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febbraio 2019

                                                                                                                                                                                                                                                

 

Venero la Parola di Dio, l’Icona ed il Crocifisso.   Traccio sulla mia persona il Segno della mia fede, il Segno della Croce, mi metto alla presenza del Signore che vuole parlarmi. 

 

Guarda, rispondimi,
Signore, mio Dio,
conserva la luce ai miei occhi.
Io nella tua fedeltà
ho confidato;

esulterà il mio cuore
nella tua salvezza.
Canterò al Signore
che mi ha beneficato.

(dal salmo 13)

 

Veni, Sancte Spiritus, Veni, per Mariam.

 

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Scegliere di rispondere.

 

Iniziamo a pregare seguendo alcune lectio liberamente tratte da riflessioni di don Giuseppe Pulcinelli, sacerdote della Chiesa di Roma.

Buona meditazione e buona preghiera.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LECTIO Apro la Parola di Dio e leggo in piedi i brani che mi viengono proposti.

 

Partito di lì, Elia trovò Eliseo, figlio di Safat. Costui arava con dodici paia di buoi davanti a sé, mentre egli stesso guidava il dodicesimo. Elia, passandogli vicino, gli gettò addosso il suo mantello. Quello lasciò i buoi e corse dietro a Elia, dicendogli: «Andrò a baciare mio  padre  e  mia madre,  poi ti seguirò». Elia disse:

«Va' e torna, perché sai che cosa ho fatto per te». Allontanatosi da lui, Eliseo prese un paio di buoi e li uccise; con la legna del giogo dei buoi fece cuocere la carne  e  la diede  al popolo,  perché  la mangiasse.

Quindi si alzò e seguì Elia, entrando al suo servizio     (1 Re 19,19-21).

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“Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone  e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: «Venile dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini». E subito lasciarono le reti e lo seguirono.”         (Marco 1,16-18 ). 

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Mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca.

Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare. Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontanati da me, perché sono un peccatore». Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini». E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.”     (Luca 5,1-10)

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“Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di  Zebedeo, e Giovanni suo fratello, mentre anche essi nella barca riparavano le reti. E subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedeo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui.”    (Marco 1,19-20)

.

 

“Dopo questo egli uscì e vide un pubblicano di  nome  Levi, seduto al banco delle imposte, e gli disse: « Seguimi!». Ed egli, lasciando tutto, si alzò e lo seguì.”    (Luca 5,27-28)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

MEDITATIO   Seduto, rileggo la Parola per più volte, lentamente. Anche la lettura della Parola di Dio è preghiera. Siamo entrati in quella zona più sacra e più lunga del nostro Ritiro On Line: il grande silenzio !  Il protagonista è lo Spirito Santo.

 Il modo migliore per assaporare un brano delle Scritture è accoglierlo in noi come un cibo nutriente per il nostro spirito, è avere la certezza che sia Dio a volerci parlare per farci entrare nelle dimensioni del suo disegno di amore e di salvezza. Se ascoltiamo attentamente la Parola potremo entrare in un rapporto vivo con il Padre, per lasciarci plasmare dal suo stesso "cuore".

 

LA CHIAMATA DEI PRIMI DISCEPOLI

 

 

Racconti di vocazione tra Antico e Nuovo Testamento

 

I racconti di vocazione sono un genere letterario ben conosciuto nell'Antico Testamento. La chiamata da parte di Gesù

 

 alla sua sequela, che troviamo nei vangeli sinottici, assomiglia in particolare a uno di questi racconti, quello del profeta

 

Elia che chiama Eliseo, riportato in 1 Re 19,19-21.

 

 

Ed ecco come l'evangelista Marco presenta la scena della chiamata da parte di Gesù dei primi discepoli, Andrea e

 

 Simone, che di fatto è la prima azione pubblica compiuta da Gesù dopo la presentazione sommaria della sua

 

 predicazione:    (Marco 1,16-18 ).

 

 

Subito dopo, ecco la chiamata di Giacomo e Giovanni:    (Marco 1,19-20).

