RITIRO ON LINE - luglio 2020













Venero la Parola di Dio, l’Icona ed il Crocifisso. Traccio sulla mia persona il Segno della mia fede, il Segno della Croce, mi metto alla presenza del Signore che vuole parlarmi.



Le orecchie del mio cuore, 

Signore, 

sono davanti a Te;  

aprile e di' alla mia anima:

«Io sono la tua salvezza».

 Rincorrerò questa voce 

e così ti raggiungerò. 

(Sant'Agostino)



Veni, Sancte Spiritus, Veni, per Mariam.



=============================================================

L’INCONTRO CON LA MISERICORDIA

 

La lectio di oggi prende spunto dall’ episodio evangelico autobiografico narrato da Matteo dove Gesù chiama Matteo stesso alla sua sequela.  Oltre alla prontezza di Matteo a rispondere di sì, fa riflettere la rigidezza e la mancanza di empatia da parte dei “benpensanti”.

 

Buona meditazione e buona preghiera.
















LECTIO Apro la Parola di Dio e leggo in piedi i brani che mi vengono proposti. (Matteo 9,9-13)


9Andando via di là, Gesù vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì.

10Mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. 11Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?». 12Udito questo, disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. 13Andate a imparare che cosa vuol dire: Misericordia io voglio e non sacrifici. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori».

 













MEDITATIO Seduto, rileggo la Parola per più volte, lentamente. Anche la lettura della Parola di Dio è preghiera. Siamo entrati in quella zona più sacra e più lunga del nostro Ritiro On Line: il grande silenzio ! Il protagonista è lo Spirito Santo.

Il modo migliore per assaporare un brano delle Scritture è accoglierlo in noi come un cibo nutriente per il nostro spirito, è avere la certezza che sia Dio a volerci parlare per farci entrare nelle dimensioni del suo disegno di amore e di salvezza. Se ascoltiamo attentamente la Parola potremo entrare in rapporto vivo con il Padre, per lasciarci plasmare dal suo stesso “cuore”.



_________________________________________________________________________________

"VOGLIO LA MISERICORDIA, NON IL SACRIFICIO"

 La conversione di Matteo

 


Matteo si alzò e lo seguì

C'è qualcosa di commovente nella chiamata di Matteo il pubblicano. È una pagina autobiografica, la storia dell'incontro con Cristo che cambiò la sua vita.

 « Andando via di là, Gesù vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì.

Il Caravaggio ci ha lasciato una tela famosa su questa scena. Il futuro apostolo è seduto a un tavolo. Sopra di esso, oltre alle monete, ci sono penna e calamaio (gli serviranno un giorno per un altro scopo!).

Una luce parte dal volto di Cristo, segue il movimento della sua mano e cade, illuminandoli, sui volti di Matteo e degli altri che sono seduti con lui al tavolo delle imposte. Un modo suggestivo per dire che la chiamata esteriore è accompagnata da una luce interiore. Senza questa, del resto, non si spiegherebbe la prontezza con cui Matteo "si alza", lascia tutto e segue Cristo, senza bisogno di spiegazione alcuna.

Il dialogo invisibile tra Cristo e il futuro apostolo è tutto affidato al gesto delle rispettive mani. Quella di Cristo, in piedi, si protende in direzione di Matteo, in segno però più di elezione che di comando (nessun indice puntato verso Matteo, ma solo una mano tesa!). A questo gesto corrisponde quello di Matteo che si porta la mano al petto, come chi si stupisce della scelta e dice: "lo? Sei sicuro che vuoi proprio me?".

Di fronte al rifiuto del giovane ricco di seguirlo, Gesù aveva osservato con tristezza che « è più facile che un cammello entri per la cruna di un ago che un ricco entri nel regno dei cieli ». Agli apostoli che gli chiedono: « E chi potrà salvarsi allora? », egli rispose: «Impossibile agli uomini, non a Dio» (Mt 19,24-26).

La chiamata di Matteo è la riprova che a Dio è possibile salvare anche un ricco. Il confronto con l'invito rivolto al giovane ricco ci dice qualcosa anche di Matteo, della sua apertura a Dio. Non era affatto scontato che Matteo rispondesse con prontezza alla proposta di Gesù.

