RITIRO ON LINE                                                                                                   
gennaio
2014  

 

Venero la Parola di Dio, l’Icona ed il Crocifisso.   Traccio sulla mia persona il Segno della mia fede, il Segno della Croce, mi metto alla presenza del Signore che vuole parlarmi.

 

Loda il Signore, anima mia:

 

loderò il Signore finché ho vita,

 

canterò inni al mio Dio finché esisto.

 

Beato chi ha per aiuto il Dio di Giacobbe:

 

la sua speranza è nel Signore suo Dio,

 

che ha fatto il cielo e la terra,

 

il mare e quanto contiene,

 

che rimane fedele per sempre,

 

rende giustizia agli oppressi,

 

dà il pane agli affamati.

Il Signore libera i prigionieri,

 

il Signore ridona la vista ai ciechi,

 

il Signore rialza chi è caduto,

 

il Signore ama i giusti,

 

il Signore protegge i forestieri,

 

egli sostiene l’orfano e la vedova.

 

Il Signore regna per sempre,

 

il tuo Dio, o Sion, di generazione in generazione.

 (dal Salmo 146)

 

 Veni, Sancte Spiritus, Veni, per Mariam.

 

 

LE VIE PER LA FELICITA’

Nelle beatitudini Gesù indica il cammino verso la vera felicità, che non è un sentimento bensì un’attitudine; non si basa su ciò che si possiede, ma su una gioia interiore, ben più profonda, che possiamo incontrare nell’intimo di noi stessi.

 LA BEATITUDINE

         

 

 

 

 

 

 

LECTIO  Apro la Parola di Dio e leggo in piedi i brani che mi vengono proposti.   

 

«Beato l’uomo che non entra nel consiglio dei malvagi, non resta nella via dei peccatori  e non siede in compagnia degli arroganti, ma nella legge del

 

 Signore trova la sua gioia, la sua legge medita giorno e notte.  È come albero piantato lungo corsi d’acqua, che dà frutto a suo tempo: le sue foglie non

 

appassiscono e tutto quello che fa, riesce bene». (Sal 1,1-3)

 

«Beato chi ha trovato la prudenza, chi si rivolge a orecchi attenti; quanto è grande chi ha trovato la sapienza, ma nessuno supera chi teme il Signore. Il timore del Signore è più di ogni cosa; chi lo possiede a chi potrà essere paragonato? ».  (Sir 25, 12-15)

 

 

«Beato chi non trova in me motivo di scandalo». (Mt 11, 6)

 

«Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano»  Mt 13, 16)

 

«”E voi, chi dite che io sia?”. Rispose Simon Pietro: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente". E Gesù gli disse: "Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato ma il Padre mio che è nei cieli"». (Mt 16,16-17)

 

«E beata colei che ha creduto nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto».  (Lc 1, 45)

 

«Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato!". Ma egli disse: "Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano! ».

(Lc 11, 27 -28)

 

«Vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro».  (Mt 5,1-2)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

MEDITATIO   Seduto, rileggo la Parola per più volte, lentamente. Anche la lettura della Parola di Dio è preghiera. Siamo entrati in quella zona più sacra e più lunga del nostro Ritiro On Line: il grande silenzio !   Il protagonista è lo Spirito Santo.

 Il modo migliore per assaporare un brano delle Scritture è accoglierlo in noi come un cibo nutriente per il nostro spirito, è avere la certezza che sia Dio a volerci parlare per farci entrare nelle dimensioni del suo disegno di amore e di salvezza. Se ascoltiamo attentamente la Parola potremo entrare in un rapporto vivo con il Padre, per lasciarci plasmare dal suo stesso "cuore".

 

 

Beato

Nella Bibbia la parola “beato” sta ad indicare colui che è molto felice o che ha conquistato la piena felicità.

Questo termine non è quasi mai collegato a un desiderio o a un saluto, come se qualcuno volesse augurare felicità a un altro; si tratta piuttosto di una costatazione, in altre parole, è come se incontrassi una persona e al termine della conversazione con lei concludessi: però, com'è felice

Nel salmo 1 in forma poetica (Beato l’uomo che non entra nel consiglio dei malvagi…) il salmista sottolinea che la beatitudine può essere facilmente riscontrata nella vita delle persone che scelgono di percorrere le vie del Signore e contemplano ogni giorno la propria storia come parte del progetto di Dio. La vita di questi beati è caratterizzata dalla serenità e dalla pace interiore: È come albero piantato lungo corsi d’acqua.  

