RITIRO ON LINE                                                                                                   
giugno 2017

                                                                                                                                                                                                                                                

 

Venero la Parola di Dio, l’Icona ed il Crocifisso.   Traccio sulla mia persona il Segno della mia fede, il Segno della Croce, mi metto alla presenza del Signore che vuole parlarmi. 

 

Donami un cuore puro,

che io possa vederti;

e un cuore umile,

che io possa sentirti;


e un cuore amante,

che io possa servirti;

e un cuore di fede,

che io possa dimorare in te.

 (Dag Hammarskjold)

 Veni, Sancte Spiritus, Veni, per Mariam.

  

 

 

 

“Le donne sono quelle del Vangelo di Luca;

la gioia è quella che scaturisce dal loro incontro con Gesù”

 

Iniziamo alcune lectio tratte da episodi del Vangelo di Luca, nelle quali il filone comune è la GIOIA DELLE DONNE CHE INCONTRANO GESU’.

Siamo ancora, per poco, nel “Tempo di Pasqua” e le donne che si recano al sepolcro convinte di trovare un cadavere, offrono lo spunto di riflessione e di preghiera di questo mese.

 Queste riflessioni sono liberamente tratte da alcune lectio di don Davide Caldirola, della Chiesa di Milano.

 Buona meditazione e buona preghiera.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 LECTIO Apro la Parola di Dio e leggo in piedi i brani che mi vengono proposti.    (Luca 24,1-12)

"Il primo giorno della settimana, al mattino presto esse si recarono al sepolcro, portando con sé gli aromi che avevano preparato. Trovarono che la pietra era stata rimossa dal sepolcro e, entrate, non trovarono il corpo del Signore Gesù. Mentre si domandavano che senso avesse tutto questo, ecco due uomini presentarsi a loro in abito sfolgorante. Le donne, impaurite, tenevano il volto chinato a terra, ma quelli dissero loro: «Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risorto. Ricordatevi come vi parlò quando era ancora in Galilea e diceva: "Bisogna che il Figlio dell'uomo sia consegnato in mano ai peccatori, sia crocifisso e risorga il terzo giorno"».

Ed esse si ricordarono delle sue parole e, tornate dal sepolcro, annunciarono tutto questo agli Undici e a tutti gli altri. Erano Maria Maddalena, Giovanna e Maria madre di Giacomo. Anche le altre, che erano con loro, raccontavano queste cose agli apostoli. Quelle parole parvero a loro come un vaneggiamento e non credevano ad esse.

Pietro tuttavia si alzò, corse al sepolcro e, chinatosi, vide soltanto i teli. E tornò indietro, pieno di stupore per l'accaduto".

 

 

 

 

 

 

 

 

 

MEDITATIO   Seduto, rileggo la Parola per più volte, lentamente. Anche la lettura della Parola di Dio è preghiera. Siamo entrati in quella zona più sacra e più lunga del nostro Ritiro On Line: il grande silenzio !  Il protagonista è lo Spirito Santo.

 Il modo migliore per assaporare un brano delle Scritture è accoglierlo in noi come un cibo nutriente per il nostro spirito, è avere la certezza che sia Dio a volerci parlare per farci entrare nelle dimensioni del suo disegno di amore e di salvezza. Se ascoltiamo attentamente la Parola potremo entrare in un rapporto vivo con il Padre, per lasciarci plasmare dal suo stesso "cuore".

 

 Le donne il mattino di Pasqua: le sorprese e i racconti

(Luca 24,1-12)

 

La parola spezzata

La gioia della risurrezione è quella più difficile. Basta leggere tutti i racconti che riguardano le apparizioni di Gesù dopo la Pasqua per rendersene conto. La prima reazione dei discepoli o delle donne è spesso quella della paura, del timore; altre volte invece gli evangelisti ci descrivono il disorientamento, il turbamento, un senso di sorpresa che conduce verso lo smarrimento più che nella direzione dell'esultanza. «Troppo bello per essere vero!». Forse questa «frase fatta» ci avvicina al mistero di una notizia - quella della Pasqua - che dovrebbe riempire il cuore di gioia ma che lascia, almeno in prima battuta, increduli e perplessi.

