in cammino verso la Pasqua
Venero la Parola di Dio, l’Icona ed il Crocifisso. Traccio sulla mia persona il Segno della mia fede, il Segno della Croce, mi metto alla presenza del Signore che vuole parlarmi.
Parlami, o Signore,
e dimmi le parole che solo l'amore sa pronunciare.
Parlami nel tuo linguaggio ineffabile,
che solo il cuore può capire.
Parlami di te stesso
per condividere con me la tua divina intimità.
Parlami dei tuoi progetti,
delle tue preoccupazioni,
delle tue grandi intenzioni per la salvezza degli uomini.
Parlami dei tuoi desideri,
della collaborazione che aspetti da me,
di ciò che ti rallegra,
di ciò che ti affligge nel mondo e in me stesso.
Parlami della tua bontà,
dei benefici che tu desideri effondere su di noi,
dei miracoli della tua grazia,
delle meraviglie che operi nel segreto, invisibilmente.
Parlami della santità nella quale
vuoi trasformare tutto l'universo e tutto me stesso.
Parlami e fa' penetrare la tua parola
nell'intimo dell’anima mia, nella mia intelligenza,
nella mia volontà, nel mio cuore.
( Jean Galot sj )
Veni, Sancte Spiritus, Veni, per Mariam.
CELEBRARE CON UN CUORE GRANDE
Riprendiamo da questo mese la serie di lectio, iniziata alcuni mesi fa, che ci
porterà passo dopo passo a incontrare Gesù Risorto fra circa tre mesi.
Oggi ci soffermiamo sulla cena del Giovedì Santo, l’Ultima Cena, e in
particolare sul cuore grande di Gesù che ha voluto darci una duplice grande
consegna.
LECTIO Apro
la Parola di Dio e leggo in piedi i brani che mi vengono proposti.
7Venne il giorno degli Azzimi, nel quale si doveva immolare la Pasqua. 8Gesù mandò Pietro e Giovanni dicendo: «Andate a preparare per noi, perché
possiamo mangiare la Pasqua». 9Gli chiesero: «Dove vuoi che prepariamo?». 10Ed egli rispose loro: «Appena entrati in città, vi verrà incontro un
uomo che porta una brocca d’acqua; seguitelo nella casa in cui entrerà. 11Direte al padrone di casa: “Il Maestro ti dice: Dov’è la stanza in cui posso
mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”.
12Egli
vi mostrerà al piano superiore una sala, grande e arredata; lì preparate».
13Essi
andarono e trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua.
14Quando venne l’ora, prese posto a tavola e gli apostoli con lui, 15e disse loro: «Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia
passione, 16perché io vi dico: non la mangerò più, finché essa non si compia nel regno di Dio». 17E, ricevuto un calice, rese grazie e disse: «Prendetelo
e fatelo passare tra voi, 18perché io vi dico: da questo momento non berrò più del frutto della vite, finché non verrà il regno di Dio». 19Poi prese il pane,
rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: «Questo è il mio corpo, che è dato per voi; fate questo in memoria di me». 20E, dopo aver cenato, fece
lo stesso con il calice dicendo: «Questo calice è la
nuova alleanza nel mio sangue, che è versato per voi».
(Lc 22,7-20)
15Egli
vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì
preparate la cena per noi.
(Mc 14,15)
1Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel
mondo, li amò fino alla fine. 2Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo, 3Gesù,
sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, 4si alzò da tavola, depose le vesti, prese un
asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. 5Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano
di cui si era cinto.
(Gv
13,1-5)
MEDITATIO
Seduto, rileggo la Parola per più volte, lentamente.
Anche la lettura della Parola di Dio è preghiera. Siamo entrati in quella zona
più sacra e più lunga del nostro Ritiro On Line:
il grande
silenzio ! Il protagonista è
lo Spirito Santo.
Il
modo migliore per assaporare un brano delle Scritture è accoglierlo in noi
come un cibo nutriente per il nostro spirito, è avere la certezza che sia
Dio a volerci parlare per farci entrare nelle dimensioni del suo disegno di
amore e di salvezza. Se ascoltiamo attentamente la Parola potremo entrare in
un rapporto vivo con il Padre, per lasciarci plasmare dal suo stesso
"cuore".
La sala grande
Là prepararono la Pasqua.
