Venero la Parola di Dio, l’Icona ed il Crocifisso. Traccio sulla mia persona il Segno della mia fede, il Segno della Croce, mi metto alla presenza del Signore che vuole parlarmi.
Cerco la tua presenza desidero stare con te |
vivere il tuo profumo ascoltare la tua voce. (Luca Rubin) |
Veni, Sancte Spiritus, Veni, per Mariam.
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L’ASCOLTO CHE CONVERTE LO SGUARDO
La lectio di oggi è tratta da una meditazione che don Bartolo Puca, docente
presso la Pontificia Facoltà Teologica dell'Italia Meridionale, ha proposto ad
un Incontro Nazionale dei Centri di Ascolto.
Buona meditazione e buona preghiera.
LECTIO Apro
la Parola di Dio e leggo in piedi i brani che mi vengono proposti. (Esodo 32 –
Matteo 15 - 1 Samuele 1)
(Es 32,1. 7-11. 12.13.14)
(Mt 15,21-28)
21Partito
di là, Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidone.22Ed
ecco, una donna cananea, che veniva da quella regione,
si mise
a gridare:
«Pietà di
me, Signore,
figlio di
Davide! Mia
figlia è
molto tormentata
da un
demonio».
23Ma
egli non
le rivolse
neppure una
parola. Allora
i suoi
discepoli gli
si avvicinarono
e lo
implorarono: «Esaudiscila,
perché ci viene dietro gridando!».
24Egli
rispose: «Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa
d'Israele».
25Ma
quella si
avvicinò e
si prostrò
dinanzi a
lui, dicendo:
«Signore, aiutami!».
26Ed
egli rispose:
«Non è
bene prendere
il pane dei
figli e
gettarlo ai
cagnolini».
27«È
vero, Signore
- disse
la donna
-, eppure
i cagnolini
mangiano le
briciole che
cadono dalla tavola
dei loro
padroni».
28Allora
Gesù le
replicò: «Donna,
grande è
la tua
fede! Avvenga
per te
come desideri». E da
quell'istante sua figlia fu guarita.
(1Sam 1,4-20)
4Un
giorno Elkanàh offrì un sacrificio; egli distribuì a sua moglie Peninnà e a
tutti i suoi figli e figlie le loro parti;
5invece
ad Anna dette una parte doppia, perché amava Anna, ma il Signore aveva chiuso il
suo grembo.
6La
sua rivale la provocava continuamente per umiliarla, perché il Signore aveva
chiuso il suo grembo.
7Così
succedeva di anno in anno; tutte le volte che saliva alla casa del Signore, così
ella la provocava; perciò Anna si mise a piangere e non mangiava più.
8Allora
suo marito Elkanàh le disse: “Anna, perché piangi? Perché non mangi? Perché è
triste il tuo cuore? Non sono io per te meglio di dieci figli?”.
9Anna
si alzò, dopo che ebbero mangiato a Silo e bevuto. Ora il sacerdote Eli stava
seduto sul sedile accanto a uno stipite del tempio del Signore.
10Quella,
nell’amarezza della sua anima, pregava il Signore piangendo a dirotto.
11Poi
fece un voto, dicendo: “Signore degli eserciti, se davvero guarderai
all’afflizione della tua serva, se ti ricorderai di me e non dimenticherai la
tua serva, ma donerai alla tua serva un figlio maschio, io lo donerò al Signore
per tutti i giorni della sua vita, e il rasoio non passerà sulla sua testa".
12Mentre
essa prolungava la sua preghiera davanti al Signore, Eli stava osservando la sua
bocca.
13Anna
stava parlando in cuor suo, soltanto le sue labbra si muovevano, ma la sua voce
non si udiva; per questo Eli pensava che fosse ubriaca.
14Così
Eli le disse: “Fino a quando sarai ubriaca? Smaltisci il tuo vino!".
