RITIRO ON LINE                                                                                                   
luglio
  2010  

 

Venero la Parola di Dio, l’Icona ed il Crocifisso.

Traccio sulla mia persona il Segno della mia fede, il Segno della Croce, mi metto alla presenza del Signore che vuole parlarmi.

 

Cantate al Signore un canto nuovo;

la sua lode nell’assemblea dei fedeli.

Gioisca Israele nel suo creatore,

esultino nel loro re i figli di Sion.

Lodino il suo nome con danze,

con tamburelli e cetre gli cantino inni.

Il Signore ama il suo popolo,

incorona i poveri di vittoria.

Esultino i fedeli nella gloria,

facciano festa sui loro giacigli.

Le lodi di Dio sulla loro bocca

e la spada a due tagli nelle loro mani,

per compiere la vendetta fra le nazioni

e punire i popoli,

per stringere in catene i loro sovrani,

i loro nobili in ceppi di ferro,

per eseguire su di loro la sentenza già scritta.

 (dal Salmo 149)

 Veni, Sancte Spiritus

Veni, per Mariam.

 

 

 

Anche in questo mese proponiamo una LECTIO che non segue lo schema classico. Proseguiamo infatti la nostra riflessione, la meditazione e la preghiera partendo dalla PAROLA DI DIO e facendoci stimolare dalle parole di mons. Romero.

L’occasione di riflettere alla luce delle parole di mons. Romero ci è stata offerta il 24 marzo scorso quando abbiamo celebrato la Giornata di Preghiera e di Digiuno in Memoria dei Missionari martiri.

Quest’anno, in particolare, abbiamo ricordato il trentesimo anniversario del martirio di mons. Oscar Romero, arcivescovo di San Salvador, ucciso il 24 marzo 1980 mentre stava celebrando l’Eucaristia: durante l’offertorio fu ucciso con un colpo di fucile.

 

 

  

LECTIO        Apro la Parola di Dio e leggo in piedi i brani che mi vengono proposti.

MEDITAZIO   Seduto, rileggo la Parola per più volte, lentamente. Anche la lettura della Parola di Dio è preghiera. Siamo entrati in quella zona più sacra e più lunga del nostro Ritiro On Line: “Il Grande Silenzio”!   Il protagonista è lo Spirito Santo.

 Il modo migliore per assaporare un brano delle Scritture è accoglierlo in noi come un cibo nutriente per il nostro spirito, è avere la certezza che sia Dio a volerci parlare per farci entrare nelle dimensioni del suo disegno di amore e di salvezza.

Se ascoltiamo attentamente la Parola potremo entrare in un rapporto vivo con il Padre, per lasciarci plasmare dal suo stesso "cuore".

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Mons. Romero e la Bibbia

 

Per mons. Romero avere contatto con la Bibbia significò cinque cose: leggerla, approfondirla, incarnarla, metterla in pratica e comunicarla.

Leggerla: (perché) “la Bibbia contiene, nelle pagine, la Parola di Dio” (16/07/78).

Approfondirla: “studio la Parola di Dio che si leggerà ogni domenica”(20/08/78).

Incarnarla: “non possiamo separare la Parola di Dio dalla realtà storica” (27/11/77).

Metterla in pratica: “tutti coloro che ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica, costruiscono sulla roccia” (4/06/78).

Comunicarla: (per) “animare, illuminare, contrastare, ripudiare, lodare quello che si sta facendo oggi nella nostra società” (27/11/77).

  

ASCOLTIAMO LA PAROLA DI DIO   (Is 55,10-11)

 10Come infatti la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia il seme a chi semina e il pane a chi mangia, 11così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata.”

 

 Romero: la Parola di Dio ispira e guida

 “Il primo elemento dell’evangelizzazione è il suo contenuto. Vogliamo illuminare tutta la nostra missione pastorale con la luce della verità che ci fa liberi. Non è una verità che possediamo come qualcosa di nostro. Viene da Dio”. Così, a Puebla, abbiamo individuato quali sono i criteri con i quali i pastori e i maestri della Chiesa si devono attenere per dare un orientamento al popolo dell’America latina.

