RITIRO ON LINE                                                                                                   
luglio 2018

                                                                                                                                                                                                                                                

 

Venero la Parola di Dio, l’Icona ed il Crocifisso.   Traccio sulla mia persona il Segno della mia fede, il Segno della Croce, mi metto alla presenza del Signore che vuole parlarmi. 

 

Come la cerva anela

ai corsi d’acqua,

così l’anima mia anela

a te, o Dio.

L’anima mia ha sete di Dio,

del Dio vivente:

quando verrò e vedrò

il volto di Dio?

Perché ti rattristi, anima mia,

perché ti agiti in me?

 

 Spera in Dio:

ancora potrò lodarlo,

lui, salvezza del mio volto

e mio Dio.

Di giorno il Signore mi dona

il suo amore

e di notte il suo canto

è con me.

 

(dal Salmo 42)

 

Veni, Sancte Spiritus, Veni, per Mariam.

 

 

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Le ore del giorno scorrono rapide. Impossibile fermarle.

Il credente però le può «redimere».

 

Continuano le lectio liberamente tratte da alcune riflessioni di don Davide Caldirola,

sacerdote della Chiesa di Milano.

Buona meditazione e buona preghiera.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LECTIO Apro la Parola di Dio e leggo in piedi il brano che mi viene proposto.  (Giovanni 4,1-30)

 

1Gesù venne a sapere che i farisei avevano sentito dire: «Gesù fa più discepoli e battezza più di Giovanni» – 2sebbene non fosse Gesù in persona a battezzare, ma i suoi discepoli –, 3lasciò allora la Giudea e si diresse di nuovo verso la Galilea. 4Doveva perciò attraversare la Samaria. 5Giunse così a una città della Samaria chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: 6qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. 7Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». 8I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi.

9Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani. 10Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». 11Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? 12Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?». 13Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; 14ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». 15«Signore – gli dice la donna –, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». 16Le dice: «Va’ a chiamare tuo marito e ritorna qui». 17Gli risponde la donna: «Io non ho marito». Le dice Gesù: «Hai detto bene: “Io non ho marito”. 18Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero». 19Gli replica la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta! 20I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». 21Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. 22Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. 23Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. 24Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». 25Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». 26Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te».

27In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una donna. Nessuno tuttavia disse: «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli con lei?». 28La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: 29«Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?». 30Uscirono dalla città e andavano da lui.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

MEDITATIO   Seduto, rileggo la Parola per più volte, lentamente. Anche la lettura della Parola di Dio è preghiera. Siamo entrati in quella zona più sacra e più lunga del nostro Ritiro On Line: il grande silenzio !  Il protagonista è lo Spirito Santo.

 Il modo migliore per assaporare un brano delle Scritture è accoglierlo in noi come un cibo nutriente per il nostro spirito, è avere la certezza che sia Dio a volerci parlare per farci entrare nelle dimensioni del suo disegno di amore e di salvezza. Se ascoltiamo attentamente la Parola potremo entrare in un rapporto vivo con il Padre, per lasciarci plasmare dal suo stesso "cuore".

 

 

“Verso mezzogiorno: l’ora della sosta

(Giovanni 4,1-30)

 

 

Il luogo della sosta

Del lungo brano evangelico che descrive l'incontro di Gesù con la Samaritana oggi ci soffermiamo solo sui primi versetti, quelli che ci raccontano la sosta di Gesù e il suo primo approccio con la donna che corre al pozzo a prendere acqua.

Anzitutto diamo  un'occhiata al luogo in cui avviene l'incontro, al luogo che permette a Gesù di entrare nella vita e nel cuore di questa donna, trasformandoli profondamente.

La nota iniziale che ci offre il Vangelo di Giovanni è estremamente generica, e di per sé solo in parte veritiera: «Doveva attraversare la Samaria». Ad essere precisi, occorre dire che ci sono anche altre strade che dalla Giudea conducono in Galilea; quel «bisognava che attraversasse» (così recita la traduzione più vicina al testo greco) ci appare più una necessità della grazia che della geografia. È un po' come se la Samaria fosse un luogo di richiamo per Gesù, o più precisamente - se vogliamo usare un termine forte - un luogo di agguato della grazia, una sorta di strettoia che lo Spirito fa percorrere a Gesù perché nella sosta del viaggio possa avvenire un incontro.

