RITIRO ON LINE                                                                                                   
giugno 2018

                                                                                                                                                                                                                                                

 

Venero la Parola di Dio, l’Icona ed il Crocifisso.   Traccio sulla mia persona il Segno della mia fede, il Segno della Croce, mi metto alla presenza del Signore che vuole parlarmi. 

 

 

Manda la tua luce e

la tua verità:

siano esse a guidarmi,

mi conducano alla tua

santa montagna,

alla tua dimora.

Verrò all’altare di Dio,a Dio,

mia gioiosa esultanza. 

 A te canterò sulla cetra,

Dio, Dio mio.

Spera in Dio:

ancora

potrò lodarlo,lui,

salvezza del mio volto

e mio Dio.

 

 

(dal Salmo 43)

 

 

Veni, Sancte Spiritus, Veni, per Mariam.

 

 

 

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Le ore del giorno scorrono rapide. Impossibile fermarle.

Il credente però le può «redimere».

 

Continuano le lectio liberamente tratte da alcune riflessioni di don Davide Caldirola, sacerdote della Chiesa di Milano.

Buona meditazione e buona preghiera.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LECTIO Apro la Parola di Dio e leggo in piedi il brano che mi viene proposto.  (Marco 1,21-28)

 

21 Andarono a Cafarnao e, entrato proprio di sabato nella sinagoga, Gesù si mise ad insegnare. 22 Ed erano stupiti del suo insegnamento, perché insegnava loro come uno che ha autorità e non come gli scribi. 23 Allora un uomo che era nella sinagoga, posseduto da uno spirito immondo, si mise a gridare: 24 «Che c'entri con noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci! Io so chi tu sei: il santo di Dio». 25 E Gesù lo sgridò: «Taci! Esci da quell'uomo ». 26 E lo spirito  immondo,  straziandolo  e gridando forte, uscì da lui. 27 Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Una dottrina nuova insegnata con autorità. Comanda persino agli spiriti immondi e gli obbediscono!». 28 La sua fama si diffuse subito dovunque nei dintorni della Galilea.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

MEDITATIO   Seduto, rileggo la Parola per più volte, lentamente. Anche la lettura della Parola di Dio è preghiera. Siamo entrati in quella zona più sacra e più lunga del nostro Ritiro On Line: il grande silenzio !  Il protagonista è lo Spirito Santo.

 Il modo migliore per assaporare un brano delle Scritture è accoglierlo in noi come un cibo nutriente per il nostro spirito, è avere la certezza che sia Dio a volerci parlare per farci entrare nelle dimensioni del suo disegno di amore e di salvezza. Se ascoltiamo attentamente la Parola potremo entrare in un rapporto vivo con il Padre, per lasciarci plasmare dal suo stesso "cuore".

 

 

“Una giornata speciale: l’ora delle opere

(Marco 1,21-28)

 

 

La giornata di Gesù

Le ore del giorno di Gesù sono segnate dal suo agire potente, dalla forza che promana dalla sua vita, dai suoi sguardi, dai suoi gesti. Gesù «lavora», si dà da fare; non alla maniera scomposta di chi si agita, ma con la serenità tipica di chi sa ciò che vuole, di chi sa dove vuole arrivare. Dopo i lunghi anni di silenzio e di vita operosa a Nazaret, in cui insegna un «Vangelo» fatto di prossimità alla vita della gente comune, lo contempliamo all'inizio della sua «vita pubblica» .

Il Vangelo di Marco subito nel primo capitolo ci offre un compendio della giornata-tipo di Gesù. L'evangelista descrive nella cornice temporale di un giorno soltanto, un sabato, le opere e le parole di salvezza che accompagnano tutto il periodo in cui Gesù è «passato beneficando e salvando» davanti a Dio e agli uomini. C'è un tempo per agire: Gesù lo sa bene, e conferma con i segni la ricchezza, la novità, l'autorevolezza del suo annuncio.

Contemplare i giorni di Gesù significa, per noi,  scoprire l'importanza dell'ora delle opere, di un agire efficace e concreto, di segni che dicono nella loro forza e nella loro immediatezza tutto il desiderio di stare nel mondo chinandosi sulle sue fatiche, sulle sue sofferenze, vegliando sui suoi cambiamenti e sulla sua crescita. Attraverso le nostre azioni scopriamo la pienezza della giornata che ci è dato di vivere, ed esprimiamo la nostra fede e la nostra passione per il Vangelo.

