RITIRO ON LINE                                                                                                   
gennaio 2017

                                                                                                                                                                                                                                                

 

Venero la Parola di Dio, l’Icona ed il Crocifisso.   Traccio sulla mia persona il Segno della mia fede, il Segno della Croce, mi metto alla presenza del Signore che vuole parlarmi. 

 

Signore, ti ringrazio

perché mi chiami ancora una volta

alla tua presenza, nel tuo nome.

Signore, mi metti davanti la tua Parola,

quella che ha ispirato i tuoi profeti:

fa’ che mi accosti a questa Parola

con riverenza, con attenzione, con umiltà;

fa’ che non sia da me sprecata,

ma sia accolta in tutto ciò che essa mi dice.

So che il mio cuore è spesso chiuso,

incapace di comprendere

a semplicità della tua Parola.

 

Manda il tuo Spirito

perché possa accoglierla con verità,

con semplicità;

perché essa trasformi la mia vita.

Fa’,  Signore, che non ti resista,

che la tua Parola penetri in me

come spada a due tagli;

che il mio cuore sia aperto,

che la mia mano sia pronta,

che il mio occhio non si chiuda,

che il mio orecchio non si volga altrove,

ma che mi possa dedicare

totalmente a questo ascolto.

 

 

Veni, Sancte Spiritus, Veni, per Mariam.

 

 Nessuno è talmente avanzato nella conoscenza delle scritture da non poter ulteriormente progredire…poiché esse, anche quando sono spiegate in diverse maniere, conservano sempre occulti segreti” (san Gregorio Magno)

 

Iniziamo oggi una serie di lectio tratte da episodi del Vangelo di Matteo, nei quali il filone comune è la fede: fede povera, fede vacillante, fede messa alla prova, ma anche fede grande e fede vissuta nel quotidiano.

Queste riflessioni sono liberamente tratte da alcune lectio di padre Innocenzo Gargano, monaco camaldolese.

 Buona meditazione e buona preghiera.

 

(San Gregorio Magno)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LECTIO Apro la Parola di Dio e leggo in piedi i brani che mi vengono proposti.  (Matteo 14,22-36)

22Subito dopo costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, finché non avesse congedato la folla. 23Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo.

24La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. 25Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare. 26Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e gridarono dalla paura. 27Ma subito Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!». 28Pietro allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». 29Ed egli disse: «Vieni!». Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. 30Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». 31E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?». 32Appena saliti sulla barca, il vento cessò. 33Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: «Davvero tu sei Figlio di Dio!».

34Compiuta la traversata, approdarono a Gennesaret. 35E la gente del luogo, riconosciuto Gesù, diffuse la notizia in tutta la regione; gli portarono tutti i malati 36e lo pregavano di poter toccare almeno il lembo del suo mantello. E quanti lo toccarono furono guariti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

MEDITATIO   Seduto, rileggo la Parola per più volte, lentamente. Anche la lettura della Parola di Dio è preghiera. Siamo entrati in quella zona più sacra e più lunga del nostro Ritiro On Line: il grande silenzio !  Il protagonista è lo Spirito Santo.

 Il modo migliore per assaporare un brano delle Scritture è accoglierlo in noi come un cibo nutriente per il nostro spirito, è avere la certezza che sia Dio a volerci parlare per farci entrare nelle dimensioni del suo disegno di amore e di salvezza. Se ascoltiamo attentamente la Parola potremo entrare in un rapporto vivo con il Padre, per lasciarci plasmare dal suo stesso "cuore".

 

LA PAURA NEMICA

«Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e gridarono dalla paura.»

(Matteo 14,22-36)

 

Costretti all'altra riva 

Occorre fare un breve cenno a ciò che precede: tutta la pagina potrebbe essere letta tenendo conto soprattutto dei riferimenti alla folla, che prima è stata testimone della moltiplicazione dei pani (vv. 17-21), e che adesso fa di tutto per « toccare almeno il lembo del suo mantello » (v. 36). La scena si svolge infatti all'interno di una grande inclusione che comporta la presenza della folla sia all'inizio che al termine della pagina. In realtà emerge però un forte desiderio di solitudine da parte di Gesù, ed una radicale esperienza di solitudine subita dai discepoli, almeno fino alla solenne professione di fede che troviamo al v. 33b:

« Davvero tu sei Figlio di Dio!».  

