RITIRO ON LINE - gennaio 2024 |
Venero
la Parola di Dio, l’Icona ed il Crocifisso. Traccio sulla mia
persona il Segno della mia fede, il Segno della Croce, mi metto alla
presenza del Signore che vuole parlarmi.
Ti adoro nel silenzio della notte,
nella luce del giorno, nel tramonto della sera:
in ogni tempo Tu sei il Dio con noi,
l’Emmanuele.
(Luca
Rubin – Un minuto con Dio)
Veni, Sancte Spiritus, Veni, per Mariam.
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I SALMI INSEGNANO A PREGARE
Iniziamo una piccola serie di Lectio suggerite dalla lettura di alcuni salmi.
Per fare ciò prendiamo liberamente spunto da alcune riflessioni di padre Ubaldo
Terrinoni, (OFM cappuccini), raccolte nel suo libro “I salmi insegnano a
pregare”.
LECTIO
Apro la Parola di Dio e leggo in piedi i brani che mi vengono proposti.
vv. 2a.10 dossologia
2aO Signore, Signore nostro,
quanto è mirabile il tuo nome su tutta la terra!
vv. 2b–5 confronto: splendore di Dio e pochezza dell’uomo
2bVoglio innalzare sopra i
cieli la tua magnificenza,
3con la bocca di bambini e di
lattanti:
hai posto una difesa contro i tuoi avversari,
per ridurre al silenzio nemici e ribelli.
4Quando vedo i tuoi cieli,
opera delle tue dita,
la luna e le stelle che tu hai fissato,
5che cosa è mai l’uomo perché
di lui ti ricordi,
il figlio dell’uomo, perché te ne curi?
vv. 6-9 l’uomo elevato alle altezze di un dio
6Davvero l’hai fatto poco meno
di un dio,
di gloria e di onore lo hai coronato.
7Gli hai dato potere sulle
opere delle tue mani,
tutto hai posto sotto i suoi piedi:
8tutte le greggi e gli armenti
e anche le bestie della campagna,
9gli uccelli del cielo e i
pesci del mare,
ogni essere che percorre le vie dei mari.
MEDITATIO
Seduto, rileggo la Parola per più volte, lentamente. Anche la lettura della
Parola di Dio è preghiera. Siamo entrati in quella zona più sacra e più lunga
del nostro Ritiro On Line: il grande
silenzio! Il protagonista è lo Spirito Santo.
Il
modo migliore per assaporare un brano delle Scritture è accoglierlo in noi
come un cibo nutriente per il nostro spirito, è avere la certezza che sia
Dio a volerci parlare per farci entrare nelle dimensioni del suo disegno di
amore e di salvezza. Se ascoltiamo attentamente la Parola potremo entrare in
un rapporto vivo con il Padre, per lasciarci plasmare dal suo stesso "cuore"
Premessa
e
struttura
letteraria
Nel
luglio del 1969 Paolo VI
consegnò agli astronauti
americani Armstrong
ed Aldrin il testo del salmo 8,
perché fosse affidato agli immensi e
silenziosi spazi lunari
quale messaggio dell’onnipotenza di Dio e
della grandezza dell’uomo. E,
con un ben comprensibile orgoglio,
aggiunse
di suo pugno: «L’uomo è al centro di questa impresa e in questa
impresa
si
rivela
contemporaneamente gigante
e
divino,
non in
sé, ma nel suo principio e nel suo destino.
Onore, dunque, all’uomo, onore alla sua
dignità, al suo spirito,
alla
sua
vita».
Così vengono chiamate in
causa persone
bisognose di aiuto: l’orfano, la vedova, lo
straniero, il pellegrino, il povero, il malato, ecc. Inoltre, il quadro
di riferimento è sempre
religioso,
in quanto ogni domanda
sull’uomo si colloca nell’orizzonte di Dio.
Cioè, l’uomo lo si inquadra,
lo
si
studia
e
lo
si
scopre
a
partire
da
Dio.
Nell’economia
del Nuovo Testamento
si ha
una novità assoluta: non solo Dio crea l’uomo a
sua immagine e somiglianza, ma egli stesso assume carne e volto umani. Dio si fa per amore come uno di noi; pianta la
sua tenda accanto alle
nostre. Dio si fa uomo. Ma
quale uomo? Il più piccolo (Mt
25,40). «Dio
si fa uomo
—
ripetono concordemente i santi
padri
—
perché l’uomo diventi dio».
E la breve missione terrena di Gesù è condotta tutta su questa lunghezza d’onda:
evidenziare la grandezza dell’uomo;
trasformare un rottame
umano in meraviglioso capolavoro
della misericordia divina.
