RITIRO ON LINE - luglio 2024 |
Venero
la Parola di Dio, l’Icona ed il Crocifisso. Traccio sulla mia
persona il Segno della mia fede, il Segno della Croce, mi metto alla
presenza del Signore che vuole parlarmi.
Non tutte le mattine sono capaci di generare una
nuova preghiera.
Ma tutte le mattine ti aprono la porta alla
possibilità
di aggiungere il tuo piccolo tassello al Regno di Dio.
Veni, Sancte Spiritus, Veni, per Mariam.
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I SALMI INSEGNANO A PREGARE
Continua la piccola serie di Lectio suggerite dalla lettura di alcuni salmi. Per
fare ciò prendiamo liberamente spunto da alcune riflessioni di padre Ubaldo
Terrinoni, (OFM cappuccini), raccolte nel suo libro “I salmi insegnano a
pregare”.
LECTIO
Apro la Parola di Dio e leggo in piedi i brani che mi vengono proposti.
Salmo 57 (56)
vv.2-7
la supplica
all’ombra
delle tue ali mi rifugio finché l’insidia sia passata.
Dio
mandi il suo amore e la sua fedeltà.
I
loro denti sono lance e frecce, la loro lingua è spada affilata.
hanno scavato davanti a me una fossa, ma dentro vi sono caduti.
vv. 8-12
il ringraziamento
Voglio
cantare, voglio inneggiare:
9svegliati,
mio cuore, svegliatevi, arpa e cetra, voglio svegliare l’aurora.
10Ti
loderò fra i popoli, Signore, a te canterò inni fra le nazioni:
MEDITATIO
Seduto, rileggo la Parola per più volte, lentamente. Anche la lettura della
Parola di Dio è preghiera. Siamo entrati in quella zona più sacra e più lunga
del nostro Ritiro On Line: il grande
silenzio! Il protagonista è lo Spirito Santo.
Il
modo migliore per assaporare un brano delle Scritture è accoglierlo in noi
come un cibo nutriente per il nostro spirito, è avere la certezza che sia
Dio a volerci parlare per farci entrare nelle dimensioni del suo disegno di
amore e di salvezza. Se ascoltiamo attentamente la Parola potremo entrare in
un rapporto vivo con il Padre, per lasciarci plasmare dal suo stesso "cuore"
Salmo 57 – Pietà di me, pietà di me, o Dio
Premessa e
struttura letteraria
Questo
salmo
può
essere
compreso
entro
due
parole:
supplica e
ringraziamento.
Vi
è la
supplica
perché
l’orante
si riconosce e si dichiara innocente
perseguitato, abbandonato da tutti (vv. 2-7). Si rifugia nel tempio per implorare l’intervento
liberante
di Dio. Segue poi il
ringraziamento,
perché il Signore ascolta il suo accorato
appello e lo libera;
egli
allora
esprime
tutta
la
sua
gratitudine
con
un
inno pieno
di
gioia
(vv.
8-12).
Prosegue il papa: «Si
assiste
al passaggio dalla paura alla gioia, dalla notte al
giorno, dall’incubo alla serenità,
dalla supplica
alla lode».
In
verità,
solo il Signore può ribaltare le nostre
situazioni disperate; solo lui
ha
la
possibilità di «mutare
il
lamento in danza,
togliere
l’abito
di sacco
e rivestire
di
gioia»
(Sal
30,12).
Secondo alcuni esegeti, qui ci
si troverebbe di fronte a un
caso classico di «prova della verità o
dell’innocenza». L’orante, pesantemente calunniato, viene condotto nel tempio
dove, alla presenza di Dio e dei suoi
accusatori, assume una
bevanda, il cui effetto benefico o malefico
dovrebbe dimostrare la sua innocenza o la sua colpevolezza. Il povero salmista
resta in attesa che all’aurora (alle prime luci dell’alba) Dio manifesti il suo
giudizio. Egli nel tempio sta
vivendo ore
di angoscia
mortale,
ore
da incubo.