15Ma
Anna rispose e disse: “No signor mio, sono una donna oppressa di spirito io, e
non ho bevuto né vino né bevanda inebriante, ma stavo effondendo la mia anima
davanti al Signore è l’eccesso del mio dolore e della mia afflizione che mi ha
fatto parlare finora"
16Non
considerare la tua schiava una donna perversa, poiché finora mi ha fatto parlare
l’eccesso del mio dolore e della mia angoscia».
17Allora
Eli le rispose: “Va’ in pace, e il Dio di Israele ti doni ciò che gli hai
chiesto”.
18Ella
disse: “Possa la tua serva trovare grazia ai tuoi occhi”. Così la donna se ne
andò per la sua strada, mangiò e il suo volto non fu più come prima.
19Essi
si alzarono al mattino presto e si prostrarono davanti al Signore; poi si
volsero sui loro passi e giunsero a casa loro a Rama. Elkanàh conobbe Anna sua
moglie e il Signore si ricordò di lei.
20
A suo tempo, Anna concepì e partorì un figlio a cui pose nome Samuele, dicendo:
“Perché l'ho chiesto al Signore".
MEDITATIO
Seduto, rileggo la Parola per più volte, lentamente.
Anche la lettura della Parola di Dio è preghiera. Siamo entrati in quella zona
più sacra e più lunga del nostro Ritiro On Line:
il grande
silenzio ! Il protagonista è lo Spirito
Santo.
Il
modo migliore per assaporare un brano delle Scritture è accoglierlo in noi
come un cibo nutriente per il nostro spirito, è avere la certezza che sia
Dio a volerci parlare per farci entrare nelle dimensioni del suo disegno di
amore e di salvezza. Se ascoltiamo attentamente la Parola potremo entrare in
un rapporto vivo con il Padre, per lasciarci plasmare dal suo stesso
"cuore".
Premessa
L’uomo, creato secondo la rivelazione biblica a immagine e somiglianza di Dio (Gn
1,26-27) è fondamentalmente
“un’essere per l’altro”, che si compie nell’incontro con l’alterità; non a caso
nel secondo racconto delle origini è contenuta l’affermazione divina: «Non
è bene che l’uomo sia solo, gli
voglio fare
un aiuto
che gli
sia di
fronte» (Gn
2,18).
Il
«Non
è bene»
dipende dalla
considerazione che l’uomo rimane incompiuto, se chiuso in se
stesso.
Ogni volta che si incontra qualcuno, sfiorandolo con lo sguardo, accogliendolo
con l’ascolto empatico e
mettendosi al
suo servizio,
ci viene
consegnata una
domanda, un appello
cui non
ci si può sottrarre. La
stessa presenza dell’altro ci interpella, sempre. Ancor di più in quelle
relazioni definite di aiuto, poiché siamo chiamati a divenire alterità che
riconsegna alla vita, che aiuta a camminare sulle
proprie gambe.
Possiamo dire
che la
qualità delle
relazioni, e specialmente delle relazioni di aiuto, si misura attraverso
la qualità dell’ascolto. Dal come ascolto, dal quanto ascolto e dalle
conseguenze che questo esercizio ha su di noi e su chi
incontriamo.
Alla scuola della parola vogliamo
meditare su esperienze di ascolto positivo e smascherare le tentazioni che si
possono insinuare in chi è chiamato a rendere il grande servizio dell’ascoltare
per rimettere in piedi.
Un’esperienza che parte da lontano: Dio per primo si converte ascoltando.
Dal libro dell’esodo (Es
32,1. 7-11. 12.13.14)
1Il
popolo, vedendo che Mosè tardava a scendere dal monte, fece ressa intorno ad
Aronne e gli disse: «Fa' per noi un dio
che cammini
alla nostra
testa, perché
a Mosè,
quell'uomo che
ci ha
fatto uscire
dalla terra
d'Egitto, non
sappiamo che cosa sia
accaduto». […]
7Allora
il Signore disse a Mosè: «Va', scendi, perché il tuo popolo, che hai fatto
uscire dalla terra d'Egitto, si è pervertito.
8Non
hanno tardato ad allontanarsi dalla via che io avevo loro indicato! Si sono
fatti un vitello di
metallo fuso,
poi gli
si sono
prostrati dinanzi,
gli hanno
offerto sacrifici
e hanno
detto: «Ecco
il tuo
Dio, Israele, colui
che ti
ha fatto
uscire dalla
terra d'Egitto»».
