Venero la Parola di Dio, l’Icona ed il Crocifisso. Traccio sulla mia persona il Segno della mia fede, il Segno della Croce, mi metto alla presenza del Signore che vuole parlarmi.
Come la cerva anela
ai corsi d’acqua,
così l’anima mia anela
a te, o Dio.
L’anima mia ha sete di Dio,
del Dio vivente:
quando verrò e vedrò
il volto di Dio?
Perché ti rattristi, anima mia,
perché ti agiti in me?
Spera
in Dio:
ancora potrò lodarlo,
lui, salvezza del mio volto
e mio Dio.
Di giorno il Signore mi dona
il suo amore
e di notte il suo canto
è con me.
(dal Salmo 42)
Veni, Sancte Spiritus, Veni, per Mariam.
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Le ore del giorno scorrono rapide. Impossibile fermarle.
Il credente però le può «redimere».
Continuano le lectio liberamente tratte da alcune riflessioni di don Davide Caldirola,
sacerdote della Chiesa di Milano.
Buona meditazione e buona preghiera.
LECTIO Apro
la Parola di Dio e leggo in piedi il brano che mi viene proposto.
(Giovanni
4,1-30)
1Gesù
venne a sapere che i farisei avevano sentito dire: «Gesù fa più discepoli e
battezza più di Giovanni» –
2sebbene
non fosse Gesù in persona a battezzare, ma i suoi discepoli –,
3lasciò
allora la Giudea e si diresse di nuovo verso la Galilea.
4Doveva
perciò attraversare la Samaria.
5Giunse
così a una città della Samaria chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe
aveva dato a Giuseppe suo figlio:
6qui
c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva
presso il pozzo. Era circa mezzogiorno.
7Giunge
una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere».
8I
suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi.
9Allora
la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me,
che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i
Samaritani.
10Gesù
le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi
da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva».
11Gli
dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove
prendi dunque quest’acqua viva?
12Sei
tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve
lui con i suoi figli e il suo bestiame?».
13Gesù
le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete;
14ma
chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua
che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita
eterna».
15«Signore
– gli dice la donna –, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non
continui a venire qui ad attingere acqua».
16Le
dice: «Va’ a chiamare tuo marito e ritorna qui».
17Gli
risponde la donna: «Io non ho marito». Le dice Gesù: «Hai detto bene: “Io non ho
marito”.
18Infatti
hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai
detto il vero».
19Gli
replica la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta!
20I
nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme
il luogo in cui bisogna adorare».
21Gesù
le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme
adorerete il Padre.
22Voi
adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la
salvezza viene dai Giudei.
23Ma
viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in
spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano.
24Dio
è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità».
25Gli
rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli
verrà, ci annuncerà ogni cosa».
26Le
dice Gesù: «Sono io, che parlo con te».
27In
quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una
donna. Nessuno tuttavia disse: «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli con
lei?».
28La
donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente:
29«Venite
a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il
Cristo?».
30Uscirono
dalla città e andavano da lui.
MEDITATIO
Seduto, rileggo la Parola per più volte, lentamente.
Anche la lettura della Parola di Dio è preghiera. Siamo entrati in quella zona
più sacra e più lunga del nostro Ritiro On Line:
il grande
silenzio ! Il protagonista è lo Spirito
Santo.
Il
modo migliore per assaporare un brano delle Scritture è accoglierlo in noi
come un cibo nutriente per il nostro spirito, è avere la certezza che sia
Dio a volerci parlare per farci entrare nelle dimensioni del suo disegno di
amore e di salvezza. Se ascoltiamo attentamente la Parola potremo entrare in
un rapporto vivo con il Padre, per lasciarci plasmare dal suo stesso
"cuore".
“Verso mezzogiorno: l’ora della sosta
(Giovanni 4,1-30)
Il
luogo della sosta
Del lungo
brano evangelico che descrive l'incontro di Gesù con la Samaritana oggi ci
soffermiamo solo sui primi versetti, quelli che ci raccontano la sosta di Gesù e
il suo primo approccio con la donna che corre al pozzo a prendere acqua.
