Venero la Parola di Dio, l’Icona ed il Crocifisso. Traccio sulla mia persona il Segno della mia fede, il Segno della Croce, mi metto alla presenza del Signore che vuole parlarmi.
Grazie, Signore, che usi pazienza
e aspetti che mi converta
per salvarmi
con la tua buona volontà.
Fa che la tua misericordia
|
non diventi un pretesto
per la mia pigrizia
e rimandare la conversione
alla fine dei tempi.
(don Canio Calitri) |
Veni, Sancte Spiritus, Veni, per Mariam.
“Nessuno è talmente avanzato nella conoscenza delle scritture da non poter ulteriormente progredire…poiché esse, anche quando sono spiegate in diverse maniere, conservano sempre occulti segreti” (san Gregorio Magno)
Proseguiamo la serie di lectio tratte da episodi del Vangelo di Matteo, nei
quali il filone comune è la fede: fede povera, fede vacillante, fede messa alla
prova, ma anche fede grande e fede vissuta nel quotidiano.
Queste riflessioni sono liberamente tratte da alcune lectio di padre Innocenzo
Gargano, monaco camaldolese.
Buona
meditazione e buona preghiera.
LECTIO Apro
la Parola di Dio e leggo in piedi i brani che mi vengono proposti.
(Matteo
13,24-30.44-52)
24Espose
loro un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha
seminato del buon seme nel suo campo. 25Ma,
mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al
grano e se ne andò. 26Quando
poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania.
27Allora i
servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: “Signore, non hai seminato del
buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?”.
28Ed egli
rispose loro: “Un nemico ha fatto questo!”. E i servi gli dissero: “Vuoi che
andiamo a raccoglierla?”. 29“No,
rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate
anche il grano. 30Lasciate
che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della
mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci
per bruciarla; il grano invece riponételo nel mio granaio”…..
44Il
regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo
nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo.
45Il
regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose;
46trovata
una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra.
47Ancora,
il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni
genere di pesci. 48Quando
è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci
buoni nei canestri e buttano via i cattivi.
49Così sarà
alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni
50e
li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti.
51Avete
compreso tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì».
52Ed egli
disse loro: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è
simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose
antiche».
MEDITATIO
Seduto, rileggo la Parola per più volte, lentamente.
Anche la lettura della Parola di Dio è preghiera. Siamo entrati in quella zona
più sacra e più lunga del nostro Ritiro On Line:
il grande
silenzio ! Il protagonista è lo Spirito
Santo.
Il
modo migliore per assaporare un brano delle Scritture è accoglierlo in noi
come un cibo nutriente per il nostro spirito, è avere la certezza che sia
Dio a volerci parlare per farci entrare nelle dimensioni del suo disegno di
amore e di salvezza. Se ascoltiamo attentamente la Parola potremo entrare in
un rapporto vivo con il Padre, per lasciarci plasmare dal suo stesso
"cuore".
IL TESORO NEL CAMPO
(…e non solo nel campo…)
« Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che
va in cerca di perle preziose…»
(Matteo 13,24-30.44-52)
Un contesto significativo
Queste bellissime parabole del regno hanno una conclusione che si riassume in un
interrogativo rivolto a tutti noi: «
Avete compreso tutte queste cose? ». Gesù
vuole propor re una scelta ben precisa a coloro che lo ascoltano, e lo fa
attraverso il racconto di queste piccole parabole estremamente eloquenti.
La parabola della della zizzania ci provoca: «
…Il regno dei
cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo…
» (vv. 24-30).