9Il
Signore disse
inoltre a
Mosè: «Ho
osservato (ascoltato) questo
popolo: ecco, è un popolo dalla dura cervice.
10Ora
lascia che la mia ira si accenda contro di loro e li divori. Di te invece farò
una grande
nazione».
11Mosè
allora supplicò
il Signore,
suo Dio,
e disse:
«Perché,
Signore, si
accenderà la
tua ira
contro il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d'Egitto con
grande forza e con mano potente?
12Perché
dovranno dire gli Egiziani: […]
13Ricòrdati
di Abramo, di Isacco, di Israele, tuoi servi, […]
14Il
Signore (ascoltò) e si pentì del male che aveva minacciato di fare al suo
popolo.
L’ascolto empatico di Dio, offerto alla preghiera di Mosè, lo converte
interiormente dal proposito di colpire il popolo infedele. L’ascolto di Dio è un
ascolto che cambia i suoi progetti, le sue intenzioni a partire dalla reale
situazione di chi ha di fronte e dal ricordo del progetto originario: essere
sempre e comunque Dio per il popolo, per la sua salvezza e il suo bene.
E il Figlio è uguale al Padre: si lascia convertire dall’ascolto empatico
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt
15,21-28)
Il brano mette in luce la fatica ad ascoltare. L’ascolto vero costa, mette in
gioco, chiama ad uscire da
sé e
compromettersi con
l’altro. Gesù
dapprima fatica
ad ascoltare
perché è
preoccupato di
portare avanti il
suo progetto
(«Non
sono stato
mandato se
non alle
pecore perdute
della casa
d'Israele»).
Crede di fare ciò che è giusto… ma si lascia interrogare per l’insistenza dei
suoi e della donna e si lascia mettere in crisi. Alla fine si ferma, e agisce
coinvolgendo la donna nella sua azione.
Accettiamo la consapevolezza che ascoltare stanca, scomoda talvolta perché
chiede un cambiamento di prospettiva, in ogni relazione che siamo chiamati a
vivere.
Dal non ascolto all’ascolto attivo per costruire insieme il futuro: una storia
biblica
Dal primo libro di Samuele (1Sam 1,4-20)
Chiamati a vedere e ad ascoltare l’appello che l’altro ci pone con la sua vita e
le sue lacrime, spesso sperimentiamo che il vedere è superficiale e cieco. Nella
storia raccontata da 1Sam 1,4-20 si narra che Peninnà, una delle mogli di
Elkhanà, sazia di figli, pur vedendo (ascoltando) l’afflizione di Anna, cui Dio
aveva chiuso il grembo, invece di incontrarla la umilia e disprezza:
«6la
sua rivale la provocava continuamente per umiliarla, perché il signore aveva
chiuso il suo grembo.
7Così
succedeva di anno in anno; tutte le volte che saliva alla casa del signore, così
ella la provocava»
(1Sam 1,6-7).
In questo testo Peninnà rivela il lato più violento del non vedere e del non
ascoltare, quando questi diventano motivo di umiliazione, scherno, oppressione e
giudizio dell’altro: «in fondo è colpa tua se stai così» è la frase che molte
volte dà il colpo finale a chi si sente sconfitto dalla vita. La sterilità di
Anna non è occasione del vedere e dell’ascoltare, ma diventa principio di
prevaricazione. E questa provocazione avviene nella casa di Dio, come ci ricorda
il testo: “tutte
le volte che saliva alla casa del Signore”; il tempio del
Signore, invece di essere il luogo dell’ascolto diventa il luogo
dell’oppressione.
Quante volte i mezzi di comunicazione e, ahimè, talvolta anche le nostre
comunità, si trasformano in luoghi per sdoganare la violenza del non vedere e
del non ascoltare.
Perché piangi?
