Venero la Parola di Dio, l’Icona ed il Crocifisso. Traccio sulla mia persona il Segno della mia fede, il Segno della Croce, mi metto alla presenza del Signore che vuole parlarmi.
Guarda, rispondimi, |
esulterà il mio
cuore |
Veni, Sancte Spiritus, Veni, per Mariam.
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Scegliere di rispondere.
Iniziamo a pregare seguendo alcune lectio liberamente tratte da riflessioni di
don Giuseppe Pulcinelli, sacerdote della Chiesa di Roma.
Buona meditazione e buona preghiera.
LECTIO Apro
la Parola di Dio e leggo in piedi i brani che mi viengono proposti.
Partito di lì, Elia trovò Eliseo, figlio di Safat. Costui arava con dodici paia di buoi davanti a sé, mentre egli stesso guidava il dodicesimo. Elia, passandogli vicino, gli gettò addosso il suo mantello. Quello lasciò i buoi e corse dietro a Elia, dicendogli: «Andrò a baciare mio padre e mia madre, poi ti seguirò». Elia disse:
«Va' e torna, perché sai che cosa ho fatto per te». Allontanatosi da lui, Eliseo
prese un paio di buoi e li uccise; con la legna del giogo dei buoi fece cuocere
la carne e
la diede al popolo,
perché la mangiasse.
Quindi si alzò e seguì Elia, entrando al suo servizio
(1
Re 19,19-21).
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“Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone
e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano
infatti pescatori. Gesù disse loro: «Venile dietro a me, vi farò diventare
pescatori di uomini». E subito lasciarono le reti e lo seguirono.”
Mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù,
stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I
pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone,
e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla
barca.
Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le
vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la
notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero
così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano.
Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli.
Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare. Al
vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore,
allontanati da me, perché sono un peccatore». Lo stupore infatti aveva invaso
lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure
Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, che erano soci di Simone. Gesù disse a
Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini». E, tirate le
barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.”
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“Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di
Zebedeo, e Giovanni suo fratello, mentre anche essi nella barca
riparavano le reti. E subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre
Zebedeo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui.”
.
“Dopo questo egli uscì e vide un pubblicano di
nome Levi, seduto al banco
delle imposte, e gli disse: « Seguimi!». Ed egli, lasciando tutto, si alzò e lo
seguì.”
MEDITATIO
Seduto, rileggo la Parola per più volte, lentamente.
Anche la lettura della Parola di Dio è preghiera. Siamo entrati in quella zona
più sacra e più lunga del nostro Ritiro On Line:
il grande
silenzio ! Il protagonista è lo Spirito
Santo.
Il
modo migliore per assaporare un brano delle Scritture è accoglierlo in noi
come un cibo nutriente per il nostro spirito, è avere la certezza che sia
Dio a volerci parlare per farci entrare nelle dimensioni del suo disegno di
amore e di salvezza. Se ascoltiamo attentamente la Parola potremo entrare in
un rapporto vivo con il Padre, per lasciarci plasmare dal suo stesso
"cuore".
LA CHIAMATA DEI PRIMI DISCEPOLI
Racconti di vocazione tra Antico e Nuovo Testamento
I racconti di vocazione sono un genere letterario ben conosciuto nell'Antico Testamento. La chiamata da parte di Gesù
alla sua sequela, che troviamo nei vangeli sinottici, assomiglia in particolare a uno di questi racconti, quello del profeta
Elia che chiama
Eliseo, riportato in
1 Re 19,19-21.
Ed ecco come l'evangelista Marco presenta la scena della chiamata da parte di Gesù dei primi discepoli, Andrea e
Simone, che di fatto è la prima azione pubblica compiuta da Gesù dopo la presentazione sommaria della sua
predicazione:
Subito dopo, ecco la chiamata di Giacomo e Giovanni:
L'evangelista Luca racconta in modo molto simile la chiamata di Levi:
In tutti questi casi si ripete lo stesso modello: il maestro passa e vede il futuro discepolo; si descrive la situazione in cui
questi si trova (l'esercizio della sua professione); c'è la chiamata alla sequela (per Eliseo è l'eloquente azione simbolica
del mantello); il
discepolo si
stacca dalla
sua situazione; si mette a
seguire il maestro.