L’uomo
dunque
al
di sopra
di tutto;
l’uomo
prima
di
tutto.
La
dossologìa:
«Quanto
è
mirabile
il
tuo
nome»
Il
salmista
si
sente in
profonda
comunione
di spirito
con la sua comunità e, perciò, apre questo
canto magnificando
l’assoluta
grandezza
del
«nostro
Dio»
ed
esaltando
il
suo «nome»,
cioè la
sua divina persona
che, con infinita
saggezza
e
amore,
dissemina
meraviglie
nel
creato
e
nella
nostra
storia.
La
sua grandezza
è unica,
non
trova
confronti né sulla terra né nei cieli: «Quanto è mirabile il
tuo nome
su
tutta la
terra,
voglio
innalzare
sopra
i
cieli
la
tua
magnificenza». L’autore
è
come
rapito
in
estasi
nella
contemplazione
della
gloria
di
Dio,
che
si
squaderna
—
al
dire
di
Dante
—
per
tutto
l’universo.
«Quanto
è mirabile
il
tuo
nome...!».
«Se
avessimo
gli
occhi dei bambini
—
scrive don Tonino Bello —,
dovremmo
essere capaci di leggere questa scritta su
tutta la curva del cielo, da Oriente a
Occidente. Con i caratteri
incisi dai fulmini,
nei
giorni
di
tempesta.
Con
bianchissimi
cirri,
nei
meriggi d’inverno. Con
nubi di fuoco, nelle notti di primavera.
Il
mare
in
tempesta
o il
firmamento
nelle
notti
di
agosto, il colore dei fiori che spuntano nei
crepacci o l’incantesimo
delle vette innevate,
lo struggimento
degli alberi che si storcono nella bufera e lo
splendore degli occhi di
una
donna,
non hanno
smesso di
proclamare
su
tutta la
grandezza della
terra
il
nome
di
Dio».
Lo splendore di Dio e l’insignificanza dell’uomo
A Dio viene tributata a giusto
titolo la glorificazione universale. E la si coglie anche dalle labbra dei
bambini, anzi dei lattanti. Egli non ha bisogno di eserciti agguerriti e tanto
meno di arsenali di armi atomiche per affermare la
sua potenza: gli basta un neonato, un lattante «per
ridurre al
silenzio nemici e ribelli». Basta un bambino per mettere
a tacere la spocchiosa presunzione dei
suoi avversari, dei suoi
negatori
e
di tutti
coloro
che
dichiarano
che
«Dio
non
c’è,
Dio
non
esiste,
Dio
non
vede,
Dio
non
se
ne cura».
La
verità inoppugnabile
è un’altra: Dio esiste ed ha cura del suo
creato! Tutto
ciò che è reale è frutto del suo amore e di un
suo mirabile perfettissimo disegno. I cieli infatti
«sono tuoi, opera delle tue dita» (v. 4). Si
noti che si riferisce alle
dita
e non più
genericamente
alle
mani
per
sottolineare la
finezza
artistica dell’opera che
ne è risultata.
Un
autentico
capolavoro,
tessuto
con
amore!
La
luna
e
le
stelle
sono
state
da
lui
fissate;
l’opera
gigantesca
della
volta
stellare
è
sua.
Probabilmente
l’autore,
in
una serena
notte
estiva,
avrà
sollevato
lo
sguardo
estasiato
verso
il
cielo
trapunto
di
innumerevoli
luci tremule.
«Il
silenzio eterno di questi spazi
infiniti,
mi sgomenta», afferma
Pascal
nei
suoi
Pensieri.
Ma
al confronto degli
astri
splendenti disseminati
nell’immensità
del
cosmo,
che
cosa
mai
sarà
l’uomo?
«Se la
contemplazione
del
cosmo
provoca
un
grido
corale
di
ammirazione,
la
visione
dell’uomo nel suo contesto suscita
una
domanda
sconcertata. Questa
domanda,
proprio
al
cuore
del
salmo,
è
la
chiave
del
suo senso
globale
e
articolato» (L.A.
Schökel
— C.
Samiti).
Che cosa
è l’uomo?
È
un
interrogativo
che
torna
a
interpellare
ciascuno
in
modo sempre
nuovo.
È
opportuno
sottolineare che
nel
testo
la
domanda
dell’identità
dell’uomo
non
è
rivolta
a
uno
scienziato,
bensì
a
Dio
stesso,
perché
solo
lui,
che
lo
ha
creato, può
offrire l’esauriente
risposta.