Nel Siracide la beatitudine è contraddistinta dai doni che la persona coltiva e acquista (Beato chi ha trovato la prudenza, chi si rivolge a orecchi attenti …), per esempio la ricchezza di una vera amicizia che, come sappiamo, è indispensabile alla vera felicità. L'autore del libro menziona anche come fondamentali i doni della sapienza e della scienza, e a un grado più alto il timore di Dio.

Questo passo biblico può essere messo in relazione con i doni dello Spirito Santo, che contraddistinguono la maturità nella fede del cristiano: sapienza, intelligenza, consiglio, fortezza, scienza, pietà e timor di Dio. Coltivare i doni dello Spirito apre le porte dell'anima alla felicità. 

Nel versetto del Vangelo di Matteo in cui Gesù risponde ai discepoli di Giovanni Battista riguardo alla sua missione di Messia, Gesù afferma che sono felici tutti coloro che basano la loro vita sulla pietra fondamentale che è Cristo e poi, professata la loro fede, non si perdono dietro ad altre dottrine: “Beato chi non trova in me motivo di scandalo”. Per questo motivo sono beati! 

Nella parabola del seminatore, Gesù dice beati tutti coloro che nasceranno da questa promessa realizzata: la sua incarnazione. Molti hanno desiderato vedere e udire; ma a noi è stato dato il privilegio di conoscere il mistero salvifico annunciato dal Signore: ”Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. Facciamo parte di una nuova alleanza, siamo incorporati nel corpo mistico di Cristo, conosciamo la sua parola e possiamo contemplare i suoi segni dei tempi. Per questo motivo siamo beati! 

Di fronte alla domanda di Gesù: «E voi, chi dite che io sia?», Pietro, a nome dei discepoli, risponde che Gesù è Dio stesso. La risposta di Pietro consente a Gesù di affermare che la fede in lui è garanzia di felicità: beato sei tu, Pietro, perché hai accolto la rivelazione del mistero della fede

Nel finale del racconto della visita di Maria a Elisabetta prima che Maria canti il Magnificat, Elisabetta riconosce la beatitudine della madre di Dio: questa beatitudine è il timbro della spiritualità mariana (“E beata colei che ha creduto nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto”). Chi crede e pone la sua fiducia nel Padre sperimenterà  ampiamente che le promesse di Dio sono veritiere. La beatitudine di Maria ha inizio quando ella, di fronte alla richiesta divina, risponde: «Eccomi, sono la serva del Signore; avvenga di me secondo la sua parola»

Una donna dalla folla alzò la voce e proclamò beata Maria, per essere stata madre del Salvatore (“Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato!”), ma Gesù mette in chiaro che Maria è molto più felice per aver ascoltato e messo in pratica la parola di Dio: “Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano! “. Gesù evidenzia in Maria il suo ruolo di modello di ogni discepolo. Ella è beata perché sta in ascolto della voce del Padre.

 

Il discorso sul monte

Nei vangeli ci sono due racconti del cosiddetto "discorso sul monte", uno in Matteo e un altro in Luca. La versione di Luca è considerata una sintesi della narrazione di Matteo, che è la più nota. In essa Gesù presenta otto beatitudini, che indicheremo come vie per la felicità. Questo lungo discorso occupa i capitoli 5, 6 e 7 del vangelo di Matteo.

Gesù dà inizio al suo sermone descrivendo la felicità e la vocazione di coloro che sono chiamati a essere discepoli (5, 1-16); nella seconda parte, considerata la parte centrale del discorso, Gesù invita i discepoli a vivere la vera giustizia; nella terza parte siamo invitati a vivere un impegno di fedeltà per il Regno per mezzo dell'obbedienza (7, 13-29). In questo nostro ciclo di lectio prenderemo in considerazione soltanto le beatitudini, raccolte nei primi versetti del capitolo 5.

 

Il contesto

Le beatitudini sono raccontate da Matteo secondo una logica ascendente. L'intenzione dell'autore è quella di mostrare la teologia di Gesù subito all'inizio della sua vita pubblica. Prima di presentarci il "discorso sul monte", l'autore ci narra il battesimo di Gesù e le tentazioni nel deserto. Nel battesimo, il Figlio di Dio è rivestito della forza dello Spirito, ed è proprio questa forza, questo Spirito, che permette a Gesù di vincere le tentazioni.