Ma sa
anche
riprendersi per abbandonarsi
in
Dio, in quanto è sicuro che
il
Signore
confermerà
la
sua
innocenza.
Perciò,
riposa
sotto
l’ombra
protettrice
delle
ali
di
Dio.
Commento
a)
vv. 2-7
la
supplica
Il
salmo
si
apre
con
un
grido
che
implora
un
urgente
intervento dall’Alto:
«Pietà
di
me,
pietà
di
me,
o
Dio».
È
il
grido
di
un
pio
israelita che,
abbandonato
da
tutti
e
privo
di
speranze
umane,
si rivolge
a Dio, attendendosi
ormai
soltanto
da
lui un’esplicita
dichiarazione
di
innocenza:
«in
te
si
rifugia
l’anima
mia;
all’ombra delle
tue
ali
mi
rifugio»
(v.
2).
Il
rifugio
in
Dio
richiama
il
diritto
d’asilo
e
di difesa.
Mancando di altri appoggi, gli
resta Dio e a lui ricorre con
illimitata fiducia. L’immagine
delle «ali»
dice sicurezza di
protezione e anche intimità, tenerezza,
benevolenza. Il pulcino inerme si rifugia sotto le ali
della chioccia e là
si
sente
al
sicuro.
È
frequente
questa
delicata
immagine
nella
letteratura
biblica,
soprattutto
nel
Salterio:
«Signore,
mio
Dio,
in
te
ho
trovato
rifugio:
salvami
da
chi
mi
perseguita
e
liberami» (Sal
7,2);
«proteggimi,
o
Dio,
in
te
mi
rifugio»
(Sal
16,1);
«ti
coprirà
con
le
sue
penne, sotto
le sue
ali
troverai
rifugio»
(Sal
91,4).
Il
giusto
però
non
si
limita
a rifugiarsi, a
mettersi
al
sicuro,
ma
invoca
l’intervento dall’alto:
«Invocherò
Dio,
l’Altissimo, Dio che fa
tutto per me» (v. 3). Sì,
Dio
è l’Altissimo, il
Trascendente,
l’Infinito, l’Onnipotente
e,
nello
stesso tempo, è colui che si fa vicino, pronto
a soccorrere il tribolato,
il
perseguitato, l’indifeso,
il
bisognoso. A
lui
si
rivolge
il
salmista
con
ardente
invocazione.
Dio
fa
il
bene; non può far
altro che il
bene a
tutto e a tutti. E
vuole bene
a
te,
a
me
come
se
per
lui
esistessimo soltanto
tu
e
io.
Egli
è
il
Dio
del
bene.
L’urgenza
di un
efficace
intervento del
Cielo è motivato
dall’attacco insidioso sferrato contro di lui
da persecutori,
i
quali
sono
come
leoni,
«infiammati
di
rabbia
contro
gli
uomini»
(v.
5). Così, all’immagine
protettiva delle ali
come
rifugio,
segue,
per
contrasto, quella
dei
terribili
e
temibili
leoni in
posizione
d’attacco.
«È
un’immagine
— scrive
Giovanni
Paolo
II
—
che
poi
viene
trasformata in
un
simbolo
bellico,
delineato
con lance, frecce,
spade.
L’orante
si
sente
assalito
da
una sorta
di
squadrone della
morte.
Intorno
a
lui c’è una
banda
di cacciatori, che
tende
trappole
e
scava fosse
per
catturare
la
preda».
Ma,
fortunatamente, la macchinazione messa in
piedi per lui,
è scattata per loro. La
cattiveria inscenata contro di lui si è
ritorta contro di loro. Un autentico effetto
boomerang. I suoi
nemici
piombano
nella
fossa
che
hanno
scavato
per
lui:
hanno scavato
davanti
a
me
una
fossa,
ma
dentro
vi
sono
caduti»
(v.
7).
