Venero la Parola di Dio, l’Icona ed il Crocifisso. Traccio sulla mia persona il Segno della mia fede, il Segno della Croce, mi metto alla presenza del Signore che vuole parlarmi.
Chiudo gli occhi fino al rintocco della sera. Faccio buio intorno perché Tu possa inondarmi di luce dentro. E di quella luce saprò dissetarmi per imparare a dissetare. Ancora un sorso perché le mie labbra sono aride di consolazione. |
Ancora una goccia per profumare il mio viso e le mie mani incerte nel donare. Chiudo gli occhi e Ti vedo. Li riapro e Ti racconto. (Emily Shenker)
Veni, Sancte Spiritus, Veni, per Mariam.
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DISCERNERE
Discernere: è il discernimento che apre la via all'incontro con il fratello, alla scoperta del mistero che egli racchiude, alterità che sfugge a ogni facile e immediata percezione (Lc 7, 18-30).
LECTIO Apro la Parola di Dio e leggo in piedi il brano che mi viene proposto.
«Sei tu colui che deve venire?»: il discernimento oltre lo scandalo (Lc 7, 18-30).
18Giovanni fu informato dai suoi discepoli di tutte queste cose. Chiamati quindi due di loro, Giovanni 19li mandò a dire al Signore: "Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?". 20Venuti da lui, quegli uomini dissero: "Giovanni il Battista ci ha mandati da te per domandarti: sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?". 21In quello stesso momento Gesù guarì molti da malattie, da infermità, da spiriti cattivi e donò la vista a molti ciechi. 22Poi diede loro questa risposta: "Andate a riferire a Giovanni ciò che avete visto e udito: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciata la buona notizia. 23E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!".
24Quando gli inviati di Giovanni furono partiti, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: "Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? 25Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che portano vesti sontuose e vivono nel lusso stanno nei palazzi dei re. 26Ebbene, che cosa siete andati vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. 27Egli è colui del quale sta scritto:
Ecco, dinanzi a te mando il mio messaggero,
davanti a te egli preparerà la tua via.
28Io vi dico: fra i nati di donna non vi è alcuno più grande di Giovanni, ma il più piccolo nel Regno di Dio è più grande di lui. 29Tutto il popolo lo ascoltava, e anche i pubblicani, ricevendo il battesimo di Giovanni, hanno riconosciuto che Dio è giusto. 30Ma i farisei e i dottori della Legge, non facendosi battezzare da lui, hanno reso vano il disegno di Dio su di loro".
Parola di Dio
MEDITAZIO Seduto, rileggo la Parola per più volte, lentamente. Anche la lettura della Parola di Dio è preghiera. Siamo entrati in quella zona più sacra e più lunga del nostro Ritiro On Line: il grande silenzio ! Il protagonista è lo Spirito Santo.
Il modo migliore per assaporare un brano delle Scritture è accoglierlo in noi come un cibo nutriente per il nostro spirito, è avere la certezza che sia Dio a volerci parlare per farci entrare nelle dimensioni del suo disegno di amore e di salvezza.
Se ascoltiamo attentamente la Parola potremo entrare in un rapporto vivo con il Padre, per lasciarci plasmare dal suo stesso "cuore".ù
Una domanda condivisa
Fino nel carcere giungono all'orecchio del Battista tutte queste cose: arriva notizia delle opere di Gesù. In particolare, con un rapido sguardo ai versetti precedenti al testo qui presentato, incontriamo la guarigione di un servo, per di più del servo di un pagano - un centurione romano -, seguita dall'ammirazione di Gesù per la fede del centurione e dall'affermazione che neanche in Israele egli ha trovato «una fede così grande». Ci imbattiamo poi nella compassione verso una vedova, donna ai margini della società, che egli consola («non piangere») e a cui egli risuscita il figlio. L'eco di queste azioni, di questi atteggiamenti, si diffonde per tutta la Giudea e per tutta la regione arrivando fin dentro le mura della cella di Giovanni, scuotendo il suo cuore e suscitando in lui domande e interrogativi.