Dopo questi fatti, egli inizia la sua predicazione. Ma prima di essere conosciuto come un grande profeta, sceglie i suoi discepoli. Di fronte a questo sconosciuto, questi uomini e donne chiamati da Gesù gli danno fiducia, senza alcuna sicurezza.

Era ancora presto per queste persone di abbandonare tutto e seguire Gesù; ma è proprio questo che è accaduto, non tanto per quello che hanno visto e udito, ma soprattutto grazie a ciò che hanno sentito. Dio così suscita nel cuore di ogni discepolo il desiderio di dare tutto se stesso.

Trovano così conferma le parole di Gesù: «Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga» (Gv 15, 16). Grazie all'esperienza di Dio che questi discepoli vanno sperimentando a contatto con Gesù, la loro fede si va rinforzando e radicando nell'intimo di ciascuno di essi. 

La grande catechesi che i discepoli ricevono inizia con un lungo discorso di Gesù, il sermone sul monte. Risulta così chiaro che per tutti coloro che desiderano seguire Gesù è imprescindibile ascoltare le sue indicazioni.

Come dice il nome con cui viene indicato, il discorso viene pronunciato su una montagna: “Vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro“. Nella Sacra Scrittura, la montagna ha la connotazione simbolica di luogo di incontro con Dio. È lì che Dio parla, si rivela, si mostra.

Il discorso sul monte è strettamente collegato a un passo fondamentale dell'Antico Testamento, e cioè la salita di Mosè sul monte Sinai. Mosè riceve da Dio le tavole della Legge sulla cima del monte, e questo subito dopo che il popolo ha sperimentato la libertà. Ora, sempre sulla cima di un monte, Gesù indica ai suoi discepoli una via di libertà piena.

La libertà viene qui intesa come lo spezzare tutte le catene, interiori ed esterne.

Gesù vuole che sia chiaro che se noi, suoi discepoli, seguiremo veramente i suoi insegnamenti, saremo uomini e donne davvero liberi: «Cristo ci ha liberati per la libertà! State dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù» (GaI 5, 1).

Nel discorso sul monte, Gesù non riscrive le leggi o i comandamenti, ma li riempie di senso.

Sul Sinai, il popolo di Dio si riunisce intorno al monte per ascoltare Dio attraverso Mosè. Nell'episodio del Nuovo Testamento, il popolo si riunisce di nuovo attorno alla montagna per ascoltare Gesù. Ora è Dio stesso che parla loro.

Prima di salire sul monte, l'evangelista riferisce che Gesù vide le folle. Vedere e non rimanere indifferente è la manifestazione della misericordia divina che veglia su di noi. Il primo passo per aiutare il prossimo è lasciarsi commuovere da ciò che vediamo.

Quando Gesù salì sul monte per pronunciare le beatitudini, il fatto di aver visto le folle rivela che lui, come Buon pastore che conosce il suo gregge, conosceva tutto ciò che affliggeva quelle persone, i loro dolori, i loro desideri più intimi, i segreti non rivelati a nessuno.

II pastore conosce le sue pecore per nome, conosce la loro storia, ed è pronto a dare la sua vita perché nessuna vada perduta.

Possiamo così essere certi che le beatitudini, pronunciate da Gesù, sono destinate al conforto spirituale della moltitudine che gli sta davanti; ma sono anche parole rivolte alle pecore di ogni epoca, poiché in tutte le epoche i problemi che assillano la vita dell'umanità sono sempre gli stessi.

Leggendo le beatitudini, è bene che io abbia la certezza che Gesù mi ha visto: lui sa come sto, mi conosce, non è e non sarà indifferente e, ciò che è più importante, che non rinuncia a me, che il mio caso non è perso.

Matteo inizia il racconto dicendo che Gesù, salito sul monte, si pose a sedere: un gesto che manifesta autorevolezza e sapienza. I discepoli si avvicinano per ascoltarlo: bisogna avvicinarsi per poterlo ascoltare e sentire cosa dice.

Il discepolo di Gesù non è fatto per frequentare corsi a distanza. È impossibile seguire Gesù se non ci sediamo ai suoi piedi e ascoltiamo i suoi insegnamenti come "parole di vita". 

Matteo va oltre e riferisce un particolare che sembra insignificante: dice che Gesù aprì la bocca per insegnare. Ed è proprio Gesù a dirci che la bocca parla di ciò che viene dal cuore. In altre parole, l'insegnamento di Gesù, le sue verità, proveniva dal suo cuore. 