Il primo “segno”

Ci fermiamo soltanto sul primo grande segno: la guarigione dell'indemoniato nella sinagoga. È il primo miracolo che Marco ci racconta, e la scelta non è casuale. Tutta l'opera di Gesù è opera che si contrappone senza paura al male, che lo snida dai suoi rifugi, che lo fronteggia per distruggerlo. Gesù è colui che libera dal male l'umanità. Questa è l'opera di Gesù anche nei confronti delle nostre vite malate e fragili: con la sua  forza  combatte il  nostro  male, lo  guarisce e ci salva.

 Gesù nella sinagoga

Il primo miracolo di Gesù avviene nella sinagoga di Cafarnao: « Andarono a Cafarnao e, entrato proprio di sabato nella sinagoga, Gesù si mise ad insegnare ». La sinagoga è il luogo dell'insegnamento, dove si trasmettono i valori che consentono di interpretare il senso della vita e dell'impegno degli uomini in questo mondo. La sinagoga è anche il luogo dell'istruzione nel suo aspetto più ufficiale; è il luogo dell'ascolto della Parola e della preghiera. I Vangeli ci presentano spesso Gesù nella sinagoga: diversi miracoli sono da lui compiuti proprio in  questo luogo sacro. Eppure spesso è proprio questo luogo quello in cui assistiamo ai conflitti più accesi tra Gesù e i suoi oppositori... È come se il Signore si trovasse più a suo agio in contesti «laici», come la tavola o la strada.

Ma c’è una verità più profonda e sottile in questo rapporto che potremmo definire conflittuale tra Gesù e la sinagoga: proprio nel luogo dell'insegnamento e della trasmissione della fede e dei valori della vita, emerge fino in fondo la carica dirompente e lacerante del Vangelo di Gesù. Nella sinagoga si rivela tutta la sua autorevolezza, tutta la sua autorità.

 L'autorità di Gesù

Questo insegnamento autorevole e forte di Gesù viene sottolineato con vigore all'inizio e alla fine del miracolo descritto in Mc 1,21-28. «Insegnava come uno che ha autorità», premurandosi di aggiungere subito dopo: «Non come gli scribi». Il medesimo concetto è ribadito più avanti sotto forma di domanda: «Che è mai questo? Una nuova dottrina insegnata con autorità». Annotiamo alcune riflessioni, così come il testo ce le consegna.

 

C’è insegnamento e “insegnamento”

Anzitutto il testo ribadisce una cosa tanto nota quanto, purtroppo, vera. Esiste un insegnamento privo di qualunque autorità. C'è un modo di proporre la Parola, di insegnare la dottrina, di trasmettere le tradizioni e le usanze, di dettare norme e leggi morali che non esercita alcuna forma di autorità, e quindi nessun frutto di conversione e cambiamento, in coloro che ascoltano. Depositari di questa dottrina che non convince, che non trasforma e non cambia il cuore, sembrano essere proprio gli scribi, custodi di questa sapienza di vita, uomini sicuramente ligi alla loro fede, che occupano posizioni di rilievo e di prestigio nel panorama religioso dell'epoca. La loro indubbia preparazione e competenza e l'ufficialità del ruolo che rivestono non li mettono al riparo dal rischio di essere talvolta incapaci di trasmettere la forza e la grazia di una fede che libera e salva. Il loro non pare essere un problema di ortodossia, quanto di ortoprassi. La loro parola non convince perché è la loro vita ad essere grigia, spenta, senza calore.

 

Sempre nuove domande

C'è un secondo tratto che il testo evidenzia con forza. L'insegnamento di Gesù non spegne le domande, ma le suscita. «Che è mai questo?» si chiede la gente. E la domanda apre lo spazio di un ulteriore ascolto, di un'ulteriore ricerca.

La Parola  di Gesù apre uno spazio ulteriore di ricerca e di fede. Da subito l'insegnamento del Signore non si configura come una didattica sterile, destinata a risolvere il dramma della ricerca di fede dell'uomo con poche parole sicure, determinate, incontrovertibili, che non lasciano spazio ad alcun dubbio e ad alcun percorso. Mentre prova a rispondere alla fatica della vita dell'uomo, la parola del Signore invita a farsi nuove domande, ad affrontare nuovi interrogativi. Gesù non propone un catechismo universale che sciolga ogni dubbio: propone un cammino concreto di liberazione dal male, che reca in sé non poche fatiche e non pochi ostacoli.