Dovremmo aggiungere che forse è proprio questa solenne professione di fede ciò che all'evangelista preme sottolineare nella composizione della pagina, che perciò potrebbe voler indicare anche il come si possa arrivare alla fede, grazie all'automanifestazione del Figlio di Dio nella persona di Gesù di Nazareth . Saremmo allora di fronte ad una esperienza del tutto particolare, che potrebbe essere accostata a quella fatta dalla piccola comunità apostolica dopo l'ascensione del Signore al cielo. Si osservino i singoli passaggi: Gesù ha condiviso con i suoi discepoli i pani e i pesci; si è reso loro commensale; ha dato prove concrete della sua reale presenza in mezzo a loro e li ha forniti di tutto ciò che occorre per poter affrontare da soli l'esperienza della vita. Ora può dunque finalmente inviarli. Il testo greco permette di scoprire in questo ordine di Gesù una certa costrizione: il verbo che è utilizzato in greco esprime infatti l'idea di un ordine « costrittivo ». 

« L'altra riva » alla quale il testo si riferisce è la regione dei pagani che abitano al di là del mare. Gli apostoli devono attraversare il mare perché hanno ricevuto un messaggio da portare imperiosamente all'altra riva. Questo fatto ci potrebbe autorizzare a leggere il nostro testo con riferimento alla vocazione della Chiesa: l'invio dei discepoli, dopo che hanno ricevuto tutto ciò che era necessario allo scopo, nella terra dei pagani per affrontare la storia.

Da un lato abbiamo così una indicazione relativa alla comunità dei discepoli; dall 'altro veniamo informati che la missione ricevuta dai discepoli ha un rapporto molto stretto con l'episodio o l'evento di Gesù che « salì sul monte, in disparte, a pregare » (v. 23).  

Il monte è il luogo della comunicazione tra cielo e terra; è il luogo nel quale Mosè poteva parlare faccia a faccia con Dio, come l'amico parla all'amico, e noi sappiamo che la caratteristica del Figlio è quella di avere sempre gli occhi rivolti verso il grembo del Padre. D'altra parte non si tratta di un monte qualunque, ma un  luogo  ben  preciso,  perché è il luogo del dialogo continuo col Padre, all'interno del quale sembra che Gesù si sia dimenticato dei discepoli costretti ad attraversare il mare, e che invece potrebbe rivelarsi come il luogo nel quale Colui che è Figlio di Dio e Signore veglia continuamente sui discepoli inviati in missione.

 

Nella lunga notte 

I discepoli, dal canto loro, hanno obbedito, hanno preso la barca; si sono avventurati nel mare. Ma la traversata non è delle più propizie. Calata la sera i discepoli sono infatti colpiti dalla violenza delle onde a causa del vento  contrario.

La sera della moltiplicazione dei pani  coinciderà, per i discepoli, con un attraversamento della storia, compiuto in solitudine, nel mezzo della notte, senza che essi riescano a controllare la propria barca a causa del vento contrario. Sembra proprio che Gesù li lasci combattere da soli durante tutte le vigilie notturne.

 

Tre lunghi turni di guardia 

Il riferimento è ai turni di guardia degli accampamenti militari romani che duravano tre ore ciascuno. Gesù, dunque, li lascia soli per tre lunghi turni di guardia; aspetta il quarto turno per intervenire. Potremmo fermarci un attimo anche noi a calcolare I'estrema lunghezza di questa traversata e lo strano comportamento di lui che interviene solo quando ormai l'alba è già all'orizzonte. Gli evangelisti ritorneranno ripetutamente su questa interminabile lunghezza della notte vigilare, e in altri contesti  sottolineeranno anche  quanto sia difficile mantenersi svegli durante l'attesa e quanto sia arduo superare la tentazione di approfittare di questa assenza prolungata del padrone di casa per angariare i propri dipendenti affermando se stessi al di sopra degli altri.

L'evangelista Matteo ricorderà che a causa di una vigilia più lunga del previsto le «dieci vergini » si addormentarono tutte, la notte decisiva per le nozze (Mt 25,1-13).  

Questa barca colpita dalle onde nel pieno della notte, nell'apparente dimenticanza del maestro, dello sposo, potrebbe essere dunque la barca della Chiesa, inviata ad attraversare il mare della storia per portare ai gentili la bella notizia del Vangelo. D'altra parte, quella stessa barca in balia dei venti e delle onde potrebbe simbolizzare anche l'esperienza personale di ciascun credente nella sua notte particolare in cui è chiamato a portare a buon fine un compito, una missione, diciamo pure una propria vocazione personale, tutt'altro che facile da realizzare. La notte può essere per tutti molto lunga. La solitudine, che accompagna inevitabilmente la notte, è spesso tormentata da mostri ingigantiti dalla paura notturna. 

L'evangelista ne parla perché vuole mostrare che simili difficoltà accompagnano in modo del tutto normale la missione della Chiesa in cammino nelle regioni pagane e nella storia. Non bisogna stupirsi o lamentarsi per questo. E’ del tutto normale che la notte sia lunga, e che questa lunghezza sia resa ancora più difficile dalle situazioni concrete della storia. Ma la comunità dei credenti possiede una certezza: lui arriverà. Questo è ciò che sostiene adesso la comunità. A questo mira l'evangelista. E’ vero che si dovranno attraversare mari in tempesta, e superare montagne di difficoltà ma è altrettanto vero che, sia pure alla quarta vigilia, quando spunta già l'alba, la luce apparirà all'orizzonte.