All'invito di Gesù: «Vieni e seguimi!», il giovane ricco «se ne andò triste»; Matteo invece  «si alzò e lo seguì».

Il comportamento di Matteo ha dell'inverosimile. Possiamo immaginarcelo seduto, intento a riscuotere i dazi, a contemplare rapito le monete che i commercianti depongono sul tavolo. È al massimo dell'euforia, quando tutto ciò che fino a quel momento ha dato senso alla sua vita perde valore. Matteo si alza, abbandona ogni cosa e segue Gesù. Non ha assistito ad alcun miracolo; siamo quasi agli inizi del ministero pubblico di Gesù ed egli non è ancora famoso: come si spiega tanta prontezza? Caravaggio ha colto nel segno: lo sguardo di Gesù!

Le traduzioni dicono: «lo vide», ma forse meglio sarebbe tradurre «lo guardò». Potremmo liberamente aggiungere: «lo guardò con sguardo di misericordia e di elezione»  (“miserando et eligendo": le parole che papa Francesco ha scelto come motto del suo stemma papale).

 

Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori

L'episodio della chiamata di Matteo non è ricordato principalmente per l'importanza personale che rivestiva per l'autore del Vangelo, tanto è vero che anche Marco e Luca lo riferiscono, chiamando Matteo con il suo secondo nome di Levi (cfr. Mc 2,14; Lc 5,27).

L'interesse è dovuto alla frase che Gesù pronunciò nel corso del "grande banchetto" che Matteo offrì "nella sua casa", prima di congedarsi dai suoi ex colleghi di lavoro, "pubblicani e peccatori".

Alla reazione scandalizzata dei farisei per essere entrato in casa di un pubblicano e aver mangiato con i peccatori, Gesù risponde:

« Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate dunque e imparate che cosa significhi: Misericordia io voglio e non sacrificio. Infatti non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori. »

Noi siamo talmente assuefatti alle parole del Vangelo che le troviamo scontate e naturali, anche quando esse sono obbiettivamente "scandalose" e dovrebbero almeno suscitarci degli interrogativi. Dio preferirebbe i peccatori ai giusti? Allora a che scopo la Legge e i comandamenti? Sono proprio le domande inquietanti che ci conducono a scoprire, a volte, le risposte liberanti del Vangelo.

La spiegazione della frase di Gesù è semplice: non è venuto a chiamare i giusti (come se esistessero giusti prima di lui e senza di lui), ma è venuto a fare i giusti. Scrive san Paolo nella Lettera ai Romani:

« Non c'è distinzione: tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio,  ma sono giustificati  gratuitamente  per la sua grazia, in virtù della redenzione realizzata da Cristo Gesù. Dio lo ha prestabilito a servire come strumento di espiazione per mezzo della fede, nel suo sangue »  (Rm 3,22-25).

 Gesù non nega che esistesse prima di lui una certa giustizia, « la giustizia che deriva dall'osservanza della legge» (cfr. Fil 3,6); riconosce volentieri tale giustizia nei farisei, che continua, perciò, a chiamare, senza ironia, "i giusti". Solo cerca di spiegare che questa giustizia non basta a salvare perché non può dare la vita. Doveva servire solo a fare "desiderare la grazia" e  riconoscerla al momento della sua venuta. Fallito questo scopo, si trasforma in pseudo-giustizia, in giustizia che perde, anziché salvare. Fu il dramma degli oppositori di Cristo; di essi san Paolo  dice mestamente che « ignorando la giustizia di Dio, cercano di stabilire la propria » (Rm 10,3).

Tutto questo lo vediamo già nella vita di Matteo. L'incontro con Cristo, da "pubblicano e peccatore" lo ha reso "giusto" e rendendolo giusto ha fatto di lui una persona nuova, un apostolo di Cristo. Se fosse rimasto un esattore delle tasse, Caravaggio non si sarebbe interessato di lui, il mondo non saprebbe neppure che è esistito un certo Matteo detto anche Levi.

 

Misericordia e sacrificio

Che significa la frase di Osea, ripresa da Cristo: «Voglio l'amore e non il sacrificio »? Forse che è inutile ogni sacrificio e mortificazione e che basta amare perché tutto sia a posto? Non manca chi interpreta proprio così e lo insegna agli altri. Di questo passo si può arrivare a rigettare tutto l'aspetto ascetico del cristianesimo, come residuo di una mentalità afflittiva o manichea, oggi superata.

