RITIRO ON LINE                                                                                                   
giugno
2012  

 

Venero la Parola di Dio, l’Icona ed il Crocifisso.   Traccio sulla mia persona il Segno della mia fede, il Segno della Croce, mi metto alla presenza del Signore che vuole parlarmi.

  

Se il Signore non costruisce la casa,

invano si affaticano i costruttori.

Se il Signore non vigila sulla città,

invano veglia la sentinella.

Invano vi alzate di buon mattino

e tardi andate a riposare,

voi che mangiate un pane di fatica:

al suo prediletto egli lo darà nel sonno.

Ecco, eredità del Signore sono i figli,

è sua ricompensa il frutto del grembo.

(dal Salmo 127)

Ecco, com’è bello e com’è dolce

che i fratelli vivano insieme!

È come olio prezioso versato sul capo,

che scende sulla barba, la barba di Aronne,

che scende sull’orlo della sua veste.

È come la rugiada dell’Ermon,

che scende sui monti di Sion.

Perché là il Signore manda la benedizione,

la vita per sempre

(dal Salmo 133)

Veni, Sancte Spiritus, Veni, per Mariam.

 

 LA CASA CHE DIVENTA CHIESA

 

La comunità  cristiana nasce come famiglia intorno all'Eucaristia e all'amore fraterno. Una sfida perché l'Eucaristia si faccia realtà anche nelle nostre case in uno stile di vita improntato alla gioia e alla condivisione.

 

 

 

 

 

 

 

 

LECTIO  Apro la Parola di Dio e leggo in piedi il brano che mi viene proposto.  (At 2,42-47)  (Fm 1,1-5)

 

«Erano perseveranti nell'insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere. Un senso di timore era in tutti, e prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli.

Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; vendevano le loro proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secondo il bisogno di ciascuno. Ogni giorno erano perseveranti insieme nel tempio e, spezzando il pane nelle case, prendevano cibo con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo. Intanto il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati»

 

«Paolo (...) al carissimo Filemone, nostro collaboratore, alla sorella Apfia, ad Archippo nostro compagno nella lotta per la fede e alla comunità che si raduna nella tua casa: grazia a voi e pace (...). Rendo grazie al mio Dio, ricordandomi sempre di te nelle mie preghiere, perché sento parlare della tua carità e della fede che hai nel Signore Gesù e verso tutti i santi».

 

Parola di Dio

 

 

 

 

 

 

 

 

MEDITAZIO   Seduto, rileggo la Parola per più volte, lentamente. Anche la lettura della Parola di Dio è preghiera. Siamo entrati in quella zona più sacra e più lunga del nostro Ritiro On Line: il grande silenzio !   Il protagonista è lo Spirito Santo.

 Il modo migliore per assaporare un brano delle Scritture è accoglierlo in noi come un cibo nutriente per il nostro spirito, è avere la certezza che sia Dio a volerci parlare per farci entrare nelle dimensioni del suo disegno di amore e di salvezza.

Se ascoltiamo attentamente la Parola potremo entrare in un rapporto vivo con il Padre, per lasciarci plasmare dal suo stesso "cuore".

 

Una fraternità nuova

Le comunità cristiane, le chiese come piccole ma ferventi cellule cariche di entusiasmo, nacquero attorno alle donne e dentro le case delle vedove, ma soprattutto delle coppie e delle famiglie. Così inizia la lettera che Paolo scrive a Filemone: «Paolo (...) al carissimo Filemone, nostro collaboratore, alla sorella Apfia, ad Archippo nostro compagno nella lotta per lafede e alla comunità che si raduna nella tua casa: grazia a voi e pace (...). Rendo grazie al mio Dio, ricordandomi sempre di te nelle mie preghiere, perché sento parlare della tua carità e della fede che hai nel Signore Gesù e verso tutti i santi»

Queste parole ci permettono di entrare nel clima delle prime comunità cristiane: esse crescevano nelle case che diventavano alloggi, basi di appoggio materiali e morali per tutti quelli che si facevano catturare dalla forza della parola evangelica e venivano alla fede. La famiglia, allora, si allargava e i nuovi arrivati - stranieri, schiavi, ebrei, romani o greci - diventavano i fratelli e le sorelle nel Signore, i figli adorati, rivolgendosi ai quali Paolo dice: «di nuovo partorisco».