È lo stesso Spirito a guidare la predicazione del Maestro: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annunzio» (Lc 4, 18).

 

Lasciamoci interpellare

Questa introduzione di Matteo al discorso di Gesù ci interpella: in quali momenti apriamo bocca e desideriamo parlare? Quali sono le parole predominanti nelle nostre conversazioni?

Una seria analisi dei dialoghi fatti nella settimana potrà forse allarmarci. Se non parliamo di ciò che muove il nostro essere, allora di che parliamo?

Forse rimarremo sorpresi costatando che non apriamo la nostra bocca per istruire, riconciliare, confortare, consolare, fortificare gli altri; ma, talvolta, è per mezzo delle nostre parole che siamo causa di divisioni, giudichiamo, condanniamo e "avveleniamo" le persone che incontriamo. 

Quando Gesù apre la bocca, ripete il gesto fatto dal Padre quando ha creato il mondo e ha dato vita, alito, anima alla polvere, all'essere umano. Sia nella creazione che nell'invio degli apostoli, quando Cristo alita su di essi perché siano pieni di Spirito Santo, l'essere di Dio viene diffuso dalla bocca.

Coloro che ascoltano la parola del Signore, coloro che ricevono il suo alito di vita lasciano indietro l'uomo vecchio ... «Ecco, io faccio nuove tutte le cose» (Ap 21, 5).

Quando leggiamo la Sacra Scrittura, in particolare le beatitudini, possiamo desiderare, ardentemente, di sederci ai piedi di Gesù per ascoltare le sue parole che devono essere assimilate, penetrare nei nostri pori, pulire il nostro intimo e trasformarci in creature nuove, e soprattutto farci venire la voglia di gridare al mondo: «Siamo testimoni della grazia di Dio». 

Il profeta Isaia attesta che la Parola di Dio è efficace, compie sempre la sua missione: “Come infatti la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza aver irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia il seme a chi semina e il pane a chi mangia, così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l'ho mandata”  (Is 55, 10-11).

E’ così anche per me? Mi lascio fecondare dalla Parola, o rimango impermeabile?

 

 

 ORATIO   Domando umilmente di poter essere coerente con le indicazioni emerse dalla meditatio. Esprimo fede, speranza, amore. La preghiera si estende e diventa preghiera per i propri amici, per la propria comunità, per la Chiesa, per tutti gli uomini. La preghiera si può anche fare ruminando alcune frasi del brano ripetendo per più volte la frase/i che mi hanno fatto meditare.

 

Gesù, mi sembra proprio di vederti,

lì, seduto sulla montagna,

in mezzo ai tuoi discepoli,

circondato da una folla immensa.

Tu pronunci parole meravigliose

Che escono dalla ricchezza del tuo cuore.

Lasciate che Dio vi colmi del suo amore!

E’ bello quello che dici, Gesù,

però la crudezza della realtà

mi scuote da questa atmosfera di fascino

e mi porta alla deprimente quotidianità.

Vedi, Gesù, tu consideri “beati”

Quelli che io considero infelici.

E’ un capovolgimenti radicale di valori,

per questo mi è difficile comprendere

il vangelo delle beatitudini.

Donami, ti prego, lo Spirito Santo,

perché possa accogliere il tuo dono

di queste tue parole di vita.

Amen
 

(don Canio Calitri)

 

 

  

 

 

CONTEMPLATIO     Avverto il bisogno di guardare solo a Gesù, di lasciarmi raggiungere dal suo mistero, di riposare in lui, di accogliere il suo amore per noi. È l’intuizione del regno di Dio dentro di me, la certezza di aver toccato Gesù.

 È Gesù che ci precede, ci accompagna, ci è vicino, Gesù solo! Contempliamo in silenzio questo mistero: Dio si fa vicino ad ogni uomo!

 

Per Cristo, con Cristo e in Cristo

a te, Dio Padre Onnipotente,

nell’unità dello Spirito Santo,

ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoli.

Amen

 

ACTIO     Mi impegno a vivere un versetto di questi brani, quello che mi ha colpito di più.

Si compie concretamente un’azione che cambia il cuore e converte la vita. Ciò che si è meditato diventa ora vita!

Prego con la Liturgia delle Ore, l’ora canonica del giorno adatta al momento.

Concludo il momento di lectio recitando con calma la preghiera insegnataci da Gesù: Padre Nostro...

Arrivederci!

  

(spunti liberamente tratti da una riflessione di padre Erlin, missionario claretiano)