Venero la Parola di Dio, l’Icona ed il Crocifisso. Traccio sulla mia persona il Segno della mia fede, il Segno della Croce, mi metto alla presenza del Signore che vuole parlarmi.
O Signore, Signore nostro, quanto è mirabile il tuo nome su tutta la terra! Voglio innalzare sopra i cieli la tua magnificenza, con la bocca di bambini e di lattanti. Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita,
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la luna e le stelle che tu hai fissato, che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi, il figlio dell’uomo, perché te ne curi? O Signore, Signore nostro, quanto è mirabile il tuo nome su tutta la terra!
(dal Salmo 8)
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Veni, Sancte Spiritus, Veni, per Mariam.
Facciamoci “provocare” da alcune considerazioni di don Paolo Scquizzato della comunità dei sacerdoti
del Cottolengo, che analizza alcuni brani evangelici noti ma li rilegge sotto una luce un po’ diversa da
quella alla quale siamo in genere abituati.
Buona meditazione e buona preghiera.
LECTIO Apro la Parola di Dio e leggo in piedi il brano che mi viene proposto. (Lc 4, 16-30)
16Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. 17Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:
“18Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, 19a proclamare l'anno di grazia del Signore”.
20Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all'inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi ditutti erano fissi su di lui. 21Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».
22Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». 23 Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: "Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!"». 24Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. 25Anzi, in verità io vi dico: c'erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; 26ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova a Sarepta di Sidone. 27C'erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».
28All'udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. 29Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. 30Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.
MEDITATIO Seduto, rileggo la Parola per più volte, lentamente. Anche la lettura della Parola di Dio è preghiera. Siamo entrati in quella zona più sacra e più lunga del nostro Ritiro On Line: il grande silenzio ! Il protagonista è lo Spirito Santo.
Il modo migliore per assaporare un brano delle Scritture è accoglierlo in noi come un cibo nutriente per il nostro spirito, è avere la certezza che sia Dio a volerci parlare per farci entrare nelle dimensioni del suo disegno di amore e di salvezza. Se ascoltiamo attentamente la Parola potremo entrare in un rapporto vivo con il Padre, per lasciarci plasmare dal suo stesso "cuore".
GESU’ PRESENTA IL SUO “PROGRAMMA DI VITA”
La prima importante osservazione, nel leggere questo brano del Vangelo, è che Gesù, all'inizio della sua missione, attraverso le parole del profeta Isaia presenta ai suoi concittadini il suo programma di vita, di rivelazione del volto del Padre: l'annuncio della bella notizia ai poveri, la liberazione ai prigionieri, la vista ai ciechi...
La sua citazione di Isaia non è però letterale, ma incompleta; dopo le parole «a promulgare l'anno di grazia del Signore» (Is 61,2), il profeta aggiunge: «il giorno di vendetta del nostro Dio». Gesù nella citazione non legge questo versetto. Perché Dio non è venuto a portare vendetta. Per questo possiamo dire che Gesù è venuto a correggere, o meglio a perfezionare, l'immagine di Dio sedimentata nel popolo ebraico.
Non solo i farisei si aspettavano che Dio, quando fosse venuto, avrebbe fatto un po' di pulizia: anche Giovanni Battista lo sperava. La sua previsione era: «Egli quando verrà vi battezzerà in Spirito santo e fuoco» (Lc 3,16). Negli Atti degli Apostoli, il Signore risorto dice ai suoi discepoli: «Giovanni battezzò con acqua, voi invece, tra non molti giorni, sarete battezzati in Spirito Santo» (At 1,5).
Il fuoco non c'è. Gesù distrugge l'idea di fondo che quando Dio verrà distruggerà con il fuoco, manderà all'inferno, consumerà i cattivi, premierà i buoni.
I “SUOI” (noi?)
Una seconda osservazione. Gesù si trova nella sinagoga di Nazareth, là dove era cresciuto (v. 16). In quel luogo preposto alla preghiera, vi si trovano i "suoi": i suoi concittadini, quelli che sanno tutto su Gesù, sulla sua famiglia, sulla sua vita, che lo conoscono bene insomma. E inizialmente rimangono entusiasti di Gesù, delle sue parole: «Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia» (v. 22). Ma solo inizialmente; infatti Gesù non tarda molto a metterli in crisi: "Voi pensate di conoscermi così bene, tanto da pretendere qualcosa da me", in questo caso miracoli...
In fondo, i “suoi" siamo noi. Siamo coloro che rischiano di ragionare in questo modo: «Io sto molto con te, Gesù, frequento la chiesa, cerco di comportarmi bene, a volte leggo anche la Parola, assolvo i comandamenti e i precetti, non ho mai fatto male a nessuno... Però tu, per questo, devi riconoscermi, e darmi qualcosa in cambio». È in fondo l'«io ti do e tu mi dai» proprio di tante religioni, già accennato in queste nostre riflessioni.
È la religione del commercio, della pretesa:
se io mi comporto così, Dio allora dovrà comportarsi così nella mia vita...
Gesù vuol farci uscire da questa religiosità per introdurci ed educarci alla fede, quella vera. Fede vuol dire seguirlo per conoscerlo, non conoscerlo per addomesticarlo.
Dio è sempre, e irrevocabilmente, dono. E per questo non va preteso, ma semplicemente atteso e accolto.
Dio opera là dove non si pretende nulla, solo dove ci si fa pura accoglienza.