Possiamo notare come gli evangelisti tendano a sintetizzare la narrazione accentuando, da una parte, l'autorità di Gesù,
dall'altra, la reazione subitanea dei discepoli. L'intento è dunque quello di offrire un modello di riferimento che abbia
anche una funzione esemplare per tutti coloro ai quali verrà comunicato il Vangelo, per far presente che l'annuncio del
Regno e il modo con cui si manifesta porta scompiglio, punta a far mutare radicalmente il punto di vista precedente, e
richiede delle rinunce: farsi discepoli di Gesù può voler dire anche lasciare il mestiere precedente o addirittura rompere
con la
famiglia.
Il messaggio immediato che passa attraverso la stringata narrazione è che i primi discepoli devono essere rimasti
talmente affascinati da quel maestro che passava e li chiamava a una sequela così radicale, che non hanno esitato a
seguirlo, lasciando tutto il resto e, quindi, cambiando del tutto il loro modo
di vivere.
In realtà, dal punto di vista storico, e soprattutto secondo una sana psicologia, dobbiamo supporre che le cose si siano
svolte in modo meno rapido e con una conoscenza reciproca diluita nel tempo: nessuna persona normale lascerebbe
infatti famiglia e lavoro per mettersi a seguire il primo predicatore che passa solo perché questi la invita a farlo. E la
versione lucana della chiamata di Pietro (Luca 5,1-11) dimostra che, prima che Gesù lo invitasse a seguirlo, c'era stata
una situazione previa di ascolto
della sua
predicazione e di esperienza
della sua autorevolezza.
In ogni caso, i racconti di vocazione nei Sinottici hanno tutti lo stesso elemento principale: la scelta di mettersi a seguire
Gesù.
Il lasciare l'occupazione precedente e il distacco dall'ambito familiare sono elementi conseguenti, dettati da quello
principale. Infatti Gesù nemmeno li menziona nel suo invito a seguirlo (non chiede di lasciare le reti o il padre). Inoltre
soltanto nel primo racconto (Marco 1,16-18), insieme all'invito alla sequela, Gesù delinea un compito, una missione
rivolta a
raccogliere gli uomini
(«Vi
farò diventare pescatori di uomini»),
missione che rimane sottintesa negli
altri casi.
Un altro elemento ricorrente è quello comunitario: i primi discepoli aderiscono all'invito di Gesù a due a due, e sono
coppie di fratelli (Simone e Andrea, Giacomo e Giovanni); nel momento in cui Levi, chiamato individualmente, si pone
alla sequela, trova un gruppo già costituito; questo mostra con chiarezza che diventare discepoli di Gesù comporta sì
una rinuncia alla vita precedente e un distacco dalla famiglia, ma anche subito l'ingresso in una nuova comunità
costituita
intorno a
Gesù in
vista di una missione.
«Chiamò a sé quelli che voleva, perché stessero con lui e per mandarli a
predicare»
Dopo la scena delle folle che accorrevano a lui, e che per l'entusiasmo rischiavano perfino di schiacciarlo (Allora egli
disse ai suoi discepoli di tenergli pronta una barca, a causa della folla, perché non lo schiacciassero. Marco 3,9),
Gesù si ritira sul monte, un luogo elevato e appartato, tipico della prossi mità e della manifestazione di Dio. Da questa
vicinanza
con Dio
scaturisce la
decisione e
l'azione:
«chiamò a sé quelli che voleva» (Marco 3,13). Tutto parte dalla libera iniziativa di Gesù: egli chiama a sé, scegliendo
«quelli che voleva», li sceglie cioè già in vista di qualcosa che ha in mente; ed essi rispondono liberamente e
prontamente, mettendosi in movimento e andando da
lui.
«Ne costituì dodici» (Marco 3,14): il riferimento è all'antica istituzione da parte di Mosè di capi per il popolo: «Mosè
dunque scelse in tutto Israele uomini validi e li costituì alla testa del popolo come capi» (Esodo 18,25). Anche il numero
dodici, richiamando le dodici tribù d'Israele, vuole significare la totalità del popolo di cui si attende la riunificazione per
l'avvento del regno di Dio. Il nome di apostoli, cioè inviati (dal greco apostéllo), rimanda a colui che conferisce la
missione,
che dunque
è fatta
in nome
suo e
secondo il suo
mandato.