Ecco che egli chiama a sé due di loro (discepoli)…li mandò a dire al Signore... Il Battista condivide la sua domanda con alcuni dei suoi discepoli, facendo sì che il suo interrogativo diventi il loro stesso interrogativo. Egli non cerca da solo, nella solitudine del carcere dove si trova, non fa discernimento nel "segreto del suo cuore" ! Condivide la propria domanda con due dei suoi, la trasmette loro, comunicandogli anche il suo desiderio, la sua attesa, coinvolgendoli nel processo di riconoscimento e di adesione, così che questi fratelli possano diventare per Giovanni stesso testimoni: la testimonianza, infatti, per essere valida doveva essere avvalorata dall'attestazione di almeno due persone; non a caso Giovanni manda due dei suoi discepoli.
Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro? Questa la domanda di Giovanni, una domanda "rischiosa" per lui; egli, infatti, era ormai in disparte, sulla via del tramonto, dal momento che era stato imprigionato da Erode. Condividere questa domanda con i suoi discepoli poteva essere temerario: essi sarebbero potuti andare dietro a «colui che viene» abbandonando il Battista alla solitudine definitiva. Ma questo non è importante per lui: egli, infatti, è mosso da un'attesa interiore che lo spinge, l'attesa di trovare il significato e il compimento per la propria missione, il desiderio di trovare il senso di una vita intera, spesa ad annunciare «colui che viene», una vita che adesso si sta consumando nel buio di un carcere e probabilmente si sta avviando verso una ingloriosa conclusione.
Ecco che Giovanni ha bisogno del discernimento per dare senso pieno alla propria esistenza, di un discernimento che passa attraverso il riconoscimento di un altro, di un fratello.
Il Battista ci mostra una condizione fondamentale per il discernimento, una qualità necessaria: quella di trovarsi mancanti di qualcosa, di essere in attesa, di essere ogni volta poveri, desiderosi di un compimento che ancora non è presente e chiede di essere cercato. Al contrario, per chi ha già tutto ed è sazio e appagato, per chi possiede già ogni risposta, la ricerca e il discernimento sono impossibili: per questo Gesù, di fronte ai farisei e sadducei che tentano di metterlo alla prova, nega un segno dal cielo, accusandoli di «non saper discernere i segni dei tempi». Chi è già sazio delle sue certezze e va in cerca solo di conferme non riesce più a discernere.
L'interrogativo che Giovanni condivide nel carcere con due dei suoi discepoli ci porta a considerare alcune caratteristiche del discernimento: esso è possibilità di coinvolgere i fratelli nella ricerca, occasione di condivisione di una domanda. Si discerne, poi, per trovare un senso alla propria vita, alla propria missione, un senso che supera chi lo cerca; da qui la necessità di decentrarsi per poter discernere, distogliendo lo sguardo da noi stessi, rimanendo in attesa.
La manifestazione del regno di Dio
Di fronte alla domanda dei discepoli di Giovanni, Gesù non offre risposte facilmente comprensibili e rassicuranti: egli piuttosto "provoca" in loro la fatica del discernimento, compiendo opere potenti e accompagnando queste opere con una parola.
Tutto ciò accade in quello stesso momento: nel momento stesso in cui il Nazareno percepisce che egli è oggetto di domanda e ricerca sincera, oggetto di desiderio, si apre improvvisamente lo spazio per la manifestazione del regno di Dio. Qualcosa di simile era già accaduto alla donna affetta da emorragia; di fronte al desiderio della donna, che cercava con tutte le sue forze di toccare il maestro, era uscita improvvisamente da lui, e addirittura a sua insaputa, una potenza che l'aveva risanata.
I discepoli, e assieme a loro Giovanni, sono chiamati a riconoscere una manifestazione improvvisa e straordinaria del regno di Dio (guarì molti), con la quale Gesù si rivela come il compimento delle attese di tutti coloro a cui si rivolge: egli compie le attese dei poveri, cui la buona novella è annunciata; dei malati, cui la salute è ridonata; dei ciechi, cui offre la vista. Egli si rivela così come «colui che viene», epiteto che indica il messia, il compimento delle attese di un popolo intero.