Anche nel salmo 7 ricorre la
stessa immagine del nemico che cade nella
fossa che ha preparato per altri: «Egli scava un pozzo profondo e cade nella fossa
che ha fatto» (Sal
7,16). Nel
libro dei Proverbi viene formulata a mo’ di
principio
la
ritorsione del
male
che
si
vuole
infliggere
agli
altri:
«Chi
scava
una
fossa
vi
cadrà
dentro
e
chi
rotola
una
pietra, gli ricadrà
addosso»
(Pr 26,27). Ciò
vuol
dire che
l’inganno,
la
violenza, l’insidia
e
l’intrigo
non
recano
alcun
vantaggio
e,
sovente,
si
rivoltano
a
danno
di
chi
li
ordisce.
E,
d’altra
parte,
il
Signore
non
tarda
a
farsi presente
sul cammino
del
tribolato: «sconvolge
le
manovre
degli
empi
—
precisa
il
papa
— facendoli inciampare
nei loro stessi progetti malvagi.
La
fiducia
nell’intervento divino
non fa
precipitare nello
scoraggiamento e
nella resa alla
prepotenza
del
male,
ma
infonde
speranza
e
forza per
proseguire
il
cammino.
Anzi,
il
giusto
nel
suo cuore
coglie
già
la
sconfitta
dei
prepotenti».
La
seconda parte è più breve, e consiste in un
alato
inno di ringraziamento al Signore, perché è
intervenuto
con grande efficacia. Per questo, l’orante,
liberato da minacce, paure e incubi, si scioglie in una incontenibile gioia
e invita tutte le creature a unirsi a lui, in
una meravigliosa
sinfonia,
per elevare un degno inno d’immensa
gratitudine a
Dio.
Qui trova conferma
una
grande e preziosa verità: l’uomo può mancare
all’appuntamento nel momento del bisogno, Dio non manca mai. Quando lo si
invoca, si fa subito
presente e vicino. Certo, non si fa vedere,
non si fa sentire, ma c’è e ascolta ogni accento e
raccoglie ogni lacrima e ogni
sospiro,
e
dona fiducia
e
forza.
«Si
noti
la
forza
di
questo
"voglio"
— (osserva
la
Canopi).
Voglio
che
la mia
vita
sia
tutta un canto a te, un inno di gratitudine».
Il «voglio» dice
anche il convinto e deciso impegno di
manifestare la propria gioia
in
modo
molto
concreto. Intanto
dichiara
di
avere un cuore forte. E dunque, non trema, non
è disorientato dalle prove subite, ma sta saldo, perché ogni fiducia è
riposta
in
Dio;
e
ripete:
«saldo
è
il
mio
cuore,
o
Dio,
saldo
è
il
mio
cuore»
(v.
8).
Il cuore, nell’antropologia biblica, è la sede del
pensiero,
della riflessione e delle sagge risoluzioni, che
hanno come
scopo gli orientamenti di fondo della vita. Il cuore
qui equivale a coscienza,
al centro della personalità. Ebbene, l’autore
ispirato, in un dialogo interiore, si rivolge al proprio
cuore e poi agli strumenti musicali e
all’aurora,
perché si
sveglino in tutta fretta. L’aurora
deve sorgere in
anticipo
sulla sua ora e gli strumenti,
bene accordati,
accompagnino
il
canto
di
grazie.
Giovanni
Paolo
Il,
nella
citata
udienza
del
mercoledì,
riflettendo su questo salmo, annota: «Il
salmista forse traduce
nei
temi
della
religiosità
biblica,
rigorosamente
monoteistica, l’uso dei sacerdoti egiziani o
fenici che erano incaricati di "svegliare l’aurora",
cioè di far apparire il sole,
considerato
una
divinità benefica.
Egli allude anche all’uso di velare gli
strumenti musicali nel tempo del lutto e della prova
(Sal 136,2), e di risvegliarli al suono
festoso
nel
tempo
della
liberazione
e
della
gioia».
