Venero la Parola di Dio, l’Icona ed il Crocifisso. Traccio sulla mia persona il Segno della mia fede, il Segno della Croce, mi metto alla presenza del Signore che vuole parlarmi.
Donami sempre il tuo aiuto, Signore, perché sappia riconoscere |
che nulla fermerà la tua bontà e il tuo amore disarmante e disarmato. |
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Se tuo fratello commetterà una colpa
“IL CARCERE E LA GIUSTIZIA: REDENZIONE E RICONCILIAZIONE?”
Buona meditazione e buona preghiera.
LECTIO Apro
la Parola di Dio e leggo in piedi i brani che mi vengono proposti.
(Matteo
18,15-17)
15Se
il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e
lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello;
16se
non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia
risolta sulla parola di due o tre testimoni.
17Se
poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la
comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano.
MEDITATIO
Seduto, rileggo la Parola per più volte, lentamente.
Anche la lettura della Parola di Dio è preghiera. Siamo entrati in quella zona
più sacra e più lunga del nostro Ritiro On Line:
il grande
silenzio ! Il protagonista è lo Spirito
Santo.
Il
modo migliore per assaporare un brano delle Scritture è accoglierlo in noi
come un cibo nutriente per il nostro spirito, è avere la certezza che sia
Dio a volerci parlare per farci entrare nelle dimensioni del suo disegno di
amore e di salvezza. Se ascoltiamo attentamente la Parola potremo entrare in
un rapporto vivo con il Padre, per lasciarci plasmare dal suo stesso
"cuore".
La correzione fraterna
Nel Capitolo 18 del Vangelo di Matteo l’Evangelista cerca di rispondere
all’insieme dei problemi che nascono in una comunità con riferimento
all’insegnamento e alla proposta vitale di Gesù di Nazareth.
Nei versetti 15-35 c’è un approfondimento a proposito di un problema
particolare: «Se
tuo fratello commetterà una colpa» (Mt 18,15), sempre con
riferimento all’insegnamento e alla vita di Gesù!
Sono pagine che conosciamo tutti. Il quadro che ci presenta Matteo è comunque un
quadro molto più complesso di quanto può apparire ad una lettura superficiale.
Intanto bisognerebbe tener conto di tutto ciò che lo ha preceduto e soprattutto
della conclusione: «il
Padre vostro celeste non vuole che si perda neanche uno solo di questi piccoli»
(Mt 18,14).
Guadagnare il fratello
E in realtà il tema fondamentale di tutto il brano di questa lectio concerne il
“recupero”, o meglio ancora il “guadagno”, che deve cercare di ottenere la
comunità quando è posta di fronte alla “perdita” di uno qualsiasi dei suoi
membri. Infatti: «se
ti ascolterà, avrai guadagnato il
tuo fratello» (cfr. Mt 18,15b), cioè lo avrai reintegrato ai
novantanove che erano rimasti nella comunità.
Guadagnando
tuo fratello hai permesso che si realizzasse nella comunità la volontà del
Padre, che non vuole che si perda neanche uno solo di questi piccoli. E i
piccoli sono i piccoli fragili dal punto di vista morale. Chi ha peccato è un
fratello che non ha centrato l’obiettivo.
Dagli una mano
La prima fase comporta un coinvolgimento personale: dagli una mano, ammoniscilo,
ma con delicatezza tra te e lui soltanto “va’
e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo
fratello”.
Se sarai riuscito a convincerlo, avrai recuperato, guadagnato il tuo fratello.
Agire con delicatezza significa dirgli: “Guarda, non hai centrato il bersaglio;
forse anch’io mi ritrovo in situazioni analoghe in tante altre situazioni, ma
questo caso riguarda te personalmente: non hai centrato il bersaglio. Non
potremmo ri-fare il tentativo di tirare di nuovo l’arco e tentare di far
cogliere l’obiettivo alla freccia”?
Al mio insuccesso, chiedo aiuto
Può succedere, purtroppo, (“se
non ascolterà”)
che, nonostante tutta la carità, tutta la delicatezza, non riusciamo a portare
il fratello a centrare l’obiettivo e
quindi ad essere di nuovo reintegrato nella comunità, realizzando così la
volontà del Padre. Quel “non ascolterà” non è un’occasione per colpevolizzare ma
piuttosto è una presa d’atto della propria incapacità a convincere il fratello!
È una contestazione delicatissima che mette colui che ha avvertito la colpa di
un fratello, in condizioni di constatare non solo la colpa dell’altro ma anche
la propria limitatezza. Da qui l’ovvia necessità di chiedere aiuto:
«prendi
ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di
due o tre testimoni
» (Mt 18,16).