E’ da notare che il canto della grandezza e
magnificenza di Dio si svolge in realtà nel
canto della
lode e
magnificenza dell’uomo. Ed è Dio stesso il
protagonista, ed è anche lui il soggetto di tutti i verbi nel salmo.
Per confermarlo basterà notare la martellante
sequenza
dei pronomi personali e possessivi: «Tu hai fissato», «ti
ricordi»,
«te ne curi»,
«tuo nome»,
«tua magnificenza»,
«tuoi
avversari», «tuoi cieli»,
«tue dita», «tue mani». L’uomo è il
destinatario di tutti i premurosi interventi
divini. Per cui
tutto ciò che l’uomo è nel suo
esistere, nel suo operare, nel
suo realizzarsi,
tutto
è
frutto
dell’amore
di
Dio.
«Che cosa
è
mai
l’uomo
perché
di
lui
ti
ricordi,
il
figlio
dell’uomo, perché
te
ne
curi?».
L’uomo
Per designare l’uomo, l’autore usa due differenti
termini ebraici:
’enòsh
e òen
’adàm.
Il primo
sottolinea la fragilità, la debolezza, l’insignificanza dell’uomo.
Di fronte all’immensità del cosmo, egli
risulta come una
realtà di poco conto, una realtà trascurabile,
caduca, «polvere e vanità» precisa Qoelet, «granello
di polvere e attimo
fuggente» aggiunge un poeta moderno.
L’autore del salmo
103 afferma: «Egli (Dio)
sa bene di che siamo plasmati, ricorda
che noi siamo polvere. L’uomo: come l’erba
sono i
suoi
giorni!
Come un
fiore
di
campo,
così
egli
fiorisce»
(Sal
103,14-15).
Inoltre,
il
salmista
non
s’interroga
genericamente sull’umanità, ma resta ancorato
al problema della singola persona. È
appunto questa che gli suscita
sorpresa
e
meraviglia.
E di essa «Dio si ricorda». Il «ricordarsi»
biblico non è un
semplice
richiamare alla
memoria
e
non è
neppure una
saltuaria celebrazione
commemorativa
nell’arco
dell’anno.
E'
invece l’espressione concreta
della fedeltà di Dio all’uomo
a
prescindere dalla
risposta
riconoscente o meno
da
parte dell’uomo; Dio comunque e sempre si
prende cura di
lui. Gli esprime tenere premure e
sollecitudini e lo accompagna passo passo con infinito amore in tutte le fasi
della
vita, senza distogliere mai gli occhi da lui. Ed è
appunto da queste «materne» attenzioni di Dio che
si scopre quanto sia
grande
e
importante
l’uomo.
…è prezioso
Un solo
uomo è più importante e prezioso
dell’intero universo. Già
Sofocle nell’Antigone
aveva individuato l’uomo
come il gioiello più caro del creato: «Molte sono le cose mira
bili, ma nessuna è più mirabile dell’uomo
molto ingegnoso».
Certo, soggiunge Pascal, offrendo una sua
riflessione, «l’uomo
non è che un giunco e il
più debole
della natura,
ma è
un giunco pensante».
E Dio si curva con gesto appassionato
su di lui. Per cui, nel concerto del creato,
l’uomo è la creatura più amata, «più
ricordata e più curata». E sono proprio
queste attenzioni
divine che lo rendono grande. La
grandezza
gli
deriva
unicamente da
Dio;
è
un
dono
di
Dio.
L’uomo elevato alle altezze
di un dio
Agli occhi pieni di stupore del salmista, l’uomo
acquista dimensioni
grandiose,
giganti,
divine:
«L’hai
fatto
poco
meno di un dio» (v. 6). La
versione greca dei Settanta e della Volgata
rendono il testo in modo alquanto diverso: «L’hai
fatto poco meno degli angeli».
Probabilmente queste traduzioni hanno ritenuto che
fosse molto audace l’affermazione
originaria e hanno preferito ripiegare più in
basso, all’altezza degli angeli. L’originale ebraico è molto attendibile dato
che l’intero salmo istituisce un confronto tra Dio e l’uomo. Quest’ultimo è
elevato ad altissima dignità: è luogotenente di Dio, è suo vicerè. Nell’intero
universo
non
vi
è
un’altra
creatura
celebrata
come
l’uomo.
Nel v.6b, l’autore precisa due qualifiche che nel messaggio biblico
vengono attribuite sempre e soltanto a Dio: «Di
gloria e di onore lo hai coronato». Qui, con sorpresa, vengono riferite
anche
all’uomo,
perché
è il
luogotenente
di Dio.