Il contenuto dell’evangelizzazione è la verità che Dio ci ha rivelato e che gli uomini accettano per fede. Come è necessaria questa colonna di verità in un ambiente di bugie e di mancanza di sincerità, dove la stessa verità è schiavizzata dagli interessi della ricchezza e dal potere! Però la Parola di Dio non è incatenata e mentre crediamo in tale verità, siamo liberi.

Insegnare le verità del Vangelo e illuminare con esse le nostre realtà per unirle alla verità di Dio e non all’inganno della gente, risulta il servizio più importante della nostra Chiesa al paese”.

“Il mio primo pensiero è considerare la Parola di Dio come un seme. Che non sia una routine l’espressione che si sente tutte le domeniche a messa: Parola di Dio. Isaia compara la Parola di Dio alla pioggia. La scorsa notte mentre studiavo questo punto, mi è sembrato bello il linguaggio usato da Isaia mentre sentiva la pioggia cadere dolcemente sulla terra. Così è la Parola di Dio, perché fa germogliare.

Però il Vangelo stesso ci dice che la pioggia non serve a niente se non ha un seme piantato nella terra. Quindi sono necessarie tre cose: la pioggia, il seme e la terra.

Ma al centro di tutto c’è il seme. Quando Paolo VI parlava di dover rinnovare la Chiesa e che sarebbe stata la mèta del Concilio Vaticano II, esclamò molto bene: “rinnovare non vuol dire accomodarsi ai metodi moderni, a volte anti-cristiani, del mondo. Rinnovare vuol dire fare che la Chiesa sia coerente con il seme che piantò.” Un albero per quanto mai cresca, sempre rimane coerente con il seme.

Quello che interessa è sapere che la Parola di Dio è un seme e che non si può alterare. Abbiamo già voluto una dottrina secondo i nostri interessi, abbiamo già voluto una predicazione che non ci infastidisse e non creasse conflitti. Però, quando Cristo piantò il seme ebbe conflitti; perché questo seme che è la Parola del giusto, del santo, di chi sa cosa vuole quando ha creato l’uomo e la natura e si scontra con il peccato, contro coloro che non vogliono lasciar crescere il seme” (Omelia del 16 luglio 1978).

 

Romero: la Parola di Dio ci incoraggia e ci interpella nel presente

 “ La Parola di Dio, secondo San Paolo (Rm 15,4-9), deve essere una Parola che tocchi la piaga del presente, le ingiustizie di oggi, gli abusi di oggi e questo è ciò che crea problemi. Si comincia a dire: “la Chiesa si sta mettendo in politica, la Chiesa sta diventando comunista”. Annoia questa accusa! Ne tengano conto una volta per tutte: la Chiesa non si mette in politica finchè è Parola. Prendiamo il raggio del sole che viene dall’alto e illumina. Che colpa ha il sole se la sua luce incontra latrine, letame, spazzatura su questa terra? Devecilluminare, altrimenti non sarebbe sole, non sarebbe luce, non si scoprirebbe il brutto, l’orribile che esiste sulla terra; così come illumina anche la bellezza dei fiori rendendoli incantevoli e naturali. La Parola di Dio, fratelli, da una parte illumina l’orribile, il brutto, l’ingiusto della terra e dall’altra incoraggia il cuore buono; i cuori che ringraziano Dio abbondano e si illuminano con questa luce eterna della sua parola divina” (Omelia del 4 dicembre del 1977).