Anzitutto
diamo un'occhiata al luogo in cui
avviene l'incontro, al luogo che permette a Gesù di entrare nella vita e nel
cuore di questa donna, trasformandoli profondamente.
La nota
iniziale che ci offre il Vangelo di Giovanni è estremamente generica, e di per
sé solo in parte veritiera: «Doveva
attraversare la Samaria». Ad essere precisi, occorre dire che ci
sono anche altre strade che dalla Giudea conducono in Galilea; quel «bisognava
che attraversasse» (così recita la traduzione più vicina al testo greco) ci
appare più una necessità della grazia che della geografia. È un po' come se la
Samaria fosse un luogo di richiamo per Gesù, o più precisamente - se vogliamo
usare un termine forte - un luogo di agguato della grazia, una sorta di
strettoia che lo Spirito fa percorrere a Gesù perché nella sosta del viaggio
possa avvenire un incontro.
Ci troviamo
nella città di Sicar. È un luogo storico, rappresenta un pezzo della storia
della salvezza. Gesù non matura questo incontro in una sorta di «terra vergine»,
ma in un pezzo di «terra sacra», che Dio abita da tempo. Così si esprime un noto
commento del Vangelo di Giovanni:
Sicar richiama l'inizio della storia della salvezza: è il primo pezzo di terra
promessa che il padre Abramo incontrò. [... ] Ma è soprattutto legata a
Giacobbe, [.. .] e il ricordo di Giacobbe, padre delle dodici tribù, è un
richiamo alla storia comune, prima di ogni divisione. [... ] Il pozzo dove Gesù
e la Samaritana si incontrano è davvero profondo; profondo come una memoria
antica, da cui zampilla la storia dei Padri
(S.
Fausti).
Il pozzo
L'immagine
del pozzo ci permette un illuminante e brevissimo excursus in due testi
dell'Antico Testamento. Ecco il primo:
“Il
mio popolo ha cambiato colui che è la sua gloria con un essere inutile e vano.
Stupitene, o cieli; inorridite come non mai. Oracolo del Signore. Perché il mio
popolo ha commesso due iniquità: essi hanno abbandonato me, sorgente di acqua
viva, per scavarsi cisterne, cisterne screpolate, che non tengono l'acqua”
(Ger 2,11-13).
C'è pozzo e
pozzo, verrebbe da dire. Ci sono luoghi di sosta che promettono e non
mantengono. C'è sempre in agguato nella vita dell'uomo la terribile possibilità
di rimanere arido, come terra che non ha più il beneficio dell'acqua. C'è la
triste possibilità dello spreco della grazia che trascina la vita in un'arsura e
una secchezza che non dà scampo.
“O
voi tutti assetati venite all'acqua, chi non ha denaro venga ugualmente;
comprate e mangiate senza denaro e, senza spesa, vino e latte. Perché spendete
denaro per ciò che non è pane, il vostro patrimonio per ciò che non sazia? Su,
ascoltatemi e mangerete cose buone e gusterete cibi succulenti. Porgete
l'orecchio e venite a me, ascoltate e voi vivrete. Io stabilirò per voi
un'alleanza eterna, i favori assicurati a Davide”
(Is 55,1-3).
L'immagine
che ci regala Isaia è di segno contrario rispetto alla precedente: c'è posto per
tutti, c'è un luogo dove tutti sono attesi, anche chi non ha nulla, per sostare
e gustare i doni di Dio. C'è un «pozzo senza fondo» di ricchezze per chi sa
ascoltare la parola di alleanza e di fiducia che Dio rivolge al suo popolo.
Misteriosamente questo avverrà anche al termine dell'incontro di Gesù con la
Samaritana: la donna si sentirà talmente dissetata e nutrita da dimenticare
perfino la brocca presso il pozzo
( “La
donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente
…”
v. 28) per andare a raccontare a tutti la bellezza e la meraviglia scaturite
dall'imprevedibile colloquio con lo sconosciuto.