In questa “casa”  - che diventa chiesa – i battezzati dilatano e sconvolgono l'ordine della famiglia tradizionale in un gioco di ruoli interscambiabili: essi sono gli uni per gli altri figli, fratelli, sorelle, padri, madri, mogli e mariti. In una condizione di laicità (si pensi al lavoro di Aquila e Priscilla e dello stesso Paolo), in una realtà del tutto normale, diremmo quasi “naturale”, prendeva carne l'Amore di Dio per il mondo, il Volto del Cristo risorto.

Le "case" sono i centri propulsivi del Vangelo, luogo di incontro e di interazione dei carismi, centro della visibilità della Chiesa, che è il Corpo di Cristo. Nel Nuovo Testamento, in verità, troviamo poche famiglie che potremmo definire "normali". Piuttosto degli spezzoni significativi di esse: coppie senza figli, vergini che restano incinte, figli senza madre, donne vedove, non sposate, eunuchi che si fanno tali per il Regno dei cieli. Non erano, infatti, i legami naturali che contavano, ma il legame del Vangelo.

Paolo, ad esempio - che aveva scelto il celibato - si riferiva ai suoi compagni di missione, i suoi collaboratori e i suoi numerosi amici (Timoteo, Tito, Appia, Onesimo e molti altri) chiamandoli: figli, fratelli, sorelle. L'amore che nasceva sul Vangelo creava degli intrecci intimi di intensità, nutriva una fraternità nuova ben più solida di quella dell' antica famiglia di sangue.

Senza quelle case, quegli appartamenti messi a disposizione per le riunioni delle comunità; senza la mutua e indiscriminata accoglienza, la Chiesa non sarebbe potuta crescere, attecchire, espandersi, dare frutto. Una fitta rete di legami, di solidarietà, di protezione vicendevole, di assistenza materiale e spirituale, di collaborazione, di fiducia, di dolcezza, di gratuità è quanto ossigenava le Chiese agli albori del Cristianesimo.

 

La "famiglia" dei cristiani

Nel contesto di una socialità che prescindeva da fattori naturali e da limiti culturali, etnici, sessuali o linguistici di sorta, la comunità cristiana doveva radicarsi su nuovi fondamenti. Se, insomma, le ragioni per condividere la vita e perfino per abitare insieme non erano più ancorate a vincoli di sangue, quali forze e quali fatti rendevano solidali  le case dei cristiani? Le forze venivano dallo Spirito , i fatti erano le agapi fraterne e l'Eucaristia. Intorno a ciò nasceva cresceva e si distingueva la "famiglia" dei cristiani. Essa viene splendidamente descritta nel libro degli Atti degli Apostoli (2,42-47).

Questa realtà è talmente perfetta che sembra impossibile. I suoi colori sono quelli del sogno e della grazia, della pienezza della giustizia, della pace e della libertà. Le prime "famiglie" cristiane vengono introdotte, innanzitutto, come gruppi di ascolto, gente protesa a conoscere e imparare l'arte del Vangelo e a poter capire e godere della meraviglia della sua bontà e bellezza.

Tale ansia si traduce e si rivela in un sentimento di comunione, in una sorta di complicità interiore che unisce nel profondo tutti i credenti, a prescindere dalla loro provenienza e da qualsiasi altra identificazione particolare. Essi erano  "uniti" da  una fraternità  che li coinvolgeva in tutti gli aspetti della Vita: da quello economico a quello sociale, da quello morale a quello spirituale. Tanto che la rinuncia alla proprietà privata e individuale diventava un effetto dell’ unione spirituale tra i cristiani e anche uno strumento con cui si potesse realizzare concretamente e visibilmente il sacramento della comunione.