  

Romero: la Parola di Dio è una parola viva e incarnata

 “Però la Bibbia sola non basta, c’è bisogno che la Chiesa la riprenda e la trasformi in parola viva. Non per ripetere letteralmente salmi e parabole, ma per applicarla alla vita concreta, perchè è allora che si predica questa Parola di Dio. La Bibbia è come la fonte dove questa rivelazione e questa Parola di Dio è conservata, ma a che serve la fonte, per quanto pulita essa sia, se non la prendiamo nei nostri cuori e non la portiamo nei nostri luoghi? Una Bibbia che si usa solo per leggerla, e la si vive materialmente restando attaccati a tradizioni e costumi dei tempi in cui si scrissero queste pagine, è una Bibbia morta. Questo si chiama biblismo, non rivelazione di Dio. “Coloro che ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica, costruiscono sulla roccia. Però chi ascolta la Parola di Dio solo per curiosità, per letteratura, per interesse, o peggio, per perquisire e vedere che dice il vescovo e vedere se azzecca qualcosa, loro costruiscono sulla sabbia. E quando arriva l’ora tremenda del giudizio di Dio, ci giudicherà, e giudicherà anche me per quello che sto dicendo, ed è la sola cosa che io possa temere. Ed è proprio questo timore che mi spinge a dire quello che sto dicendo, anche se alcuni preferiscono che io stia zitto.” (Omelia del 4 Giugno del 1978).

  

RIFLETTO

 - Che importanza do alla Bibbia nella mia vita personale e collettiva?

- Cosa significa “incarnare” la Parola di Dio?

- Cosa significa una lettura spiritualista della Parola di Dio?

     

 

 

 Mons. Romero e gli idoli di oggi

  

Quando si parla di idolatria solitamente si pensa all’uso delle immagini e al culto di dei pagani. In entrambi i casi l’enfasi sta nel culto. L’importanza che dà Mons. Romero a questo tema va più in la di questo ambito culturale.

La visione dell’idolatria la possiamo annunciare nei seguenti termini:

     - l’assolutizzazione di una cosa creata è un’offesa all’unico assoluto Creatore.

    -  l’assolutizzazione distrugge e disorienta l’uomo.

Le idolatrie o le assolutizzazioni storiche che la Chiesa (di questi tempi) deve smascherare nel nome dell’unico Dio sono:

- l’assolutizzazione della ricchezza e della proprietà privata,

     - l’assolutizzazione della sicurezza nazionale e dell’organizzazione.

Le prime due producono una morte lenta o rapida per oppressione o repressione (si attuano contro il progetto vita e pertanto cattive).

Le ultime due partono di qualcosa fondamentalmente buono (il diritto o l’organizzazione), cambiano nella pratica quando l’attenzione non è concentrata sugli interessi degli uomini, ma su quelli del gruppo o delle organizzazioni.

  

ASCOLTIAMO LA PAROLA DI DIO   (Mt 6,19-21)

19Non accumulate per voi tesori sulla terra, dove tarma e ruggine consumano e dove ladri scassinano e rubano; 20accumulate invece per voi tesori in cielo, dove né tarma né ruggine consumano e dove ladri non scassinano e non rubano. 21Perché, dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore.”

  

Romero: l’assolutizzazione della ricchezza

“L’assolutizzazione della ricchezza porta l’ideale dell’uomo ad avere di più e pertanto diminuisce l’interesse di essere di più che deve essere l’ideale del vero progresso dell’uomo e del popolo. Il desiderio assoluto di avere di più alimenta l’egoismo che distrugge la convivenza fraterna dei figli di Dio. Perchè questa idolatria della ricchezza impedisce alla maggioranza di sfruttare dei beni che il Creatore ha fatto per tutti e dà alla minoranza che lo possiede tutta la gioia di questi beni . L’assolutizzazione della ricchezza e della proprietà porta con se l’assolutizzazione del potere politico, sociale ed economico fino a mantenere i privilegi anche a costo della dignità umana. Nel nostro paese, questa idolatria sta alla radice della violenza strutturale e della violenza repressiva ed è la causa del sottosviluppo economico, sociale e politico”. (Quarta lettera pastorale, Agosto del 1979)

  

Romero: l’assolutizzazione della sicurezza

“Si rende così assoluto l’interesse e i progetti di pochi. Si rende mistica questa assolutizzazione come se il regime di sicurezza nazionale fosse l’unico o il miglior difensore della civilizzazione cristiana e degli ideali democratici dell’occidente. L’onnipotenza di questi regimi di sicurezza nazionale, il totale disprezzo degli individui e dei suoi diritti, la totale mancanza di etica dei media per realizzare i suoi fini, fa si che la sicurezza nazionale si converta in un idolo, simile al Dio Maloc, nel cui nome si sacrificano quotidianamente numerose vittime” (Ibid. nn. 47-48).