Nel testo di
Giovanni il pozzo diviene propriamente il luogo dell'incontro, della grazia,
della meraviglia.
Il tempo
della sosta
Proviamo a
leggere con attenzione il tempo, il momento preciso in cui questa sosta avviene.
“…lasciò
allora la Galilea e si diresse…”,
dice
Giovanni. In poche parole “durante un viaggio”. E fin qui niente di strano. Ma a
voler ben guardare
le condizioni di questo viaggio scopriamo che per Gesù si tratta di uno
spostamento non desiderato, che va contro i suoi piani e i suoi progetti. È
quasi una fuga, come annota il biblista M. Laconi:
“Il
successo apostolico di Gesù in Giudea, col suo seguito di discussioni, dovette
provocare reazioni preoccupanti, soprattutto da parte dei farisei; tant'è vero
che Gesù a un certo punto è costretto a lasciare la Giudea e a recarsi in
Galilea, attraversando la Samaria”.
La sosta,
dunque, avviene nel bel mezzo di un viaggio forse non gradito, che costringe
Gesù a rivedere i suoi piani. E avviene all'ora sesta ( “Era
circa mezzogiorno” ), l'ora più calda del giorno, caratterizzata
dalla mancanza di ombra e dal caldo soffocante. È l'ora in cui tutto si ferma,
in cui non è buona cosa andare in giro per strada. E in effetti nella narrazione
di Giovanni l'incontro tra Gesù e la Samaritana avviene senza testimoni, senza
che nessun altro passi dal pozzo di Giacobbe per attingere acqua o per
riposarsi: i discepoli sono andati via e il resto della città è fermo per
riposare nell'ora della canicola. Questo incontro che avviene nello spazio
aperto è in realtà un incontro che si consuma a suo modo nel segreto, in una sua
particolare intimità.
Non è
l'unica volta in cui nei Vangeli si parla dell'«ora sesta». Nella narrazione
della Passione è l'ora in cui si fa buio sulla terra. E anche in quel caso, a
maggior ragione, Gesù appare come in «sosta forzata». Non è più la sosta di chi
è stanco del viaggio e decide di riposarsi: è tragicamente la sosta di chi non
può più muoversi, di chi è costretto a star fermo perché ha le mani e i piedi
inchiodati alla croce. Eppure in questa enorme differenza, cogliamo singolari
somiglianze: nell'uno e nell'altro caso la sosta di Gesù coincide con l'incontro
con l'umanità povera e peccatrice;
in entrambi i momenti si parla dell'acqua viva (quella che Gesù promette alla
donna e quella che sgorga dal costato trafitto); in tutte e due le circostanze
si opera un evento salvifico. La sosta di Gesù non rappresenta dunque un momento
di interruzione dell'opera di salvezza, una rinuncia alla propria responsabilità
e al proprio compito, ma l'ennesima offerta di vita e di speranza per l'umanità
da lui amata.
Le
condizioni della sosta
Se volessimo
sintetizzare in tre parole le condizioni in cui avviene questo incontro, non
avremmo dubbi: nessuna condizione favorevole. Dal punto di vista di un calcolo
puramente umano è un incontro destinato al fallimento sicuro.
Non c'è
nessuna preparazione, anzitutto. L'incontro avviene per caso, per una serie di
coincidenze lontane da qualunque strategia di evangelizzazione o semplicemente
di approccio. Gesù non appronta nessun piano pastorale per l'evangelizzazione
della Samaria, non studia le coordinate sociopolitiche della regione per
proporre un contatto più efficace con la popolazione di Sicar, non fa nessuna
indagine di mercato per studiare le attese religiose delle persone che
incontrerà. È semplicemente di passaggio. Ed è pure stanco. La stanchezza di
Gesù è dichiarata esplicitamente dal testo di Giovanni: “Gesù
dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo” e
sappiamo per esperienza che quando si è stanchi si desidera soprattutto riposare
e - se possibile - essere lasciati in pace. L'intrusione, il contrattempo, la
visita o l'incontro imprevisto vengono immediatamente catalogati come
inopportuni, e si tende a porvi fine al più presto.