Ma in questa manifestazione c'è una difficoltà: la gente cui egli si rivolge non è un popolo di giusti, di pii, ma un popolo di malati, la cui malattia era considerata segno della punizione divina per il peccato, un popolo di ciechi, che non vedono dove andare, un popolo di zoppi, che non hanno la forza per camminare, un popolo cioè di persone deboli, limitate e fragili.
Le stesse parole che Gesù aggiunge ai suoi gesti (ai poveri è annunciata la buona notizia) confermano tutto ciò: per poter essere destinatari privilegiati di questa buona notizia è necessario essere poveri, è necessario cioè mancare di qualcosa, è necessario attendere.
Ecco, allora, che i discepoli e il Battista insieme possono riconoscere che Gesù è veramente «colui che viene», l'oggetto delle attese, delle speranze, anche se esse vengono realizzate in modo diverso dall'aspettativa comune. Giovanni stesso aveva annunciato un messia potente, con il «ventilabro in mano». Anche i discepoli che, dopo gli eventi della passione, tornano a Emmaus, esprimono tutta la loro amarezza e frustrazione per una speranza disattesa: «Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele». Ciò che la vita di Gesù realizza è qualcosa di diverso.
Per questo egli aggiunge: beato è colui che non trova in me motivo di scandalo! Lo scandalo nasce da uno scarto, lo scarto tra i nostri pensieri, le nostre aspettative e ciò che vediamo; ecco che quando tra i due non c'è corrispondenza, improvvisamente ci troviamo di fronte a un ostacolo: è il fratello stesso che noi abbiamo trasformato in scandalo, letteralmente in oggetto di inciampo, in difficoltà.
Esiste la possibilità concreta che il fratello (in questo caso Gesù stesso) da luogo di rivelazione del regno di Dio possa mutarsi in scandalo, quando la manifestazione del regno di Dio in lui giunge inaspettata, quando non collima con le nostre attese, con i nostri convincimenti. In questo modo il fratello da occasione di relazione e di incontro diventa ostacolo, intoppo per il mio cammino, inciampo che cercherò in ogni modo di aggirare, come accade all'uomo ferito sulla strada verso Gerico, o di rimuovere, come Gesù stesso che alla fine sarà eliminato attraverso la morte.
Ecco che il Maestro proclama beato chi non trasforma il fratello in scandalo, ma piuttosto in momento di discernimento, in un'occasione per interrogarsi e ricercare. Discernere, dunque, significa essere capaci di riconoscere la manifestazione del regno di Dio nelle opere del fratello, anche quando esse non sono conformi alle attese. A chi ha il coraggio del discernimento Gesù promette la beatitudine.
Dal visibile all'invisibile
II seguito del testo ci mostra una possibile via di uscita dallo scandalo, attraverso la dinamica di discernimento che sola può donare pace al cuore.
Dopo che i discepoli di Giovanni se ne sono andati Gesù invita le folle a interrogarsi: Che cosa siete andati a vedere nel deserto?, o più precisamente: «Cosa siete usciti a vedere nel deserto?». Per venir fuori dallo scandalo ed entrare nel discernimento è necessario uscire, abbandonare le proprie posizioni per inoltrarsi in un deserto, nel deserto delle nostre certezze, delle nostre idee, addentrandosi in un luogo dove è possibile mettersi in discussione.
La Scrittura mostra a più riprese che il deserto è lo spazio della prova nel quale si rivela cosa Israele ha nel cuore: «Ricordati del cammino che il Signore ti ha fatto percorrere nel deserto... per metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore»; nel deserto, senza più riparo e sicurezze, si svelano le intenzioni dei cuori.
Nell'uscire da me stesso incontro al fratello in una terra arida, si mette a nudo il mio cuore con ciò che lo abita; l'incontro con l'altro nel deserto può diventare occasione di svelamento delle intenzioni inconfessate, di ciò che muove il mio desiderio di relazione, di ciò che mi spinge all'incontro con lui.