 

 RIFLETTO

• Che visione ho dell’idolatria?

• È necessario smascherare gli idoli che Mons.Romero denunciò nel suo momento storico?

• A parte gli idoli che denuncia Mons. Romero, quali altri idoli incontro nella società attuale?

• Quali sono le differenze tra il Dio della vita e le “divinità della morte”?

• Che relazione c’è tra idolatria, vittime e disumanizzazione?

• Cosa possiamo e dobbiamo fare per affrontare le idolatrie del nostro tempo?

 

  

Mons. Romero e la scelta dei poveri

  

Per Monsignor Romero l’incontro con i poveri aiuta a recuperare la verità centrale del Vangelo ed è la stessa Parola di Dio che ci chiama a questo tipo di conversione: la Chiesa ha una Buona Notizia da annunciare ai poveri.

“Beati i poveri perché di essi è il Regno di Dio. E lì stesso si trova la Buona Notizia da

annunciare ai ricchi: che si convertano al povero per condividere con esso i Beni del Regno”.

La centralità dei poveri nella fede cristiana ha una molteplicità di fondamenti:

    -          biblico: il Dio della Bibbia è un Dio che opta per i poveri;

    -          una motivazione cristologica: Gesù Cristo scelse personalmente un opzione per i poveri e li indicò come i primi destinatari del suo messaggio;

    -          una motivazione apostolica: la Chiesa primitiva si preoccupò innanzitutto dei poveri;

    -          una motivazione escatologica: nel giudizio finale quello che conta è il nostro atteggiamento di accoglienza o rifiuto dei poveri;

    -          una motivazione ecclesiale: davanti all’emarginazione e all’impoverimento della maggioranza la Chiesa del continente americano sviluppò

               una  teologia centrata sui poveri.

Monsignor Romero è una figura emblematica di questa pratica ecclesiale.

 

  

ASCOLTIAMO LA PAROLA DI DIO   (Is 58,1-11)

1Grida a squarciagola, non avere riguardo; alza la voce come il corno, dichiara al mio popolo i suoi delitti, alla casa di Giacobbe i suoi peccati. Ecco, nel giorno del vostro digiuno curate i vostri affari, angariate tutti i vostri operai. 4Ecco, voi digiunate fra litigi e alterchi e colpendo con pugni iniqui. Non digiunate più come fate oggi, così da fare udire in alto il vostro chiasso. 5È forse come questo il digiuno che bramo, il giorno in cui l’uomo si mortifica? 6Non è piuttosto questo il digiuno che voglio: sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo? 7Non consiste forse nel dividere il pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, senza trascurare i tuoi parenti? 8Allora la tua luce sorgerà come l’aurora, la tua ferita si rimarginerà presto. Davanti a te camminerà la tua giustizia, la gloria del Signore ti seguirà. 9Allora invocherai e il Signore ti risponderà, implorerai aiuto ed egli dirà: «Eccomi!». Se toglierai di mezzo a te l’oppressione, il puntare il dito e il parlare empio, 10se aprirai il tuo cuore all’affamato, se sazierai l’afflitto di cuore, allora brillerà fra le tenebre la tua luce, la tua tenebra sarà come il meriggio. 11Ti guiderà sempre il Signore, ti sazierà in terreni aridi, rinvigorirà le tue ossa; sarai come un giardino irrigato e come una sorgente le cui acque non inaridiscono.”

