Venero la Parola di Dio, l’Icona ed il Crocifisso. Traccio sulla mia persona il Segno della mia fede, il Segno della Croce, mi metto alla presenza del Signore che vuole parlarmi.
Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla. Su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce. Rinfranca l’anima mia, mi guida per il giusto cammino a motivo del suo nome. Anche se vado per una valle oscura, non temo alcun male, perché tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza.
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Davanti a me tu prepari una mensa sotto gli occhi dei miei nemici. Ungi di olio il mio capo; il mio calice trabocca. Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne tutti i giorni della mia vita, abiterò ancora nella casa del Signore per lunghi giorni.
(dal salmo 23) |
Veni, Sancte Spiritus, Veni, per Mariam.
Facciamoci “provocare” da alcune considerazioni di don Paolo Scquizzato della comunità dei sacerdoti
del Cottolengo, che analizza alcuni brani evangelici noti ma li rilegge sotto una luce un po’ diversa da
quella alla quale siamo in genere abituati.
Buona meditazione e buona preghiera.
LECTIO Apro la Parola di Dio e leggo in piedi il brano che mi viene proposto. (Lc 18,9-14)
9Disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l'intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: 10«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l'altro pubblicano. 11Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: "O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano . 12 Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. 13Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: "O Dio, abbi pietà di me peccatore". 14Io vi dico: questi, a differenza dell'altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato»
MEDITATIO Seduto, rileggo la Parola per più volte, lentamente. Anche la lettura della Parola di Dio è preghiera. Siamo entrati in quella zona più sacra e più lunga del nostro Ritiro On Line: il grande silenzio ! Il protagonista è lo Spirito Santo.
Il modo migliore per assaporare un brano delle Scritture è accoglierlo in noi come un cibo nutriente per il nostro spirito, è avere la certezza che sia Dio a volerci parlare per farci entrare nelle dimensioni del suo disegno di amore e di salvezza. Se ascoltiamo attentamente la Parola potremo entrare in un rapporto vivo con il Padre, per lasciarci plasmare dal suo stesso "cuore".
Nel tempio
La parabola è ambientata nel tempio, il luogo di preghiera per eccellenza, dove si presume che si possa vivere l'incontro con Dio. Il racconto ci può guidare ad approfondire un tema che potremmo sintetizzare così: «Dimmi com'è il tuo Dio e ti dirò come preghi».
La nostra preghiera dipende dall'immagine di Dio che abbiamo. La preghiera del fariseo è un elogio di se stesso: si compiace perché pensa che Dio si compiaccia di lui; le tante cose buone che fa lo fanno sentire superiore agli altri.
Chi si sente "a posto" si sentirà sempre autorizzato a giudicare tutto e tutti.
Ne abbiamo un altro esempio, sempre in Luca, quando Gesù e i suoi discepoli vengono ospitati a Betania e Marta, che si sta impegnando in tutti i servizi necessari, protesta con Gesù che non dice nulla a Maria , accovacciata ai suoi piedi ad ascoltarlo invece di aiutare lei (cfr. Lc 10,38-42).
Il fariseo
Approfondiamo l'atteggiamento del fariseo con l'aiuto di Paolo, che in proposito la sapeva lunga, avendo passato da osservante tutta la sua vita prima della conversione: «Circonciso all'età di otto giorni, della stirpe d'Israele, della tribù di Beniamino, Ebreo figlio di Ebrei; quanto alla Legge, fariseo; quanto allo zelo, persecutore della Chiesa; quanto alla giustizia che deriva dall'osservanza della Legge, irreprensibile» (Fil 3,5-6).
Dopo la conversione, parlando dei precetti farisaici scrive: «Sono tutte cose destinate a scomparire con l'uso, prescrizioni e insegnamenti di uomini, che hanno una parvenza di sapienza con la loro falsa religiosità e umiltà e mortificazione del corpo, ma in realtà non hanno alcun valore se non quello di soddisfare la carne» (Col 2,23). Il comportamento del fariseo ha poco a che fare con Dio: è soltanto un ingrassare il proprio io, perché alla fine di quella preghiera cammina a un metro da terra, dicendosi quanto è bravo.
Isaia già l’aveva previsto
In realtà, già la Scrittura mette in guardia da simili atteggiamenti. In Isaia troviamo scritto: «Quando venite a presentarvi a me, chi richiede da voi che veniate a calpestare i miei atri? Smettete di presentare offerte inutili, l'incenso è un abominio per me; noviluni, sabati, assemblee sacre, non posso sopportare delitto e solennità. I vostri noviluni e le vostre feste io detesto, sono per me un peso; sono stanco di sopportarli. Quando stendete le mani, io allontano gli occhi da voi. Anche se moltiplicate le preghiere, io non ascolto. Le vostre mani grondano sangue» (Is 1,12-16).
La qualità della fede non dipende dalla preghiera che facciamo. Non vale l'assioma: «Dimmi quanto preghi e ti dirò quanta fede hai». Sarà sempre la relazione con gli altri a dirci se siamo o meno uomini e donne di fede.
