Signore nostro: il Messia, Dio fatto uomo, nella cui “signoria” è liberante vivere.
v. 5 In forza di lui abbiamo ricevuto la grazia dell’apostolato per ottenere l’obbedienza alla fede da parte di tutte le genti, a gloria del suo nome.
È in forza del Cristo, del Messia, del suo potere di salvezza, che Paolo sa di aver ricevuto la grazia di annunciare che è Cristo la salvezza di quanti si aprono a una fede che è talmente fiducia in lui da diventare pienamente consegna della vita. Non importa che siano ebrei o pagani: importa che si aprano alla fede.
v. 6-7 Tra questi siete anche voi, chiamati da Gesù Cristo. A quanti sono in Roma diletti da Dio e santi per vocazione, grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo.
“Gentili” (cioè i pagani) che si trovano nella Roma di quei tempi, ma anche noi oggi, come loro “chiamati da Gesù Cristo”. La “grazia” e la “pace” che Paolo invoca è innescata a una consapevolezza che è il cuore della fede cristiana. Gesù è venuto a renderci consapevoli pienamente che siamo AMATI DA DIO. La vita cambia completamente ottica e prospettiva quando entriamo in questa consapevolezza. È lì che “grazia e pace” da Dio trasfigurano la nostra esistenza.
Meditiamo attualizzando:
L'avventura decisiva è cogliere il cuore del testo letto e riletto.
Non tardiamo a trovarlo in quell'AMATI DA DIO il cui corollario è "GRAZIA e PACE".
Ne risulta che questa apertura della lettera ai Romani non è tanto un saluto quanto un gioioso, importantissimo annuncio che è rivoluzionario rispetto alla cultura greco-ellenistica dei tempi di Paolo. I filosofi greci dicevano infatti che Dio muove l'universo perché è oggetto di amore e causa finale di ogni creatura.
La Bibbia rovescia esattamente la questione: "In questo sta l'amore; non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi" (1Gv 4,10). "Noi amiamo perché Egli ci ha amati per primo” (1Gv 4,19). È vero che tutta la Legge di Dio si riassume, sostanzialmente, in un solo comando: quello di amare Dio con tutto il cuore, l'anima, la mente, le forze. Ma si tratta di una risposta. Il perno però, il cuore di una vita autenticamente cristiana dipende dal fatto di essersi esposti alla verità-certezza che noi siamo amati da Dio (1,7) "L'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori dallo Spirito Santo” (5,5). "Niente, assolutamente niente ci può separare dall'amore di Dio". Il resto verrà di conseguenza.
È questo il messaggio della lettera ai Romani. Se esponi una pianta un po' sofferente al sole, la vedi rinverdire e fiorire. Se esponi la tua esistenza, soprattutto mente e cuore, a questa certezza: "Io sono amato da Dio", niente e nessuno potrà turbarti in profondità e a lungo. La grazia e la pace sono i frutti di questo suo amarci. Essi chiedono di trovare spazio in me perché la nostra sia un'esistenza riuscita, serena. La notizia che Dio per il primo ci ama e ci avvolge di tenerezza, ci fa sicuri. Non fermiamoci a considerare la nostra indegnità, ma accogliamo l'irrompere sempre nuovo di quanto hanno cantato gli angeli a Betlemme, quando la notizia più importante e più lieta del mondo è stata recata ai pastori: "Gloria a Dio nell'alto dei cieli e pace agli uomini che Egli ama" (Lc 2,14).
È in ordine alla nascita di Gesù che il testo di Luca annuncia gloria e pace ai più poveri della terra. È in ordine alla resurrezione di Gesù (v.4) che Paolo si fa garante di questo amore che il Padre, nel suo Figlio morto e risorto, ci regala ogni giorno, anche in questo momento in cui stai leggendo.
La Parola m’interpella:
ü Con la luce e il conforto dello Spirito Santo mi lascio provocare soprattutto da questa domanda: "Io credo profondamente che Dio mi AMA?
ü Mi percepisco amato solo nei momenti in cui tutto va bene o anche quando ci sono momenti di prove, di contrarietà, sofferenze nella mia vita?
ü Percepisco veramente nella fede la 'signoria' di Cristo Gesù nella mia vita? Oppure Gesù è per me il dio-tappabuchi?