 Uno sconvolgimento interiore

Se guardiamo più da vicino questo insegnamento del Signore, troviamo altre caratteristiche inquietanti e vincenti, nel contempo, di questo modo di porsi di Gesù.

Lo stupore di cui parla Marco, generato dalle parole di Gesù, indica una ferita che si apre nel cuore di coloro che ascoltano. È come se i presenti nella sinagoga avvertissero un colpo al cuore, uno strappo, un urto, uno sconvolgimento interiore, un rimescolamento profondo delle viscere. Coloro che si trovano nella sinagoga subiscono un impatto fortissimo dalle parole di Gesù, e si sentono aperti dentro, feriti. Capiscono che Gesù insegna con la sua stessa presenza, col suo vissuto. Proprio quello che manca agli scribi, proprio quello che non trovano nelle prediche che ascoltano ogni sabato nella sinagoga. Le parole degli scribi, normalmente, passano sopra le loro teste e i loro cuori, e non trasformano minimamente la loro esistenza.

Tutto questo risulta tanto più vero quanto più notiamo l'assoluto silenzio di Marco nel rivelarci «cosa» Gesù abbia detto quel sabato nella sinagoga di Cafarnao. Marco non ci consegna né gli appunti, né l'indice della predica di Gesù. Non ci dice nemmeno che testo della Scrittura abbia commentato. Forse non è così importante, visto che è Lui la Parola, è Lui il compimento e la pienezza della Scrittura stessa. Questo stile di insegnamento ci dà modo, allora, di spostare la nostra attenzione dalle parole del Signore alla figura dell'assemblea che le ascolta, in particolare all'uomo che diventa il protagonista di questo racconto di Marco, del primo miracolo operato da Gesù.

Un semplice fedele che nasconde un segreto

Chi è quest'uomo? Di lui non conosciamo neppure il nome. Posso essere io quell'uomo che porta dentro di sé uno spirito cattivo, che patisce nell'intimo una malattia oscura, misteriosa, apparentemente inguaribile perché non ancora diagnosticata, perché ancora nascosta, ma che si  lascia interpellare e  mettere in questione.

In effetti, quest'uomo è un semplice fedele. È uno dei tanti che quel sabato mattina è uscito di casa e ha preso posto nella sinagoga, come probabilmente ha fatto moltissime altre volte. Niente in lui lascia pensare che si porti un demonio dentro. Se avesse avuto comportamenti strani, o se avesse creato disordini, o se si fosse messo a urlare e gridare, l'avrebbero già buttato fuori. Niente di tutto questo. Sta lì, seduto in mezzo a tutti gli altri, col suo demone nel cuore. E nessuno se ne accorge. Forse nemmeno lui lo sa. Forse il suo essere lì, come tutti i sabati, nella sinagoga, è un modo per scappare, per sfuggire al male che si porta dentro, per non prenderne coscienza, per convincersi che in fondo è come tutti gli altri: ordinato, pulito, regolare, né più bravo né più cattivo. È un modo per ricacciare nel profondo del cuore il disagio della propria vita senza mai avere il coraggio di affrontarlo, di combatterlo, se possibile di superarlo. Niente di meglio che un po' di religione e qualche buona parola per convincersi che tutto sta andando bene, che non ci sono problemi, che si può andare avanti benissimo così. L'uomo che si porta nel cuore un demonio si sente religiosamente a posto e socialmente accolto, legittimato ad andare avanti così. Si sente completamente a suo agio. Ma intanto sta morendo dentro.

 Lo fanno uscire allo scoperto

«Allora un uomo che era nella sinagoga, posseduto da uno spirito immondo, si mise a gridare ».

È a questo punto che entra in scena l'insegnamento autorevole e lacerante del Signore, la sua parola e la sua presenza che feriscono e sorprendono. Niente nel testo ci lascia supporre che Gesù si sia rivolto a quest'uomo in maniera particolare, o che l'abbia preso di mira. Eppure le sue parole snidano il male che quest'uomo si porta dentro, lo fanno uscire allo scoperto, lo costringono a gridare, ad esporsi, a rivelare quello che è veramente, non quello che pensa di essere, o che vuol far credere di essere. L'insegnamento di Gesù stana e fa uscire allo scoperto il male che l'uomo si porta dentro, la sua empietà nascosta che non viene mai a galla nella normalità della vita. In un attimo il castello di menzogne con cui quest'uomo  ha tenuto in piedi  la sua vita viene spazzato via. Si trova suo malgrado esposto alla vista di tutti, nella sacralità dell'assemblea del sabato, a riconoscere la sua miseria, la sua povertà.

