Venero la Parola di Dio, l’Icona ed il Crocifisso. Traccio sulla mia persona il Segno della mia fede, il Segno della Croce, mi metto alla presenza del Signore che vuole parlarmi.
Signore, ti ringrazio
perché mi chiami ancora una volta
alla tua presenza, nel tuo nome.
Signore, mi metti davanti la tua Parola,
quella che ha ispirato i tuoi profeti:
fa’ che mi accosti a questa Parola
con riverenza, con attenzione, con umiltà;
fa’ che non sia da me sprecata,
ma sia accolta in tutto ciò che essa mi dice.
So che il mio cuore è spesso chiuso, incapace di comprendere
a semplicità della tua Parola.
|
Manda il tuo Spirito
perché possa accoglierla con verità,
con semplicità;
perché essa trasformi la mia vita.
Fa’,
Signore, che non ti resista,
che la tua Parola penetri in me
come spada a due tagli;
che il mio cuore sia aperto,
che la mia mano sia pronta,
che il mio occhio non si chiuda,
che il mio orecchio non si volga altrove,
ma che mi possa dedicare
totalmente a questo ascolto. |
Veni, Sancte Spiritus, Veni, per Mariam.
Iniziamo oggi una serie di lectio tratte da episodi del Vangelo di Matteo, nei
quali il filone comune è la fede: fede povera, fede vacillante, fede messa alla
prova, ma anche fede grande e fede vissuta nel quotidiano.
Queste riflessioni sono liberamente tratte da alcune lectio di padre Innocenzo
Gargano, monaco camaldolese.
Buona
meditazione e buona preghiera.
(San Gregorio Magno)
LECTIO Apro
la Parola di Dio e leggo in piedi i brani che mi vengono proposti.
(Matteo
14,22-36)
22Subito
dopo costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva,
finché non avesse congedato la folla. 23Congedata
la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne
stava lassù, da solo.
24La
barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il
vento infatti era contrario. 25Sul
finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare.
26Vedendolo
camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e
gridarono dalla paura. 27Ma
subito Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!».
28Pietro
allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle
acque». 29Ed
egli disse: «Vieni!». Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque
e andò verso Gesù. 30Ma,
vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò:
«Signore, salvami!». 31E
subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai
dubitato?». 32Appena
saliti sulla barca, il vento cessò. 33Quelli
che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: «Davvero tu sei
Figlio di Dio!».
34Compiuta
la traversata, approdarono a Gennesaret.
35E la
gente del luogo, riconosciuto Gesù, diffuse la notizia in tutta la regione; gli
portarono tutti i malati 36e
lo pregavano di poter toccare almeno il lembo del suo mantello.
E quanti lo toccarono furono guariti.
MEDITATIO
Seduto, rileggo la Parola per più volte, lentamente.
Anche la lettura della Parola di Dio è preghiera. Siamo entrati in quella zona
più sacra e più lunga del nostro Ritiro On Line:
il grande
silenzio ! Il protagonista è lo Spirito
Santo.
Il
modo migliore per assaporare un brano delle Scritture è accoglierlo in noi
come un cibo nutriente per il nostro spirito, è avere la certezza che sia
Dio a volerci parlare per farci entrare nelle dimensioni del suo disegno di
amore e di salvezza. Se ascoltiamo attentamente la Parola potremo entrare in
un rapporto vivo con il Padre, per lasciarci plasmare dal suo stesso
"cuore".
LA PAURA NEMICA
«Vedendolo
camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e
gridarono dalla paura.»
(Matteo 14,22-36)
Costretti all'altra riva
Occorre fare un breve cenno a ciò che precede: tutta
la pagina potrebbe essere letta tenendo conto soprattutto dei riferimenti alla
folla, che prima è stata testimone della moltiplicazione dei pani (vv. 17-21), e
che adesso fa di tutto per «
toccare almeno il lembo del suo
mantello » (v. 36). La scena si
svolge infatti all'interno di una grande inclusione che comporta la presenza
della folla sia all'inizio che al termine della pagina. In realtà emerge però un
forte desiderio di solitudine da parte di Gesù, ed una radicale esperienza di
solitudine subita dai discepoli, almeno fino alla solenne professione di fede
che troviamo al v. 33b:
«
Davvero tu sei Figlio di Dio!».