In questa parabola viene presentata e spiegata la compresenza, all'interno del
campo del Signore, di seme buono e seme cattivo con la caratteristica, per
quest'ultimo, di manifestarsi soltanto quando le piante sono già cresciute. Il
padrone, infatti, ha seminato buon grano nel suo campo, però un “inimicus
homo”, certamente invidioso, approfittando del fatto che il campo non veniva
sorvegliato perché i servitori
dormivano, vi ha potuto spargere il suo seme cattivo. Così, quando le piante
sono già cresciute, sono apparse insieme alle piante del buon seme
anche quelle del seme
cattivo. Da qui il dubbio sulla strategia da seguire. I servitori chiedono
ovviamente al padrone che vengano strappate via le erbe cattive, ma del tutto
inaspettatamente ne sono impediti. Altrimenti, argomenta il padrone, si
rischierebbe di sradicare anche le piante prodotte dal buon seme. È meglio
dunque lasciarle crescere insieme. Quando verrà il tempo della mietitura penserà
il padrone
stesso a curare il discernimento necessario.
La chiave dell'allegoria
Non contenti della parabola i discepoli ne chiedono il significato e Gesù
utilizza il metodo dell'allegoria. Gesù stesso si propone come esegeta della sua
parabola, fornendoci la corretta chiave interpretativa:
« …
i suoi discepoli gli si avvicinarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della
zizzania nel campo».
37Ed
egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell’uomo.
38Il
campo è il mondo e il seme buono sono i figli del Regno. La zizzania sono i
figli del Maligno
39e
il nemico che l’ha seminata è il diavolo. La mietitura è la fine del mondo e i
mietitori sono gli angeli
» (vv. 37-39).
A ogni singolo elemento della parabola è accostato un significato particolare.
Dunque chi
vuol penetrarne il senso nascosto non può fare a meno di usare questa
chiave ermeneutica che applica l'allegoria, particolare forma retorica che
permette di distinguere fra ciò che appare all'esterno del discorso e ciò che
questo stesso vuole indicare nel suo contenuto più profondo. Possiamo utilizzare
lo stesso criterio per le parabole del regno analoghe.
Il tesoro è nascosto nel cuore
Nella spiegazione della parabola della zizzania ci viene mostrato che il campo è
il mondo.
Riferendoci alla breve parabola del tesoro possiamo pervenire ad una prima
conclusione: il tesoro è nascosto in questo nostro mondo, nello spazio in cui ci
troviamo oggi noi. Se per tesoro identifichiamo ciò che abbiamo veramente a
cuore, poiché dove è il tuo tesoro lì è anche il tuo cuore (Mt 6,21), questo può
significare anche che il luogo in cui un simile tesoro è interrato, non può
essere il cielo né l'abisso, ma il cuore, la parte più intima della persona
umana, in cui può essere stato interrato quel tesoro che noi possiamo
identificare con la Parola stessa del Signore.
Questa, dunque, la prima conclusione del testo: il regno di Dio è qui ed ora, “hic
et nunc”, dentro di me.
Quando Ireneo, Padre della Chiesa, si applica alla comprensione di questa
pagina, afferma dal canto suo che il campo può essere individuato anche nella
Chiesa. È in essa, infatti, che il Signore ha nascosto la sua Parola salvifica;
l'ha seminata nel suo grembo affidandole il suo tesoro prezioso. Se dunque il
campo è la Chiesa, quando un essere umano, lungo l'itinerario della sua vita
personale, si rende conto che la Chiesa porta dentro di sé un
simile tesoro di vita, di
riconciliazione, di perdono, di collegamento
intimo con
Dio, certamente
vende tutto quello che
ha e compra il campo entrando a far parte della comunità
della Chiesa.
La parabola osserva che lo scopritore del tesoro, pieno di gioia, «
lo nasconde
». Un'immagine estremamente efficace. Lo scopritore non vuole rischiare
di perderlo. Non vuole che, neanche casualmente, qualcuno lo porti via. Ma per
potersene appropriare, cioè per poter entrare a far parte della comunità, nella
quale sarà possibile attingere al tesoro, bisogna avere il coraggio e la libertà
di vendere tutto, mettere
tutto a rischio per procurarsi il denaro.
Progredendo nella riflessione dei Padri possiamo fare un passo ancora
successivo: il campo non è soltanto il mondo o la Chiesa, ma anche, come abbiamo
accennato, la realtà personale di ciascuno. In una successiva spiegazione
patristica il campo è la Scrittura presa nella sua letteralità e testualità
uditiva o visiva, nella sua comprensione esterna e immediata. E il tesoro,
nascosto all'interno di questo campo delle Scritture, è la Parola di Dio.