Il testo di 1 Samuele ci rivela anche un altro tipo di non ascolto e non
incontro, più sottile ma non meno pungente e pericoloso, quello di Elkanàh:
«[…] Anna si mise a piangere e non mangiava più.
8Allora
suo marito Elkanàh le disse: “Anna, perché piangi? Perché non mangi? Perché è
triste il tuo cuore? Non sono io per te meglio di dieci figli?”».
(1Sam 1,8)
Di fronte all’appello del pianto di Anna e della sua richiesta di ascolto (così
comune anche ai nostri giorni…), il testo ci fa imbattere nella seconda figura
del “non ascolto”: Elkanàh. Anche se, al contrario di Peninnà, egli “amava
Anna” nella sua sterilità (v.5), questo sentimento di amore non
basta per incontrare l’altro nel suo reale bisogno di aiuto e ascolto.
«Perché
piangi? Perché non mangi? Perché è triste il tuo cuore?».
Elkanàh, animato da un sincero desiderio di farsi vicino e incontrare Anna nella
sua situazione, la interroga senza, però, lasciare spazio alla sua risposta tra
una domanda e un’altra. La donna chiede di essere ascoltata, chiede che il suo
pianto e il suo “non mangiare” siano percepiti come una voce; invece, le domande
del marito non lasciano spazio a questa voce: egli parla senza prendere fiato e
di fatto non crea la possibilità di una risposta (significativamente, le domande
sono collocate una dietro l’altra, senza alcuna interruzione).
Quante volte il nostro incontrarci e incontrare incorre in questo non ascolto, e
al tentativo di dare soluzioni immediate a problemi complessi, al desiderio di
accoglienza e riconoscimento.
Inoltre dicendo «non
sono io per te meglio di dieci figli?», non solo Elkanàh non
lascia rispondere Anna, ma mette se stesso al centro del discorso e
dell’incontro. Nel testo si passa dalla domanda circa la situazione di Anna (“perché
tu piangi?”) alla pretesa di essere lui, Elkanàh, risposta: “non
sono io per te…?”. Così il centro dell’attenzione non è più la
moglie afflitta, ma è lui stesso.
Questa presunzione è espressa con il numero 10 per indicare la perfezione, la
totalità: Elkanàh ritiene di poter colmare il vuoto di ogni figlio, di tutti i
figli; egli ritiene di poter colmare, da solo, ogni vuoto della moglie.
Fino a quando non mettiamo l’altro al centro non potremo progettare relazioni
che rispondano agli appelli che ci vengono posti. Talvolta il mio ascolto,
accoglienza e incontro sono falsati alla radice perché non faccio silenzio,
parlo e non lascio parlare; perché come Elkanàh, penso già di avere la soluzione
pronta, io stesso divento la soluzione (emblematica la frase: “non preoccuparti,
ci sono qua io” che tante volte soffoca le parole di chi ci sta di fronte);
perché mi metto al centro nella relazione (“non
sono forse io”).
L’ascolto, l’accoglienza e l’incontro esigono, invece, che l’altro sia messo al
centro.
Solo se metto al centro l’altro diventa possibile ascoltare la voce delle
lacrime. Ascoltare non significa immediatamente asciugare lacrime… perché le
lacrime hanno voce e questa voce deve essere ascoltata, con pazienza, Dio stesso
raccoglie le lacrime nel suo otre (Sal 56,9), e le asciugherà nell’ultimo giorno
(Ap 21,4).
Talvolta non è forse più comodo asciugare frettolosamente le lacrime, affinché
spariscano, anziché raccoglierle?
La solitudine dell’altro
Dopo il pianto e il rifiuto della vita, possiamo osservare un altro frutto del
non ascolto: la solitudine dell’altro. Quando pur condividendo la stessa
esistenza, mangiando e bevendo insieme, succede che qualcuno si alza da solo.
C’è chi non è ascoltato, chi non si sente ascoltato… ed è solo. Stare insieme,
condividere sentimenti, oggetti ed esperienze, avere ideali di vita in comune è
l’inizio di quell’ascolto anima dell’incontro.