ü GRAZIA - PACE fluiscono da Gesù dalla potenza della sua morte e risurrezione: ci credo vitalmente fino a riceverne gioia e comunicarla?
La meditazione non è fine a se stessa, ma tende a farmi entrare in dialogo con Gesù, a diventare preghiera.
ORATIO Domando umilmente di poter essere coerente con le indicazioni emerse dalla meditatio. Esprimo fede, speranza, amore. La preghiera si estende e diventa preghiera per i propri amici, per la propria comunità, per la Chiesa, per tutti gli uomini. La preghiera si può anche fare ruminando alcune frasi del brano ripetendo per più volte la frase/i che mi hanno fatto meditare.
Prego pronunciandole mentalmente
più volte ruminandole le parole,
AMATO/A;
DA TE.
Posso poi esprimere gioia di GRAZIA e PACE
pregando il MAGNIFICAT.
CONTEMPLATIO Avverto il bisogno di guardare solo a Gesù, di lasciarsi raggiungere dal suo mistero, di riposare in lui, di accogliere il suo amore per noi. È l’intuizione del regno di Dio dentro di me, la certezza di aver toccato Gesù.
È Gesù che ci precede, ci accompagna, ci è vicino, Gesù solo! Contempliamo in silenzio questo mistero: Dio si fa vicino ad ogni uomo!
Per Cristo, con Cristo e in Cristo
a te, Dio Padre Onnipotente,
nell’unità dello Spirito Santo,
ogni onore e gloria
per tutti i secoli dei secoli.
AMEN
ACTIO Mi impegno a vivere un versetto di questo brano, quello che mi ha colpito di più nella meditatio, che ho ripetuto nell’oratio, che ho vissuto come adorazione e preghiera silenziosa nella contemplatio e adesso vivo nell’actio.
Si compie concretamente un’azione che cambia il cuore e converte la vita. Ciò che si è meditato diventa ora vita!
Prego con la Liturgia della Ore, l’ora canonica del giorno adatta al momento.
Concludo il momento di lectio recitando con calma la preghiera insegnataci da Gesù: Padre Nostro...
Arrivederci!
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Maria, donna in cammino
(don Tonino Bello – “Maria, donna dei nostri giorni”)
Se i personaggi del vangelo avessero avuto una specie di contachilometri incorporato, penso che la classifica dei più infaticabili camminatori l'avrebbe vinta Maria. Gesù a parte, naturalmente.
Siccome allora Gesù è fuori concorso, a capeggiare la graduatoria delle peregrinazioni evangeliche è indiscutibilmente lei: Maria!
La troviamo sempre in cammino, da un punto all'altro della Palestina, con uno sconfinamento financo all'estero. Viaggio di andata e ritorno da Nazaret verso i monti di Giuda, per trovare la cugina, con quella specie di supplemento Eurostar menzionato da Luca il quale ci assicura che «raggiunse in fretta la città».
Viaggio fino a Betlem. Di qui, a Gerusalemme
per la presentazione al tempio.
Espatrio clandestino in Egitto. Ritorno guardingo in Giudea col foglio di via
rilasciato dall'angelo del Signore, e poi di nuovo a Nazaret. Pellegrinaggio
verso Gerusalemme con lo sconto comitiva, e raddoppio del percorso con
escursione per la città alla ricerca di Gesù. Tra la folla, ad incontrare lui
errante per i villaggi di Galilea, forse con la mezza idea di farlo ritirare a
casa. Finalmente, sui sentieri del Calvario, ai piedi della croce, dove la
meraviglia espressa da Giovanni con la parola «stabat», più che la
pietrificazione del dolore per una corsa fallita, esprime l'immobilità statuaria
di chi attende sul podio il premio della vittoria.
Icona del «cammina cammina», la troviamo seduta solo al banchetto del primo miracolo. Seduta, ma non ferma. Non sa rimanersene quieta. Non corre col corpo, ma precorre con l'anima. E se non va lei verso l'«ora» di Gesù, fa venire quell'ora verso di lei, spostandone indietro le lancette, finché la gioia pasquale non irrompe sulla mensa degli uomini.
Sempre in cammino. E per giunta, in salita.