L'essere umano che desidera incontrarsi con la Parola di Dio si comporta come
colui che ha venduto tutto e perciò, pur di appropriarsi del tesoro, cercherà di
familiarizzarsi, nel modo più completo possibile, con la conoscenza letterale
del testo, perché sa che solo al suo interno potrà incontrare la Parola di Dio.
Se la Parola di Dio è veramente il
tesoro che più di ogni altra cosa abbiamo a cuore, allora, e soltanto allora,
saremo disposti a rischiare tutto per unirci a essa e farla nostra.
In cerca della perla preziosa
La piccola parabola della perla preziosa è analoga: «
45Il
regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose;
46trovata una perla di grande
valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra
».(v. 45-46).
La differenza tra le due risiede nel diverso atteggiamento dell'uomo che si
imbatte nel tesoro. Nel primo caso questo accade in modo estremamente semplice,
senza alcuna antecedente preparazione. Si trattava di un semplice contadino o un
povero bracciante, che all'improvviso si imbatte in ciò che non attendeva.
Nella seconda parabola, invece, è presentato un uomo che impegna tutta la
propria vita in questa attività di ricerca. Quando finalmente trova la perla
preziosa alla quale aveva rivolto tutte le proprie speranze ed energie, senza
bisogno di riflettere più a lungo vende tutti i suoi averi e la compra.
Attraverso la continua ricerca era cresciuta in lui quella disponibilità al
distacco che lo teneva pronto a qualsiasi radicalità. Infatti chi non cerca
veramente non si decide mai, non trova mai il motivo giusto per donarsi, perché
in realtà cerca altro. Vuole solo sistemare se stesso. Ovunque guardi si rende
conto che si tratta sempre di sacrificare qualcosa. Ma non è disposto a fare
nulla del genere.
Questa parabola, con la sua straordinaria ricchezza, mette a nudo il segreto di
molti cuori. Non ci si può nascondere
dietro facili scuse del
tutto false. È meglio confessare onestamente
che si preferisce rimanere nella nostra mediocrità, ammettendo il peccato
di aver contrabbandato la pigrizia chiamandola maliziosamente serenità. Ma è
inutile barare. Se non c'è la radicalità richiesta dal Vangelo; se non si
vendono tutti i nostri averi con spontaneità generosa, dovrebbe essere chiaro
che ciò che abbiamo intravisto non è ancora il tesoro. È una falsa pietra
preziosa che vogliamo far apparire come oro.
Il regno dei cieli è dunque simile ad un mercante che va continuamente in cerca
di perle preziose, ma quando ne ha trovata una di grande valore, va, vende tutti
i suoi averi e la compra, perché sa molto bene che può costruirci su tutta la
vita. Due righe che racchiudono un insegnamento di profondità straordinaria. Una
Parola che, spada vera a due tagli, penetra fino alla congiuntura delle ossa e
ne spacca il midollo .
La rete che accoglie tutti i pesci
La parabola della rete gettata nel mare è quella che si avvicina di più a quella
della zizzania, di cui si parlava all'inizio. Viene mostrato un pescatore molto
generoso, assai simile al contadino della parabola del seminatore. Il pescatore
di questa nostra parabola non è un qualunquista. Si tratta di una persona saggia
che sa di non possedere uno scandaglio razionale giù nel fondo del mare, e che
se vuole prendere pesci buoni deve accettare che la rete ne raccolga anche
alcuni niente affatto buoni. In un secondo momento farà la scelta che si
rivelerà necessaria tra pesci commestibili, da mettere da parte, e pesci cattivi
da gettare via. Per intanto il saggio pescatore accoglie tutti senza distinzione
o discriminazione.
La prospettiva di questa parabola sembra essere dunque quella della generosità:
una rete gettata nel mare che raccoglie ogni genere di pesci.