Tuttavia, la chiamata prevede anzitutto che essi stiano con lui: prima che si esprima la seconda finalità della chiamata,
quella di essere inviati, è già una finalità in se stessa lo stare e rimanere con lui, che perciò non ha soltanto uno scopo
strumentale, né rappresenta uno status transitorio previsto unicamente in funzione della successiva missione.
Ovviamente lo stare con lui implica la condivisione di vita, di prospettive, di difficoltà, include soprattutto il lasciarsi
formare da lui, e più precisamente l'imparare da lui (Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono
mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Matteo 11,29) o, come si esprime ancora più
incisivamente un testo paolino, «Ma voi non così avete imparato a conoscere il Cristo, se davvero gli avete dato
ascolto e se in lui siete stati istruiti»
(Efesini
4,20-21).
E poi c'è la seconda finalità: «per mandarli a predicare». Il verbo sta in forma assoluta, senza un complemento oggetto.
Altrove nel Nuovo Testamento ha come oggetto il regno di Dio o il vangelo di Cristo morto e risorto (Dopo che Giovanni
fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio Marco 1,14; noi invece annunciamo Cristo
crocifisso: scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani
1 Corinzi 1,23).
Questa finalità viene necessariamente dopo la prima; altrimenti che cosa si va a predicare? Il contenuto dell'annuncio,
che è parola accompagnata dalla testimonianza, scaturisce dalla comunione con Gesù. Attraverso questo mandato i
discepoli-apostoli prolungano il ministero stesso di Gesù; su questa predicazione si fonda la fede e nasce la
comunità dei credenti e dei salvati. Va sottolineato in ogni caso lo stretto rapporto tra le due finalità relative alla
chiamata-istituzione dei Dodici: non si può essere mandati se non si è con lui, se non si condivide la sua vita, così
come, viceversa, lo stare con Gesù sfocia
necessariamente nella missione.
Infine, questa missione avviene «con il potere di scacciare i demoni» (Marco 3,15): anche questo compito ricalca ciò che
Gesù ha già compiuto (Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a
gridare, dicendo: «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!». E
Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui.
Marco 1,23-26), e mostra come essi partecipino della sua stessa autorità. Lo scacciare i demoni, oltre all’esorcismo,
equivale più globalmente a restituire l'uomo alla sua dignità perduta, restituirlo a se stesso, liberandolo da tutto ciò che
lo aliena da Dio e dal prossimo (tale azione apostolica comporta quindi anche la promozione umana in tutte le sue
dimensioni). La predicazione della Parola rende quindi manifesta la salvezza e preannuncia la pasqua come vittoria
definitiva
sul male.
Questi due compiti missionari - annunciare la Parola e lottare contro il male - verranno poi ripresi nella descrizione della
successiva missione dei Dodici, cui si aggiungerà il mandato di prendersi cura dei malati con l'unzione (Ed essi, partiti,
proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano
Marco 6,12-13).
Riguardo alla lista dei Dodici, tra i nomi ci sono anche quelli che ha già chiamato all'inizio (Quando fu giorno, chiamò a
sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede anche il nome di apostoli: Simone, al quale diede anche il nome di
Pietro; Andrea, suo fratello; Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso; Giacomo, figlio di Alfeo;
Simone, detto Zelota; Giuda, figlio di Giacomo; e Giuda Iscariota, che divenne il traditore Luca 6,13-16). Ora si
rimarca che questi, rispetto al gruppo allargato dei discepoli, sono nella lista della cerchia più ristretta, presi tra coloro
che già si erano messi
a seguirlo.
Rispetto a quella prima chiamata, ora a essere maggiormente evidenziata è la dimensione dell'apostolato (Ne costituì
Dodici – che chiamò apostoli –, perché stessero con lui e per mandarli a predicare, con il potere di scacciare i
demòni. Maco 3,14-15). In ogni caso ciò che emerge chiaramente è che il discepolato precede sempre l'apostolato;
inoltre il discepolato rimane il dato di fondo, come uno status permanente, per cui nessuno può essere apostolo se non
rimane discepolo. Anche questo è un tratto di originalità rispetto ai discepoli dei rabbini: mentre essi vanno alla loro
scuola per diventare a loro volta maestri, per Gesù invece si afferma esplicitamente che nessuno dei suoi discepoli può
essere chiamato maestro (Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti
fratelli. E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non
fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo.
Matteo 23,8-10).