Non è solo lo stupore a far sì che l'annuncio di Pasqua sia il più difficile da raccogliere per provare gioia nel cuore. C'è un altro motivo, molto più profondo: la parola della risurrezione fa riferimento in modo imprescindibile a tutto quanto sta prima. È parola che deve per sua natura richiamare alla memoria tutte le vicende di tradimento, di rinnegamento, di sofferenza, di dolore, di sconfitte, di morte che hanno segnato gli ultimi giorni terreni della vita di Gesù. Dire che il Signore è risorto significa ricordare ai suoi amici che prima ha dovuto patire e morire sulla croce. È un capitolo - questo - che non si riapre né si rilegge molto volentieri, perché si mescolano in esso una sofferenza profonda legata alla sorte dell'Amico e un senso di grande fallimento personale da parte del discepolo, che si trova costretto a riconoscere di non essere stato all'altezza della situazione proprio nel momento decisivo. Davvero la gioia della Pasqua non è facile, non è una felicità a buon mercato.

Ci addentriamo nella bellezza e nella complessità del testo di Luca seguendo le azioni che compiono le donne protagoniste  del brano.

 

Si recano

Il primo giorno della settimana, al mattino presto esse si recarono al sepolcro, portando con sé gli aromi che avevano preparato”.

Anzitutto esse si recano al sepolcro portando gli aromi. Consideriamo insieme queste due azioni, strettamente connesse tra loro. In esse il gesto di pietà e di tenerezza va di pari passo con un grande investimento di fiducia. Pietà e tenerezza, anzitutto: vorrebbero toccare e onorare il corpo dell'amato, vorrebbero dire che il loro affetto non è stato spento neppure dalla morte. Lo vorrebbero fare seguendo la loro tradizione e nello stesso tempo recuperando quanto non era stato permesso loro di compiere al momento della deposizione dalla croce. Ma questo gesto di pietà che vuole prolungare il tempo dell'affetto ha bisogno di una  grande fiducia: quella  che permette  di riprendere a vivere dopo un'esperienza devastante, traumatica, e quella -  concretissima - legata alla speranza di riuscire a rimuovere la pietra che grava sul sepolcro, compito questo assolutamente  al di là delle loro forze fisiche.

A tutto questo va aggiunta la considerazione che il recarsi al sepolcro da parte delle donne indica soprattutto il desiderio di non chiudere troppo in fretta la loro storia con Gesù. Non fanno come i discepoli di Emmaus che girano le spalle a Gerusalemme per fuggire: conservano la forza di chi sa rimanere, di chi non vuole né archiviare né rimuovere un capitolo tragico della propria vita senza averlo riletto ed esplorato a fondo.

 

Trovare

Trovarono che la pietra era stata rimossa dal sepolcro e, entrate, non trovarono il corpo del Signore Gesù”.

La parola successiva su cui fermiamo la nostra attenzione è il verbo «trovare». Le donne trovano la pietra rotolata ma non trovano il corpo di Gesù: esattamente il contrario di quanto si aspettavano. E capiscono che nella vita le cose non sempre vanno secondo le attese e la previsioni, che anche le certezze più sicure possono rivelare un lato inedito e sorprendente. Il Signore si dimostra in grado di ribaltare ancora una volta gli scenari nei quali esse si sono abituate a vivere. Era già successo molto tempo prima, quando le aveva guarite e cambiate. Due di loro, Maria di Magdala e Giovanna, sono ricordate al capitolo 8 tra coloro che sono state liberate dagli spiriti cattivi:

C’erano con lui i Dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria, chiamata Maddalena, dalla quale erano usciti sette demòni; Giovanna, moglie di Cuza, amministratore di Erode; Susanna e molte altre, che li servivano con i loro beni”. (Lc 8)

Erano Maria Maddalena, Giovanna e Maria madre di Giacomo”. (Lc 24)

Succede anche adesso, nel mattino di Pasqua, quando pensavano che ormai Gesù non potesse far più nulla per loro, che avesse esaurito le possibilità di toccare di nuovo le loro esistenze per trasformarle in un canto di esultanza. La gioia che le donne raccolgono è dunque quella di chi si apre alla sorpresa, di chi cade negli agguati di felicità tesi dal Maestro.