Ci troviamo nella città di Sicar. È un luogo storico, rappresenta un pezzo della storia della salvezza. Gesù non matura questo incontro in una sorta di «terra vergine», ma in un pezzo di «terra sacra», che Dio abita da tempo. Così si esprime un noto commento del Vangelo di Giovanni:

Sicar richiama l'inizio della storia della salvezza: è il primo pezzo di terra promessa che il padre Abramo incontrò. [... ] Ma è soprattutto legata a Giacobbe, [.. .] e il ricordo di Giacobbe, padre delle dodici tribù, è un richiamo alla storia comune, prima di ogni divisione. [... ] Il pozzo dove Gesù e la Samaritana si incontrano è davvero profondo; profondo come una memoria antica, da cui zampilla la storia dei Padri  (S. Fausti).

 Il pozzo, dunque, è la terza nota che Giovanni ci regala per situare l'incontro, ed è una nota di densità singolare. In Nm 21 si parla di questo pozzo come del dono che Dio ha fatto al suo popolo in cammino nel deserto. Ma nella tradizione giudaica il pozzo è simbolo della legge, della sapien-za, della rivelazione di Dio. E’ come se Giovanni ci dicesse: chi impara a sostare presso l'acqua del pozzo entra nei segreti della rivelazione dell'incontro. Chi corre, o si lascia prendere da altre preoccupazioni, viene escluso da questa profondità, da questi segreti. La sosta di Gesù permette di trovare quell'autentica «provvista», quel vero nutrimento che la preoccupazione dei discepoli non riesce a regalare.

 

Il pozzo

L'immagine del pozzo ci permette un illuminante e brevissimo excursus in due testi dell'Antico Testamento.  Ecco il primo:

Il mio popolo ha cambiato colui che è la sua gloria con un essere inutile e vano. Stupitene, o cieli; inorridite come non mai. Oracolo del Signore. Perché il mio popolo ha commesso due iniquità: essi hanno abbandonato me, sorgente di acqua viva, per scavarsi cisterne, cisterne screpolate, che non tengono l'acqua” (Ger 2,11-13).

C'è pozzo e pozzo, verrebbe da dire. Ci sono luoghi di sosta che promettono e non mantengono. C'è sempre in agguato nella vita dell'uomo la terribile possibilità di rimanere arido, come terra che non ha più il beneficio dell'acqua. C'è la triste possibilità dello spreco della grazia che trascina la vita in un'arsura e una secchezza che non dà scampo.

 Il secondo testo è tratto dal profeta Isaia:

O voi tutti assetati venite all'acqua, chi non ha denaro venga ugualmente; comprate e mangiate senza denaro e, senza spesa, vino e latte. Perché spendete denaro per ciò che non è pane, il vostro patrimonio per ciò che non sazia? Su, ascoltatemi e mangerete cose buone e gusterete cibi succulenti. Porgete l'orecchio e venite a me, ascoltate e voi vivrete. Io stabilirò per voi un'alleanza eterna, i favori assicurati a Davide (Is 55,1-3).

L'immagine che ci regala Isaia è di segno contrario rispetto alla precedente: c'è posto per tutti, c'è un luogo dove tutti sono attesi, anche chi non ha nulla, per sostare e gustare i doni di Dio. C'è un «pozzo senza fondo» di ricchezze per chi sa ascoltare la parola di alleanza e di fiducia che Dio rivolge al suo popolo.

Misteriosamente questo avverrà anche al termine dell'incontro di Gesù con la Samaritana: la donna si sentirà talmente dissetata e nutrita da dimenticare perfino la brocca presso il pozzo

( “La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente” v. 28) per andare a raccontare a tutti la bellezza e la meraviglia scaturite dall'imprevedibile colloquio con lo sconosciuto.

Nel testo di Giovanni il pozzo diviene propriamente il luogo dell'incontro, della grazia, della meraviglia.

 

Il tempo della sosta

Proviamo a leggere con attenzione il tempo, il momento preciso in cui questa sosta avviene.