Alla fine della lista, in posizione enfatica, c'è il nome di Giuda Iscariota, con l'annotazione terribile: «Colui che poi lo tradì».
È significativo che l'evangelista evochi in anticipo il finale drammatico di Gesù. Se lo fa è perché sia di forte ammonimento
al lettore: vuol dire che il tragico destino di Gesù non è causato solo da quelli di fuori, ma che perfino tra i Dodici, nel
gruppo dei più intimi, si annida il male; perciò l'essere chiamati non è in sé garanzia che non si possa tradire il maestro.
Ma a inquietare, in questa scelta di persone che Gesù fa, non c'è solo l'Iscariota; c'è infatti il primo della lista, Simon Pietro,
che lo rinnegherà; ci sono quelli come Giacomo e Giovanni che cercano la carriera, e comunque, nel momento critico, tutti
lo abbandonano.
Ecco «quelli che egli volle»! Ecco ciò che ha scelto Gesù, sulla linea di ciò che Dio sceglie nel mondo (Ma quello che è
stolto per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i sapienti; quello che è debole per il mondo, Dio lo ha scelto
per confondere i forti 1 Corinzi 1,27); è con questi uomini, con i loro limiti anche gravi, e non con dei perfetti, che egli
vuole fare comunione, sono questi che sceglie per fondare la sua comunità
missionaria.
Il discepolato inaugurato da Gesù si distingue notevolmente dalla prassi dei maestri giudei del suo tempo. La prima
significativa differenza sta nel fatto che mentre nel rabbinismo era il discepolo a scegliersi il maestro, con Gesù
avviene il contrario. Inoltre i suoi discepoli non si dedicheranno allo studio della Torah (anche se Gesù nel suo
insegnamento non mancherà di fare riferimento alle sacre Scritture); la loro formazione infatti consisterà
essenzialmente nella comunione con
lui, con la sua missione e, infine, con il suo
destino.
Le esigenze della sequela si presentano alquanto radicali; in diversi aspetti sono più rigorose di quelle che troviamo tra i
discepoli dei maestri giudei, di Giovanni Battista e degli esseni. L'adesione piena e risoluta alla persona di Gesù per il
discepolo comporta soprattutto la disponibilità a lasciare le proprie cose e i
propri affetti.
Per quanto riguarda il rapporto del discepolo con i beni, si parla di vendere ciò che si possiede per darlo in elemosina
(Vendete ciò che possedete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro sicuro nei cieli, dove
ladro non arriva e tarlo non consuma. Luca 12,33), di rinunciare a tutti i propri averi (Così chiunque di voi non rinuncia
a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo. Luca 14,33), di lasciare tutto, cioè casa (fratelli, sorelle, madre,
padre, figli) e campi per causa sua e del Vangelo (Pietro allora prese a dirgli: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti
abbiamo seguito». Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle
o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo,
cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel
tempo che verrà.
Marco 10,28-30 e paralleli).
Tale rinuncia totale, tuttavia, non vale per tutti: infatti tra i modelli di conversione troviamo Zaccheo, che dona una parte
notevole dei suoi averi ai poveri, ma non tutto (Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri Luca 19,8).
Più in generale, nella chiesa nascente raccontata negli Atti, si praticava la koinonia, cioè la messa in comune dei beni,
che comunque viene presentata come facoltativa (Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune;
vendevano le loro proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secondo il
bisogno di ciascuno.
Atti 2,44-45).
Occorre notare comunque che, come nel caso della chiamata del giovane ricco, al centro della richiesta di Gesù non
c'è il «vendi quello che possiedi e dallo ai poveri», ma il «vieni e seguimi» (Gli disse Gesù: «Se vuoi essere perfetto,
va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; e vieni! Seguimi! Matteo 19,21): la rinuncia
ai beni, cioè, non è lo scopo, è piuttosto il mezzo, se così si può dire, è cioè funzionale alla piena adesione personale a
colui che viene riconosciuto come il bene più grande. Il rapporto con i beni dunque è subordinato alla priorità da dare al
regno di Dio; come nella parabola della perla o del tesoro nascosto è grazie alla gioia per la loro scoperta che si può
decidere di lasciare,
di vendere
tutto il
resto.