 Un uomo che si ribella, che grida, che capisce chi è Gesù

Da qui prende inizio la sua storia di salvezza. Quest'uomo, che si sente “scoperto” e “smascherato”, si ribella, si mette a gridare: «Che c'entri con noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci! Io so chi tu sei: il santo di Dio». La miseria in cui è caduto gli fa leggere come estrema minaccia la possibilità di salvezza che gli viene offerta. È questa l'ultima, terribile menzogna con cui il demonio cerca di incatenarlo. La presenza di Gesù viene letta come una rovina, come un disastro. E in effetti lo è: è un'autentica catastrofe che viene a sconvolgere gli equilibri falsi su cui la vita di quest'uomo si è sempre fondata. La sua apparente rettitudine morale, la sua religiosità pia, non reggono alla prova del Vangelo.

 C’è molto di noi, in questo grido

C'è molto  della  nostra  umanità  in questo grido dell'uomo indemoniato. Non è più lui a parlare: sono tutte le sue paure, le sue angosce, le sue ansie che ha lungamente nascosto e che finalmente escono allo scoperto. Ci sono tutti i suoi istinti, i suoi impulsi negativi di cui non ha mai voluto prendere coscienza, con cui non ha mai voluto fare i conti, ci sono tutte le sue difficoltà e i suoi limiti comunicativi, ci sono tutti i suoi fallimenti non rielaborati e non accettati... C'è tutto il suo mondo interiore, profondo, che improvvisamente esplode.

 Anche noi…

Come quest'uomo, anche noi avvertiamo la minaccia di essere smascherati nel nostro male profondo, temiamo che appaiano allo scoperto i nostri mali e le nostre ingiustizie. Ci pare troppo costoso,  troppo  impegnativo  fare seriamente i conti col nostro lato oscuro, proporci di cambiare seriamente (e non soltanto attraverso deboli propositi), dare un nome preciso al nostro male.

 Capisce chi è Gesù

Eppure proprio quest'uomo, l'unico in tutta la sinagoga, capisce chi è Gesù. Mentre tutti gli altri si chiedono cosa succede, cosa è mai questo, chi sarà mai quest'uomo, all'indemoniato non manca la chiarezza della risposta: «Io so chi tu sei: il santo di Dio». L'uomo posseduto dal demonio coglie la santità di Gesù, la sua differenza rispetto a qualunque altro rabbi, la forza di un insegnamento destinato a rovinare, a sconfiggere il male per sempre. Vede lucidamente ciò che tutti gli altri non intuiscono neppure.

Non sarà l'unica volta in cui nei Vangeli troviamo accenni a questa «fede dei demoni», a questo sguardo singolarmente acuto e profondo nel cogliere la divinità di Gesù proprio in coloro che appaiono posseduti dalle forze del male. Forse in questo modo i Vangeli ci vogliono suggerire che l'abisso del male è il punto prospettico migliore per cogliere da vicino la forza della misericordia e della compassione di Dio. Chi sembra il più lontano è in realtà il più vicino alla salvezza che il Signore è venuto a portare.

 Le parole di Gesù

Al grido dell'indemoniato fa seguito un altro grido, quello di Gesù. « E Gesù lo sgridò». Spesso Gesù viene presentato così quando affronta il demonio: capace di sgridare, di pronunciare una parola forte, di affrontare il male con forza. Marco non ci dice nulla a proposito dei contenuti dell'insegnamento di Gesù, ma ci riporta le parole che rivolge al demonio presente nell'uomo: «Taci! Esci da quell'uomo ». Queste parole sono il suo insegnamento, la sua predica da raccogliere. Vanno rilette con grande attenzione, senza fretta.

 Il silenzio

«Taci». Il demonio viene anzitutto invitato al silenzio, viene messo a tacere. Non sorprende questo comando del Signore. Gesù impone il silenzio. Il demonio si presenta spesso proprio come l'accusatore, il menzognero, l'ingannatore, colui che ruba e nasconde la parola vera per irretire e ingannare con la bugia, con la falsità. L'esorcismo allora avviene anzitutto attraverso la consegna di un silenzio in cui si impara a spogliarsi delle parole non vere che trasformano la vita in un castello di illusioni, che ingannano noi stessi e gli altri, che confondono e deformano la coscienza.