Segue poi una coppia di verbi che esplicita
gli interventi di
Dio
finalizzati
a
confermare
l’esaltazione dell’uomo:
«Gli
hai
dato
potere
sulle
opere
delle
tue
mani,
tutto
hai
posto
sotto
i
suoi
piedi»
(v.
7).
«Tutto
hai
posto…,
tutte
le
greggi».
Dunque, il
compito di
custodire
eleva l’uomo
al
vertice
del
creato.
Merita
spazio
qui
una
puntuale
riflessione
di
don
Tonino Bello su questi versetti:
«Il
nostro Dio non soffre di gelosia, non considera l’uomo come suo rivale, ma come
partner
che collabora con lui nel cantiere sempre aperto
della creazione: come socio, cioè di pari dignità, nella sua cooperazione di
lavoro.
Gli
concede
i poteri delegati su
tutte le
ricchezze dell’universo. Non
nasconde i suoi segreti nella cassaforte del mistero, ma li squaderna sotto gli
occhi dell’uomo. Così veniamo messi a conoscenza, come se ce ne fosse
ancora
bisogno,
dei
nostri
diritti
regali
su
tutto
il
creato».
L’autore
del libro della Genesi afferma che «l’uomo è creato
a
immagine
e somiglianza
di Dio»
(Gen
1,26).
E' un’espressione che
si richiama a una diffusa consuetudine dei
sovrani orientali in tempi ormai lontani da
noi. Facevano
istallare una loro statua nelle province più
remote dell’impero, nelle quali il sovrano non sarebbe mai andato. La statua
stava a indicare
in qualche
modo che la
sovranità
si
estendeva realmente fin là. Ebbene, la
presenza dell’uomo
nel
creato
sta
a
esprimere
la
sovranità
di
Dio.
Testimonianze
Il salmo ci offre l’occasione di riflettere sulla
nobiltà e
grandezza dell’uomo.
«Ogni uomo è un
meraviglioso universo
—
scriveva il grande
scienziato Enrico Medi —;
completo
in sé, anima e corpo. Nessuna stella, nessuna galassia può vantare lo splendore,
la perfezione, l’altezza di un
corpo umano.
Distruggere una sola di queste opere d’arte
di
Dio
è
un
delitto
che
grida
orrore
nell’universo.
Eppure in un mondo che si
ritiene tanto progredito, si
tiene in così poco conto la vita umana. Gli
uomini sono contati, numerati, sommati come cose, come oggetti: sono valutati
per quello
che
rendono
non
per quello
che
sono;
per
il voto che danno, non per la coscienza che
portano. Difendere la
vita: ecco la missione dell’uomo. Bisogna
costruire
un mondo che trovi la sua felicità nel salvare la
vita, non nell’uccidere; nell’elevare l’amore
non nel calpestarlo,
nella
collaborazione
non
nella
lotta».
Il vescovo mons. Antonio Riboldi, confidava
testualmente:
«Quando
penso o vedo un
uomo,
mi viene
sempre in mente il salmo 8….. Ecco,
a
volte
ho
l’impressione che
noi
uomini
siamo
diventati giocattoli senza valore nelle mani
degli altri, cose
da nulla. Tocca a ciascuno di noi prendere
coscienza
della
nostra
dignità;
viverla,
difenderla
e
donarla
a
chi l’ha persa. Come faceva Madre Teresa
con i poveri di Calcutta.
Come
fanno
tutti
i
testimoni
della carità
di Cristo.
Come
dobbiamo
fare noi.
Ci
tolgano
pure
tutto,
ricordo
spesso
a
me
stesso, ma non la dignità di persona umana con
i suoi diritti. Lì
è
la
nostra
ricchezza,
lì
la gloria
dataci
dal
Padre».
Unico,
irripetibile
e
insostituibile
Ogni uomo, qualunque sia la sua riuscita in società e
a prescindere dal proprio quoziente
intellettivo, è un capolavoro di Dio che suscita
sempre sorpresa e stupore.
L’uomo in quanto tale, senza aggettivi,
ruoli, titoli e benemerenze,
l’uomo come soggetto vivente
nella sua totalità unificata,
l’uomo nella sua realtà essenziale rivela una
straordinaria
meravigliosa
ricchezza,
un’assoluta e inviolabile
dignità. È
il
vero grande della storia.
Lo
scrittore
e giornalista francese
Jean-Claude
Guillebaud, nella
sua opera
Le
principe
d’humanitè,
ha
lanciato
un
preoccupante allarme:
oggi
è seriamente
a rischio
il
principio stesso di umanità: è appannata,
se non addirittura sfocata e irriconoscibile,
la dignità unica di ogni persona.