Lui certamente verrà. Nessuno è più fedele di lui alla parola data, sia pure alla quarta vigilia, quando spunta già l'alba. Lui certamente verrà.

 

È un fantasma? 

Può succedere però che la fede dei discepoli sia talmente provata da non riuscire ad individuare Colui che viene verso di loro camminando sul mare, ritenendolo un fantasma. La loro capacità visiva si è affievolita a tal punto da non riuscire a riconoscerlo. E invece è proprio lui. È veramente lui.

La lunghezza della notte e la durezza delle difficoltà che accompagnano la traversata del mare obnubilano l 'occhio della fede, e quando lui finalmente arriva come vincitore del mare, malgrado questo segno evidente del suo trionfo, resta difficile  poterlo riconoscere:

« Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e gridarono dalla paura. » (v. 26).

Invece di essere positivamente stupiti per non essere stati dimenticati, pensano paradossalmente ad un fantasma. E anche in questo caso il riferimento è pasquale. Gli interrogativi che si ponevano i discepoli dopo il mattino di Pasqua erano dello stesso tenore, al punto che Gesù risorto aveva dovuto dare segni specifici della sua concretezza, condividendo con loro il pasto, invitando Tommaso a mettere le sue dita nel posto dei chio­ di e la mano nella ferita del costato (Gv 20,27). Questo è il grande interrogativo: ha sottomesso il mare e la morte, ha vinto sull'abisso, ha messo in fuga le tenebre, ma se poi è un fantasma? L'interrogativo rimane aperto. Solo i frutti che la sua presenza genera nei discepoli e nella loro storia ne confermano la presenza e la realtà. Il primo frutto è  un'infusione di forza, di coraggio:

« Coraggio, sono io, non abbiate paura »  (v. 27). 

Ego eimi, dice il testo greco, «io sono ». Ed è una rivelazione sconvolgente. Un ebreo che ascolta una dichiarazione del genere corre subito alla teofania dell'Oreb, davanti al roveto ardente visto da Mosè sul Sinai (Es 3,14). Così la situazione della comunità della Chiesa comincia ad essere descritta con gli stessi termini e le stesse accentuazioni con cui il libro dell'Esodo aveva descritto la situazione del popolo d'Israele nella teofania del Sinai: Io sono (Es 20,2). A questo si aggiunge il conforto che i profeti dell’esilio  rivolgevano ad Israele disperso ed esiliato e che nell'interpretazione di Gesù diviene promessa di perennità della vita:

«Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe. Non è Dio dei morti, ma dei viventi! » (Mc 12,26-27). 

Dunque se Gesù si presenta come colui che può dire “io sono”, ciò significa che egli viene come fonte di vita e come garanzia di salvezza. Adesso si capisce anche perché il testo è stato costruito intorno  alla  professione  di fede  degli apostoli:

« Davvero tu sei Figlio di Dio! » (v.  33).

 

La prova  «propizia  » di Pietro 

Matteo in questo testo inserisce anche una parentesi che si riferisce a Pietro. Tentiamo a nostra volta di leggerla con maggiore attenzione. Siamo ormai all'interno di una comunità ecclesiale nella quale qualcuno, in questo caso Pietro, è proposto come protagonista e portavoce degli altri. Questo protagonismo di Pietro può essere segno di un riconoscimento particolare che gli è dato a differenza degli altri. Gesù stesso lo avrebbe investito della responsabilità di parlare a nome di tutti e di confermare la loro fede: « Quando ti sarai convertito », avrebbe detto Gesù rivolto a Pietro nel Vangelo secondo Luca alla vigilia della sua passione, « conferma i tuoi fratelli »: 

«Simone, Simone, ecco: Satana vi ha cercati per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, perché la tua fede non venga meno. E tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli». E Pietro gli disse: «Signore, con te sono pronto ad andare anche in prigione e alla morte». Gli rispose: «Pietro, io ti dico: oggi il gallo non canterà prima che tu, per tre volte, abbia negato di conoscermi».  (Lc 22,31-34). 

Dunque  una  parentesi che riguarda  Pietro:

« Signore, se sei tu comandami di venire verso di te sulle acque » (v. 28). Come in ogni vocazione , Pietro chiede un segno di conferma dell'autenticità. Nel  genere  letterario  del  racconto  di una «vocazione» la richiesta di un segno conferma l'autenticità della missione ricevuta e libera dai rischi di un'illusione. Nel chiedere questo segno Pietro si fa interprete in fondo di una parola di Gesù, il quale aveva  detto:

«Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sradicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe. » (Lc 17,6). 