Dovremmo aggiungere che
forse è proprio questa solenne professione di fede ciò che all'evangelista preme
sottolineare nella composizione della pagina, che perciò potrebbe voler indicare
anche il come si possa arrivare alla fede, grazie all'automanifestazione del
Figlio di Dio nella persona di Gesù di Nazareth . Saremmo allora di fronte ad
una esperienza del tutto particolare, che potrebbe essere accostata a quella
fatta dalla piccola comunità apostolica dopo l'ascensione del Signore al cielo.
Si osservino i singoli passaggi: Gesù ha condiviso con i suoi discepoli i pani e
i pesci; si è reso loro commensale; ha dato prove concrete della sua reale
presenza in mezzo a loro e li ha forniti di tutto ciò che occorre per poter
affrontare da soli l'esperienza della vita. Ora può dunque finalmente inviarli.
Il testo greco permette di scoprire in questo ordine di Gesù una certa
costrizione: il verbo che è utilizzato in greco esprime infatti l'idea di un
ordine « costrittivo ».
«
L'altra riva
» alla quale il testo si riferisce è la
regione dei pagani che abitano al di là del mare. Gli apostoli devono
attraversare il mare perché hanno ricevuto un messaggio da portare
imperiosamente all'altra riva. Questo fatto ci potrebbe autorizzare a leggere il
nostro testo con riferimento alla vocazione della Chiesa: l'invio dei discepoli,
dopo che hanno ricevuto tutto ciò che era necessario allo scopo, nella terra dei
pagani per affrontare la storia.
Da un lato abbiamo così una indicazione relativa
alla comunità dei discepoli; dall 'altro veniamo informati che la missione
ricevuta dai discepoli ha un rapporto molto stretto con l'episodio o l'evento di
Gesù che «
salì sul monte, in disparte, a
pregare » (v. 23).
Il monte è il luogo della comunicazione tra cielo e
terra; è il luogo nel quale Mosè poteva parlare faccia a faccia con Dio, come
l'amico parla all'amico, e noi sappiamo che la caratteristica del Figlio è
quella di avere sempre gli occhi rivolti verso il grembo del Padre. D'altra
parte non si tratta di un monte qualunque, ma un
luogo
ben
preciso,
perché è il luogo del dialogo continuo col
Padre, all'interno del quale sembra che Gesù si sia dimenticato dei discepoli
costretti ad attraversare il mare, e che invece potrebbe rivelarsi come il luogo
nel quale Colui che è Figlio di Dio e Signore veglia continuamente sui discepoli
inviati in missione.
Nella lunga notte
I discepoli, dal canto loro, hanno obbedito, hanno preso la barca; si sono avventurati nel mare. Ma la traversata non è delle più propizie. Calata la sera i discepoli sono infatti colpiti dalla violenza delle onde a causa del vento contrario.
La sera della moltiplicazione dei pani
coinciderà, per i discepoli, con un
attraversamento della storia, compiuto in solitudine, nel mezzo della notte,
senza che essi riescano a controllare la propria barca a causa del vento
contrario. Sembra proprio che Gesù li lasci combattere da soli durante tutte le
vigilie notturne.