Il Deuteronomio ne parlava già con
riferimento ai processi che si facevano all’interno di Israele. Ma qui questa
esigenza è fondata sulla necessità di rispondere alla volontà del Padre “che non
vuole che si perda neppure uno” di coloro che sbagliano. I due-tre testimoni
sono importanti, perché sappiamo che i testimoni possono determinare la morte o
la vita di chi è accusato.
Dovrebbe essere chiaro comunque, da ciò che abbiamo già detto, che la volontà
del Padre è che non si perda neppure uno.
Coinvolgo la comunità
Il testo prosegue: «Se
poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità»
(Mt 18,17a).
Dunque neppure con l’aiuto di testimoni si raggiunge lo scopo della
reintegrazione di chi ha sbagliato all’interno della comunità. Un fallimento
bruciante non soltanto di chi si è mosso per primo, ma anche di chi è stato
coinvolto con la sua testimonianza a mettere in grado chi ha sbagliato di
recuperare l’amore.
Apparentemente sembra che venga evidenziata la colpa di chi ha peccato, dal
momento che non solo si è negato al fratello che lo ha accostato con estrema
carità, ma si è negato anche ai testimoni che si sono aggiunti al suggerimento
del fratello. Ma se si trattasse solo di questo saremmo ancora alle prese con un
processo giuridico.
Sappiamo però che il diritto non riesce a entrare nell’intenzione profonda di
chi ha commesso una colpa, perché giudica
de externis.
«Noi
abbiamo una Legge e secondo la Legge deve morire, perché si è fatto Figlio di
Dio»
(Gv 19,7).
Così accadde a Gesù il quale, con simile criterio giuridico, fu condannato a
morte e finì crocifisso. Se noi utilizziamo lo stesso criterio che non vede, non
tocca la delicatezza, l’amore, la condiscendenza, la compassione del Padre, e ci
comportiamo seguendo unicamente la legge in quanto tale, non dimentichiamoci che
la legge uccide, ma non dà la forza di cambiare. La legge in sé stessa può anzi
perfino irrigidire nel peccato, perché mette di fronte alla colpa, al peccato,
ma non ha la forza di liberare nessuno se non fa spazio allo spirito della legge
che si identifica con la volontà del Padre, il quale non vuole che neppure uno
dei suoi figli si perda.
Occorre “un fuoco aggiuntivo”
Quindi anche l’incapacità di questi due o tre testimoni chiamati in aiuto può
essere paragonata a quella del primo fratello, che aveva incontrato da cuore a
cuore l’altro, cercando di reinserirlo nella comunità e aveva ammesso di aver
bisogno di un fuoco aggiuntivo per sciogliere il ghiaccio in cui era
imprigionato il cuore del suo fratello.
Da qui la necessità di coinvolgere l’assemblea, la comunità. Coinvolgere tutti
significa mettersi d’accordo con amore per riuscire a scaldare il cuore del
fratello. Un pezzo di ghiaccio si scioglie soltanto di fronte al calore, non di
fronte alla spada; anzi, resiste di fronte alla spada, e la fa andare in
frantumi. L’unica strada è l’amore.
Finché si resta all’interno della legge non c’è possibilità di scardinare il
peccatore abbarbicato al suo banco, come Matteo il pubblicano.
Chi è “IL” pagano?
Il testo prosegue: «se
non ascolterà neanche la comunità,
(allora)
sia per te come il pagano e il pubblicano»
(Mt 18,17).
La traduzione italiana ‘CEI 2008’ è fedele al testo Greco che dice: “il”
pagano, “il” pubblicano. Ed è
proprio su questa presenza dell’articolo che si deve porre attenzione. Nel suo
Vangelo Matteo ha già raccontato del
pagano che sollecitava l’intervento di Gesù in favore del suo figlio. E
sappiamo che Gesù restò in quel caso a bocca aperta dichiarando:
«In
verità io vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande!
» (Mt 8,10).
Il pubblicano è poi chiaramente Matteo stesso, così legato, così radicato, così
avvinghiato al suo banco di interessi, che c’era voluto lo sguardo di Gesù, e
l’invito esplicito di Gesù: “Segui
me!” (cfr. Mt 9,9) per
scardinarlo e liberarlo dalla sua prigione. Eventi che permetteranno a Gesù di
confrontare con parole durissime i ricchi che avevano strappato l’obiezione dei
discepoli: «
Allora, chi può essere salvato?»
(Mt 19,25), ma aprendo un varco
impensabile per i criteri umani: «Questo
è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile» (Mt
19,26).
Cosa è mancato?
Allora dobbiamo concludere che al primo, al secondo gruppetto e all’insieme
della comunità è mancata quella apertura all’onnipotenza della benevolenza,
della misericordia e del calore d’amore, che invece era presente nella parola di
Gesù.