 

 Il “senso”

Mentre si domandavano che senso avesse tutto questo…

Di fronte a questo trovare e non trovare, le donne si domandano il senso di quanto sta loro capitando. Torna subito alla mente l'atteggiamento di Maria nella scena dell'Annunciazione, dove la vergine, prima di tutto, si domanda il significato del saluto dell'angelo. È lo stile di chi ha imparato a pensare, a riflettere, a non agire soltanto di puro istinto, a lasciarsi interrogare da quanto capita. È evidente che le donne non potranno rispondere alla loro domanda di senso soltanto attraverso il canale dell'intelligenza e della riflessione. Avranno bisogno di un'ulteriore rivelazione e di tutta la pazienza  necessaria per compiere i passi verso  la fede che il Signore domanderà loro di nuovo. Ma nello stesso tempo appare chiaro che non potranno far nulla di buono se rinunceranno alla saggia disposizione di tenere nella testa e nel cuore le domande vere, di chiedersi la ragione e la direzione di quanto sta capitando loro. La fiducia nel Risorto si nutre anche della tenacia della ricerca del senso degli avvenimenti e della storia; l'adesione al vangelo non implica in alcun modo la rinuncia all'intelligenza e alla riflessione.

 

Chinare il volto

ecco due uomini presentarsi a loro in abito sfolgorante. Le donne, impaurite, tenevano il volto chinato a terra”.

L'atto successivo compiuto dalle donne è quello di chinare il volto. Luca lo identifica anzitutto come un gesto legato alla paura, ma al di là di questo timore si intuisce facilmente che esso indica da subito un atteggiamento di rispetto, di riverenza, quasi di adorazione nei confronti di questa presenza sconosciuta che richiama loro l'ennesimo intervento sorprendente di Dio nella loro vita. E ancora una volta, nonostante la paura, le donne non fuggono. Con tutto il timore e il tremore del caso, restano alla presenza di Dio; col volto chinato, certo, nell'atteggiamento di chi si fa piccolo perché sa di non poter sostenere uno sguardo così, di non avere occhi e cuore sufficienti a sostenere la bellezza del volto di Dio e dei suoi messaggeri. Ma rimangono dove sono, sicure che non sarà il loro fuggire ma il loro restare ad aprire un senso possibile all'incredibile vicenda nella quale sono state coinvolte.

 

Il ricordo

«Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risorto. Ricordatevi come vi parlò quando era ancora in Galilea e diceva: "Bisogna che il Figlio dell'uomo sia consegnato in mano ai peccatori, sia crocifisso e risorga il terzo giorno"».

Il passo successivo è quello legato al ricordo. Gli angeli consegnano anzitutto questo compito alle donne: fare memoria. Se vogliono ritrovare la gioia devono anzitutto raccogliere le parole del Maestro, quelle più oscure e difficili da capire, quelle che avevano generato in loro ansia e turbamento, incomprensione e paura. Ricordare significa letteralmente «riportare al cuore», alla sede della decisione e della volontà, alla «casa interiore» dove maturano le scelte vere della  vita, dove si decide il cammino da intraprendere. Di sicuro questo ricordo, questo riportare al cuore, al centro, non potrà essere in alcun modo un semplice sforzo mnemonico, quanto piuttosto il rivivere un'esperienza, il rileggere attraverso coordinate differenti quanto si è vissuto. Non un'opera di registrazione, ma una vera e propria  rielaborazione di ciò che è avvenuto, degli eventi vissuti che trovano nuova luce nella rivelazione del mattino di Pasqua. Si tratta di un vero e proprio «esercizio spirituale», che in quanto tale può compiersi solo se le donne si lasciano toccare e raggiungere dalla grazia dello Spirito che il Signore donerà loro di lì a pochi giorni.

 

Il ritorno

Ed esse si ricordarono delle sue parole e, tornate dal sepolcro, annunciarono tutto questo agli Undici e a tutti gli altri”.

Il ricordo, da parte sua, precede il ritorno. Luca lega strettamente al tema dell'annuncio questo ritorno a casa: «Tornate dal sepolcro, annunciarono». È interessante come gli angeli, secondo Luca, non abbiano investito le donne di questo compito. Non hanno detto loro «portate la notizia agli altri» o «dite a tutti che il Signore è risorto». Dopo aver invitato alla memoria di quanto accaduto, escono di scena. È come se fossero le donne stesse ad assumersi in prima persona questa missione. Non si tratta evidentemente di un abuso o di una indebita intromissione nel piano della salvezza, quanto di una precisa presa di coscienza e di responsabilità rispetto a ciò che hanno vissuto. Non c'è bisogno che qualcuno lasci loro il compito dell'annuncio: è un'esigenza interiore, una conseguenza inevitabile dell'incontro avvenuto davanti al sepolcro. Potremmo dire che è un movimento di gioia dello spirito, uno slancio interiore del cuore. Come ritornare senza annunciare? Come non coinvolgere i fratelli in questa scoperta meravigliosa? Siamo di fronte - tra l'altro - a una sot­ tolineatura specifica della narrazione lucana. Marco aveva raccontato il silenzio delle donne che, tornate dal sepolcro, non dicono niente a nessuno, perché hanno paura. Luca insiste su questo annuncio che rivela tutta la passione delle donne per i loro fratelli e il desiderio di coinvolgerli nella loro scoperta della gioia.