In
effetti,
i
sacerdoti
egiziani
avevano
l’incarico
dal
faraone di svegliare l’aurora, cioè il dio
Sole.
Questo
versetto
9 ci offre
«una
visione
gioiosa
e impaziente,
che personifica gli
strumenti
musicali come se fossero
membri
di
un
coro
e
la
stessa
aurora
come
se
fosse
un
personaggio celeste che può anticipare
un
appuntamento» (L.A. Schökel
— C.
Carniti).
L’orante,
ritrovandosi
liberato
da
paure
e
da
minacce
per
divino
intervento, esplode
con
una
gioia
straripante e
travolgente.
Nei vv. 10-11, la gioia e il ringraziamento del
salmista si
fanno ancora più espliciti,
perché il Signore è intervenuto
inviando
due
potenti
delegati,
quasi
personificati:
l’amore
e la
fedeltà:
«Grande
fino ai
cieli è il tuo
amore e fino alle nubi la tua fedeltà» (v. 11). Questi...
«personaggi»
erano
apparsi
già
nella
prima
parte
del
salmo
appunto
come
«il
suo
amore
e
la
sua
fedeltà»
(v.
4).
L’inno si chiude con uno sguardo di orizzonte
universale, in
quanto l’orante vuole lodare il Signore tra
popoli e
nazioni. Dio però deve elevarsi per estendere il suo
dominio di gloria su nel cielo e sulla terra: «Innalzati
sopra il
cielo, o Dio, su tutta la terra la tua gloria»
(v. 12). Tutti i
popoli e tutte le nazioni siano spettatori
della grandezza e
della
gloria
di
Dio.
Attualizzazione:
pregare
il salmo
oggi -
Dio ascolta anche il tuo silenzio
L’esperienza di momenti di
angoscia e di tribolazione si
affaccia
sovente
lungo
il
cammino
terreno
dell’uomo.
Sopraggiunge
la
notte
della
prova,
della
sofferenza,
dell’abbandono, della calunnia... È una
terribile fase di vita in
cui non puoi contare
su niente e su nessuno,
tranne su Dio.
È un’amara esperienza in cui i tuoi nemici si sono
trasformati in temibili «leoni», i quali hanno lance e frecce al
posto dei denti e una spada affilata al posto
della lingua. E
quanto
danno
può
compiere
quest’ultima...!
E’ pur vero che con la lingua tu puoi dare conforto e
consolazione a qualche
afflitto; con la
parola puoi comunicare le tue ricchezze
interiori,
puoi pregare, istruire, correggere,
dare consigli.
In
definitiva,
con
la
lingua puoi dire le
cose più nobili, sagge e sante.
Ma è altrettanto vero che con
la
stessa lingua puoi commettere le cose più
orribili: puoi
dire menzogne, falsità, calunnie,
errori, dare cattivi consigli, lanciare
ingiurie,
maledizioni, bestemmie. . .
La
lingua
può
far
versare
molte
lacrime,
può
aprire
profonde
ferite e.
. .
può
indurre
alla
disperazione.
Ed è proprio la disperazione che il salmista
vuole evitare ad
ogni costo e, perciò, si rivolge con illimitata fiducia al Signore: a lui
presenta l’angosciosa situazione personale,
che risulta
senza
via
d’uscita, perché
i
suoi
nemici
hanno
disseminato
molte reti come lacci sul suo cammino.
Egli invoca pietà ricorrendo a verbi all’imperativo, mettendo urgenza a lui: «mandi
dal
cielo»,
«confonda», «Dio
mandi»,
«innàlzati» (vv.
4-6).
In
realtà si nota che, lungo tutto il Salterio,
affiorano di
frequente gli imperativi dalla bocca del
tribolato perseguitato: «guarda»,
«vedi»
(Sal 25,19), «dèstati»
(Sal 44,24), «àlzati»,
«innàlzati»,
«sorgi»
(Sal
9,20-33),
«rialzaci»
(Sal
80,4.8.20),
«abbi
misericordia», «muoviti
a
pietà» (Sal
22,20),
«fammi giustizia» (Sal 43,1), «pietà di me» (Sal 41,5-11),
«non
tacere», «suscita»,
«trattami», «liberami»,
«aiutami», «salvami»
(Sal
109,26).