…lasciò allora la Galilea e si diresse…”, dice Giovanni. In poche parole “durante un viaggio”. E fin qui niente di strano. Ma a voler ben  guardare  le condizioni di questo viaggio scopriamo che per Gesù si tratta di uno spostamento non desiderato, che va contro i suoi piani e i suoi progetti. È quasi una fuga, come annota il biblista M. Laconi:

Il successo apostolico di Gesù in Giudea, col suo seguito di discussioni, dovette provocare reazioni preoccupanti, soprattutto da parte dei farisei; tant'è vero che Gesù a un certo punto è costretto a lasciare la Giudea e a recarsi in Galilea, attraversando la Samaria”.

 Anche i discepoli sono un po' responsabili di questa fuga precipitosa: è stato proprio il loro battezzare a provocare la reazione dei farisei, reazione che costringe Gesù a cambiare aria e a tornare sui suoi passi. Questo viaggio porta Gesù lontano dalla Giudea, da Gerusalemme, e quindi nella direzione sbagliata rispetto al compimento della propria missione e della propria vita.

La sosta, dunque, avviene nel bel mezzo di un viaggio forse non gradito, che costringe Gesù a rivedere i suoi piani. E avviene all'ora sesta ( “Era circa mezzogiorno” ), l'ora più calda del giorno, caratterizzata dalla mancanza di ombra e dal caldo soffocante. È l'ora in cui tutto si ferma, in cui non è buona cosa andare in giro per strada. E in effetti nella narrazione di Giovanni l'incontro tra Gesù e la Samaritana avviene senza testimoni, senza che nessun altro passi dal pozzo di Giacobbe per attingere acqua o per riposarsi: i discepoli sono andati via e il resto della città è fermo per riposare nell'ora della canicola. Questo incontro che avviene nello spazio aperto è in realtà un incontro che si consuma a suo modo nel segreto, in una sua particolare intimità.

Non è l'unica volta in cui nei Vangeli si parla dell'«ora sesta». Nella narrazione della Passione è l'ora in cui si fa buio sulla terra. E anche in quel caso, a maggior ragione, Gesù appare come in «sosta forzata». Non è più la sosta di chi è stanco del viaggio e decide di riposarsi: è tragicamente la sosta di chi non può più muoversi, di chi è costretto a star fermo perché ha le mani e i piedi inchiodati alla croce. Eppure in questa enorme differenza, cogliamo singolari somiglianze: nell'uno e nell'altro caso la sosta di Gesù coincide con l'incontro con l'umanità  povera e peccatrice; in entrambi i momenti si parla dell'acqua viva (quella che Gesù promette alla donna e quella che sgorga dal costato trafitto); in tutte e due le circostanze si opera un evento salvifico. La sosta di Gesù non rappresenta dunque un momento di interruzione dell'opera di salvezza, una rinuncia alla propria responsabilità e al proprio compito, ma l'ennesima offerta di vita e di speranza per l'umanità da lui amata.

 

Le condizioni della sosta

Se volessimo sintetizzare in tre parole le condizioni in cui avviene questo incontro, non avremmo dubbi: nessuna condizione favorevole. Dal punto di vista di un calcolo puramente umano è un incontro destinato al fallimento sicuro.

Non c'è nessuna preparazione, anzitutto. L'incontro avviene per caso, per una serie di coincidenze lontane da qualunque strategia di evangelizzazione o semplicemente di approccio. Gesù non appronta nessun piano pastorale per l'evangelizzazione della Samaria, non studia le coordinate sociopolitiche della regione per proporre un contatto più efficace con la popolazione di Sicar, non fa nessuna indagine di mercato per studiare le attese religiose delle persone che incontrerà. È semplicemente di passaggio. Ed è pure stanco. La stanchezza di Gesù è dichiarata esplicitamente dal testo di Giovanni: “Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo” e sappiamo per esperienza che quando si è stanchi si desidera soprattutto riposare e - se possibile - essere lasciati in pace. L'intrusione, il contrattempo, la visita o l'incontro imprevisto vengono immediatamente catalogati come inopportuni, e si tende a porvi fine al più presto.