La
civiltà
dei
voli
interplanetari
corre
il
rischio
di
una
spaventosa regressione
in
chiave
antropologica:
la
svalutazione
dell’uomo!
Chi
è
l’uomo?
È
la
prima realtà indispensabile per la
costituzione
di una
comunità; «è
il
principio,
il
soggetto e
il fine di tutte
le istituzioni
sociali».
Oggi, più di
ieri, l’uomo è il valore primo, attorno al
quale si muovono
tutti gli altri. Egli ha per sua
natura nobiltà e dignità proprie. E
ognuno è
unico,
un esemplare in esclusiva, sacro e
inconfondibile. «La
mia esistenza è un evento originale
—
dichiara Abraham
J.
Heschel
—.
Non
vi sono due esseri
umani uguali.
L’elemento fondamentale
dell’essere
uomini
è l’unicità.
Ogni essere
umano ha
da dire, da pensare e
da fare qualcosa che non ha
precedenti.
Essere uomini è
una
cosa
sempre
nuova...
E'
una sorpresa,
non una
conclusione
scontata.
Ogni
individuo
è una
scoperta,
un
esemplare
esclusivo».
E
di conseguenza è
irripetibile. È noto il proverbio popolare
che recita: «Dio
fa
ognuno di noi e poi getta via lo stampo».
Lo ripeteva sovente Giorgio
La
Pira
con
una
intensa
carica
di
entusiasmo,
quasi a voler rendere
grazie al Creatore,
il quale non lavora in
serie
e
non
ha
bisogno
dell’aiuto di
qualcuno
per «sfornare»
questi
capolavori
del
suo amore.
Ogni giorno
offre
all’umanità modelli originali.
L’esperienza
quotidiana poi conferma a iosa che ognuno ha
doni, qualità e prerogative
in
esclusiva.
Ognuno
infine
è
insostituibile! Ogni
individuo
è
come
una
nota che non può essere confusa e tanto meno
sostituita con un’altra nel concerto della creazione. «Se
non mi
realizzo
—
scrive don A. Pronzato
—,
se non sono me stesso, privo il
mondo, la
Chiesa, di qualcosa che soltanto io sono
in grado di produrre... La
vita non può fare a meno di me,
per
cui
non
mi
è
consentito
concedermi
turni
di
assenza dalla vita».
Si tenga ben presente che nel ruolo che sono chiamato a svolgere in seno alla comunità posso essere sostituito, ma per il
progetto che sono chiamato a realizzare
non
posso
essere
in
alcun
modo
sostituito.
ORATIO
Domando umilmente di poter essere coerente con le indicazioni emerse dalla
meditatio. Esprimo fede, speranza, amore. La preghiera si estende e diventa
preghiera per i propri amici, per la propria comunità, per la Chiesa, per tutti
gli uomini. La preghiera si può anche fare ruminando alcune frasi del brano
ripetendo per più volte la frase/i che mi hanno fatto meditare.
Non sarò il sole: non so risplendere e neppure riscaldare. Non sarò l'acqua: non riesco a estinguere neppure la mia sete. Non sarò la vanga: non ho mani abbastanza grandi per proteggere e custodire. Non sarò neppure il contadino: non posseggo la sua saggezza e la sua sapienza. Nel campo di Dio sarò semplicemente UMILE CONCIME, capace solamente di dissolversi, nel silenzio dell'inverno, per far crescere il buon seme. NEL CAMPO DI DIO. (Eric Pearlman - Un minuto con Dio) |
–
Un minuto con Dio)
CONTEMPLATIO
Avverto il bisogno di guardare solo a Gesù, di lasciarmi raggiungere dal suo
mistero, di riposare in lui, di accogliere il suo amore per noi. È l’intuizione
del regno di Dio dentro di me, la certezza di aver toccato Gesù. È Gesù che ci
precede, ci accompagna, ci è vicino, Gesù solo! Contempliamo in silenzio questo
mistero: Dio si fa vicino ad ogni uomo!
Per Cristo, con Cristo e in Cristo a te, Dio Padre Onnipotente,
nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria per tutti
i secoli dei secoli. Amen
ACTIO
Mi
impegno a vivere un versetto di questi brani, quello che mi ha colpito di più.
Si compie concretamente un’azione che cambia il cuore e converte la vita.
Ciò che si è meditato diventa ora vita!
Prego con la Liturgia delle Ore, l’ora canonica del giorno adatta al
momento.
Concludo il momento di lectio recitando con calma la preghiera insegnataci da
Gesù: Padre Nostro...
Arrivederci!
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