Dio
ascolta non solo il
tuo grido, ma anche il tuo silenzio
saturo
di
dolore;
ascolta
un
tuo
sospiro,
non
gli
sfugge neppure una sola delle tue lacrime. Non resta
indifferente
quando
ti
vede
alle
prese
con
la
tua
angoscia
e
la tua
oppressione. Egli si prende cura del
tribolato, dell’indigente, del povero, dell’orfano e della vedova. Per
cui, se tu ti
trovi immerso nel dolore, non chiuderti in un
silenzio rabbioso, ma apriti a un fiducioso abbandono in Dio e a un sincero
dialogo
con
lui.
Egli non ti nega una sua pronta risposta, non
ti priva
della
sua
protezione,
ma
interviene
nei
modi
più
impensabili: attraverso una sorpresa,
un’ispirazione, una insperata
consolazione, attraverso un tuo amico o anche mediante
un incontro imprevisto per infonderti fiducia e per darti
la
forza e il coraggio sufficienti
per superare la terribile tribolazione. Ti fa passare da una situazione di
angoscia a
un’altra
di
pace,
di
serenità
e
di
indicibile
gioia.
Soltanto lui ha la possibilità di ribaltare le
tue situazioni... impossibili! Egli fa tornare il sereno sul cielo della tua
vita, basta che ti rifugi in lui e ti
abbandoni pienamente a
lui.
«Tu sei spesso nella tempesta, ma ogni giorno,
ogni
momento
Dio è
là,
oltre
le
dense
nubi,
per
accoglierti.
Devi
chiamarlo,
invocarlo, lasciarti prendere, lasciarti sollevare
fino al suo cuore e su di esso riposare.
Allora puoi vedere
l’aurora del giorno della salvezza che è già sorto e che
sempre
sorge per
te»
(A.M.
Canopi).
ORATIO
Domando umilmente di poter essere coerente con le indicazioni emerse dalla
meditatio. Esprimo fede, speranza, amore. La preghiera si estende e diventa
preghiera per i propri amici, per la propria comunità, per la Chiesa, per tutti
gli uomini. La preghiera si può anche fare ruminando alcune frasi del brano
ripetendo per più volte la frase/i che mi hanno fatto meditare.
Se potessi esprimere un desiderio, Signore di tutti i mondi, vorrei che nessuno si perda, che ognuno raggiunga la Tua Pienezza, le esistenze più sconquassate, e quelle più riuscite, tutti, ma proprio tutti, conoscano che Ti sei consumato d'Amore per le une e per le altre, e questa è l'unica cosa che conta...
(Valentino
De Santis -
Un minuto con Dio)
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CONTEMPLATIO
Avverto il bisogno di guardare solo a Gesù, di lasciarmi raggiungere dal suo
mistero, di riposare in lui, di accogliere il suo amore per noi. È l’intuizione
del regno di Dio dentro di me, la certezza di aver toccato Gesù. È Gesù che ci
precede, ci accompagna, ci è vicino, Gesù solo! Contempliamo in silenzio questo
mistero: Dio si fa vicino ad ogni uomo!
Per Cristo, con Cristo e in Cristo a te, Dio Padre
Onnipotente,
nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria per tutti
i secoli dei secoli.
Amen
ACTIO
Mi
impegno a vivere un versetto di questi brani, quello che mi ha colpito di più.
Si compie concretamente un’azione che cambia il cuore e converte la vita.
Ciò che si è meditato diventa ora vita!
Prego con la Liturgia delle Ore, l’ora canonica del giorno adatta al
momento.
Concludo il momento di lectio recitando con calma la preghiera insegnataci da
Gesù: Padre Nostro...
Arrivederci!
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