prendere con sé denaro, vettovaglie, e doppia tunica (Chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro
potere sugli spiriti impuri. E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né
sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche. Marco 6,7-9) . Evidentemente con
ciò Gesù proibiva non tanto il superfluo, che avrebbe appesantito il missionario, ma ciò che in realtà gli sarebbe
stato molto utile per agevolare il suo compito. Questa "sottrazione" di ciò che avrebbe reso il compito più
confortevole e sicuro diviene segno eloquente che la missione si basa non su risorse umane, ma su Dio e sulla sua
provvidenza. Per questo, al di là delle diversità e degli adattamenti che troviamo nella varie testimonianze
neotestamentarie sulla povertà che contrassegna la missione cristiana, ciò che rimane costante è il fatto che l'inviato
deve comunque vivere l'aspetto della precarietà, come testimonianza del primato di Dio e della solidarietà con i poveri,
primi destinatari della buona notizia del Regno (Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato
con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, Luca 4,18; 6,20; Matteo 5,3; Luca 7,22; Matteo
11,5).
Riguardo agli affetti, va menzionato in particolare il tema del celibato. L'evangelista Matteo riporta queste parole di
Gesù: «Vi sono eunuchi che sono nati così dal grembo della madre, e ve ne sono altri· che sono stati resi tali
dagli uomini, e ve ne sono altri ancora che si sono resi tali per il regno dei cieli. Chi può capire, capisca» (Matteo
19,12). Questo detto probabilmente riflette una situazione storica vissuta da Gesù e da alcuni del gruppo dei suoi
discepoli: vivendo la condizione celibataria, che nella cultura del tempo doveva apparire per lo meno eccentrica se
non addirittura contraria al precetto divino di Genesi 1,28, essi si esponevano al dissenso e alle critiche, e l'appellativo
di «eunuchi» poteva essere l'espressione denigratoria e offensiva con cui venivano definiti. Gesù allora riprende quella
espressione
che suonava negativa, per mostrarne il valore positivo in rapporto all'assoluto
del regno di Dio.
Più in generale, Gesù richiede ai suoi discepoli di subordinare l'amore per i propri familiari (Matteo 10,37; Luca 14,26; in
Marco 1,20 Giacomo e Giovanni lasciano il padre) e perfino la prontezza a perdere la propria vita per lui e la sua
causa (Marco 8,35 e paralleli). La frase più rappresentativa è quella che troviamo in Marco 8,34, ripresa con delle
variazioni dagli altri due Sinottici: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi
segua» (Luca 9,23; 14,27; Matteo 16,24; 10,38). Dal contesto di Marco 8,31-33 si evince che rinnegare se stessi
significa sostanzialmente non cercare l'affermazione della propria persona, smettere di perseguire i propri interessi
(pensieri, desideri, progetti) quando essi sono in contrasto con la sequela di Gesù, e con la sua decisione di portare a
compimento
il disegno
salvifico che
compor
ta
la donazione totale fino alla
croce.
Va comunque sottolineato che tale rinnegamento di sé, che può comprendere l'abbandono della famiglia o il vivere il
celibato, non è di per se stesso un elemento costitutivo o essenziale del discepolato: nei vangeli non viene richiesto per
raggiungere uno stato spirituale di distacco dai beni o dai piaceri terreni, ma è del tutto funzionale - e non di meno
necessario - alla sequela di Gesù e all'urgenza
di annunciare a tutti il regno di
Dio.
L'evangelista Luca a un certo punto della sua narrazione annota alcuni nomi di donne che, al pari dei discepoli
maschi, seguono Gesù: «In seguito egli se ne andava per città e villaggi, predicando e annunciando la buona notizia
del regno di Dio. C'erano con lui i Dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità:
Maria, chiamata Maddalena, dalla quale erano usciti sette demoni; Giovanna, moglie di Cuza, amministratore di Erode;
Susanna e molte altre, che li servivano
( diakonéo )
con i loro beni»
(Luca
8,1-3).
La prima osservazione è che sotto questo aspetto Gesù è sicuramente un innovatore: l'esistenza di donne al seguito di
un maestro è un fenomeno del tutto inedito nel mondo giudaico del tempo; e non deve stupirci se nei vangeli non
troviamo il termine femminile greco «discepola» ( mathétria, unica volta nel Nuovo Testamento è in Atti 9,36 per definire
la
discepola
Tabita), dal
momento che non esisteva
nemmeno in ebraico o in aramaico.