E noi oggi ritorniamo in quella grande sala. Marco e Luca ricordano l'ampiezza
della sala, la sala al piano superiore, grande sala.
Ritorniamo là. E ogni anno ci riempiamo di emozione. E’ un momento di emozioni e
di impegno, questo. I nostri volti sono più intensi, e i nostri occhi sembrano
occhi interroganti, interrogano il
mistero.
Senza quella Cena noi non saremmo qui, oggi. Non ci raduneremmo, saremmo figli
di Dio dispersi, ognuno a vagare per suo conto, per la sua strada.
Ci raduna una memoria.
«Conserva in noi, Signore, la memoria. Salvaci
dalle nostre smemoratezze, salvaci dalla superficialità, salvaci dall'abitudine,
dalla irrilevanza. Donaci il silenzio in cui contemplare».
Anche noi entriamo nella grande sala. Messa a disposizione quella sera, come
fosse la cosa più normale del mondo, da quel padrone di casa per Gesù, uno che
non ha casa, che non ha una sua casa.
Don Primo Mazzolari
Ricordo un commento bellissimo di don Primo Mazzolari
all'ultima
Cena e all'uomo che mise a disposizione la grande sala. Don Primo commentava:
«Vi sono giorni in cui non si può
mangiare sul margine della strada o all'ombra di un fico.
Il cuore, assalito da ricordi e traboccante di un dono incontenibile, non
può dichiararsi a un qualunque crocevia.
Ci vuole un uscio che si apra sopra una larga stanza. Se no sarebbe
sacrilegio.
Ed ecco che un uomo senza nome, un padrone di casa, gli presta la sua camera più
bella. Egli ha dato ciò che aveva di più grande perché intorno al grande
sacramento ci vuole tutto di grande, camera e cuore, parola e gesti.
Me lo raffiguro, quel padrone di casa, alla fine del banchetto, con la moglie e
i figlioli, nel vano della porta semiaperta, farsi avanti per ultimo, mendicante
più che commensale, mendicante di un pane che aveva preparato con le sue mani e
che il Cristo, benedicendolo, aveva cambiato in pane di vita eterna».
Il piccolo e il grande
Ebbene, in questa Cena del Giovedì
santo il nostro cuore sembra
oscillare tra due figure: il ''piccolo" e il "grande". Il piccolo pezzo, piccolo
pezzo umile di pane, e il grande, la grande sala al piano superiore.
Perché questo è il mistero: che la presenza di Dio sia nascosta, velata in un
po' di pane, in un tozzo piccolo, umile, di pane. Quale spaesamento, pensate!
Per noi che abitiamo il paese delle grandezze mondane, dei segni imponenti,
dello straordinario più straordinario. No, un Dio che sceglie altre strade e
dice: «Io? In un po' di pane». «Io pane in tutte le mani, anche le più povere,
le più sporche». Mani sporche allora, quelle di Giuda che lo aveva venduto,
quelle di Pietro che lo avrebbe rinnegato, quelle di tutti gli altri che
sarebbero fuggiti. A chi e a che cosa si consegnava lo abbiamo visto
rabbrividendo, ascoltando il racconto della Passione che segue senza cesure
quella cena. A quali mani si consegnava! E le nostre non sono meno sporche di
quelle e lui impenitente si consegna.
La piccolezza di Dio
Si è tolto ogni grandezza, perfino la vita. Qui è l'estremo
della piccolezza di Dio.
Ma proprio in questo estremo della piccolezza tu sorprendi e adori qualcosa di
grande:
«Nessuno ha un amore più grande» diceva. Questo
pezzo di pane
è un pane
trasfigurato, trasfigurato
da un
amore che più grande non
c'è. L'abitudine purtroppo ci fa, lo confesso, celebranti del mistero a
occhi asciutti, quando qui in questo pane arde qualcosa di incommensurabilmente
grande.
Il nostro cuore piccolo
«Oggi»
diceva don Mazzolari
«oggi tutte le chiese dovrebbero avere la massima
latitudine spirituale». Come a dire che non puoi, non puoi
celebrare con un
cuore piccolo. Questo amore, questo fuoco ci dilata.
Celebrare con il cuore piccolo è il vero sacrilegio, quello che Paolo
rimproverava nella lettera ai cristiani di Corinto, che celebravano l'Eucaristia
dopo una cena in cui avevano pensato solo a sfamare se stessi, avevano pensato
solo a se. Celebravano con la stanza piccola, con la stanza del cuore piccola,
il mistero grande, grande che più non si può, dell'amore di Gesù.