A prima vista sembra sia Pietro a mettere alla prova Gesù, ma in realtà è Gesù che mette alla prova Pietro in un gioco misterioso molto vicino alle nostre esperienze concrete: noi spesso chiediamo un segno, ma in realtà, proprio perché il Signore risponde, il segno ci permette di toccarlo in qualche modo con mano: « Vieni! » (v. 29). Pietro pensava di mettere alla prova Gesù, ma Gesù ribalta tutto e Pietro non  può più sottrarsi:

«Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. » (v. 29).

E’ una scena bellissima che mostra la caratteristica peculiare di Pietro, il suo immediato buttarsi nell' impetuosità generosa del cuore.  

Ma poi succede l'inevitabile:

«Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». (v. 30). 

Nonostante lo slancio iniziale e la generosità, può venire meno la costanza. L'acqua ridiventa infida e Pietro comincia ad affondare. Ma proprio dalla constatazione della pochezza della propria fede, del limite della nostra adesione totale a lui, erompe il grido: Signore, salvami tu! Ciò che doveva condurre al fallimento totale di Pietro, diventa così il suo kairos, l'occasione propizia alla quale egli si afferra per gridare verso il Signore e ottenere la salvezza sperata. Era ciò che Gesù aspettava:

«E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?». (v.31). 

Qualunque tipo di grido, che venga da Pietro, dalla cananea, dall'ufficiale regio o da chiunque altro, è sempre certamente ascoltato. Anche nella teofania dell'Oreb Mosè si era sentito dire:

«Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sovrintendenti: conosco le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo » (Es 3,7-8). 

Ed ecco l'insegnamento che viene dalla situazione di Pietro: solo quando si è salvati dal Signore si può essere autentici portatori di salvezza anche per gli altri:

« Appena saliti sulla barca il vento cessò » (v. 32). 

L'itinerario si fa tranquillo. Si assiste adesso ad una vera e propria esplosione di luce. Gli si prostrarono davanti e dichiararono: « Veramente tu sei il Figlio di Dio!»

Dunque la prova che lui è veramente risorto è data dal fatto che la Chiesa ha riconosciuto, con Pietro, che senza la presenza di Gesù risorto nella sua barca non avrebbe mai raggiunto l'altra riva. Perciò essa si affida completamente a lui, che volentieri si lascia accogliere nella loro barca permettendo alla Chiesa di portare a compimento la missione dentro i flutti talvolta  oscuri della storia.

 

il papa Gregorio Magno invia Agostino di Canterbury agli Angli (potremmo dire: “all’altra riva”…)

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ORATIO Domando umilmente di poter essere coerente con le indicazioni emerse dalla meditatio. Esprimo fede, speranza, amore. La preghiera si estende e diventa preghiera per i propri amici, per la propria comunità, per la Chiesa, per tutti gli uomini. La preghiera si può anche fare ruminando alcune frasi del brano ripetendo per più volte la frase/i che mi hanno fatto meditare.

 

Apri i nostri occhi, Signore,

perché possiamo vedere te

nei nostri fratelli e sorelle.

Apri le nostre orecchie, Signore,

perché possiamo udire le invocazioni di chi

ha fame, freddo, paura.

Apri il nostro cuore, Signore,

perché impariamo ad amarci

gli uni gli altri come tu ci ami.

Donaci di nuovo il tuo Spirito, Signore,

perché diventiamo un cuore solo

e un’anima sola, nel tuo nome.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CONTEMPLATIO     Avverto il bisogno di guardare solo a Gesù, di lasciarmi raggiungere dal suo mistero, di riposare in lui, di accogliere il suo amore per noi. È l’intuizione del regno di Dio dentro di me, la certezza di aver toccato Gesù.  È Gesù che ci precede, ci accompagna, ci è vicino, Gesù solo! Contempliamo in silenzio questo mistero: Dio si fa vicino ad ogni uomo!

 

Per Cristo, con Cristo e in Cristo a te, Dio Padre Onnipotente,  nell’unità dello Spirito Santo,

ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoli.  Amen

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ACTIO     Mi impegno a vivere un versetto di questi brani, quello che mi ha colpito di più.

Si compie concretamente un’azione che cambia il cuore e converte la vita. Ciò che si è meditato diventa ora vita!

Prego con la Liturgia delle Ore, l’ora canonica del giorno adatta al momento.

Concludo il momento di lectio recitando con calma la preghiera insegnataci da Gesù: Padre Nostro...

Arrivederci!

           

(spunti liberamente tratti da alcune lectio di padre Innocenzo Gargano, monaco camaldolese)