Da quando si mise in viaggio «verso la montagna», fino al giorno del Golgota, anzi fino al crepuscolo dell'ascensione quando salì anche lei con gli apostoli «al piano superiore» in attesa dello Spirito, i suoi passi sono sempre scanditi dall'affanno delle alture.
Avrà fatto anche le discese, e Giovanni ne ricorda una quando dice che Gesù, dopo le nozze di Cana, «discese a Cafarnao insieme con sua madre». Ma l'insistenza con cui il vangelo accompagna con il verbo «salire» i suoi viaggi a Gerusalemme, più che alludere all'ansimare del petto o al gonfiore dei piedi, sta a dire che la peregrinazione terrena di Maria simbolizza tutta la fatica di un esigente itinerario spirituale.
Santa Maria, donna della strada, come vorremmo somigliarti nelle nostre corse trafelate, ma non abbiamo traguardi. Siamo pellegrini come te, ma senza santuari verso cui andare. Siamo più veloci di te, ma il deserto ingoia i nostri passi. Camminiamo sull'asfalto, ma il bitume cancella le nostre orme.
Forzati del «cammina cammina», ci manca nella bisaccia di viandanti la cartina stradale che dia senso alle nostre itineranze. E con tutti i raccordi anulari che abbiamo a disposizione, la nostra vita non si raccorda con nessuno svincolo costruttivo, le ruote girano a vuoto sugli anelli dell'assurdo, e ci ritroviamo inesorabilmente a contemplare gli stessi panorami.
Donaci, ti preghiamo, il gusto della vita. Facci assaporare l'ebbrezza delle cose.
Offri risposte materne alle domande di significato circa il nostro interminabile andare. E se sotto i nostri pneumatici violenti, come un tempo sotto i tuoi piedi nudi, non spuntano più i fiori, fa' che rallentiamo almeno le nostre frenetiche corse per goderne il profumo e ammirarne la bellezza.
Santa Maria, donna della strada, fa' che i nostri sentieri siano, come lo furono i tuoi, strumento di comunicazione con la gente, e non nastri isolanti entro cui assicuriamo la nostra aristocratica solitudine.
Liberaci dall'ansia della metropoli e donaci
l'impazienza di Dio. L'impazienza di Dio ci fa allungare il passo per
raggiungere i compagni di strada. L'ansia della metropoli, invece, ci rende
specialisti del sorpasso. Ci fa guadagnare tempo, ma ci fa perdere il fratello
che cammina accanto a noi.
Ci mette nelle vene la frenesia della velocità, ma svuota di tenerezza i
nostri giorni. Ci fa premere sull'acceleratore, ma non dona alla nostra fretta,
come alla tua, sapori di carità. Comprime nelle sigle perfino i sentimenti, ma
ci priva della gioia di quelle relazioni corte che, per essere veramente umane,
hanno bisogno del gaudio di cento parole.
Santa Maria, donna della strada, «segno di sicura speranza e di consolazione per il peregrinante popolo di Dio», facci capire come, più che sulle mappe della geografia, dobbiamo cercare sulle tavole della storia le carovaniere dei nostri pellegrinaggi. E’ su questi itinerari che crescerà la nostra fede.
Prendici per mano e facci scorgere la presenza sacramentale di Dio sotto il filo dei giorni, negli accadimenti del tempo, nel volgere delle stagioni umane, nei tramonti delle onnipotenze terrene, nei crepuscoli mattinali di popoli nuovi, nelle attese di solidarietà che si colgono nell'aria.
Verso questi santuari dirigi i nostri passi. Per scorgere sulle sabbie dell'effimero le orme dell'eterno. Restituisci sapori di ricerca interiore alla nostra inquietudine di turisti senza meta.
Se ci vedi allo sbando, sul ciglio della strada, fermati, Samaritana dolcissima, per versare sulle nostre ferite l'olio della consolazione e il vino della speranza. E poi rimettici in carreggiata. Dalle nebbie di questa «valle di lacrime», in cui si consumano le nostre afflizioni, facci volgere gli occhi verso i monti da dove verrà l'aiuto. E allora sulle nostre strade fiorirà l'esultanza del Magnificat.
Come avvenne in quella lontana primavera, sulle alture della Giudea, quando ci salisti tu.