E’ un sacrilegio celebrare Dio, pensare di celebrare Dio, con il cuore piccolo.
Come succede a Giona che si sente dire da Dio:
«Alzati e va'
a Ninive, la grande città» e si ritrova meschino a contestare
Dio, con il cuore colmo di sdegno per la città pagana, pagana e terra di
peccatori.
La grande città, la grande stanza. Entra nella grande città.
«Andate in città»
dice Gesù ai suoi discepoli. L'Eucaristia non è un sacramento di fuga, di
separazione, di isolamento. Se questo è il modo con cui la celebro, io la
sconsacro. Celebra con il cuore grande. Con il cuore grande, senza esclusioni,
con cui l'ha voluta e celebrata il tuo Signore.
Una cosa e l’altra
E ricordiamo sempre che in quell'ultima cena Gesù due volte con le stesse parole
diede una consegna:
«Fate questo» disse, e aveva spezzato il
pane e offerto il calice del vino.
«Fate questo»
disse e aveva lavato i piedi stanchi dei suoi discepoli. Lui, con nel cuore la
morte che si era fatta ormai vicina, alle porte, lui a preoccuparsi della
stanchezza dei suoi discepoli, una stanchezza da sollevare.
Fate questo: fate il rito. E fate questo: sollevate la stanchezza.
Una cosa e l'altra. E mai una senza l'altra.
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ORATIO
Domando
umilmente di poter essere coerente con le indicazioni emerse dalla meditatio.
Esprimo fede, speranza, amore. La preghiera si estende e diventa preghiera per i
propri amici, per la propria comunità, per la Chiesa, per tutti gli uomini. La
preghiera si può anche fare ruminando alcune frasi del brano ripetendo per più
volte la frase/i che mi hanno fatto meditare.
Come «il fratello aiutato dal fratello».
Ci mandi, Signore, come il Padre ha mandato te,
perché questa è la volontà di
Dio.
Non triste
rassegnazione a luttuosi eventi
ma misterioso dono e
trasformazione.
Di
noi, uomini «dalle labbra impure»
o che «andavamo dietro al
gregge»
di belati
comuni e mediocri ideali,
in popolo santo di «testimoni
e profeti».
Che
condividano la tua vita,
il tuo Spirito, la tua morte.
Per entrare con te nella
risurrezione.
Ci
mandi, Signore, «a due
a due».
Perché due
sono i comandamenti dell'amore
e perché ci aiutiamo l'uno
l'altro a non cadere.
Ci mandi,
Signore, nei piccoli villaggi
perché
non disprezziamo le piccole cose
e le
umili realtà quotidiane.
Ci mandi
«nelle case»,
perché là
si realizzi il tuo Vangelo.
Nelle
nostre case. Nelle nostre famiglie.
Ci mandi,
Signore, senza altri mezzi e risorse
che il
nostro andare.
Perché il modo possa capire
che la forza
e la
bellezza del tuo annuncio
non è nelle nostre cose.
Ma nella qualità delle nostre relazioni.
CONTEMPLATIO
Avverto il bisogno di guardare solo a Gesù, di lasciarmi raggiungere dal suo
mistero, di riposare in lui, di accogliere il suo amore per noi. È l’intuizione
del regno di Dio dentro di me, la certezza di aver toccato Gesù. È
Gesù che ci precede, ci accompagna, ci è vicino, Gesù solo! Contempliamo in
silenzio questo mistero: Dio si fa vicino ad ogni uomo!
Per Cristo, con Cristo e in Cristo a te, Dio Padre Onnipotente,
nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria per tutti i secoli dei
secoli.
Amen
ACTIO
Mi impegno
a vivere un versetto di questi brani, quello che mi ha colpito di più.
Si
compie concretamente un’azione che cambia il cuore e converte la vita. Ciò che
si è meditato diventa ora vita!
Prego con la Liturgia delle Ore, l’ora canonica del giorno adatta al momento.
Concludo il momento di lectio recitando con calma la preghiera insegnataci da
Gesù: Padre Nostro...
Arrivederci!