 

 

L'evangelista Luca racconta in modo molto simile la chiamata di Levi:  (Luca 5,27-28)

 

 

In tutti questi casi si ripete lo stesso modello: il maestro passa e vede il futuro discepolo; si descrive la situazione in cui

 

 questi si trova (l'esercizio della sua professione); c'è la chiamata alla sequela (per Eliseo è l'eloquente azione simbolica

 

del mantello); il discepolo si stacca dalla sua situazione; si mette a seguire il maestro.

 

Possiamo notare come gli evangelisti tendano a sintetizzare la narrazione accentuando, da una parte, l'autorità di Gesù,

 

dall'altra, la reazione subitanea dei discepoli. L'intento è dunque quello di offrire un modello di riferimento che abbia

 

anche una funzione esemplare per tutti coloro ai quali verrà comunicato il Vangelo, per far presente che l'annuncio del

 

Regno e il modo con cui si manifesta porta scompiglio, punta a far mutare radicalmente il punto di vista precedente, e

 

richiede delle rinunce: farsi discepoli di Gesù può voler dire anche lasciare il mestiere precedente o addirittura rompere

 

con la famiglia.

 

Il messaggio immediato che passa attraverso la stringata narrazione è che i primi discepoli devono essere rimasti

 

talmente affascinati da quel maestro che passava e li chiamava a una sequela così radicale, che non hanno esitato a

 

seguirlo, lasciando tutto il resto e, quindi, cambiando del tutto il loro modo di vivere.

 

 

In realtà, dal punto di vista storico, e soprattutto secondo una sana psicologia, dobbiamo supporre che le cose si siano

 

svolte in modo meno rapido e con  una  conoscenza  reciproca  diluita nel tempo: nessuna persona normale lascerebbe

 

infatti famiglia e lavoro per mettersi a seguire il primo predicatore che passa solo perché questi la invita a farlo. E la

 

versione lucana della chiamata di Pietro (Luca 5,1-11) dimostra che, prima che Gesù lo invitasse a seguirlo, c'era stata

 

una situazione previa di ascolto  della  sua  predicazione  e di esperienza della sua autorevolezza.

 

In ogni caso, i racconti di vocazione nei Sinottici hanno tutti lo stesso elemento principale: la scelta di mettersi a seguire

 

Gesù.

 

Il lasciare l'occupazione precedente e il distacco dall'ambito familiare sono elementi conseguenti, dettati da quello

 

principale. Infatti Gesù nemmeno li menziona nel suo invito a seguirlo (non chiede di lasciare le reti o il padre). Inoltre

 

soltanto nel primo racconto (Marco 1,16-18), insieme all'invito alla sequela, Gesù delinea un compito, una missione

 

rivolta a raccogliere gli uomini Vi farò diventare pescatori di uomini»), missione che rimane sottintesa negli altri casi.

 

Un altro elemento ricorrente è quello comunitario: i primi discepoli aderiscono all'invito di Gesù a due a due, e sono

 

coppie di fratelli (Simone e Andrea, Giacomo e Giovanni); nel momento in cui Levi, chiamato individualmente, si pone

 

alla sequela, trova un gruppo già costituito; questo mostra con chiarezza che diventare discepoli di Gesù comporta sì

 

una rinuncia alla vita precedente e un distacco dalla famiglia, ma anche subito l'ingresso in una nuova comunità

 

costituita intorno a Gesù in vista di una missione.

 

 

«Chiamò a sé quelli che voleva, perché stessero con lui e per mandarli a predicare»

 

Dopo la scena delle folle che accorrevano a lui, e che per l'entusiasmo rischiavano perfino di schiacciarlo (Allora egli

 

disse ai suoi discepoli di tenergli pronta una barca, a causa della folla, perché non lo schiacciassero. Marco 3,9),

 

Gesù si ritira sul monte, un luogo elevato e appartato, tipico della prossi mità e della manifestazione di Dio.  Da questa

 

vicinanza con Dio scaturisce la decisione e l'azione:

 

«chiamò a sé quelli che voleva» (Marco 3,13). Tutto parte dalla libera iniziativa di Gesù: egli chiama a sé, scegliendo

 

«quelli che voleva», li sceglie cioè già in vista di qualcosa che ha in mente; ed essi rispondono liberamente e

 

prontamente, mettendosi in movimento e andando da lui.