Così è il regno dei cieli. Non fa distinzione di persone. Accoglie tutti. La
Chiesa è universale, non è Chiesa di santi in modo esclusivo, ma di santi e
peccatori insieme. Anche in questo caso il riferimento alla parabola della
zizzania può essere illuminante: lo stare insieme, tra erbe cattive e grano
buono, può rivelarsi addirittura positivo. La comunità dei credenti potrebbe
essere vista come un prato abitato da fiori che forse non sarebbero emersi senza
l'humus garantito dall'erba. Eppure l'occhio si ferma
sul fiore, non tiene conto del prato.
Dobbiamo riconoscere ed accettare che le nostre comunità siano composte da
persone fragili, in attesa che, di tanto in tanto, emerga una figura di
particolare ricchezza, come un dono assolutamente gratuito voluto dal Signore
nella sua Chiesa.
Molto presto, nella storia della Chiesa, vi è stato chi si è scandalizzato per
il messaggio sotteso ad una parabola
come questa.
Gli spiritualisti sono sempre esistiti… Lo scandalo si fa ancor più grave
quando si guarda alla storia della Chiesa nel suo insieme, dal Papa fino
all'ultimo dei battezzati. Sono state commesse le nefandezze più grandi. È lo
scandalo dei moralisti di tutti i tempi, delle persone che si autodefiniscono
oneste, e che dall'alto della loro onestà, puntano il dito per crocifiggere la
Chiesa, la comunità, la parrocchia, la famiglia cristiana. Quante nostre
famiglie si sentirebbero umiliate perché non riescono ad essere del tutto sane
come vorrebbero. In realtà spesso si fa di tutto per nascondere e mascherare il
proprio limite, non solo perché non si ha il coraggio di accettarlo, ma anche
perché non manca mai chi ce lo sbatte in faccia.
Può succedere che diventiamo talmente ambigui e ipocriti da pretendere che sia
virtù ciò che invece, osservato alla luce della Parola di Dio, è soltanto vizio,
passione non orientata bene e, senza saperlo, pecchiamo contro lo Spirito santo
che è luce di verità, che illumina tutto per comunicare la gioia di sentirci
riconciliati, perdonati, accolti, con i nostri limiti, nel campo del Signore.
Questa rete piena di ogni genere di pesci può indicare anche semplicemente la
nostra personalità, la nostra persona. È molto difficile accoglierla con tutti i
suoi limiti psichici, spirituali, morali, accoglierla come questa rete piena di
ogni genere di pesci, ma anche disponibile al discernimento compiuto dal
confronto con la Parola di Dio. Abbiamo cominciato
dal macrocosmo ecclesiale e
ci rendiamo conto dunque che dobbiamo dire la stessa cosa a proposito del
microcosmo personale: non vogliamo essere riconciliati da nulla e da nessuno,
fino al punto da trasformare ipocritamente allo sguardo nostro e degli altri un
nostro vizio in virtù, una nostra passione in amore, il nostro egoismo in
generosità, la nostra schiavitù in libertà. Accettare la situazione per quella
che è non significa essere
qualunquisti e perdere ogni capacità
di discernimento.
Al vaglio del giudice
Prosegue la parabola: «
48Quando
è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci
buoni nei canestri e buttano via i cattivi
». È importante che i pescatori siano
seduti nel fare questo. Infatti adesso sono sullo scanno del giudice, come
amministratori di giustizia.
Il discernimento si compie con criteri oggettivi.
Prima era stato dato spazio alla soggettività. Adesso c'è un esame da superare:
occorre verificare se si è disposti alla piena e perfetta conformazione con lui
oppure no. Infatti solo i pesci buoni si raccolgono nei canestri, mentre i
cattivi inesorabilmente si buttano via. Il giudizio ci sarà
comunque, anche
se rimandato
al tempo della raccolta o della mietitura.
Ciò che segue nella parabola
parallela della zizzania
è ancora più incisivo. Nel
giudizio escatologico definitivo non saremo noi a discernere tra pesci
commestibili e quelli da buttare via; ma «
La mietitura è
la fine del mondo e i mietitori sono gli angeli.