Una domanda inquietante diventa occasione di una scoperta illuminante. Anzitutto c'è da notare un profondo cambiamento di prospettiva nel passaggio da Osea a Cristo. In Osea,  il detto si  riferisce all'uomo e a ciò che Dio vuole da lui. Dio vuole dall'uomo amore e conoscenza, non sacrifici esteriori e olocausti di animali. Sulla bocca di Gesù, il detto si riferisce invece a Dio.

L'amore di cui si parla non è quello che Dio esige dall'uomo, ma quello che dà all' uomo.

« Misericordia io voglio e non sacrificio », vuol dire: voglio usare misericordia, non condannare.

Il suo equivalente biblico è la parola che si legge in Ezechiele: « Non voglio la morte del peccatore, ma che si converta e viva » (Ez 33,11). Dio non vuole "sacrificare" la sua creatura, ma salvarla.

Dio non vuole il sacrificio "a tutti i costi", come se si dilettasse nel vederci soffrire; non vuole neppure il sacrificio fatto per accampare diritti e meriti davanti a lui, o per malinteso senso del dovere. Vuole però il sacrificio che è richiesto dal suo amore e dall'osservanza dei comandamenti. «Non si vive in amore senza dolore», dice la Imitazione di Cristo (III, 5) e la stessa esperienza quotidiana lo conferma. Non c'è amore senza sacrificio. In questo senso, Paolo ci esorta a fare dell'intera nostra vita « un sacrificio vivente, santo e gradito a Dio » (Rm 12,1).

Sacrificio e misericordia sono entrambi cose buone, ma possono diventare l'uno e l'altra cose cattive, se mal ripartite. Sono cose buone, se (come ha fatto Cristo) si sceglie il sacrificio per sé e la misericordia per gli altri; diventano tutte e due cose cattive se si fa il contrario e si sceglie la misericordia  per sé e  il sacrificio per gli altri. Cioè se si è indulgenti con se stessi e rigorosi con gli altri, pronti sempre a scusare noi stessi e spietati nel giudicare gli altri…

 














ORATIO Domando umilmente di poter essere coerente con le indicazioni emerse dalla meditatio. Esprimo fede, speranza, amore. La preghiera si estende e diventa preghiera per i propri amici, per la propria comunità, per la Chiesa, per tutti gli uomini. La preghiera si può anche fare ruminando alcune frasi del brano ripetendo per più volte la frase/i che mi hanno fatto meditare.



Accorgersi con enorme sorpresa.

Che c’era una forza di attrazione.

Che operava nascosta.

Nelle vicende di tutta una vita.

 

Accorgersi che tanti miei passi

e scelte sofferte.

Da sempre avevi preparato.

Per attirarmi. Verso un punto.

Di arrivo, ancor prima che di partenza.

Di arrivo: perché ogni vicenda,

posso ora rileggere,

con un senso nuovo.

 

Mentre il cuore è ancora impaurito,

posso già osare rallegrarmi.

Perché come Maria.

Scopro che il Signore è con me.

(“Tra i tornanti dell’anima” - Stefania Perna)  

 













CONTEMPLATIO Avverto il bisogno di guardare solo a Gesù, di lasciarmi raggiungere dal suo mistero, di riposare in lui, di accogliere il suo amore per noi. È l’intuizione del regno di Dio dentro di me, la certezza di aver toccato Gesù. È Gesù che ci precede, ci accompagna, ci è vicino, Gesù solo! Contempliamo in silenzio questo mistero: Dio si fa vicino ad ogni uomo!

Per Cristo, con Cristo e in Cristo a te, Dio Padre Onnipotente,

nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoli.

Amen














ACTIO Mi impegno a vivere un versetto di questi brani, quello che mi ha colpito di più.

Si compie concretamente un’azione che cambia il cuore e converte la vita. Ciò che si è meditato diventa ora vita! Prego con la Liturgia delle Ore, l’ora canonica del giorno adatta al momento.

Concludo il momento di lectio recitando con calma la preghiera insegnataci da Gesù: Padre Nostro...

Arrivederci!

 

(tratto da una serie di lectio sulla Misericordia proposte in parrocchia)