 

«Ne costituì dodici» (Marco 3,14): il riferimento è all'antica istituzione da parte di Mosè di capi per il popolo: «Mosè

 

dunque scelse in tutto Israele uomini validi e li costituì alla testa del popolo come capi» (Esodo 18,25). Anche il numero

 

dodici, richiamando le dodici tribù d'Israele, vuole significare la totalità del popolo di cui si attende la riunificazione per

 

l'avvento del regno di Dio. Il nome di apostoli, cioè inviati (dal greco apostéllo), rimanda a colui che conferisce la

 

missione, che dunque è fatta in nome suo e secondo il suo mandato.

 

Tuttavia, la chiamata prevede anzitutto che essi stiano con lui: prima che si esprima la seconda finalità della chiamata,

 

quella di essere inviati, è già una finalità in se stessa lo stare e rimanere con lui, che perciò non ha soltanto uno scopo

 

strumentale, né rappresenta uno status transitorio previsto unicamente in funzione della successiva missione.

 

Ovviamente lo stare con lui implica la condivisione di vita, di prospettive, di difficoltà, include soprattutto il lasciarsi

 

formare da lui, e più precisamente l'imparare da lui (Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono

 

mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita.  Matteo 11,29) o, come si esprime ancora più

 

incisivamente un testo paolino, «Ma voi non così avete imparato a conoscere il Cristo, se davvero gli avete dato

 

ascolto e se in lui siete stati istruiti»  (Efesini 4,20-21).

 

E poi c'è la seconda finalità: «per mandarli a predicare». Il verbo sta in forma assoluta, senza un complemento oggetto.

 

Altrove nel Nuovo Testamento ha come oggetto il regno di Dio o il vangelo di Cristo morto e risorto (Dopo che Giovanni

 

fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio  Marco 1,14;  noi invece annunciamo Cristo

 

crocifisso: scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani  1 Corinzi 1,23).

 

Questa finalità viene necessariamente dopo la prima; altrimenti che cosa si va a predicare? Il contenuto dell'annuncio,

 

che è parola accompagnata dalla testimonianza, scaturisce dalla comunione  con Gesù. Attraverso  questo mandato i

 

discepoli-apostoli prolungano il ministero stesso di Gesù; su  questa  predicazione  si fonda  la fede e nasce la

 

comunità dei credenti e dei salvati. Va sottolineato in ogni caso lo stretto rapporto tra le due finalità relative alla

 

chiamata-istituzione dei Dodici: non si può essere mandati se non si è con lui, se non si condivide la sua vita, così

 

come, viceversa, lo stare con Gesù sfocia necessariamente nella missione.

 

Infine, questa missione avviene «con il potere di scacciare i demoni» (Marco 3,15): anche questo compito ricalca ciò che

 

Gesù ha già compiuto (Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a

 

 

gridare, dicendo: «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!». E

 

 

Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui. 

 

Marco 1,23-26), e mostra come essi partecipino della sua stessa autorità. Lo scacciare i demoni, oltre all’esorcismo,

 

equivale più globalmente a restituire l'uomo alla sua dignità perduta, restituirlo a se stesso, liberandolo da tutto ciò che

 

lo aliena da Dio e dal  prossimo (tale azione apostolica comporta quindi anche la promozione umana in tutte le sue

 

dimensioni). La predicazione della Parola rende quindi manifesta la salvezza e preannuncia la pasqua come vittoria

 

definitiva sul male.

 

Questi due compiti missionari - annunciare la Parola e lottare contro il male - verranno poi ripresi nella descrizione della

 

successiva missione dei Dodici, cui si aggiungerà il mandato di prendersi cura dei malati con l'unzione (Ed essi, partiti,

 

proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano 

 

Marco 6,12-13).