Poco più avanti nel testo di Luca troviamo l'episodio di Maria e Marta (Luca 10,38-42; cfr. Giovanni 11,1-12,8). Mentre
Marta accoglie Gesù e si lascia prendere dai molti servizi, Maria «seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola»
(Luca 10,39): ella prende la postura tipica di un discepolo, tutto proteso ad apprendere dal maestro; nella cultura del
tempo tale atteggiamento da parte di una donna doveva risultare per lo meno eccentrico, e che un rabbi lo
permettesse era alquanto disdicevole. Marta chiede a Gesù di intervenire perché Maria ritorni nel ruolo tipico della
donna di casa e l'aiuti nel servizio, ma Gesù le si rivolge chiamandola due volte per nome: «Marta, Marta» (come
altrove nella Bibbia, si tratta di un segno di vocazione). E l’ammonisce per il fatto di avere lasciato che il servizio, in sé
buono, diventasse preoccupazione e dispersione. Mentre una cosa sola è essenziale e a questa occorre dare priorità:
l'ascolto della Parola. In filigrana si riprendono gli elementi della parabola del seme e dei terreni su cui cade: da una
parte, le preoccupazioni che soffocano il seme della Parola; dall'altra, il terreno fertile costituito dal cuore buono (8,15)
di chi ascolta e perciò porta frutto.
Per quanto riguarda la sequela delle donne, per certi versi ancora più interessante dei testi lucani, è quanto troviamo
nel vangelo di Marco, nella parte dedicata alla passione. L'evangelista, che aveva raccontato poco prima come Gesù al
momento dell'arresto fosse stato abbandonato da tutti (Marco 14,50), ci tiene a ricordare come al momento della morte,
nei pressi del luogo della crocifissione, qualcuno invece è presente: «Vi erano anche alcune donne, che osservavano da
lontano, tra le quali Maria di Magdala, Maria madre di Giacomo il minore e di Ioses, e Salome, le quali, quando era in
Galilea, lo
seguivano e
lo servivano,
e molte altre che erano salite con lui a Gerusalemme»
(Marco 15,40-41).
È importante notare anzitutto come si faccia la distinzione tra quelle che lo seguivano e lo servivano già dalla prima
fase della sua attività pubblica in Galilea (come quelle ricordate sopra nel brano lucano), e molte altre che invece
avevano preso a seguirlo dal momento in cui egli aveva intrapreso il viaggio verso Gerusalemme. Per la prima categoria
si usano i verbi tipici della sequela e del servizio-ministero; con ciò viene detto chiaramente che queste donne
condividevano le
stesse qualifiche
dei discepoli
maschi.
Occorre anche riflettere sul fatto che l'evangelista ci tenga a far notare come, anche se da lontano, nei pressi della
croce ci siano queste donne e non i Dodici o altri discepoli. Al contrario di questi ultimi, e di Pietro in particolare, esse non
si sono disperse quando è stato colpito il pastore, e non si sono scandalizzate di Gesù (Gesù disse loro: «Tutti rimarrete
scandalizzati, perché sta scritto: Percuoterò il pastore e le pecore saranno disperse. Marco 14,27-29). Non a caso saranno le
prime a ricevere l'annuncio della risurrezione e l'incarico apostolico di trasmetterlo (Ma egli disse loro: «Non abbiate paura!
Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l’avevano posto. Ma andate, dite ai suoi discepoli e
a Pietro: “Egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto”» Marco 16,6-7), proprio perché non lo avevano
abbandonato nemmeno da morto e sepolto. Perché, al contrario dei discepoli maschi, lo avevano seguito per servirlo,
senza avere altri motivi se non quello della dedizione e dell'amore. Come aveva ben dimostrato una di loro, qualche giorno
prima dell'arresto, quando, vincendo ogni timore umano, davanti a tutti aveva "sprecato" un vasetto di prezioso profumo
versandoglielo sul capo; a lei Gesù aveva fatto questa profezia, che poi si è realizzata lungo i secoli: «In verità io vi dico:
dovunque sarà proclamato il Vangelo, per il mondo intero, in ricordo di lei si
dirà anche quello che ha fatto»
(Marco 14,9).