 

Il racconto

Anche le altre, che erano con loro, raccontavano queste cose agli apostoli. Anche le altre, che erano con loro, raccontavano queste cose agli apostoli”.

L'annuncio diventa racconto: non più soltanto il resoconto scarno di quanto successo, ma una vera e propria storia, una notizia che si allarga e che chiede non soltanto di essere comunicata, ma narrata, riempita di particolari, resa sapida dal racconto delle proprie emozioni (sarà così per i discepoli di Emmaus: non ci ardeva forse il cuore... ), arricchita dalla commozione e della trepidazione che crescono mentre le parole si rincorrono e si confondono, si accavallano e si perdono, si smarriscono e si ritrovano. Poco importa se questo racconto, almeno inizialmente, suscita incredulità e lascia perplessi:

Quelle parole parvero a loro come un vaneggiamento e non credevano ad esse”.

Luca non annota alcuna reazione negativa delle donne di fronte allo scetticismo dei discepoli, segno che la notizia di Pasqua ha già cominciato a trasformare i loro cuori, a renderli più duttili, più semplici, più pazienti.

 

La gioia

L'annuncio della risurrezione avrà tempo per farsi strada, per regalare la sua difficile gioia, per allargarsi e diffondersi nei tempi e nei modi che spetterà solo al Signore decidere. Alle donne, testimoni della gioia, rimane il tempo della speranza e dell'attesa, da colmare con la preghiera e la carità, da riempire con il racconto grato e commosso di un incontro che ha cambiato la vita, e l'ha cambiata per sempre.

 Briciole di gioia

C'è la gioia della Pasqua, della risurrezione, la gioia di sentirsi salvati. C'è la gioia di sapere che la morte è vinta per  sempre,  che ci attende  un  futuro  luminoso di pace, di quiete, di felicità e pienezza di vita. Ma come spesso capita, non abbiamo bisogno soltanto dei grandi orizzonti di  gioia, ma anche delle  briciole  che ci sfamano nell'oggi. Impariamo così a mescolare le gioie sperate della vita futura a quelle che raccogliamo nell'esistenza presente, così come ci è dato di compiere. Il mattino di Pasqua, le donne non solo ricevono l'incredibile  notizia  della  risurrezione,  ma  sperimentano la felicità legata all'esistenza  feriale, quotidiana.

 

Lasciarsi sorprendere

C'è anzitutto la gioia di chi si lascia sorprendere, di chi mantiene intatta la capacità - tipica dei bambini - di meravigliarsi, di stupirsi, di restare incantati e sbalorditi di fronte a ogni cosa, di rimanere a bocca aperta davanti a un filo d'erba, o a un sasso, o all'acqua  di  una fontana. Per un adulto sorprendersi è più difficile. Tendiamo a diventare calcolatori, freddi, pragmatici. Lo stesso sviluppo rapidissimo  della  tecnologia,  che ha fatto diventare «normale» ciò che un decennio fa sembrava fantascienza, ha mortificato in noi la capacità di  meravigliarci. È «normale»  avere in  un istante notizie e immagini che  provengono  dall'altra parte del mondo, è «normale» possedere aggeggi minuscoli che ti permettono di comunicare con l'amico lontano vedendone l'immagine in diretta. È  «normale» - purtroppo - assistere alle tragedie dei profughi, alle immagini di guerra, ai fatti di cronaca nera, agli scenari umilianti del malcostume diffuso. L'effetto-sorpresa è ormai legato soltanto ai «grandi eventi», sempre più complessi e costosi e sempre meno in grado di incidere e di lasciare tracce durature nel cuore e nella memoria delle persone, destinati a essere immediatamente dimenticati o sostituiti dall'evento successivo. Qualcuno ha fatto notare che funziona così anche nella Chiesa: poca vita quotidiana e molti grandi avvenimenti che svaniscono in un istante, come fumo...