La misura della fede è la carità: «Come il corpo senza lo spirito è morto, così anche la fede senza le opere è morta» (Gc 2,26).
Il pubblicano
Profondamente diverso è l'atteggiamento del pubblicano. Si è messo in fondo al tempio e dice una semplice frase di grande umiltà: «O Dio, abbi pietà di me peccatore».
Questa è la preghiera! Questo disgraziato non ha nulla da presentare a Dio, nessun merito da poter rivendicare. Non promette neanche di cambiare vita, perché non può. Sa solo di essere malato, e ha la certezza che l'amore di Dio è infinitamente più grande delle sue colpe. Egli sa che, per quanto grande possa essere stato il suo peccato, Dio è amore e lo sta accettando.
Viene in mente il Salmo 23: «Anche se vado per una valle oscura, non temo alcun male, perché tu sei con me» (v. 4). La valle oscura è la morte; l'uomo sta dicendo a Dio: «Se tu sei con me, io non conoscerò la morte; per quanto grande il peccato possa essere in me, non mi porterà alla morte». Questa è la fede!
È sperimentarsi all'inferno e comunque non disperare.
Il grande santo monaco ortodosso Silvano del Monte Athos, ricevette questa risposta da Dio: «Tieni il tuo spirito agli inferi e non disperare mai dell'amore di Dio». Constatare di essere
all'inferno e sapersi in buona compagnia, perché lì c'è Dio.
Ci vuole molta più fede per stare lì, all'inferno, che per passare ore in cappella.
Mentalità nuova
È una mentalità nuova, che dobbiamo maturare. Paolo ci invita a questo con forza attraverso parole eloquenti: «Chi ci separerà dall'amore di Cristo? Forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Come sta scritto: Per causa tua siamo messi a morte tutto il giorno, siamo considerati come pecore da macello. Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori grazie a colui che ci ha amati. Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza, né profondità, né alcun'altra creatura potrà mai separarci dall'amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore»
(Rm 8,35-39).
Chiede la misericordia
Il pubblicano non chiede a Dio di fargli cambiare vita. L’unica cosa che gli chiede è che abbia misericordia di lui, che gli faccia sperimentare il suo amore, perché è da lì che verrà il cambiamento.
La sentenza di Gesù è netta: dei due, è questo disgraziato a tornare a casa giustificato, cioè reso giusto. Dio è impotente di fronte ai farisei, non può agire, non può entrare nel loro cuore.
Sarà giustificato soltanto chi si sente ingiusto. Sarà graziato solo chi si sente disgraziato.
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ORATIO Domando umilmente di poter essere coerente con le indicazioni emerse dalla meditatio. Esprimo fede, speranza, amore. La preghiera si estende e diventa preghiera per i propri amici, per la propria comunità, per la Chiesa, per tutti gli uomini. La preghiera si può anche fare ruminando alcune frasi del brano ripetendo per più volte la frase/i che mi hanno fatto meditare.
La mia casa è tutta sottosopra. Non è pronta per gli ospiti. Non è pronta nemmeno per me. Signore Gesù, perché vuoi entrare? Che cosa pensi di trovarci? Non ho nulla di buono da offrirti: la dispensa è vuota, i letti sono da rifare, la polvere è ovunque, i piatti ancora da lavare. E io non sono meglio. Perché vuoi venire proprio a casa mia? Sai che non sono un uomo buono. Sai che non sono un uomo onesto. Tuttavia, se proprio insisti e se non hai paura di inciampare nei miei peccati sparsi sul pavimento, sappi che sei il benvenuto.
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Oggi sarà per me un giorno nuovo. Oggi non avrò paura di iniziare le grandi pulizie. Oggi non avrò vergogna deglla gente. Se proprio vuoi, entra nella mia vita e fanne qualcosa di meglio. Siediti pure alla mia tavola. Io metterò i bicchieri, tu li riempirai con il vino buono della salvezza.
(da "Hai
un minuto Dio?")
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CONTEMPLATIO Avverto il bisogno di guardare solo a Gesù, di lasciarmi raggiungere dal suo mistero, di riposare in lui, di accogliere il suo amore per noi. È l’intuizione del regno di Dio dentro di me, la certezza di aver toccato Gesù.
È Gesù che ci precede, ci accompagna, ci è vicino, Gesù solo! Contempliamo in silenzio questo mistero: Dio si fa vicino ad ogni uomo!
Per Cristo, con Cristo e in Cristo a te, Dio Padre Onnipotente,
nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoli.
Amen
ACTIO Mi impegno a vivere un versetto di questi brani, quello che mi ha colpito di più.
Si compie concretamente un’azione che cambia il cuore e converte la vita. Ciò che si è meditato diventa ora vita!
Prego con la Liturgia delle Ore, l’ora canonica del giorno adatta al momento.
Concludo il momento di lectio recitando con calma la preghiera insegnataci da Gesù: Padre Nostro...
Arrivederci!
(spunti da una riflessione di don Paolo Scquizzato)