Vocazioni diverse... e controverse
Oltre a quelle che abbiamo già visto, nei racconti evangelici ci sono altre tipologie di chiamate. Un caso particolare, che
rappresenta anche una dimostrazione di quanto già accennato sopra, cioè che è Gesù a chiamare e non dei
candidati a proporsi, è quella dell'indemoniato anonimo di Gerasa in Marco 5,1-20: egli viene guarito e, alla fine, vuole
andare dietro a Gesù («Lo supplicava di poter restare con lui»: Marco 5,18), ma Gesù non glielo concede e, invece di
ammetterlo nel gruppo dei discepoli, gli affida subito la missione della testimonianza: «Va' nella tua casa, dai tuoi,
annuncia loro ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ha avuto per
te»
(Marco 5,19); e così avviene.
Dobbiamo inoltre tener conto che sicuramente c'erano stati altri casi di persone chiamate da Gesù al discepolato di cui
non abbiamo notizia. Quasi per caso e soltanto dopo, per esempio, veniamo a sapere di altri due, Mattia e Giuseppe
Barsabba, che avevano seguito Gesù fin dall'inizio della sua attività: al momento di gettare la sorte per vedere chi era
scelto da Dio per prendere il posto di Giuda, proposero questi due scegliendoli dal gruppo di altri discepoli anonimi
(Bisogna dunque che, tra coloro che sono stati con noi per tutto il tempo nel quale il Signore Gesù ha vissuto fra noi, cominciando
dal battesimo di Giovanni fino al giorno in cui è stato di mezzo a noi assunto in cielo, uno divenga testimone, insieme a noi, della sua
risurrezione». Ne proposero due: Giuseppe, detto Barsabba, soprannominato Giusto, e Mattia. Poi pregarono dicendo: «Tu, Signore,
che conosci il cuore di tutti, mostra quale di questi due tu hai scelto per prendere il posto in questo ministero e apostolato, che Giuda
ha abbandonato per andarsene al posto che gli spettava». Tirarono a sorte fra loro e la sorte cadde su Mattia, che fu associato agli
undici apostoli Atti 1,21-26; d'altronde nel suo vangelo Luca aveva parlato di un gruppo di settantadue inviati da Gesù in
missione: Dopo questi fatti il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per
recarsi.
Luca 10,1).
ORATIO
Domando umilmente di poter essere coerente con le indicazioni emerse dalla
meditatio. Esprimo fede, speranza, amore. La preghiera si estende e diventa
preghiera per i propri amici, per la propria comunità, per la Chiesa, per tutti
gli uomini. La preghiera si può anche fare ruminando alcune frasi del brano
ripetendo per più volte la frase/i che mi hanno fatto meditare.
Ti amo, Signore, mia forza, Signore, mia roccia, mia fortezza, mio liberatore, mio Dio, mia rupe in cui mi rifugio; mio scudo, mia potente salvezza e mio baluardo. Invoco il Signore, degno di lode. Stese la mano dall'alto e mi prese, mi sollevò dalle grandi acque. Il Signore fu il mio sostegno; mi portò al largo, mi liberò perché mi vuol bene. |
Signore, tu dai luce alla mia lampada; il mio Dio rischiara le mie tenebre. Egli è scudo per chi in lui si rifugia. Hai spianato la via ai miei passi, i miei piedi non hanno vacillato. Signore, ti loderò tra le genti e canterò inni al tuo nome. (dal Salmo 18) |
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CONTEMPLATIO
Avverto il bisogno di guardare solo a Gesù, di lasciarmi raggiungere dal suo
mistero, di riposare in lui, di accogliere il suo amore per noi. È l’intuizione
del regno di Dio dentro di me, la certezza di aver toccato Gesù. È
Gesù che ci precede, ci accompagna, ci è vicino, Gesù solo! Contempliamo in
silenzio questo mistero: Dio si fa vicino ad ogni uomo!
Per Cristo, con Cristo e in Cristo a te, Dio Padre Onnipotente,
nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria per tutti i secoli dei
secoli. Amen
ACTIO Mi impegno a vivere un versetto di questi brani, quello che mi ha colpito di più.
Si compie concretamente un’azione che cambia il cuore e converte la vita. Ciò che si è meditato diventa ora vita! Prego con la Liturgia delle Ore, l’ora canonica del giorno adatta al momento.
Concludo il momento di lectio recitando con calma la preghiera insegnataci da
Gesù: Padre Nostro...
Arrivederci!
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