Ascolto, osservo, dono: un modello positivo
Dal testo in esame possiamo cogliere il significato nuovo dei verbi che
declinano l’incontro che genera vita e fa nascere relazioni di aiuto a servizio
degli altri.
«10
[Anna] Quella, nell’amarezza della sua anima, pregava il Signore piangendo a
dirotto.
11Poi
fece un voto, dicendo: “Signore degli eserciti, se davvero guarderai
all’afflizione della tua serva,
se ti
ricorderai di me e non dimenticherai la tua serva, ma donerai alla tua serva un
figlio maschio, io lo donerò al Signore per tutti i giorni della sua vita […]»
(1Sam 1,10-11).
La preghiera delle lacrime di Anna, concentra la sua richiesta su alcuni
elementi: «se
davvero guarderai all’afflizione (povertà)». L’ascoltare da cui
nasce l’incontro è prima di tutto osservare, guardare con attenzione. L’ascolto
passa anche dall’occhio, dal momento che i gesti possono essere ascoltati se
visti; ecco allora che l’occhio è l’organo che consente di vedere la “voce”
delle lacrime.
Ancora, Anna afferma «se
ti ricorderai di me e non dimenticherai», rivelando che l’ascolto
che incontra l’altro è ricordare: questo significa, innanzi tutto, che non si
tratta di un’azione istantanea; ascoltare indica piuttosto una relazione di
custodia accurata (il testo non solo dice “ricorderai”,
ma lo ribadisce attraverso il suo contrario “non
dimenticherai”). Nella Scrittura, l’organo tipico del ricordo è
il cuore: “ricordare” è detto anche, con una locuzione sinonimica,
“mettere/porre sul cuore” (Is 47,7; 57,11; 65,17; Ger 3,16).
Quindi “se ti
ricorderai di me” potremmo esprimerlo ugualmente con “se
mi porrai sul tuo cuore”; questo è ascoltare. L’ascolto allora
diventa una questione di cuore, mettere l’altro nel proprio cuore ed entrare nel
suo cuore, cioè lasciarsi interiormente toccare, per poter “concepire” una
risposta autentica e fraterna («13Anna
stava parlando IN CUOR SUO, soltanto le sue labbra si muovevano, ma la sua voce
non si udiva»
[1Sam 1,13]).
Le nostre comunità, che non sono semplicemente ong sociali, sono chiamate ad
essere “carità di Dio tradotta in
comunione fraterna”. Se chi riceve accoglienza dalle nostre comunità non
nota una qualità diversa dell’incontro, allora non abbiamo ancora
realizzato pienamente la nostra
vocazione.
La richiesta e il dono
Il testo conclude con la richiesta «donerai
alla tua serva un figlio maschio».
Ascoltare è donare: il ricordare è un movimento del cuore che si traduce in una
prassi concreta. Quando il Signore si ricorda, interviene con un’azione
specifica come ad esempio in Gn 19,29: “Dio
si ricordò di Abramo e fece fuggire Lot” o in Es 2,24 dove al ricordo
del Signore (“si
ricordò della sua alleanza con Abramo, Isacco e Giacobbe”) è legato
il suo intervento di liberazione del suo popolo dall’Egitto.
Analogamente, l’ascolto in questo testo biblico si concretizza nel dono, e non
in un dono qualunque: piuttosto, nel dono di un figlio. In altre parole,
l’ascolto porta il dono della vita dentro il luogo della morte, dentro il grembo
chiuso.
Mettiamo tutto insieme
Questo brano mette in primo piano la potenza dell’ascolto in quell’esperienza
meravigliosa e feconda che è l’incontro… Ascolto come dono del compimento,
termine di una ricerca. Ascoltare dona la vita, trasmettendola attraverso gesti
particolari, di cui l’ascolto è il primo. La relazione autentica di aiuto è
quella relazione che restituisce l’altro alla sua dignità di uomo, nonostante le
sue povertà e ferite. È quella relazione che riconsegna l’altro alla sua
“generatività”.