Tre lunghi turni di guardia
Il riferimento è ai turni di guardia degli
accampamenti militari romani che duravano tre ore ciascuno. Gesù, dunque, li
lascia soli per tre lunghi turni di guardia; aspetta il quarto turno per
intervenire. Potremmo fermarci un attimo anche noi a calcolare I'estrema
lunghezza di questa traversata e lo strano comportamento di lui che interviene
solo quando ormai l'alba è già all'orizzonte. Gli evangelisti ritorneranno
ripetutamente su questa interminabile lunghezza della notte vigilare, e in altri
contesti
sottolineeranno anche
quanto sia difficile mantenersi svegli
durante l'attesa e quanto sia arduo superare la tentazione di approfittare di
questa assenza prolungata del padrone di casa per angariare i propri dipendenti
affermando se stessi al di sopra degli altri.
L'evangelista Matteo ricorderà che a causa di una
vigilia più lunga del previsto le «dieci
vergini
» si addormentarono tutte, la notte decisiva per le
nozze (Mt 25,1-13).
Questa barca colpita
dalle onde nel pieno della notte, nell'apparente dimenticanza del maestro, dello
sposo, potrebbe essere dunque la barca della Chiesa, inviata ad attraversare il
mare della storia per portare ai gentili la bella notizia del Vangelo. D'altra
parte, quella stessa barca in balia dei venti e delle onde potrebbe simbolizzare
anche l'esperienza personale di ciascun credente nella sua notte particolare in
cui è chiamato a portare a buon fine un compito, una missione, diciamo pure una
propria vocazione personale, tutt'altro che facile da realizzare. La notte può
essere per tutti molto lunga. La solitudine, che accompagna inevitabilmente la
notte, è spesso tormentata da mostri ingigantiti dalla paura notturna.
L'evangelista ne parla
perché vuole mostrare che simili difficoltà accompagnano in modo del tutto
normale la missione della Chiesa in cammino nelle regioni pagane e nella storia.
Non bisogna stupirsi o lamentarsi per questo. E’ del tutto normale che la notte
sia lunga, e che questa lunghezza sia resa ancora più difficile dalle situazioni
concrete della storia. Ma la comunità dei credenti possiede una certezza: lui
arriverà. Questo è ciò che sostiene adesso la comunità. A questo mira
l'evangelista. E’ vero che si dovranno attraversare mari in tempesta, e superare
montagne di difficoltà ma è altrettanto vero che, sia pure alla quarta vigilia,
quando spunta già l'alba, la luce apparirà all'orizzonte.
Lui certamente verrà. Nessuno è più fedele di lui alla parola data, sia pure
alla quarta vigilia, quando spunta già l'alba.
Lui certamente verrà.
È un fantasma?
Può succedere però che la
fede dei discepoli sia talmente provata da non riuscire ad individuare Colui che
viene verso di loro camminando sul mare, ritenendolo un fantasma. La loro
capacità visiva si è affievolita a tal punto da non riuscire a riconoscerlo. E
invece è proprio lui. È veramente lui.
La lunghezza della notte e la durezza delle difficoltà che accompagnano la traversata del mare obnubilano l 'occhio della fede, e quando lui finalmente arriva come vincitore del mare, malgrado questo segno evidente del suo trionfo, resta difficile poterlo riconoscere:
«
Vedendolo camminare sul mare, i
discepoli furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e gridarono dalla paura.
» (v. 26).
Invece di essere positivamente stupiti per non
essere stati dimenticati, pensano paradossalmente ad un fantasma. E anche in
questo caso il riferimento è pasquale. Gli interrogativi che si ponevano i
discepoli dopo il mattino di Pasqua erano dello stesso tenore, al punto che Gesù
risorto aveva dovuto dare segni specifici della sua concretezza, condividendo
con loro il pasto, invitando Tommaso a mettere le sue dita nel posto dei chio
di e la mano nella ferita del costato (Gv 20,27). Questo è il grande
interrogativo: ha sottomesso il mare e la morte, ha vinto sull'abisso, ha messo
in fuga le tenebre, ma se poi è un fantasma? L'interrogativo rimane aperto. Solo
i frutti che la sua presenza genera nei discepoli e nella loro storia ne
confermano la presenza e la realtà. Il primo frutto è
un'infusione di forza, di coraggio:
«
Coraggio, sono io, non abbiate
paura »
(v. 27).