Non che da parte della donna ci siano condizioni migliori. Arriva al pozzo in un orario insolito: “Giunge una donna samaritana ad attingere acqua”. Qualcuno suggerisce l'ipotesi che non sia saggio per una donna andare al pozzo a mezzogiorno quando non c’è nessuno, a meno che non intenda prestarsi ad incontri equivoci, oppure evitare incontri indesiderati con le altre donne. Apparentemente ha bisogno di acqua: porta la brocca con sé. E di sicuro, se cercasse l'acqua soltanto, non verrebbe al pozzo per fermarsi a lungo: una volta riempita la brocca non c'è più nessun motivo per fermarsi.

La combinazione tra i due personaggi, inoltre, non è certo delle più felici, ed è la donna stessa a rimarcarlo: «Come mai tu, che sei Giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna Samaritana?». Non siamo certo di fronte alla provvidenziale circostanza che fa incontrare due vecchi amici… Un uomo e una donna, un Giudeo e una Samaritana, un Rabbi e una persona dalla moralità dubbia: due vite che non hanno nulla a che spartire, due universi destinati a non incontrarsi. E invece Gesù fa saltare tutti i meccanismi di diversità e di esclusione che rendono l'incontro impossibile, i «buoni motivi» che lo suggeriscono come inopportuno. Né la differenza di razza, né quelle di sesso o di religione sembrano particolarmente importanti per il Maestro; per lo meno non tanto da precludere la possibilità di un dialogo vero, di un confronto serio, e di una salvezza possibile per la donna che lo ascolta.

Da rilevare infine, per quel che riguarda le condizioni dell'incontro,  l'assenza  dei  discepoli: I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi “. Di  tutti i discepoli, non rimane nessuno vicino al Signore. Qualcuno si è chiesto: ma dovevano andare proprio tutti a fare spesa? Perché non si è fermato nessuno? Era logico lasciare Gesù da solo in terra straniera? Fatto sta che questo incontro tra Gesù e la Samaritana avviene sì in «campo aperto», ma anche in perfetta solitudine, senza testimoni, senza presenze ingombranti attorno. Forse è necessaria proprio questa solitudine, questo silenzio che circonda la scena, perché qualcosa di buono possa accadere, nonostante le premesse siano tutte ampiamente negative. Ci possiamo chiedere: è la casualità o la provvidenza a stabilire queste condizioni di incontro? Sta di fatto che Gesù sa cogliere l'occasione. Un incontro casuale diventa una possibilità reale di conoscenza e di cambiamento. Al di là di qualunque tipo di strategia possibile, l'unica cosa che conta per lui è quella di rimanere vigile per raggiungere il cuore di chi gli appare dinanzi, oltre ogni ostacolo e ogni resistenza possibile.

 

Le prime parole

Ed eccoci arrivati alle prime parole del dialogo: «Dammi da bere». Gesù comincia col chiedere un favore. Si mette dalla parte del più povero. Non è una tecnica di avvicinamento, un modo per farsi gradito agli occhi della donna. Lui è di fatto più povero: non è in casa sua e non ha mezzo per attingere acqua. Se vuol bere deve dipendere dalla cortesia e dalla gentilezza della donna, e si mette senza problemi nella condizione di svantaggio, esponendosi al rischio di un diniego, di una risposta sbagliata. Facendo così rompe ogni convenienza, ogni equilibrio. È da qui, da questa scelta rischiosa di Gesù che si apre il dialogo. È dalla sua pazienza, dalla sua povertà, dalla sua piccolezza. Conquisterà il cuore della donna, e molti altri cuori (cf v. 29-30) non a partire da un gesto potente, ma da un segno umile, da una richiesta di aiuto.

«Dammi da bere», dice Gesù alla Samaritana. Comincia tutto da lì. Dall'ora della sosta che diventa l'ora in cui non si ha paura a dire il proprio bisogno, la propria fragilità, il proprio sentirsi ed essere realmente poveri, senza brocca per attingere, legati alla vita dell'altro.