(un’interpretazione, questa, assolutamente diversa da quella che è stata
inserita nel Codice di Diritto Canonico,
che parla delle tre istanze del processo passate perfino nel processo civile,
che distinguono tra Assise, Appello,
Cassazione, ma che prescindono dall’onnipotenza dell’amore di Dio).
Il nostro limite, la nostra speranza
E’ ovvio dunque concludere che se la comunità ammette la sua incapacità, a chi
si può affidare se non all’onnipotenza di Dio? Ma questo significa apertura ad
oltranza alla speranza, non condanna a morte! E significa anche, per la Chiesa,
ammissione del proprio limite, ammettendo che perfino in essa può essere
presente il peccato di una mancanza di amore che soltanto il riferimento alla
misericordia del Padre può completare.
Il peccato è, anche, presenza nella comunità di questo limite che spesso si
traduce in incapacità a sciogliere il ghiaccio del cuore del fratello, per
reinserirlo nella comunità. E tuttavia questo non comporta mai perdita della
speranza, perché ciò che è impossibile all’uomo è possibile a Dio.
Si può aggiungere che ci sono qui le fondamenta di una continuità dell’amicizia,
di una continuità della relazione col fratello “peccatore”,
perché Gesù è venuto non per i giusti ma per i peccatori.
Tutto si gioca sulla permanenza della speranza, ma anche sulla constatazione
che, per quanto noi, in quanto Chiesa, crediamo di essere una
socìetas
perfetta, non lo siamo. Una bella notizia per noi! Gregorio di Nissa
diceva: “Sapete in cosa consiste la
perfezione? Nell’essere profondamente convinti di non poterla raggiungere mai”.
Peccato e peccatore; legge e cuore; oggetto e persona
Forse Matteo ci sta proprio suggerendo una consapevolezza di questo tipo, che ci
permette perciò di distinguere tra peccato e peccatore, che è una distinzione
fondamentale. È chiaro infatti che se tu scrivi “La legge è uguale per tutti”
non te ne importa nulla del peccatore, ma ti importa semplicemente esprimere un
giudizio di condanna o di assoluzione, basato sui fatti, perché i fatti sono la
verità processuale. Il che non significa però ignorare che il cuore e
l’intenzione di una persona umana sono conosciuti unicamente da Dio.
Tutto questo ha delle conseguenze serissime, perché se uno, di fronte alla
verità dei fatti, viene condannato, viene trattato ineluttabilmente come un
oggetto. Non è più, di fatto, una persona capace di cambiare vita. Lo possiamo
negare a parole ma lo dicono appunto i fatti.
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ORATIO
Domando umilmente di poter essere coerente con le indicazioni emerse dalla
meditatio. Esprimo fede, speranza, amore. La preghiera si estende e diventa
preghiera per i propri amici, per la propria comunità, per la Chiesa, per tutti
gli uomini. La preghiera si può anche fare ruminando alcune frasi del brano
ripetendo per più volte la frase/i che mi hanno fatto meditare.
Concedimi, Signore, la grazia
di saper accogliere tutti,
così come sono,
con i loro pregi e le loro limitazioni,
senza giudicarli se sbagliano,
pronto al perdono quando peccano,
disposto ad andare loro incontro
se si allontanano dal tuo vangelo
smarrendosi tra le nebbie
di vite tribolate.
un cuore e uno spirito nuovo
che mi rendano sensibile
alle necessità e alle debolezze
dei fratelli.
(don Canio Calitri)
CONTEMPLATIO
Avverto il bisogno di guardare solo a Gesù, di lasciarmi raggiungere dal suo
mistero, di riposare in lui, di accogliere il suo amore per noi. È l’intuizione
del regno di Dio dentro di me, la certezza di aver toccato Gesù. È
Gesù che ci precede, ci accompagna, ci è vicino, Gesù solo! Contempliamo in
silenzio questo mistero: Dio si fa vicino ad ogni uomo!
Per Cristo, con Cristo e in Cristo a te, Dio Padre Onnipotente,
nell’unità dello Spirito Santo,
ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoli.
Amen
ACTIO
Mi impegno
a vivere un versetto di questi brani, quello che mi ha colpito di più.
Si compie concretamente un’azione che cambia il cuore e converte la vita. Ciò
che si è meditato diventa ora vita!
Prego con la Liturgia delle Ore, l’ora canonica del giorno adatta al momento.
Concludo il momento di lectio recitando con calma la preghiera insegnataci da
Gesù: Padre Nostro...
Arrivederci!
(spunti liberamente tratti da una lectio di padre Innocenzo Gargano, monaco
camaldolese)