Non che da
parte della donna ci siano condizioni migliori. Arriva al pozzo in un orario
insolito: “Giunge
una donna samaritana ad attingere acqua”. Qualcuno suggerisce
l'ipotesi che non sia saggio per una donna andare al pozzo a mezzogiorno quando
non c’è nessuno, a meno che non intenda prestarsi ad incontri equivoci, oppure
evitare incontri indesiderati con le altre donne. Apparentemente ha bisogno di
acqua: porta la brocca con sé. E di sicuro, se cercasse l'acqua soltanto, non
verrebbe al pozzo per fermarsi a lungo: una volta riempita la brocca non c'è più
nessun motivo per fermarsi.
La
combinazione tra i due personaggi, inoltre, non è certo delle più felici, ed è
la donna stessa a rimarcarlo: «Come
mai tu, che sei Giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna Samaritana?».
Non siamo certo di fronte alla provvidenziale circostanza che fa incontrare due
vecchi amici… Un uomo e una donna, un Giudeo e una Samaritana, un Rabbi e una
persona dalla moralità dubbia: due vite che non hanno nulla a che spartire, due
universi destinati a non incontrarsi. E invece Gesù fa saltare tutti i
meccanismi di diversità e di esclusione che rendono l'incontro impossibile, i
«buoni motivi» che lo suggeriscono come inopportuno. Né la differenza di razza,
né quelle di sesso o di religione sembrano particolarmente importanti per il
Maestro; per lo meno non tanto da precludere la possibilità di un dialogo vero,
di un confronto serio, e di una salvezza possibile per la donna che lo ascolta.
Da rilevare
infine, per quel che riguarda le condizioni dell'incontro,
l'assenza dei
discepoli:
“I
suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi
“. Di tutti i discepoli, non rimane
nessuno vicino al Signore. Qualcuno si è chiesto: ma dovevano andare proprio
tutti a fare spesa? Perché non si è fermato nessuno? Era logico lasciare Gesù da
solo in terra straniera? Fatto sta che questo incontro tra Gesù e la Samaritana
avviene sì in «campo aperto», ma anche in perfetta solitudine, senza testimoni,
senza presenze ingombranti attorno. Forse è necessaria proprio questa
solitudine, questo silenzio che circonda la scena, perché qualcosa di buono
possa accadere, nonostante le premesse siano tutte ampiamente negative. Ci
possiamo chiedere: è la casualità o la provvidenza a stabilire queste condizioni
di incontro? Sta di fatto che Gesù sa cogliere l'occasione. Un incontro casuale
diventa una possibilità reale di conoscenza e di cambiamento. Al di là di
qualunque tipo di strategia possibile, l'unica cosa che conta per lui è quella
di rimanere vigile per raggiungere il cuore di chi gli appare dinanzi, oltre
ogni ostacolo e ogni resistenza possibile.
Le prime
parole
Ed eccoci
arrivati alle prime parole del dialogo: «Dammi
da bere». Gesù comincia col chiedere un favore. Si mette dalla
parte del più povero. Non è una tecnica di avvicinamento, un modo per farsi
gradito agli occhi della donna. Lui è di fatto più povero: non è in casa sua e
non ha mezzo per attingere acqua. Se vuol bere deve dipendere dalla cortesia e
dalla gentilezza della donna, e si mette senza problemi nella condizione di
svantaggio, esponendosi al rischio di un diniego, di una risposta sbagliata.
Facendo così rompe ogni convenienza, ogni equilibrio. È da qui, da questa scelta
rischiosa di Gesù che si apre il dialogo. È dalla sua pazienza, dalla sua
povertà, dalla sua piccolezza. Conquisterà il cuore della donna, e molti altri
cuori (cf v. 29-30) non a partire da un gesto potente, ma da un segno umile, da
una richiesta di aiuto.