Ego eimi,
dice il testo greco, «io sono ». Ed è una rivelazione sconvolgente. Un ebreo che
ascolta una dichiarazione del genere corre subito alla teofania dell'Oreb,
davanti al roveto ardente visto da Mosè sul Sinai (Es 3,14). Così la situazione
della comunità della Chiesa comincia ad essere descritta con gli stessi termini
e le stesse accentuazioni con cui il libro dell'Esodo aveva descritto la
situazione del popolo d'Israele nella teofania del Sinai:
Io sono
(Es 20,2). A questo si aggiunge il conforto
che i profeti dell’esilio
rivolgevano ad Israele disperso ed esiliato e
che nell'interpretazione di Gesù diviene promessa di perennità della vita:
«Io
sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe. Non è Dio dei
morti, ma dei viventi!
» (Mc 12,26-27).
Dunque se Gesù si presenta come colui che può dire
“io sono”, ciò significa che egli viene come fonte di vita e come garanzia di
salvezza. Adesso si capisce anche perché il testo è stato costruito intorno
alla
professione
di fede
degli apostoli:
«
Davvero tu sei Figlio di Dio!
» (v.
33).
La prova
«propizia
» di Pietro
Matteo in questo testo inserisce anche una parentesi
che si riferisce a Pietro. Tentiamo a nostra volta di leggerla con maggiore
attenzione. Siamo ormai all'interno di una comunità ecclesiale nella quale
qualcuno, in questo caso Pietro, è proposto come protagonista e portavoce degli
altri. Questo protagonismo di Pietro può essere segno di un riconoscimento
particolare che gli è dato a differenza degli altri. Gesù stesso lo avrebbe
investito della responsabilità di parlare a nome di tutti e di confermare la
loro fede: «
Quando ti sarai convertito
», avrebbe detto Gesù rivolto a Pietro nel Vangelo secondo Luca alla vigilia
della sua passione, «
conferma i tuoi fratelli
»:
«Simone,
Simone, ecco: Satana vi ha cercati per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato
per te, perché la tua fede non venga meno. E tu, una volta convertito, conferma
i tuoi fratelli». E Pietro gli disse: «Signore, con te sono pronto ad andare
anche in prigione e alla morte». Gli rispose: «Pietro, io ti dico: oggi il gallo
non canterà prima che tu, per tre volte, abbia negato di conoscermi».
(Lc 22,31-34).
Dunque
una
parentesi che riguarda
Pietro:
«
Signore, se sei tu comandami di
venire verso di te sulle acque
» (v. 28). Come in ogni vocazione , Pietro
chiede un segno di conferma dell'autenticità. Nel
genere
letterario
del
racconto
di una «vocazione» la richiesta di un segno
conferma l'autenticità della missione ricevuta e libera dai rischi di
un'illusione. Nel chiedere questo segno Pietro si fa interprete in fondo di una
parola di Gesù, il quale aveva
detto:
«Se
aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso:
“Sradicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe.
» (Lc 17,6).
A prima vista sembra sia Pietro a mettere alla prova
Gesù, ma in realtà è Gesù che mette alla prova Pietro in un gioco misterioso
molto vicino alle nostre esperienze concrete: noi spesso chiediamo un segno, ma
in realtà, proprio perché il Signore risponde, il segno ci permette di toccarlo
in qualche modo con mano: «
Vieni!
» (v. 29). Pietro pensava di mettere alla
prova Gesù, ma Gesù ribalta tutto e Pietro non
può più sottrarsi:
«Pietro
scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù.
» (v. 29).
E’ una scena bellissima
che mostra la caratteristica peculiare di Pietro, il suo immediato buttarsi
nell' impetuosità generosa del cuore.
Ma poi succede
l'inevitabile:
«Ma,
vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò:
«Signore, salvami!». (v. 30).