Il principio della guarigione è il silenzio: lo stesso silenzio che mette a nudo l'inutilità  e la confusione  di troppe nostre parole, lo stesso silenzio che Gesù custodirà nella Passione di fronte ai suoi accusatori. Non a caso il silenzio ci viene raccomandato durante gli esercizi spirituali, nei momenti di ritiro, nelle celebrazioni penitenziali, durante l'assemblea eucaristica. Non si tratta soltanto di un accorgimento utile per raccogliersi, per ritrovare la concentrazione e la calma. È più radicalmente l'espressione di una convinzione e di un desiderio profondo: quello di ritrovare la verità di noi stessi, di consegnarci interamente ad una parola che non sia di vanità o di menzogna, che dolorosamente possa raggiungerci, e cambiarci.

Gesù dicendo «Taci» ribadisce al demonio di essere Lui, il Signore, la Parola vera, la Parola del Padre. Di fronte alla Parola si impara a tacere, in un mutismo che diventa preghiera e lode. C'è bisogno di silenzio che permetta a Gesù di agire attraverso la sua parola, di esprimere una diagnosi vera riguardo alle nostre malattie, di curarle, di condurle a piena guarigione.

 Esci

Subito la parola del Vangelo di Marco ci pone di fronte a un altro imperativo: «Esci»… « E lo spirito  immondo,  straziandolo  e gridando forte, uscì da lui ».

Uscire è verbo forte nella Scrittura. Anche in questo caso non indica soltanto la scomparsa dello spirito immondo dal cuore dell'uomo, ma sottolinea come per quell'uomo prenda inizio un nuovo viaggio, un nuovo esodo. Quest'uomo deve ripercorrere tutto l'itinerario di salvezza che prima di lui ha compiuto il popolo di Israele. Deve riconoscere la propria schiavitù, vivere la sua Pasqua, attraversare il mare e il deserto, patire la fame e la sete. Il suo grido «Sei venuto a rovinarci» somiglia molto al lamento degli Israeliti che rimpiangono le cipolle dell'Egitto. Tutto il contesto umano nel quale quest'uomo era ben inserito si trasforma e viene smantellato dalla presenza del Signore.

 Da quell’uomo

Nel comando «Da quell'uomo» c'è la persuasione di Gesù nell'indicare la presenza del demonio come «estraneo», come inquilino abusivo nell'esistenza dell'uomo che è entrato nella sinagoga. Il demonio si è indebitamente appropriato di un luogo - il cuore dell'uomo - che non è suo, perché proprietà solo del Signore. Viene scacciato, mandato via, perché sorpreso là dove non si sarebbe dovuto trovare. In questo senso viene ribadito, anzitutto, che colui che è entrato nella sinagoga è un uomo: persona creata, scelta, amata dal Signore. Non si qualifica come «un indemoniato», ma come «un uomo». Non si vede in lui solo il male che lo incatena, quanto piuttosto la sua umanità profonda, per quanto sfigurata e imbrigliata dall'ostile presenza del maligno. Gesù non ha davanti a sé un problema, un caso clinico, o un mostro: ha davanti a sé un uomo. «Esci da lui», dice al demonio. La parola del Signore è detta al demonio che ne ha preso possesso: una vera e propria «cacciata» che permetta all'uomo di ritrovare la dignità e la bellezza che erano andate perdute.

 Se ne esce scossi

«Straziandolo e gridando forte». Non si esce dalla spirale del male senza pagare un prezzo, senza esserne profondamente scossi. Noi pensiamo e speriamo di potercela cavare con poche ferite; in realtà non è così: le resistenze sono molte, e il male «fa male». Anche nei Vangeli molto spesso la guarigione dal male, in particolare quando è in atto un esorcismo, avviene con grida, urla, in mezzo a scene terrificanti. Anche qui il demonio abbandona l'uomo che è nella sinagoga «straziandolo e gridando forte». L'uomo che si è liberato dalla prigionia del proprio cuore non l'ha fatto senza dolore: questo vale anche per noi, per ogni nostro cambiamento o progresso nella vita dello Spirito, dove tutto è grazia, ma tutto costa fatica...

 La novità dell'insegnamento

Torniamo alla cornice del racconto, rappresentata dallo stupore e dalla domanda della folla riguardo alla «dottrina», all'insegnamento di Gesù. Qual è la forza e la novità di questa Parola?

La dottrina di Gesù si configura come sostegno nella lotta contro il male e come liberazione da esso. È parola che snida la forza ostile presente nel cuore di ogni uomo e, rivelandone la menzogna, la scaccia.