«Dammi
da bere»,
dice Gesù alla Samaritana. Comincia tutto da lì. Dall'ora della sosta che
diventa l'ora in cui non si ha paura a dire il proprio bisogno, la propria
fragilità, il proprio sentirsi ed essere realmente poveri, senza brocca per
attingere, legati alla vita dell'altro.
La parola
per la mia vita: fermarsi
Spesso nella
nostra vita non è poi così facile fermarsi. Nelle nostre metropoli, ad esempio,
ci sono giorni in cui sembra che anche il sole abbia premura. Perfino i momenti
di pausa e di relax sono segnati da un eccesso di fretta e di eccitazione,
vengono consumati anziché gustati. Non c'è più spazio per la lentezza, per la
calma, per la riflessione pacata, per l'ascolto gratuito di una persona, di una
canzone, di una poesia. Fermarsi è un lusso che nessuno si può più concedere, a
qualunque
strato
sociale appartenga. Forse perché il silenzio, l'immobilità, il vuoto ricordano
troppo da vicino la morte, forse perché il riposo diviene scandaloso quando
l'imperativo è quello di produrre, o più semplicemente di «esserci», di
apparire, di possedere.
L'incapacità
a fermarsi, la frenesia (magari con scopi nobili) con cui riempiamo il nostro
tempo, ci rende poco alla volta irreperibili e irraggiungibili da Dio stesso.
Perfino le nostre attività pastorali, addirittura le nostre preghiere sembrano
obbedire a una terribile ansia da prestazione che toglie sapore a tutto. Per
guadagnare del tempo, finiamo col perderlo, per fare di più ci rendiamo
impotenti, per inseguire ciò che a noi pare il meglio dimentichiamo il bene
possibile.
Fermarsi è
difficile, ma è necessario: è l'occasione che ci viene data per ritornare a noi
stessi. E per ritrovare l'amico che abbiamo dimenticato.
Sosta e
profondità
All'inizio
della riflessione abbiamo accennato a quanto profondo sia il pozzo presso il
quale sostano Gesù e la Samaritana. Il tema della profondità è strettamente
correlato a quello della sosta. Quando abbiamo il coraggio e il tempo di
fermarci, spesso, non sentiamo solo il bisogno di un riposo fisico, peraltro
assolutamente indispensabile, ma avvertiamo il desiderio - nella pace e nella
quiete - di raggiungere quella parte di noi che ci sfugge, che non riusciamo mai
a vedere quando corriamo troppo di fretta. Desideriamo soste per lo spirito,
angoli di difesa dell'anima.
È così anche
nella pagina che meditiamo oggi. Per la Samaritana il momento della sosta
coincide, poco alla volta, col desiderio di sentirsi conosciuta, scavata in
profondità, raggiunta là dove da sola non avrebbe mai osato posare lo sguardo. «Mi
ha detto tutto quello che ho fatto» (vv. 29), dirà la donna al
termine del colloquio col Signore. E lo dirà con un grande senso di
riconoscenza, di liberazione interiore. Quello che aveva fatto nella sua vita
non era proprio esemplare, ma il coraggio con cui ha accettato la sfida della
profondità col Maestro che le parlava, poco alla volta le ha permesso di
rileggerlo senza vergogna, con un grande senso di pacificazione e di
riconoscenza. Non è stato facile: Gesù ha dovuto far crollare tutte le sue
difese, toglierle tutte le sicurezze. Ma alla fine la sosta è divenuta profonda,
e ha raggiunto il lato oscuro del suo spirito che chiedeva a gran voce di essere
guarito.
Quale
spessore do alla mia fede, al mio ascolto? Quali strumenti scelgo per
comprendere, approfondire, studiare, amare la parola del Maestro? A volte la
parola di Dio non evoca in noi nulla di particolare a livello immediato. Ci
imbattiamo in pagine oscure, dure, apparentemente distanti dalla nostra vita,
che liquidiamo in fretta per passare ad altre pagine più consolanti. In realtà
sono proprio le parole difficili da capire o da accettare, quelle che nascondono
i segreti più importanti.