  

La causa dei poveri, è la causa di Gesù

 “Questa preferenza per i poveri che il Vangelo insegna ai cristiani, non polarizza né divide, ma è forza di unità, in quanto non intende escludere nessun componente del quadro sociale in cui viviamo... è un invito rivolto a tutti, senza distinzione di classe, quello di accettare e assumere la causa dei poveri, come se si stesse accettando ed assumendo la propria causa, la causa stessa di Gesù Cristo: “tutto quello che avete fatto ad uno di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. Il documento di Puebla ci segnala la causa delle nostre divisioni interne:

“Non tutti in America Latina ci siamo sufficientemente compromessi con i poveri; non sempre ci preoccupiamo e siamo solidali con loro. Questo servizio, in effetti, esige una conversione ed una purificazione costante, in tutti i cristiani, per costruire ogni giorno una maggiore identificazione con Cristo povero e con i poveri”. (Quarta Lettera Pastorale)

  

Impegno nella difesa dei poveri

 “La Chiesa non solo si è incarnata nel mondo dei poveri, dando loro una speranza, ma si è impegnata fermamente nella loro difesa. Le maggioranze povere della nostra nazione sono quotidianamente

oppresse e represse dalle strutture economiche e politiche del nostro paese. Tra noi continuano a essere vere le terribili parole dei profeti di Israele. Esistono tra noi quanti vendono il giusto per denaro e il povero per un paio di sandali (cfr Am 2,6); quanti accumulano violenza e rapina nei loro palazzi (cfr. Am 3,10); quanti schiacciano i poveri (cfr. Am 4,1); quanti affrettano il sopravvento della violenza, sdraiati su letti di avorio (cfr Am 6,3-4); quanti aggiungono casa a casa e annettono campo a campo, fino a occupare tutto lo spazio e restare da soli nel paese (cfr. Is 5,8).

Questi testi dei profeti Amos e Isaia non sono voci lontane di molti secoli fa, non sono solo testi che leggiamo con riverenza nella liturgia. Sono realtà quotidiane, la cui crudeltà e intensità sperimentiamo ogni giorno...” (Discorso fatto all’Università di Lovanio nel febbraio 1980)

 

 Gli insegnamenti del mondo dei poveri

 “Il mondo dei poveri, con caratteristiche sociali e politiche assai concrete, ci insegna dove debba incarnarsi la Chiesa, per evitare quella falsa universalizzazione, che  finisce sempre col trasformarsi in connivenza con i potenti. Il mondo dei poveri ci insegna come debba essere l’amore cristiano, che cerca certamente la pace, ma smaschera pure il falso pacifismo, la rassegnazione e l’inazione; che deve essere certamente gratuito, ma deve pure cercare l’efficacia storica.

Il mondo dei poveri ci insegna come la sublimità dell’amore cristiano debba passare attraverso l’imperiosa necessità di un impegno perché sia resa giustizia alle maggioranze, senza rifuggire dalla lotta onesta. Il mondo dei poveri ci insegna che la liberazione arriverà non il giorno in cui i poveri saranno i meri destinatari di benefici resi dai governi e dalla stessa Chiesa, ma quello in cui essi diverranno in prima persona attori e protagonisti della propria lotta e della propria liberazione, smascherando in tal modo la radice ultima dei falsi paternalismi, compresi quelli ecclesiali. Il mondo concreto dei poveri ci insegna anche in che cosa consista la speranza cristiana. La Chiesa predica cieli nuovi e terra nuova. Ma la Chiesa ha anche appreso come la speranza trascendente debba conservarsi nei segni della speranza storica, per quanto si tratti di segni così semplici, nella forma della loro presenza, come sono quelli che proclama il profeta Isaia, quando dice “Fabbricheranno case e le abiteranno, pianteranno vigne e ne mangeranno il frutto(Is 65,21)”. (Discorso fatto all’Università di Lovanio nel febbraio 1980)

  

RIFLETTO

• Come vengono descritti i poveri nel Vangelo?

• Perché Gesù sceglie i poveri?

• Come realizzò monsignor Romero la sua opzione per i poveri?

• Che relazione c’è tra l’opzione per i poveri e la lotta contro l’ingiustizia?

• Quali esigenze e rischi comportò per Monsignor Romero l’opzione per i poveri?

• Quale gioia trovò Monsignor Romero nella scelta dei poveri?