Ma oltre che inoltrarsi nel deserto e prendere coscienza dei segreti nascosti del proprio cuore, il discernimento chiede qualcosa in più nei confronti del fratello: chiede di superare ciò che si riesce a vedere e a udire.
Gesù infatti incalza con le domande i presenti: Una canna sbattuta dal vento? Le parole aspre e prive di compromessi, che Giovanni nel deserto rivolgeva a coloro che si erano mossi verso di lui, lasciavano pochi dubbi sul fatto che egli era tutt'altro rispetto a una canna che si piega docilmente a ogni vento. Allo stesso tempo, si capiva bene che non era un uomo vestito con abiti di lusso o che abita nei palazzi dei re; il vestito, così come il comportamento austero di Giovanni era ben visibile a tutti: «Giovanni aveva un vestito di peli di cammello, una cintura ai fianchi e si nutriva di locuste e di miele selvatico». Il suo abbigliamento lo rendeva riconoscibile come un profeta: il vestito di peli era, infatti, l'abbigliamento classico del profeta, quello per cui egli poteva essere identificato.
Ecco che l'azione di discernimento porta a superare ciò che si può udire e osservare con chiarezza. Si tratta, infatti, di riconoscere che il Battista non solo non è una canna sbattuta dal vento, non solo è un profeta; piuttosto, oltrepassando ogni percezione, è necessario scorgere che egli è ancora più che un profeta. L'impressione che si poteva avere esige di essere superata per attingere alla realtà più vera del fratello: egli è "più" di un profeta; questo è ciò che non si può né vedere, né udire, ma è ciò che si deve discernere, ciò che si deve riconoscere.
Il discernimento si rivela dunque come la visione di un "più", che conduce al di là di quello che si può ascoltare e osservare; ascoltare e osservare sono necessari al discernimento («andate a riferire a Giovanni ciò che avete visto e udito»), ma il riconoscimento del "più" presente nel fratello è qualcosa che li supera entrambi. Riconoscere che l'altro racchiude in sé un segreto, che va oltre a ciò che è visibile e udibile, si configura come una vera e propria esperienza dello Spirito.
Ed ecco il mistero che supera le prime percezioni: Egli è colui del quale sta scritto: «Ecco, dinanzi a te mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via». Affacciandomi con stupore e meraviglia sulla finestra dell'alterità, scopro che il fratello è il messaggero di Dio per me, è colui che mi prepara la strada, avendo percorso prima di me quella stessa via che ora mi trovo a percorrere; egli diventa così colui con il quale è possibile condividere un'esperienza, con il quale è possibile camminare. Ecco che l'altro da scandalo, cioè da inciampo, da blocco che ostacola i passi, diventa colui che mi precede, aprendo davanti alle mie orme una strada.
Quando il discernimento è rifiutato
Gli ultimi versetti di questo brano evangelico ci mostrano la posta in gioco del discernimento. Da una parte, abbiamo coloro che hanno ascoltato il Battista e hanno riconosciuto che Dio è giusto… ricevendo il battesimo di Giovanni. Alcuni sono riusciti a discernere e a riconoscere in quest'uomo un momento di svolta e di conversione per la loro vita; hanno riconosciuto Dio stesso che entrava in relazione con loro attraverso un fratello, hanno riconosciuto di essere chiamati a un cambiamento radicale, mediante le sue parole e il suo comportamento. Hanno poi portato a compimento il loro riconoscimento mediante un gesto concreto: non si accontentano di uscire nel deserto a vedere, ma accettano di mettersi in fila davanti al Battista come peccatori, accettano di spogliarsi della loro veste per lasciarsi immergere da lui nelle acque. È il comportamento tangibile di chi accoglie l'incontro con il fratello come occasione di svolta radicale nella propria vita.
Ma si può verificare anche l'opposto, come ci rivelano i farisei e i dottori della Legge, i quali hanno reso vano il disegno di Dio su di loro. Non entrare nel discernimento, rimanendo nello scandalo nei confronti dell'altro, non riconoscendo l'appello e la chiamata provenienti da lui, significa rendere vano il disegno di Dio, il suo progetto. C'è un progetto di Dio nella storia che passa attraverso i fratelli, quei fratelli che incontriamo, che non sono immediatamente conformi alle nostre aspettative, quei fratelli che dobbiamo riconoscere e non trasformare in scandalo; qualora ciò non accada a causa della nostra mancanza di discernimento, il progetto di Dio che passa attraverso queste strade viene annullato, svuotato e reso vano.