40Come dunque si raccoglie la zizzania
e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo.41Il
Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno..
» (Mt 13, 39-41).
Dunque nessuno autorizza ad essere
giudici dei propri fratelli mentre si è ancora in via, in pellegrinaggio. Il
giudizio è riservato, alla fine del mondo, a Colui
che manderà i suoi angeli a tirare su la rete, per distinguere e
separare. Nel frattempo vale ciò che era stato già detto agli operai troppo
impetuosi della parabola della zizzania: «
Lasciate che
l’una e l’altro crescano insieme » (Mt 13,30).
Un criterio che potremmo definire ecumenico. Il Nuovo Testamento non si presta
al fanatismo, non si presta alle definizioni sbrigative che pongono barriere
invalicabili fra le persone. Certamente ci sarà un giudizio, ma non spetta
all'essere umano giudicare: «
Non giudicate, per non essere giudicati; perché con il
giudizio con il quale giudicate sarete giudicati voi e con la misura con la
quale misurate sarà misurato a voi » (Mt 7,1-2). Non è un semplice
invito alla tolleranza. È molto di più. È un invito a sentirsi tutti fratelli
allo stesso
modo, sospendendo un
giudizio che appartiene soltanto a Dio.
E poi chissà! Forse i pesci commestibili potrebbero rendere tali anche quelli
che non lo sono. Colui che può dare figli ad Abramo anche dalle pietre può
certamente trasformare in cuore di carne il cuore impietrito di chi non si
lascia afferrare assolutamente da
Cristo. Abituatevi
a tirar
fuori dal tesoro che vi è stato affidato cose già sapute, già dette e
cose ancora da dire. D'altra parte ci fidiamo anche della parola di Gesù che ha
detto:
« Quando verrà
lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà
da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future.»
(Gv 16,13). Sotto il magistero dello Spirito sapremo infatti attingere
dall'Antico e dal Nuovo Testamento, dal passato e dal presente e ci apriremo con
gioia e generosità verso il nostro futuro.
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ORATIO
Domando umilmente di poter essere coerente con le indicazioni emerse dalla
meditatio. Esprimo fede, speranza, amore. La preghiera si estende e diventa
preghiera per i propri amici, per la propria comunità, per la Chiesa, per tutti
gli uomini. La preghiera si può anche fare ruminando alcune frasi del brano
ripetendo per più volte la frase/i che mi hanno fatto meditare.
Gesù, fa che possa avere
sempre viva nel cuore
la certezza che il Regno dei cieli
è il vero tesoro e che ogni giorno
la sua bellezza mi affascini a tal punto
che tutto il resto mi sia indifferente.
Con tutto il cuore ti chiedo perdono
perché il peso degli anni
|
e il vento gelido
del tran tran quotidiano
hanno affievolito
il mio entusiasmo per te.
Signore, donami
quel guizzo di entusiasmo
che mi può fare interamente nuovo.
(don Canio Calitri) |
CONTEMPLATIO
Avverto il bisogno di guardare solo a Gesù, di lasciarmi raggiungere dal suo
mistero, di riposare in lui, di accogliere il suo amore per noi. È l’intuizione
del regno di Dio dentro di me, la certezza di aver toccato Gesù. È
Gesù che ci precede, ci accompagna, ci è vicino, Gesù solo! Contempliamo in
silenzio questo mistero: Dio si fa vicino ad ogni uomo!
Per Cristo, con Cristo e in Cristo a te, Dio Padre Onnipotente,
nell’unità dello Spirito Santo,
ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoli.
Amen
ACTIO
Mi impegno
a vivere un versetto di questi brani, quello che mi ha colpito di più.
Si compie concretamente un’azione che cambia il cuore e converte la vita. Ciò
che si è meditato diventa ora vita!
Prego con la Liturgia delle Ore, l’ora canonica del giorno adatta al momento.
Concludo il momento di lectio recitando con calma la preghiera insegnataci da
Gesù: Padre Nostro...
Arrivederci!
(spunti liberamente tratti da alcune lectio di padre Innocenzo Gargano, monaco
camaldolese)