 

 

 

 

Mons. Romero e la scelta della pace

I militanti della destra salvadoregna dell’epoca accusarono Monsignor Romero di essere il leader della sovversione, di essere marxista, di eliminare il credo apostolico, di essere la causa della violenza nella quale soffre il paese. Nulla di più lontano dalla realtà. Quello che ha fatto, la semplice cronologia, gli atteggiamenti e gli insegnamenti di Romero, mettono in luce quella che è la verità: Romero fu un costruttore di pace.

Nella sua Terza Carta Pastorale afferma: “Viviamo in una realtà nazionale esplosiva, fertile ai frutti della violenza. Spesso vediamo manifestazioni popolari che terminano con lo spargimento di sangue dei manifestanti. In molti posti, soprattutto nelle campagne, si sono succeduti conflitti violenti. Sono molte le famiglie che piangono vittime dei sequestri, degli omicidi, delle torture, delle minacce, degli attentati incendiari, ecc.”. In questo contesto di repressione e minaccia di un guerra civile, Monsignor Romero riaffermò la sua opzione: «Dobbiamo tornare a ripetere, anche se è una voce che grida nel deserto, no alla violenza, si alla pace». E la sua opzione era molto concreta: costruire la pace per mezzo della giustizia, il dialogo e la verità.

 

ASCOLTIAMO LA PAROLA DI DIO   (Is 32,17-20)

17Praticare la giustizia darà pace, onorare la giustizia darà tranquillità e sicurezza per sempre. 18Il mio popolo abiterà in una dimora di pace, in abitazioni tranquille, in luoghi sicuri, 19anche se la selva cadrà e la città sarà sprofondata. 20Beati voi! Seminerete in riva a tutti i ruscelli e lascerete in libertà buoi e asini”.

  

La giustizia è il criterio per giudicare la violenza

 “Per sua ispirazione evangelica, la Chiesa si sente spinta a cercare la pace sopra ogni cosa. Innanzitutto, la Pace che la Chiesa cerca è quella della giustizia (opus justitae pax). Per questo, i suoi giudizi sulla violenza che turba la pace, non possono tralasciare i principi della giustizia. La Chiesa condanna fermamente ‛la violenza strutturale’ o ‛istituzionalizzata’, il prodotto di una situazione di ingiustizia nella quale la maggioranza degli uomini, donne, e soprattutto bambini nel nostro paese, sono privati del necessario per vivere.

La Chiesa condanna questo tipo di violenza, non solo perchè è ingiusta e allo stesso tempo è causa di peccato personale e collettivo, ma anche perchè è causa di altre innumerevoli crudeltà e violenze. È opportuno ricordare la celebre frase di Papa Pio XII prima dello scoppio della guerra:<Niente si perde con la pace>. Tutto quello che è efficace e razionale è che il governo usi la sua forza morale e coattiva, non per difendere la violenza strutturale di un ordine ingiusto, ma per garantire uno Stato veramente democratico”.

(Quarta Lettera Pastorale)

 

 Che cos’è la pace?

“Vado ad aprire davanti a voi, fratelli, dei preziosi passaggi di importanti documenti che oggi illuminano il magistero della Chiesa. C’è un capitolo nel Vaticano II che tratta della pace e uno dei documenti sulla riflessione dei Vescovi insieme al Papa in Medellin che parla anche della pace. Entrambi i documenti dicono che la pace non è assenza di guerra. Non possiamo dire di avere la pace, quando non c’è guerra e senza dubbio, in nessuna parte c’è pace reale. Nè vi è la pace, dice il Concilio, nell’egemonia dispotica, che chiede la sottomissione del popolo ad un solo uomo. Essa è la pace della morte, la pace della repressione. Non è pace.

Che cos’è la pace? La pace, dice il Concilio è la definizione di Isaia, profeta, e che lo stesso Pio XII portava scritta sul suo prezioso simbolo: Opus justitae pax. La pace è frutto della giustizia.