La
profondità dei cuori
Il confronto
tra Gesù e la donna ci suggerisce un'altra profondità da raggiungere: quella del
cuore delle persone. Parola e vita si rincorrono, si raccontano, si spiegano a
vicenda. A volte è attraverso l'incontro con la vita di un altro, col racconto
di sé che l’altro mi consegna, che ritrovo fino in fondo il significato di una
parola che il Signore ha voluto regalarmi e che fino ad allora era rimasta
oscura. E viceversa sono i racconti dei Vangeli e della Scrittura a illuminarmi
sul senso dei problemi e dei passaggi insidiosi e difficili della mia vita e di
quella delle persone che incontro. Tutto questo può avvenire soltanto se non ci
si gioca in superficie, ma si accetta la ricchezza e il rischio di scavare, di
scendere nel luogo oscuro della profondità della Scrittura e del cuore
dell'uomo.
Sosta e
agonia
A volte le
soste della nostra vita non sono legate ad una nostra decisione, e nemmeno alla
possibilità che ci viene offerta di goderci il riposo necessario. Sono soste
forzate, sono veri e propri incidenti di percorso che ci ribaltano i piani, che
cambiano radicalmente gli equilibri dell' esistenza. Una malattia, un lutto, una
disgrazia... ecco che tutto il mondo intorno a noi si ferma, ecco che ci
troviamo bloccati, paralizzati, costretti nostro malgrado a fare i conti con la
vita con parametri diversi da quelli che abbiamo sempre usato.
La sosta può
avere anche il volto lacerante dell'agonia. Come per Gesù all'ora sesta sulla
croce, può divenire qualcosa che ti «inchioda» - letteralmente -
che ti costringe ad un'immobilità che non vorresti, insopportabile,
apparentemente senza alcun frutto...
ORATIO
Domando umilmente di poter essere coerente con le indicazioni emerse dalla
meditatio. Esprimo fede, speranza, amore. La preghiera si estende e diventa
preghiera per i propri amici, per la propria comunità, per la Chiesa, per tutti
gli uomini. La preghiera si può anche fare ruminando alcune frasi del brano
ripetendo per più volte la frase/i che mi hanno fatto meditare.
«Ti lodo, Signore; tu eri in collera con me, ma la tua collera si è placata e tu mi hai consolato. Dio è la mia salvezza; io avrò fiducia, non avrò timore, perché mia forza e mio canto è il Signore». Attingerete acqua con gioia
alle sorgenti della salvezza. In quel giorno direte: «Rendete grazie al Signore e invocate il suo nome,
proclamate fra i popoli le sue opere.
|
Cantate inni al Signore, perché ha fatto cose eccelse, le conosca tutta la terra. Canta ed esulta, tu che abiti in Sion, perché grande in mezzo a te
è il Santo d’Israele».
(da Isaia 12) |
CONTEMPLATIO
Avverto il bisogno di guardare solo a Gesù, di
lasciarmi raggiungere dal suo mistero, di riposare in lui, di accogliere il suo
amore per noi. È l’intuizione del regno di Dio dentro di me, la certezza di aver
toccato Gesù. È
Gesù che ci precede, ci accompagna, ci è vicino, Gesù solo! Contempliamo in
silenzio questo mistero: Dio si fa vicino ad ogni uomo!
Per Cristo, con Cristo e in Cristo a te, Dio Padre Onnipotente,
nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria per tutti i secoli dei
secoli. Amen
ACTIO
Mi impegno
a vivere un versetto di questi brani, quello che mi ha colpito di più.
Si compie concretamente un’azione che cambia il
cuore e converte la vita. Ciò che si è meditato diventa ora vita!
Prego
con la Liturgia delle Ore, l’ora canonica del giorno adatta al momento.
Concludo il momento di lectio recitando con calma la preghiera insegnataci da
Gesù: Padre Nostro...
Arrivederci!
(spunti liberamente tratti da una lectio di don Davide Caldirola, della Chiesa
di Milano)
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