 

Riguardo alla lista dei Dodici, tra i nomi ci sono anche quelli che ha già chiamato all'inizio (Quando fu giorno, chiamò a

 

sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede anche il nome di apostoli: Simone, al quale diede anche il nome di

 

Pietro; Andrea, suo fratello; Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso; Giacomo, figlio di Alfeo;

 

Simone, detto Zelota; Giuda, figlio di Giacomo; e Giuda Iscariota, che divenne il traditore  Luca 6,13-16). Ora si

 

rimarca che questi, rispetto al gruppo allargato dei discepoli, sono nella lista della cerchia più ristretta, presi tra coloro

 

che già si erano messi a seguirlo.

 

Rispetto a quella prima chiamata, ora a essere maggiormente evidenziata è la dimensione dell'apostolato (Ne costituì

 

Dodici – che chiamò apostoli –, perché stessero con lui e per mandarli a predicare, con il potere di scacciare i

 

demòni. Maco 3,14-15). In ogni caso ciò che emerge chiaramente è che il discepolato precede sempre l'apostolato;

 

inoltre il discepolato rimane il dato di fondo, come uno status permanente, per cui nessuno può essere apostolo se non

 

rimane discepolo. Anche questo è un tratto di originalità rispetto ai discepoli dei rabbini: mentre essi vanno alla loro

 

scuola per diventare a loro volta maestri, per Gesù invece si afferma esplicitamente che nessuno dei suoi discepoli può

 

essere chiamato maestro (Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti

 

fratelli. E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non

 

fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo.  Matteo 23,8-10).

 

Alla fine della lista, in posizione enfatica, c'è il nome di Giuda Iscariota, con l'annotazione terribile: «Colui che poi lo tradì».

È significativo che l'evangelista evochi in anticipo il finale drammatico di Gesù. Se lo fa è perché sia di forte ammonimento

al lettore: vuol dire che il tragico destino di Gesù non è causato solo da quelli di fuori, ma che perfino tra i Dodici, nel

gruppo dei più intimi, si annida il male; perciò l'essere chiamati non è in sé garanzia che non si possa tradire il maestro.

Ma a inquietare, in questa scelta di persone che Gesù fa, non c'è solo l'Iscariota; c'è infatti il primo della lista, Simon Pietro,

che lo rinnegherà; ci sono quelli come Giacomo e Giovanni che cercano la carriera, e comunque, nel momento critico, tutti

lo abbandonano.

 

Ecco «quelli che egli volle»! Ecco ciò che ha scelto Gesù, sulla linea di ciò che Dio sceglie nel mondo (Ma quello che è

 

stolto per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i sapienti; quello che è debole per il mondo, Dio lo ha scelto

 

per confondere i forti  1 Corinzi 1,27); è con questi uomini, con i loro limiti anche gravi, e non con dei perfetti, che egli

 

vuole fare comunione, sono questi che sceglie per fondare la sua comunità missionaria.

 

 

Il tipo di sequela che chiede Gesù

 

Il discepolato inaugurato da Gesù si distingue notevolmente dalla prassi dei maestri giudei  del suo tempo. La prima

 

significativa  differenza  sta nel fatto che mentre nel rabbinismo era il discepolo a scegliersi il maestro, con Gesù

 

avviene il contrario. Inoltre i suoi discepoli non si dedicheranno allo studio della Torah (anche se Gesù nel suo

 

insegnamento non mancherà di  fare  riferimento alle sacre Scritture); la loro formazione infatti consisterà

 

essenzialmente nella comunione  con  lui, con la sua missione e, infine, con il suo destino.

 

Le esigenze della sequela si presentano alquanto radicali; in diversi aspetti sono più rigorose di quelle che troviamo tra i

 

discepoli dei maestri giudei, di Giovanni Battista e degli esseni. L'adesione piena e risoluta alla persona di Gesù per il

 

discepolo comporta soprattutto la disponibilità a lasciare le proprie cose e i propri affetti.