 

La parola per la mia vita: fermarsi

Spesso nella nostra vita non è poi così facile fermarsi. Nelle nostre metropoli, ad esempio, ci sono giorni in cui sembra che anche il sole abbia premura. Perfino i momenti di pausa e di relax sono segnati da un eccesso di fretta e di eccitazione, vengono consumati anziché gustati. Non c'è più spazio per la lentezza, per la calma, per la riflessione pacata, per l'ascolto gratuito di una persona, di una canzone, di una poesia. Fermarsi è un lusso che nessuno si può più concedere, a qualunque strato sociale appartenga. Forse perché il silenzio, l'immobilità, il vuoto ricordano troppo da vicino la morte, forse perché il riposo diviene scandaloso quando l'imperativo è quello di produrre, o più semplicemente di «esserci», di apparire, di possedere.

L'incapacità a fermarsi, la frenesia (magari con scopi nobili) con cui riempiamo il nostro tempo, ci rende poco alla volta irreperibili e irraggiungibili da Dio stesso. Perfino le nostre attività pastorali, addirittura le nostre preghiere sembrano obbedire a una terribile ansia da prestazione che toglie sapore a tutto. Per guadagnare del tempo, finiamo col perderlo, per fare di più ci rendiamo impotenti, per inseguire ciò che a noi pare il meglio dimentichiamo il bene possibile.

Fermarsi è difficile, ma è necessario: è l'occasione che ci viene data per ritornare a noi stessi. E per ritrovare l'amico che abbiamo dimenticato.

 

Sosta e profondità

All'inizio della riflessione abbiamo accennato a quanto profondo sia il pozzo presso il quale sostano Gesù e la Samaritana. Il tema della profondità è strettamente correlato a quello della sosta. Quando abbiamo il coraggio e il tempo di fermarci, spesso, non sentiamo solo il bisogno di un riposo fisico, peraltro assolutamente indispensabile, ma avvertiamo il desiderio - nella pace e nella quiete - di raggiungere quella parte di noi che ci sfugge, che non riusciamo mai a vedere quando corriamo troppo di fretta. Desideriamo soste per lo spirito, angoli di difesa dell'anima.

È così anche nella pagina che meditiamo oggi. Per la Samaritana il momento della sosta coincide, poco alla volta, col desiderio di sentirsi conosciuta, scavata in profondità, raggiunta là dove da sola non avrebbe mai osato posare lo sguardo. «Mi ha detto tutto quello che ho fatto» (vv. 29), dirà la donna al termine del colloquio col Signore. E lo dirà con un grande senso di riconoscenza, di liberazione interiore. Quello che aveva fatto nella sua vita non era proprio esemplare, ma il coraggio con cui ha accettato la sfida della profondità col Maestro che le parlava, poco alla volta le ha permesso di rileggerlo senza vergogna, con un grande senso di pacificazione e di riconoscenza. Non è stato facile: Gesù ha dovuto far crollare tutte le sue difese, toglierle tutte le sicurezze. Ma alla fine la sosta è divenuta profonda, e ha raggiunto il lato oscuro del suo spirito che chiedeva a gran voce di essere guarito.

 In un mondo che fa coincidere la libertà con l'opportunità di mantenere vive (e possibilmente di sperimentare) tutte le scelte possibili, in una società che dà spazio all'aspetto esteriore, a ciò che si vede, che sceglie le luci abbaglianti piuttosto che quelle in grado di rischiarare, il discepolo decide di seguire la direzione opposta. E si radica in profondità, nell'ascolto della parola del Maestro, nell'insistenza con cui gli domanda quali sono i segreti della vita, nella forza con cui sostiene il desiderio di comprendere e di capire.

Quale spessore do alla mia fede, al mio ascolto? Quali strumenti scelgo per comprendere, approfondire, studiare, amare la parola del Maestro? A volte la parola di Dio non evoca in noi nulla di particolare a livello immediato. Ci imbattiamo in pagine oscure, dure, apparentemente distanti dalla nostra vita, che liquidiamo in fretta per passare ad altre pagine più consolanti. In realtà sono proprio le parole difficili da capire o da accettare, quelle che nascondono i segreti più importanti.