Vale a dire che era l'unione del cuore a provocare l'unione dei beni materiali e non viceversa; il bene maggiore dell' appartenenza degli uni agli altri, l'inestimabile guadagno della fraternità nella “casa" della Chiesa, era ciò che spingeva a rimuovere ogni proprietà individualistica che fosse d'intralcio.

La condivisione del bene assoluto dell' agape (la carità, l'amore) spingeva le comunità a occuparsi in prima istanza di coloro che erano bisognosi; se così non fosse stato nessuno di loro avrebbe potuto "mangiare" senza colpa il corpo del Signore, celebrare, cioè, l'Eucaristia, come attesta la prima lettera ai Corinzi:

«Quando vi radunate insieme, il vostro non è più un mangiare la cena del Signore. Ciascuno infatti, quando siete a tavola, comincia a prendere il proprio pasto e così uno ha fame, l'altro è ubriaco ( ...). Perciò chiunque mangia il pane o beve al calice del Signore in modo indegno, sarà colpevole verso il corpo e il sangue del Signore»  (Cor 11,20-21.27).

La celebrazione dell'Eucaristia appare, pertanto, come il segno distintivo della famiglia cristiana e luogo dove si rivela la sua identità: essa non si fonda sulla proprietà e l'interesse individuali (come accadeva nell' antica famiglia di sangue), ma sul bene della Grazia "mangiata" a una mensa gratuita e comune.

 

Le nostre case

Di fronte a un esempio del genere quali vie di incarnazione sono oggi realisticamente praticabili in merito all'Eucaristia, nelle nostre case? Per poter rispondere a questa ineludibile domanda dobbiamo fare alcune considerazioni. La prima è che la cultura in cui viviamo non sposa il linguaggio eucaristico cristiano; parole come gratuità, comunione, appartenenza fraterna, condivisione dei beni terreni sono idealistiche e remote. Piuttosto le “parole vincenti” oggi sono la tendenza a difendere le cose e gli interessi privati (ricchezze materiali o morali), a fare da soli, ad affermare un successo legato al singolo, ad avere paura degli altri (i diversi, gli stranieri), a ignorare i bisognosi.

La seconda è che la stessa sociologia familiare è oggi molto distante da quella della comunità cristiana primitiva. Mentre nel mondo antico esisteva un forte sentimento di "famiglia" (che fosse anche formata da un gruppo meticcio come quello delle cellule del cristianesimo nascente) e la vita comune era un reale fondamento della società, oggi non è più così. Le ragioni del singolo individuo sono poste al di sopra di quelle del gruppo e le stesse famiglie di sangue sono spesso divise al loro interno. Ne è metafora e simbolo la pratica del pranzo o della cena: una volta questi erano i momenti di condivisione della vita familiare, oggi non più. Sempre più rare sono le occasioni in cui la mensa domestica diventa culla di intimità e unione spirituale. Sempre meno si parla a tavola tra padri e figli, tra fratelli e sorelle, sempre meno si fa gruppo di vicendevole ascolto.

Tutto ciò non significa che l'Eucaristia non si faccia o non possa farsi realtà nelle nostre case. Al contrario, essa deve essere l'alimento essenziale delle nostre famiglie, allo scopo primario di imparare a godere del dono dell'unico vero bene per le nostre vite, che è la comunione fraterna nella grazia di Gesù risorto. E anche perché quanti seguono altri stili e altri sogni possano stupirsi vedendo la ragionevolezza della gioia e lo splendore dell' amore che abita le case dei cristiani, tanto da essere costretti a tributare loro una stima speciale.

 

 

Per la riflessione 

“Erano perseveranti nell'insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere”:

Ho la perseveranza di sedermi ai piedi degli apostoli per ascoltare le meraviglie che Dio ha fatto per noi?

La comunione fa parte del mio stile di vita?

Spezzo il pane, oltre che alla mensa di Gesù, anche alla mensa dei fratelli?

La mia preghiera è fatta di “preghierine”, di “formule”, di “scadenze”, oppure è un’altra cosa?  

“Prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli”: percepisco i prodigi e i segni che ancora oggi il Signore opera attorno a noi?... oppure ho gli occhi così annebbiati da pensare che non possa accadere nulla che non sia spiegabile solamente con “il buon senso”? 

“Tutti i credenti stavano insieme”:  mi sento “insieme” con i fratelli? mi sento “insieme” anche con coloro con cui non condivido la stessa fede? con cui non condivido altro che l’appartenenza all’umanità? 

 “E avevano ogni cosa in comune”:  quanto è allargato  il mio senso di “comunità” e di “mettere in comune”? si limita alla famiglia di sangue? si allarga ai fratelli di comunità? oppure si estende anche a chi bussa alla mia porta, indipendentemente dal sangue, dalla comunità di appartenenza, dalla simpatia e dall’odore? 

“Spezzando il pane nelle case, prendevano cibo con letizia e semplicità di cuore”:  il mio “spezzare il pane” finisce con la Comunione in chiesa? uscendo dalla celebrazione dell’Eucaristia, cosa porto con me da poter spezzare con chi incontro per strada? 

“Godendo il favore di tutto il popolo”:  la “simpatia” che ricevo (se la ricevo…) da chi mi incontra, da dove nasce? nasce dal riflesso del Padre (anche se sbiadito) che talvolta riesco a dare? oppure nasce dalla catena di legami, interessi, lobby, inclusioni ed esclusioni, patteggiamenti, collusioni,…  della quale io stesso sono parte attiva, nella convinzione che le “opere” per reggersi in piedi devono necessariamente e con disinvoltura utilizzare tutti i mezzi che il “mondo” già utilizza (ma che in altri contesti mi premuro di condannare pubblicamente e con forza…)?

 

 

ORATIO    Domando umilmente di poter essere coerente con le indicazioni emerse dalla meditatio. Esprimo fede, speranza, amore. La preghiera si estende e diventa preghiera per i propri amici, per la propria comunità, per la Chiesa, per tutti gli uomini. La preghiera si può anche fare ruminando alcune frasi del brano ripetendo per più volte la frase/i che mi hanno fatto meditare. 

Ci hai invitati tu, Padre nostro

 

e noi abbiamo accettato il tuo invito.

 

Perché tu non fai discriminazioni:

 

non guardi come ci vestiamo,

 

non guardi i nostri risultati sportivi

 

e non conti quanti amici abbiamo su facebook.

 

Tu, Padre nostro,

 

ci inviti tutti perché guardi il nostro cuore

 

e sai che ognuno di noi

 

è un capolavoro

 

unico e irripetibile.

 

Tu, Padre nostro,

 

ci inviti tutti a casa tua

 

perché siamo tuoi figli

 

e sai che ciascuno di noi

 

è capace di generosità e altruismo.

 

Tu ci inviti, Padre nostro,

 

e noi accettiamo volentieri il tuo invito.

 

(da “Hai un momento, Dio?”)

 

  

CONTEMPLATIO     Avverto il bisogno di guardare solo a Gesù, di lasciarmi raggiungere dal suo mistero, di riposare in lui, di accogliere il suo amore per noi. È l’intuizione del regno di Dio dentro di me, la certezza di aver toccato Gesù.

 È Gesù che ci precede, ci accompagna, ci è vicino, Gesù solo! Contempliamo in silenzio questo mistero: Dio si fa vicino ad ogni uomo!

 

Per Cristo, con Cristo e in Cristo a te, Dio Padre Onnipotente,

nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoli. AMEN

 

 

ACTIO     Mi impegno a vivere un versetto di questi brani, quello che mi ha colpito di più.

Si compie concretamente un’azione che cambia il cuore e converte la vita. Ciò che si è meditato diventa ora vita!

Prego con la Liturgia delle Ore, l’ora canonica del giorno adatta al momento.

Concludo il momento di lectio recitando con calma la preghiera insegnataci da Gesù: Padre Nostro...

Arrivederci!

 

 (spunti da una riflessione della biblista Rosanna Virgili)