 

Per quanto riguarda il rapporto del discepolo con i beni, si parla di vendere ciò che si possiede per darlo in elemosina 

 

(Vendete ciò che possedete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro sicuro nei cieli, dove

 

ladro non arriva e tarlo non consuma.  Luca 12,33), di rinunciare a tutti i propri averi (Così chiunque di voi non rinuncia

 

a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo.  Luca 14,33), di lasciare tutto, cioè casa (fratelli, sorelle, madre,

 

padre, figli)  e  campi per causa sua e del Vangelo (Pietro allora prese a dirgli: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti

 

abbiamo seguito». Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle

 

o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo,

 

cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel

 

tempo che verrà.  Marco 10,28-30 e paralleli).

 

Tale rinuncia totale, tuttavia, non vale per tutti: infatti tra i modelli di conversione troviamo Zaccheo, che dona una parte

 

notevole dei suoi averi ai poveri, ma non tutto (Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri  Luca 19,8).

 

Più in generale, nella chiesa nascente raccontata negli Atti, si praticava la koinonia, cioè la messa in comune dei beni,

 

che comunque viene presentata come facoltativa  (Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune;

 

vendevano le loro proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secondo il bisogno di ciascuno.  Atti 2,44-45).

 

Occorre notare comunque che, come nel caso della chiamata del giovane ricco, al centro della richiesta di Gesù non

 

c'è il «vendi quello che possiedi e dallo ai poveri», ma il «vieni e seguimi» (Gli disse Gesù: «Se vuoi essere perfetto,

 

va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; e vieni! Seguimi!  Matteo 19,21): la rinuncia

 

ai beni, cioè, non è lo scopo, è piuttosto il mezzo, se così si può dire, è cioè funzionale alla piena adesione personale a

 

colui che viene riconosciuto come il bene più grande. Il rapporto con i beni dunque è subordinato alla priorità da dare al

 

regno di Dio; come nella parabola della perla o del tesoro nascosto è grazie alla gioia per la loro scoperta che si può

 

decidere di lasciare, di vendere tutto il resto.

 

Sulla stessa linea saranno le richieste estremamente esigenti circa la povertà dell'inviato in missione: proibizione di

 

prendere con sé denaro, vettovaglie, e doppia tunica (Chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro

 

potere sugli spiriti impuri. E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né

 

sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche.  Marco 6,7-9) . Evidentemente con

 

ciò Gesù proibiva non tanto il superfluo, che avrebbe appesantito  il  missionario, ma ciò che in  realtà gli  sarebbe 

 

stato molto  utile per agevolare  il  suo  compito.  Questa  "sottrazione" di ciò che avrebbe reso il compito più

 

confortevole e sicuro diviene segno eloquente che la missione si basa  non  su  risorse  umane,  ma su  Dio e sulla sua

 

provvidenza. Per questo, al di là delle diversità e degli adattamenti  che  troviamo  nella varie  testimonianze  

 

neotestamentarie  sulla  povertà che contrassegna la missione cristiana, ciò che rimane costante è il fatto che l'inviato

 

deve comunque vivere l'aspetto della precarietà, come testimonianza del primato di Dio e  della  solidarietà con i poveri,

 

primi destinatari  della  buona  notizia del Regno (Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato

 

con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,  Luca 4,18; 6,20; Matteo 5,3; Luca 7,22; Matteo

 

11,5).

 

Riguardo agli affetti, va menzionato in particolare il tema del celibato. L'evangelista Matteo riporta queste parole di

 

Gesù:  «Vi  sono  eunuchi che sono nati così  dal  grembo  della  madre,  e  ve ne  sono altri· che  sono stati  resi  tali

 

dagli  uomini, e ve ne sono altri ancora che si sono resi tali per il regno dei cieli. Chi può capire, capisca» (Matteo

 

19,12). Questo detto probabilmente riflette una situazione storica vissuta da Gesù e da alcuni del gruppo dei suoi

 

discepoli: vivendo la condizione celibataria, che nella cultura del tempo doveva  apparire  per  lo  meno  eccentrica se

 

non addirittura contraria al precetto divino di Genesi 1,28, essi si esponevano al dissenso e alle critiche, e l'appellativo

 

di «eunuchi» poteva essere l'espressione denigratoria e offensiva con cui venivano definiti. Gesù allora riprende quella

 

espressione che suonava negativa, per mostrarne il valore positivo in rapporto all'assoluto del regno di Dio.