La conseguenza dell’ascolto porterà Anna a concepire vita. Quando si accoglie e
incontra veramente l’altro, ascoltando il suo grido, si restituisce l’altro alla
vita, anche laddove spesso rimangono incancrenite talune situazioni. Perché
l’ascolto empatico, quello che ti fa mettere l’altro nel tuo cuore e te nel suo,
senza rimanerne invischiato, può guarire le ferite profonde della solitudine,
della povertà e dell’abbandono che spesso il disagio genera.
I verbi dell’incontro, che apre all’aiuto, sono generativi. Il vedere dell’uomo
attraverso l’ascolto, diventa riflesso del vedere di Dio, crea cioè un contatto
profondo con chi si ha di fronte, coglie il suo dolore e il suo bisogno e mette
in atto una risposta concreta. La prima cosa però è sentire compassione.
Ecco il nuovo modo di ascolto credente: non un ascoltare superficiale, da
osservatore curioso, ma un ascoltare che muove dentro, che compromette.
È l’esperienza di madre Teresa nell’incontro con il primo morente lebbroso nella
spazzatura; di don Benzi con la prima prostituta, di Padre Massimo con i primi
bambini rumeni che dormivano nei rifiuti.
È un ascoltare/vedere che ti tocca, ti da un pugno allo stomaco, e che non ti
consente di voltarti dall’altra parte o passare oltre, al lato opposto. È il
vedere e l’ascoltare di Dio, che sente e prende su di sé il dolore dell’altro.
Questo ascolto/vedere che tocca e muove le viscere, genera una risposta, a
partire dai mezzi che si possiedono, apre a cercare insieme con le persone che
chiedono aiuto percorsi di rinascita.
Questo incontrare non è puntuale, occasionale, circostanziato, ma è un incontro
che genera una cura, un farsi carico dell’altro.
Che bella provocazione al nostro essere chiamati in causa a farci carico,
accompagnare e prenderci cura. Ogni relazione, soprattutto quella di aiuto,
necessita di un tempo affinché maturino processi di crescita e autonomia.
Dobbiamo ripartire da questa qualità dell’incontro per provare a instaurare
relazioni di aiuto che siano capaci di restituire, o almeno tentano di farlo, i
malcapitati alla vita, alla dignità, alla consapevolezza di sé.
ORATIO
Domando umilmente di poter essere coerente con le indicazioni emerse dalla
meditatio. Esprimo fede, speranza, amore. La preghiera si estende e diventa
preghiera per i propri amici, per la propria comunità, per la Chiesa, per tutti
gli uomini. La preghiera si può anche fare ruminando alcune frasi del brano
ripetendo per più volte la frase/i che mi hanno fatto meditare.
Vorrei pregare
per tutti coloro
che mi aiutano:
io non aiuto mai nessuno.
Vorrei pregare
per tutti coloro
che mi ascoltano:
io non ascolto mai nessuno.
Soprattutto, Signore,
vorrei pregare
|
per coloro che mi amano:
io amo solo me stesso.
……
Per questo, ancora una volta,
ti prego per me:
cambia il mio cuore,
cambia la mia anima,
|
CONTEMPLATIO
Avverto il bisogno di guardare solo a Gesù, di lasciarmi raggiungere dal suo
mistero, di riposare in lui, di accogliere il suo amore per noi. È l’intuizione
del regno di Dio dentro di me, la certezza di aver toccato Gesù. È
Gesù che ci precede, ci accompagna, ci è vicino, Gesù solo! Contempliamo in
silenzio questo mistero: Dio si fa vicino ad ogni uomo!
Per Cristo, con Cristo e in Cristo a te, Dio Padre Onnipotente,
nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria per tutti i secoli dei
secoli. Amen
ACTIO
Mi impegno
a vivere un versetto di questi brani, quello che mi ha colpito di più.
Si compie concretamente un’azione che cambia il
cuore e converte la vita. Ciò che si è meditato diventa ora vita!
Prego
con la Liturgia delle Ore, l’ora canonica del giorno adatta al momento.
Concludo il momento di lectio recitando con calma la preghiera insegnataci da
Gesù: Padre Nostro...
Arrivederci!
(tratto da una lectio di don Bartolo Puca)
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