L'assenza di discernimento diventa così ciò che blocca l'attuazione del progetto di Dio nella storia, quel progetto che passa attraverso strade impreviste, che eccedono i nostri piccoli schemi.
Conclusione
Potremmo concludere con una suggestione: nella spiegazione della parabola del seminatore Gesù identifica chi si scandalizza nell'uomo che «non ha in sé radici». È necessario allora avere le radici per non trasformare il fratello in scandalo, è necessario possedere le radici per poter entrare nel discernimento, quelle radici che, come ci ricorda Paolo nella lettera agli Efesini, affondano nell'amore, in quella carità che sola ci permette di non trasformare il fratello nel nostro scandalo, ma di riconoscere in lui il messaggero di Dio.
Per la riflessione
La domanda e la ricerca di senso: mi fermo a considerare il discernimento come la ricerca condivisa, non solitaria, di un senso per la vita. È necessario il discernimento per poter dare senso.
Attesa e desiderio: il cuore che può intraprendere il cammino per discernere è un cor inquietum, un cuore in ricerca, il cuore povero di chi non ha tutto. Penso, invece, a quanto spesso "mi basto" nelle attività appaganti che faccio e non sento più il bisogno di discernere; c'è il rischio così di smettere di cercare, di smettere di anelare al compimento...
Le attese: mi metto di fronte alle mie attese. Quando la delusione delle speranze chiude il cuore al discernimento e impedisce il riconoscimento, quando non accetto che il regno di Dio si manifesti inaspettatamente nel fratello...
Lo scandalo: quando trasformo il fratello in scandalo, in inciampo da aggirare o eliminare, piuttosto che in persona con cui entrare in relazione...
uscita verso il deserto: uscire come mettermi in questione, affrontando le paure dell'incontro con l'altro.
Il mistero dell'"oltre": attraverso un percorso di discernimento sono chiamato ad avere il coraggio di superare ciò che ascolto e osservo, di oltrepassare la mia prima percezione per scorgere il mistero dell'altro, il "più" che egli segretamente racchiude in sé.
ORATIO Domando umilmente di poter essere coerente con le indicazioni emerse dalla meditatio. Esprimo fede, speranza, amore. La preghiera si estende e diventa preghiera per i propri amici, per la propria comunità, per la Chiesa, per tutti gli uomini. La preghiera si può anche fare ruminando alcune frasi del brano ripetendo per più volte la frase/i che mi hanno fatto meditare.
O Dio dell'imprevisto,
per diversità di pensiero |
novità di vita
Fa' che un pochino almeno ti somigli,
Fa' ch'io diventi immagine e strumento
(Léon Bloy) |
CONTEMPLATIO Avverto il bisogno di guardare solo a Gesù, di lasciarmi raggiungere dal suo mistero, di riposare in lui, di accogliere il suo amore per noi. È l’intuizione del regno di Dio dentro di me, la certezza di aver toccato Gesù.
È Gesù che ci precede, ci accompagna, ci è vicino, Gesù solo! Contempliamo in silenzio questo mistero: Dio si fa vicino ad ogni uomo!
Per Cristo, con Cristo e in Cristo a te, Dio Padre Onnipotente,
nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria
per tutti i secoli dei secoli. AMEN
ACTIO Mi impegno a vivere un versetto di questi brani, quello che mi ha colpito di più.
Si compie concretamente un’azione che cambia il cuore e converte la vita. Ciò che si è meditato diventa ora vita!
Prego con la Liturgia delle Ore, l’ora canonica del giorno adatta al momento.
Concludo il momento di lectio recitando con calma la preghiera insegnataci da Gesù: Padre Nostro...
Arrivederci!
(spunti da un percorso formativo della Caritas Italiana)