Nonostante lo slancio iniziale e la generosità, può
venire meno la costanza. L'acqua ridiventa infida e Pietro comincia ad
affondare. Ma proprio dalla constatazione della pochezza della propria fede, del
limite della nostra adesione totale a lui, erompe il grido: Signore, salvami tu!
Ciò che doveva condurre al fallimento totale di Pietro, diventa così il suo
kairos,
l'occasione propizia alla quale egli si afferra per gridare verso il Signore e
ottenere la salvezza sperata. Era ciò che Gesù aspettava:
«E
subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai
dubitato?». (v.31).
Qualunque tipo di grido,
che venga da Pietro, dalla cananea, dall'ufficiale regio o da chiunque altro, è
sempre certamente ascoltato. Anche nella teofania dell'Oreb Mosè si era sentito
dire:
«Ho
osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa
dei suoi sovrintendenti: conosco le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo
» (Es 3,7-8).
Ed ecco l'insegnamento
che viene dalla situazione di Pietro: solo quando si è salvati dal Signore si
può essere autentici portatori di salvezza anche per gli altri:
«
Appena saliti sulla barca il
vento cessò
» (v. 32).
L'itinerario si fa tranquillo. Si assiste adesso ad
una vera e propria esplosione di luce. Gli si prostrarono davanti e
dichiararono: «
Veramente tu sei il Figlio di
Dio!»
Dunque la prova che lui è veramente risorto è data dal fatto che la Chiesa ha
riconosciuto, con Pietro, che senza la presenza di Gesù risorto nella sua barca
non avrebbe mai raggiunto l'altra riva. Perciò essa si affida completamente a
lui, che volentieri si lascia accogliere nella loro barca permettendo alla
Chiesa di portare a compimento la missione dentro i flutti talvolta
oscuri della storia.
il papa Gregorio Magno invia Agostino di Canterbury agli Angli (potremmo dire:
“all’altra riva”…)
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ORATIO
Domando umilmente di poter essere coerente con le indicazioni emerse dalla
meditatio. Esprimo fede, speranza, amore. La preghiera si estende e diventa
preghiera per i propri amici, per la propria comunità, per la Chiesa, per tutti
gli uomini. La preghiera si può anche fare ruminando alcune frasi del brano
ripetendo per più volte la frase/i che mi hanno fatto meditare.
Apri i nostri occhi, Signore,
perché possiamo vedere te
nei nostri fratelli e sorelle.
Apri le nostre orecchie, Signore,
perché possiamo udire le invocazioni di chi
ha fame, freddo, paura.
Apri il nostro cuore, Signore,
perché impariamo ad amarci
gli uni gli altri come tu ci ami.
Donaci di nuovo il tuo Spirito, Signore,
perché diventiamo un cuore solo
e un’anima sola, nel tuo nome.
CONTEMPLATIO
Avverto il bisogno di guardare solo a Gesù, di lasciarmi raggiungere dal suo
mistero, di riposare in lui, di accogliere il suo amore per noi. È l’intuizione
del regno di Dio dentro di me, la certezza di aver toccato Gesù. È
Gesù che ci precede, ci accompagna, ci è vicino, Gesù solo! Contempliamo in
silenzio questo mistero: Dio si fa vicino ad ogni uomo!
Per Cristo, con Cristo e in Cristo a te, Dio Padre Onnipotente,
nell’unità dello Spirito Santo,
ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoli.
Amen
ACTIO
Mi
impegno a vivere un versetto di questi brani, quello che mi ha colpito di più.
Si compie concretamente un’azione che cambia il cuore e converte la vita. Ciò
che si è meditato diventa ora vita!
Prego con la Liturgia delle Ore, l’ora canonica del giorno adatta al momento.
Concludo il momento di lectio recitando con calma la preghiera insegnataci da
Gesù: Padre Nostro...
Arrivederci!
(spunti liberamente tratti da alcune lectio di padre Innocenzo Gargano, monaco camaldolese)