Questa si che è la pace. Quando c’è giustizia, c’è pace. Se non c’è giustizia, non c’è pace. In Medellin fu descritta la situazione latinoamericana e si arrivò a dire questa parola che suscitò molto scandalo: «In America Latina c’è una situazione di ingiustizia. C’è una violenza istituzionalizzata».

Non sono parole marxiste, sono parole cattoliche, sono parole del Vangelo. Perchè ovunque c’è una potenza che opprime il debole e non gli da la possibilità di vivere i suoi diritti, la sua dignità umana, lì c’è una situazione di ingiustizia. L’altro concetto che emerge dai documenti, è questo: Non basta la giustizia, è necessario l’amore. Questo, l’abbiamo sempre predicato, fratelli. Sono contento di constatare che tutti coloro che hanno seguito il pensiero attuale della Chiesa, non hanno mai udito una parola di violenza venir fuori dalle mie labbra. La forza del cristiano è l’amore e ripetiamo: la forza della Chiesa è l’amore” (Omelia del 3 luglio 1977)

 

 

RIFLETTO

 • Qual è la visione cristiana della pace?

• Che forme di violenza si possono riconoscere nella società attuale?

• Che visione della pace aveva Romero?

• Quali sono gli sviluppi della Pace oggi?

 

 

ORATIO    Domando umilmente di poter essere coerente con le indicazioni emerse dalla meditatio. Esprimo fede, speranza, amore. La preghiera si estende e diventa preghiera per i propri amici, per la propria comunità, per la Chiesa, per tutti gli uomini. La preghiera si può anche fare ruminando alcune frasi del brano ripetendo per più volte la frase/i che mi hanno fatto meditare.

 

Vi ricordiamo uno per uno, una per una,

per dire a tutti e a tutte con un solo prorompere di voce,

di amore e di impegno: martiri nostri!

Donne, uomini, bambini, anziani, indigeni, contadini, operai,

studenti, madri di famiglia, avvocati, maestre, artisti e comunicatori,

operatori pastorali, pastori, sacerdoti, catechisti, vescovi…

Nomi conosciuti e già inseriti nel nostro martirologio

o nomi sconosciuti ma incisi nel santorale di Dio.

Ci sentiamo vostra eredità.

Popolo testimone, Chiesa di martiri,

diaconi in cammino in questa lunga notte pasquale,

ancora tanto oscura, ma tanto invincibilmente vittoriosa.

Non cederemo, non ci venderemo, non rinunceremo

a questo grande paradigma delle vostre vite

che è stato il paradigma dello stesso Gesù

e che è il sogno del Dio vivente per tutti i suoi figli e figlie

di tutti i tempi e di tutti i popoli, in tutto il mondo,

fino al Mondo unico e pluralmente fraterno:

Il Regno, il Regno, il suo Regno!

 (Pedro Casaldaliga)

 

 

 

 

  

 

 

 

 

 

 

 

 

CONTEMPLATIO       Avverto il bisogno di guardare solo a Gesù, di lasciarmi raggiungere dal suo mistero, di riposare in lui, di accogliere il suo amore per noi. È l’intuizione del regno di Dio dentro di me, la certezza di aver toccato Gesù.

 È Gesù che ci precede, ci accompagna, ci è vicino, Gesù solo! Contempliamo in silenzio questo mistero: Dio si fa vicino ad ogni uomo!

 

Per Cristo, con Cristo e in Cristo

a te, Dio Padre Onnipotente,

nell’unità dello Spirito Santo,

ogni onore e gloria

per tutti i secoli dei secoli.

AMEN

 

ACTIO     Mi impegno a vivere un versetto di questi brani, quello che mi ha colpito di più.

 

Si compie concretamente un’azione che cambia il cuore e converte la vita. Ciò che si è meditato diventa ora vita!

 

Prego con la Liturgia delle Ore, l’ora canonica del giorno adatta al momento.

Concludo il momento di lectio recitando con calma la preghiera insegnataci da Gesù: Padre Nostro...

Arrivederci!

 

 

(spunti da pubblicazioni di MISSIO GIOVANI  per il 30° anniversario del martirio di mons. Romero)