Il Maestro Gesù non viene a proporre un nuovo codice, una nuova legislazione. Viene a dire che l'uomo è fatto per essere libero, viene a sostenere fattivamente questa libertà, impegnandosi in prima persona a smascherarne le caricature, a denunciarne le truffe e i malintesi.

Gesù appare preoccupato di sostenere il cammino di chi vive ogni giorno nel mondo: un  mondo  dove il male c'è, si fa strada, si annida nel cuore dell'uomo devastandolo dall'interno, garantendogli una vita apparentemente normale, serena, sicura, ma in realtà segnandolo di ombre, di paure, di angosce, di tristezze, di inganni che rovinano la vita. Il suo insegnamento e la sua autorevolezza sono quelli di chi fa capire che Dio vuole la vita dei suoi figli, vuole la loro felicità. Dio spende la sua parola perché l'uomo possa di nuovo sentirsi liberato e gioioso, non più schiavo del male, dei propri fantasmi, dei propri peccati, dei propri vizi.

 La parola per la mia vita: liberaci dal male

Pensiamo al nostro agire nel mondo da credenti come all'agire di chi prova faticosamente e dolorosamente a liberare dal male le persone che incontra, a guarire le ferite, a dare un po' di fiato alla vita. Parliamo della paziente opera di risanamento interiore che avviene nella vita quotidiana. Un'opera che compiamo anzitutto su noi stessi, prendendo coscienza del nostro male, delle nostre fragilità, e imparando ad affrontarle con grande serenità e fiducia.

A volte, contemplando le persone che ci sono vicine, abbiamo l'impressione di un campo arido, infecondo, di un mondo indifferente, che non aspetta di essere raccolto dallo Spirito.

Occorre credere il contrario: ci sono frutti da raccogliere anche in una folla apparentemente chiusa, ci sono ferite da curare anche nelle persone apparentemente serene, tranquille, senza problemi. Dobbiamo leggere nelle persone che incontriamo non ciò che è ostile, ma ciò che è vero: la sofferenza, lo smarrimento, i bisogni inespressi, le potenzialità ...

 

(Luca Ferullo Art)

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ORATIO Domando umilmente di poter essere coerente con le indicazioni emerse dalla meditatio. Esprimo fede, speranza, amore. La preghiera si estende e diventa preghiera per i propri amici, per la propria comunità, per la Chiesa, per tutti gli uomini. La preghiera si può anche fare ruminando alcune frasi del brano ripetendo per più volte la frase/i che mi hanno fatto meditare.

 

In te, Signore, mi sono rifugiato,

mai sarò deluso;

difendimi per la tua giustizia.

Tendi a me il tuo orecchio,

vieni presto a liberarmi.

Sii per me una roccia di rifugio,

un luogo fortificato che mi salva.

Perché mia rupe e mia fortezza tu sei,

per il tuo nome guidami e conducimi.

Scioglimi dal laccio che mi hanno teso,

perché sei tu la mia difesa. 

 

 Alle tue mani affido il

mio spirito;

tu mi hai riscattato, Signore,

Dio fedele.

Esulterò e gioirò per la

tua grazia,

perché hai guardato alla

mia miseria,

hai conosciuto le angosce della

mia vita;

non mi hai consegnato nelle mani

del nemico,

hai posto i miei piedi in un

luogo spazioso.

 

(dal Salmo 31)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CONTEMPLATIO     Avverto il bisogno di guardare solo a Gesù, di lasciarmi raggiungere dal suo mistero, di riposare in lui, di accogliere il suo amore per noi. È l’intuizione del regno di Dio dentro di me, la certezza di aver toccato Gesù.  È Gesù che ci precede, ci accompagna, ci è vicino, Gesù solo! Contempliamo in silenzio questo mistero: Dio si fa vicino ad ogni uomo!

 

Per Cristo, con Cristo e in Cristo a te, Dio Padre Onnipotente,  

nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoli.  Amen

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ACTIO     Mi impegno a vivere un versetto di questi brani, quello che mi ha colpito di più.

Si compie concretamente un’azione che cambia il cuore e converte la vita. Ciò che si è meditato diventa ora vita!  Prego con la Liturgia delle Ore, l’ora canonica del giorno adatta al momento.

Concludo il momento di lectio recitando con calma la preghiera insegnataci da Gesù: Padre Nostro...

Arrivederci!  

 

(spunti liberamente tratti da una lectio di don Davide Caldirola, della Chiesa di Milano)

 

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