 

Più in generale, Gesù richiede ai suoi discepoli di subordinare l'amore per i propri familiari (Matteo 10,37; Luca 14,26; in

 

Marco 1,20 Giacomo e Giovanni lasciano il padre) e perfino la prontezza a perdere la propria  vita  per  lui  e  la sua

 

causa (Marco 8,35 e paralleli). La frase più rappresentativa è quella che troviamo in Marco 8,34, ripresa con delle

 

variazioni dagli altri due Sinottici: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi 

 

segua» (Luca 9,23; 14,27; Matteo 16,24; 10,38). Dal contesto di Marco 8,31-33 si evince che  rinnegare se stessi

 

significa sostanzialmente non cercare l'affermazione della propria persona, smettere di perseguire i propri interessi

 

(pensieri, desideri, progetti) quando essi sono in contrasto con la sequela di Gesù, e con la sua decisione di portare a

 

compimento il disegno salvifico che compor ta la donazione totale fino alla croce.

 

Va comunque sottolineato che tale rinnegamento di sé, che può comprendere l'abbandono della famiglia o il vivere il

 

celibato, non è di per se stesso un elemento costitutivo o essenziale del discepolato: nei vangeli non viene richiesto per

 

raggiungere uno stato spirituale di distacco dai beni o dai piaceri terreni, ma è del tutto funzionale -  e  non di meno

 

necessario - alla sequela di Gesù e all'urgenza di annunciare a tutti il regno di Dio.

 

 

Ma anche discepole

 

L'evangelista Luca a un certo punto della sua narrazione annota alcuni  nomi  di  donne  che,  al pari dei discepoli

 

maschi, seguono Gesù: «In seguito egli se ne andava per città e villaggi, predicando e  annunciando  la  buona  notizia 

 

del  regno di Dio. C'erano con lui  i  Dodici  e  alcune  donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità:

 

Maria, chiamata Maddalena, dalla quale erano usciti sette demoni; Giovanna, moglie  di Cuza, amministratore di Erode;

 

Susanna e molte altre, che li servivano ( diakonéo ) con i loro beni» (Luca 8,1-3).

 

La prima osservazione è che sotto questo aspetto Gesù è sicuramente un innovatore:  l'esistenza di donne al seguito di

 

un maestro è un fenomeno del tutto inedito nel mondo giudaico del tempo; e non deve stupirci se nei vangeli non

 

troviamo il termine femminile greco «discepola» ( mathétria, unica volta nel Nuovo Testamento è in Atti 9,36 per definire

 

la discepola Tabita), dal momento che non esisteva nemmeno in ebraico o in aramaico.

 

Poco più avanti nel testo di Luca troviamo l'episodio di Maria e Marta (Luca 10,38-42; cfr. Giovanni 11,1-12,8). Mentre

 

Marta accoglie Gesù e si lascia prendere dai molti servizi, Maria «seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola»

 

(Luca 10,39): ella prende la postura tipica di un discepolo, tutto proteso ad apprendere dal maestro; nella cultura del

 

tempo tale atteggiamento da parte di una donna doveva risultare per lo meno eccentrico, e che un  rabbi  lo 

 

permettesse era alquanto disdicevole. Marta chiede a Gesù di intervenire perché Maria ritorni nel ruolo tipico della

 

donna di casa e l'aiuti nel servizio, ma  Gesù le si rivolge chiamandola due volte per nome: «Marta, Marta» (come

 

altrove nella Bibbia, si tratta di un segno di vocazione). E l’ammonisce per il fatto di avere lasciato che il servizio, in sé

 

buono, diventasse preoccupazione e dispersione. Mentre una cosa sola è essenziale e a questa occorre dare priorità:

 

l'ascolto della Parola. In filigrana si riprendono gli elementi della parabola del seme e dei terreni su cui cade: da una

 

parte, le preoccupazioni che soffocano il seme della Parola; dall'altra, il terreno fertile costituito dal cuore buono (8,15)

 

di chi ascolta e perciò porta frutto.