Forse è venuto il tempo di tornare a sorprenderci, di ricordare che il Signore si presenta a noi capovolgendo calcoli e attese. Forse è questo il tempo in cui riscoprirsi «sorpresi dalla gioia» e ribadire l'idea che la felicità non è il più delle volte l'esito sperato dei nostri sforzi, ma dono che giunge dall'alto, che ci salta addosso, che ci tende un'imboscata  e ci lascia senza parole e senza fiato.

La gioia del ricordo

C'è anche la gioia di ricordare. È  ben lontana, anzi  è l'opposto della propensione triste a vivere nella memoria nostalgica del passato. È la gioia di chi non ha smarrito il senso e la bellezza di incontri e avvenimenti passati che non potranno andare perduti, perché Dio ogni giorno li raccoglie e li riporta a casa. Questa gioia del ricordo non è legata a cassetti ricolmi di ricordi; è una gioia incisa nel cuore, che porta con sé il profumo della gratitudine per il bene ricevuto e il desiderio di ringraziare. È la felicità di chi trasforma la propria vita in Eucaristia, in un perenne rendimento di grazie, in un perenne presente.

 

La gioia della missione

C'è infine la gioia di conservare nel cuore un buon racconto, e il desiderio di regalarlo a tutti. Con parole solenni potremmo dire: la gioia della missione. Con toni più umili ci viene soltanto da segnalare quanto sia importante per un credente tenere nel cuore la grandezza e la bellezza della storia di Gesù, e provare a narrarla a tutti con le parole e la vita.

Alla fine il cristiano è uno che si fida di una persona e di una storia, e che è disposto ad affermare - a volte nel dolore, nell'inevidenza o nel dramma - che Dio è amore, è vita, è gioia. Per farlo non ha molti mezzi a disposizione, ed è bene che sia così: si annuncia il vangelo da poveri, se ne è servi, e non padroni. Per farlo, dunque, ha solo la forza stessa della Parola  e del Pane, la purezza  della fede, la credibilità delle opere di bene, la compagnia buona dei fratelli. Ma tutto questo diventa inutile se manca la gioia, una gioia che si traduce anche in un tratto semplice, profondamente umano, capace di gustare le cose della terra mentre si parla di quelle del cielo.

Quello che era da principio, quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contemplammo e che le nostre mani toccarono del Verbo della vita… che si manifestò a noi, quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi”. (1Gv 1)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ORATIO Domando umilmente di poter essere coerente con le indicazioni emerse dalla meditatio. Esprimo fede, speranza, amore. La preghiera si estende e diventa preghiera per i propri amici, per la propria comunità, per la Chiesa, per tutti gli uomini. La preghiera si può anche fare ruminando alcune frasi del brano ripetendo per più volte la frase/i che mi hanno fatto meditare.

 

Poiché le tue parole, mio Dio,

non son fatte per rimanere inerti

nei nostri libri,

ma per possederci e per

correre il mondo in noi,

permetti che,

da quel fuoco di gioia da te acceso,

qualche scintilla

ci raggiunga e ci possegga,

ci investa e ci pervada.

Fa che,

come “fiammelle nelle stoppie”,

corriamo per le vie della città,

e fiancheggiamo le onde della folla,

contagiosi di beatitudine,

contagiosi della gioia.

 

 (Madeleine Delbrel)       

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CONTEMPLATIO     Avverto il bisogno di guardare solo a Gesù, di lasciarmi raggiungere dal suo mistero, di riposare in lui, di accogliere il suo amore per noi. È l’intuizione del regno di Dio dentro di me, la certezza di aver toccato Gesù.  È Gesù che ci precede, ci accompagna, ci è vicino, Gesù solo! Contempliamo in silenzio questo mistero: Dio si fa vicino ad ogni uomo!

 

Per Cristo, con Cristo e in Cristo a te, Dio Padre Onnipotente,  

nell’unità dello Spirito Santo,

ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoli.  Amen

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ACTIO     Mi impegno a vivere un versetto di questi brani, quello che mi ha colpito di più.

Si compie concretamente un’azione che cambia il cuore e converte la vita. Ciò che si è meditato diventa ora vita!

Prego con la Liturgia delle Ore, l’ora canonica del giorno adatta al momento.

Concludo il momento di lectio recitando con calma la preghiera insegnataci da Gesù: Padre Nostro...

Arrivederci!  

 

(spunti liberamente tratti da alcune lectio di don Davide Caldirola, della Chesa di Milano)