(spunti liberamente tratti da una riflessione di don Angelo Casati, della Chiesa
di Milano)
Un augurio per Capodanno -
Omelia del 1° gennaio 2016
Vi do la mia pace
Oggi, solennità che la Chiesa dedica a Maria Madre di Dio e Giornata
della pace, seppure in mille modi diversi, tutti, ma proprio tutti,
abbiamo bisogno di ritrovare la pace.
Vi sono tante domande nel nostro cuore che,
umanamente, restano senza risposte; tanti ‘perché’, che paiono non avere un
senso. Spesso restiamo frastornati, confusi, e qualcuno angosciato, dalle tante
notizie, a volte agghiaccianti, che rendono l’aria irrespirabile.
Qualcuno, anche tra noi, discepoli di Gesù, può
giungere a chiedersi: ‘Ma Dio dov’è?’.
Carissimi, Dio è qui, è in mezzo a noi, continua a
prendersi cura di ciascuno di noi, come solo un Padre tenerissimo può fare, ma
mai rinuncerà a desiderare da noi un amore corrisposto, libero. È il più grande
dono che ci ha fatto: la libertà, di cui l’amore vero si nutre nella verità.
Non ci tratta come ‘burattini’, perché per Lui siamo
figli!
Oggi, nel Vangelo, proprio attraverso la Madre del
Suo figlio e nostra Mamma celeste, ci offre un esempio di come imparare ad
essere figli. Dopo la nascita di Gesù, di fronte a quello che i pastori avevano
riferito di ‘ciò che del bambino era stato detto loro … Maria
da parte sua custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore’.
(Lc 2, 16-21)
Non è facile imparare a leggere nella storia e nelle
nostre vicende personali con occhi di fede. È necessario contemplare il Bambino
e Sua Madre e Sua Discepola nella fede. Occorre lasciare che la Luce dissipi le
nostre tenebre, nel silenzio della preghiera e nella carità operosa, chiedere di
essere illuminati interiormente e rafforzati nella speranza. Solo lo Spirito di
Dio può operare il grande miracolo di saperci fidarsi di Dio e credere senza
tentennamenti che ‘tutto coopera al bene per chi Lo ama’. Questa è la
via, come scrive S. Paolo ai Galati, per sentirci ed essere figli:
“E che voi siete figli lo prova il fatto che
Dio mandò nei nostri cuori lo Spirito del Suo Figlio, il quale grida: ‘Abbà!
Padre!’. Quindi non sei più schiavo, ma figlio e, se figlio, sei anche erede per
grazia di Dio”. (Gal. 4, 4-7)
La consapevolezza di essere figli ci rassicura,
perché significa ‘essere custoditi’ dal Padre, che è fedele e
Misericordioso, sempre, nonostante tutte le nostre miserie, e desidera con tutto
se stesso di poterci ‘concedere la Pace’, perché possiamo diventare
‘operatori di pace’.
Ricordiamo le parole iniziali di Papa Francesco nel Messaggio per la Giornata mondiale della Pace, che vi invito a leggere: "Dio non è indifferente! A Dio importa dell'umanità, Dio non l'abbandona!" All'inizio del nuovo anno vorrei accompagnare c
on questo mio profondo convincimento gli auguri di abbondanti benedizioni e di pace, nel segno della speranza, per il futuro di ogni uomo e ogni donna, di ogni famiglia, popolo e nazione del mondo, come pure dei Capi di Stato e di Governo e dei Responsabili delle religioni. Non perdiamo, infatti, la speranza che il 2016 ci veda tutti fermamente e fiduciosamente impegnati, a diversi livelli, a realizzare la giustizia e operare per la pace. Sì, quest'ultima è dono di Dio e opera degli uomini. La pace è dono di Dio, ma affidato a tutti gli uomini e tutte le donne, che sono chiamati a realizzarlo.E seguendo il suo esempio affidiamoci all'intercessione di Maria Santissima, Madre premurosa per i bisogni dell'umanità, affinché ci ottenga dal suo Figlio Gesù, Principe della Pace, l'esaudimento delle nostre suppliche e la benedizione del nostro impegno quotidiano per un mondo fraterno e solidale.
Questo è il mio augurio più sincero, nella
preghiera, per il nostro 2016, ringraziando il Signore del tempo che ci concede
per imparare a vivere da figli e poter, un giorno, esserlo in pienezza.
Antonio Riboldi – Vescovo