 

Per quanto riguarda la sequela delle donne, per certi versi ancora più interessante dei testi lucani, è quanto troviamo

 

nel vangelo di Marco, nella parte dedicata alla passione. L'evangelista, che aveva raccontato poco prima come Gesù al

 

momento dell'arresto fosse stato abbandonato da tutti (Marco 14,50), ci tiene a ricordare come al momento della morte,

 

nei pressi del luogo della crocifissione, qualcuno invece  è  presente: «Vi erano anche alcune donne, che osservavano da

 

lontano, tra le quali Maria di Magdala, Maria madre di Giacomo il minore e di Ioses, e Salome, le quali, quando era in

 

Galilea, lo seguivano e lo servivano, e molte altre che erano salite con lui a Gerusalemme» (Marco 15,40-41).

 

È importante notare anzitutto come si faccia la distinzione tra quelle che lo seguivano e lo servivano già dalla prima

 

fase della sua attività pubblica in Galilea (come quelle ricordate sopra nel brano lucano), e molte altre che invece

 

avevano preso a seguirlo dal momento in cui egli aveva intrapreso il viaggio verso Gerusalemme. Per la prima categoria

 

si usano i verbi tipici della sequela e del servizio-ministero; con ciò viene detto chiaramente che queste donne

 

condividevano le stesse qualifiche dei discepoli maschi.

     Occorre anche riflettere sul fatto che l'evangelista ci tenga a far notare come, anche se da lontano, nei pressi della

croce ci siano queste donne e non i Dodici o altri discepoli. Al contrario di questi ultimi, e di Pietro in particolare, esse non

si sono disperse quando è stato colpito il pastore, e non si sono scandalizzate di Gesù (Gesù disse loro: «Tutti rimarrete

scandalizzati, perché sta scritto: Percuoterò il pastore e le pecore saranno disperse.  Marco 14,27-29). Non a caso saranno le

prime a ricevere l'annuncio della risurrezione e l'incarico apostolico di trasmetterlo (Ma egli disse loro: «Non abbiate paura!

Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l’avevano posto. Ma andate, dite ai suoi discepoli e

a Pietro: “Egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto”»  Marco 16,6-7), proprio perché non lo avevano

abbandonato nemmeno  da morto e sepolto. Perché, al contrario dei  discepoli maschi, lo avevano seguito   per servirlo,

senza avere altri motivi se non quello della dedizione e dell'amore. Come aveva ben dimostrato una di loro, qualche giorno

prima dell'arresto, quando, vincendo ogni timore umano, davanti a tutti aveva "sprecato" un vasetto di prezioso profumo

versandoglielo sul capo; a lei Gesù aveva fatto questa profezia, che poi si è realizzata lungo i secoli: «In verità io vi dico:

dovunque sarà proclamato il Vangelo, per il mondo intero, in ricordo di lei si dirà anche quello che ha fatto» (Marco 14,9).

 

 

Vocazioni diverse... e controverse

 

Oltre a quelle che abbiamo già visto, nei racconti evangelici ci sono altre tipologie di chiamate. Un caso particolare, che

 

rappresenta anche una dimostrazione di quanto già accennato  sopra,  cioè che è Gesù a chiamare e non  dei

 

candidati a proporsi, è quella dell'indemoniato anonimo di Gerasa in Marco 5,1-20: egli viene guarito e, alla fine, vuole

 

andare dietro a Gesù («Lo supplicava di poter restare con lui»: Marco 5,18), ma Gesù non  glielo concede e, invece di

 

ammetterlo nel gruppo dei discepoli, gli affida subito la missione della testimonianza: «Va' nella tua casa, dai tuoi,

 

annuncia loro ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ha avuto per te» (Marco 5,19); e così avviene.