 

La profondità dei cuori

Il confronto tra Gesù e la donna ci suggerisce un'altra profondità da raggiungere: quella del cuore delle persone. Parola e vita si rincorrono, si raccontano, si spiegano a vicenda. A volte è attraverso l'incontro con la vita di un altro, col racconto di sé che l’altro mi consegna, che ritrovo fino in fondo il significato di una parola che il Signore ha voluto regalarmi e che fino ad allora era rimasta oscura. E viceversa sono i racconti dei Vangeli e della Scrittura a illuminarmi sul senso dei problemi e dei passaggi insidiosi e difficili della mia vita e di quella delle persone che incontro. Tutto questo può avvenire soltanto se non ci si gioca in superficie, ma si accetta la ricchezza e il rischio di scavare, di scendere nel luogo oscuro della profondità della Scrittura e del cuore dell'uomo.

 

Sosta e agonia

A volte le soste della nostra vita non sono legate ad una nostra decisione, e nemmeno alla possibilità che ci viene offerta di goderci il riposo necessario. Sono soste forzate, sono veri e propri incidenti di percorso che ci ribaltano i piani, che cambiano radicalmente gli equilibri dell' esistenza. Una malattia, un lutto, una disgrazia... ecco che tutto il mondo intorno a noi si ferma, ecco che ci troviamo bloccati, paralizzati, costretti nostro malgrado a fare i conti con la vita con parametri diversi da quelli che abbiamo sempre usato.

La sosta può avere anche il volto lacerante dell'agonia. Come per Gesù all'ora sesta sulla croce, può divenire qualcosa che ti «inchioda» - letteralmente -  che ti costringe ad un'immobilità che non vorresti, insopportabile, apparentemente senza alcun frutto...

 Ma anche nel momento in cui ci sentiamo spogliati e privati di tutto, la grazia lavora dentro di noi. Spesso sono la nostra fragilità, la nostra pochezza, la nostra infermità le carte vincenti che abbiamo da giocare nella vita, e l'umiliazione con cui ci riconosciamo impotenti, peccatori, incapaci a fare del bene, diventa la via che ci conduce all'umiltà, ad aprire una fessura nel nostro cuore - finalmente divenuto di carne - dove la compassione di Dio possa entrare per aprirci alla fecondità e alla pace.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ORATIO Domando umilmente di poter essere coerente con le indicazioni emerse dalla meditatio. Esprimo fede, speranza, amore. La preghiera si estende e diventa preghiera per i propri amici, per la propria comunità, per la Chiesa, per tutti gli uomini. La preghiera si può anche fare ruminando alcune frasi del brano ripetendo per più volte la frase/i che mi hanno fatto meditare.

«Ti lodo, Signore; tu eri in collera

con me, ma la tua collera si è placata

e tu mi hai consolato.

Dio è la mia salvezza;

io avrò fiducia, non avrò timore,

perché mia forza e mio canto

è il Signore».

Attingerete acqua con gioia

alle sorgenti della salvezza.

In quel giorno direte:

«Rendete grazie al Signore

e invocate il suo nome,

proclamate fra i popoli le sue opere.

 

 Cantate inni al Signore,

perché ha fatto cose eccelse,

le conosca tutta la terra.

Canta ed esulta,

tu che abiti in Sion,

perché grande in mezzo a te

è il Santo d’Israele».

 

 

(da Isaia 12)

 

 

  

 

 

 

 

 

 

 

 

CONTEMPLATIO     Avverto il bisogno di guardare solo a Gesù, di lasciarmi raggiungere dal suo mistero, di riposare in lui, di accogliere il suo amore per noi. È l’intuizione del regno di Dio dentro di me, la certezza di aver toccato Gesù.  È Gesù che ci precede, ci accompagna, ci è vicino, Gesù solo! Contempliamo in silenzio questo mistero: Dio si fa vicino ad ogni uomo!

 

Per Cristo, con Cristo e in Cristo a te, Dio Padre Onnipotente,  

nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoli.  Amen

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ACTIO     Mi impegno a vivere un versetto di questi brani, quello che mi ha colpito di più.

Si compie concretamente un’azione che cambia il cuore e converte la vita. Ciò che si è meditato diventa ora vita!  Prego con la Liturgia delle Ore, l’ora canonica del giorno adatta al momento.

Concludo il momento di lectio recitando con calma la preghiera insegnataci da Gesù: Padre Nostro...

Arrivederci!  

 

 

(spunti liberamente tratti da una lectio di don Davide Caldirola, della Chiesa di Milano)

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