 

Dobbiamo inoltre tener conto che sicuramente c'erano stati altri casi di persone chiamate da Gesù al discepolato di cui

non abbiamo notizia. Quasi per caso e soltanto dopo, per esempio, veniamo a sapere di altri due, Mattia e Giuseppe

Barsabba, che avevano seguito Gesù fin dall'inizio della sua attività: al momento di gettare la sorte per vedere chi era

scelto da Dio per prendere il posto  di  Giuda,  proposero  questi due scegliendoli dal gruppo di altri discepoli anonimi

(Bisogna dunque che, tra coloro che sono stati con noi per tutto il tempo nel quale il Signore Gesù ha vissuto fra noi, cominciando

dal battesimo di Giovanni fino al giorno in cui è stato di mezzo a noi assunto in cielo, uno divenga testimone, insieme a noi, della sua

risurrezione».  Ne proposero due: Giuseppe, detto Barsabba, soprannominato Giusto, e Mattia. Poi pregarono dicendo: «Tu, Signore,

che conosci il cuore di tutti, mostra quale di questi due tu hai scelto per prendere il posto in questo ministero e apostolato, che Giuda

ha abbandonato per andarsene al posto che gli spettava». Tirarono a sorte fra loro e la sorte cadde su Mattia, che fu associato agli

undici apostoli Atti 1,21-26; d'altronde nel suo vangelo Luca aveva parlato di un gruppo di settantadue inviati da Gesù in

missione: Dopo questi fatti il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per

recarsi. Luca 10,1).    

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

ORATIO Domando umilmente di poter essere coerente con le indicazioni emerse dalla meditatio. Esprimo fede, speranza, amore. La preghiera si estende e diventa preghiera per i propri amici, per la propria comunità, per la Chiesa, per tutti gli uomini. La preghiera si può anche fare ruminando alcune frasi del brano ripetendo per più volte la frase/i che mi hanno fatto meditare.

Ti amo, Signore, mia forza,

Signore, mia roccia,

mia fortezza, mio liberatore,

mio Dio, mia rupe

in cui mi rifugio;

mio scudo, mia potente salvezza

e mio baluardo.

Invoco il Signore, degno di lode.

Stese la mano dall'alto

e mi prese,

mi sollevò dalle grandi acque.

Il Signore fu il mio sostegno;

mi portò al largo,

mi liberò perché mi vuol bene.

Signore, tu dai luce

alla mia lampada;

il mio Dio rischiara

le mie tenebre.

Egli è scudo

per chi in lui si rifugia.

Hai spianato la via

ai miei passi,

i miei piedi non hanno

vacillato.

Signore, ti loderò tra le genti

e canterò inni al tuo nome.


(dal Salmo 18)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CONTEMPLATIO     Avverto il bisogno di guardare solo a Gesù, di lasciarmi raggiungere dal suo mistero, di riposare in lui, di accogliere il suo amore per noi. È l’intuizione del regno di Dio dentro di me, la certezza di aver toccato Gesù.  È Gesù che ci precede, ci accompagna, ci è vicino, Gesù solo! Contempliamo in silenzio questo mistero: Dio si fa vicino ad ogni uomo!

 

Per Cristo, con Cristo e in Cristo a te, Dio Padre Onnipotente,  

nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoli.  Amen

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ACTIO     Mi impegno a vivere un versetto di questi brani, quello che mi ha colpito di più.

Si compie concretamente un’azione che cambia il cuore e converte la vita. Ciò che si è meditato diventa ora vita!  Prego con la Liturgia delle Ore, l’ora canonica del giorno adatta al momento.

Concludo il momento di lectio recitando con calma la preghiera insegnataci da Gesù: Padre Nostro...

Arrivederci!  

 

 

(spunti liberamente tratti da una lectio di don Giuseppe Pulcinelli, della Chiesa di Roma)

 

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