L'essere dei suoi, l'essere "di chiesa", l'essere moralmente irreprensibili, il farsi trovare senza peccati, "puliti", integri e santi... ebbene, tutto questo dinanzi a Dio conta relativamente! Egli non elargisce il suo bene a questa categoria di perfetti, perché l'amore non è premio né merito. Dio elargirà il suo bene innanzitutto a chi non rinviene in sé nulla che possa attirare il suo amore.
«Tutto è grazia» (Georges Bernanos).
Dio cerca coloro che si fanno accoglienza, vuoti, coloro che non vantano credenziali, per poter concedere il suo dono, la sua vita, il suo amore. Un proverbio cinese recita: l'essenziale di un vaso non sta nella forma o nella preziosità del materiale, ma nel fatto d'essere vuoto.
Ma i "suoi" non sono vuoti, bensì pieni d'ira: «All'udire queste cose si riempirono di sdegno» (v. 28), e vogliono farlo morire.
LA SALVEZZA PER I PUBBLICANI E I LEBBROSI
Per il Vangelo, paradossalmente occorre giungere ad essere pagani e lebbrosi per sperimentare chi è Dio nella nostra vita, per poterlo accogliere! Infatti Gesù ricorda che al tempo del profeta Elia fu salvata dalla carestia, e le fu resuscitato un figlio, una povera vedova pagana e non un'ebrea osservante (v. 26), e che al tempo d'Eliseo fu guarito un lebbroso pagano e non un pio religioso israelita (v. 27): proprio perché non avevano nulla da vantare: loro che erano i "lontani", gli "impuri", sono stati salvati.
Pare di sentire Gesù quando dice: «Pubblicani e prostitute vi passeranno dinanzi nel regno dei cieli» (Mt 21,31).
L’unico salvato di cui ci dà notizia il Vangelo è il delinquente sulla croce, a cui Gesù ha detto: «Oggi sarai con me in paradiso» (Lc 23,43); l'unico che torna a casa giustificato, dopo la preghiera al tempio, è un pubblicano peccatore (Lc 18,14); l'unico a godere dell'abbraccio di Dio, e ad essere da lui rivestito da principe, è il disgraziato scappato da casa, detto anche figliol prodigo (Lc 15,l lss.); l'unico ad essere caricato sulle spalle dal pastore (dal Padre) e a sperimentare così la sua sconfinata gioia è la pecorella smarritasi nel deserto (Lc 15,4ss.).
NON C’E’ PIU’ RELIGIONE…
E i benpensanti, i suoi, non possono accettare una cosa del genere! Se Dio è così, non c'è più religione... Si è sempre sentito dire che il reprobo va punito, e il giusto premiato. Per questo, i suoi, ora vogliono farlo morire. Un Dio così non può esistere: dove andremmo a finire?
Si è detto che Gesù risulta essere pieno di Spirito, di vita e di amore; i "suoi", invece, sono pieni di collera e d'ira, ovvero di spirito di morte. È impressionante come Luca, già al capitolo quarto, quello in cui si trova il nostro brano, stia delineando molto chiaramente il percorso della vita di Gesù che si concluderà sulla croce: è già questo il racconto della passione che Gesù vivrà a Gerusalemme.
Proprio quando lo abbatteranno, cioè quando lo innalzeranno sulla croce, lui sarà davvero il Messia. Il male, rifiutandolo, non fa che realizzare il dono che lui oggi viene a portare, cioè il dono della libertà per tutti e dell'apertura degli occhi sulla Verità.
METTERSI IN CAMMINO METTENDOCI NELLE MANI DEI FRATELLI
Egli potrà mettersi in cammino «… passando in mezzo a loro, si mise in cammino» (v. 30) perché, e solo perché, è passato in mezzo a loro; solo perché l'hanno preso, ferito, ucciso, egli può camminare, perché "l'amore riporta vittoria laddove viene sconfitto". L’amore dev'essere ferito per poter manifestare ciò che è: cammino in avanti, apertura infinita verso l'oltre.
«Si mise in cammino» esprime proprio questo: un inizio, una risurrezione destinata a non finire più. Questo è l'amore. L’amore funziona così: dà il meglio di sé solo se è abbattuto.
Ciò che ci farà camminare, e per sempre, sarà il fatto che siamo passati in mezzo ai fratelli, cioè ci siamo messi nelle loro mani in un gesto di amore, di dono, di presa in carico. E ci troveremo alla fine a fare un passo oltre il precipizio, per poi accorgerci di camminare per aria.
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ORATIO Domando umilmente di poter essere coerente con le indicazioni emerse dalla meditatio. Esprimo fede, speranza, amore. La preghiera si estende e diventa preghiera per i propri amici, per la propria comunità, per la Chiesa, per tutti gli uomini. La preghiera si può anche fare ruminando alcune frasi del brano ripetendo per più volte la frase/i che mi hanno fatto meditare.
«Non è costui il figlio del
falegname?»
di tutti i giorni. come al solito.
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Aiutami a non trovare in questo,
motivo di scandalo;
Ma ad amare ciò che mi hai
messo tra le mani,
Perché tu vuoi che la
prenda in mano
(da “50 preghiere per i cercatori di speranza” di Stefania Perna) |
CONTEMPLATIO Avverto il bisogno di guardare solo a Gesù, di lasciarmi raggiungere dal suo mistero, di riposare in lui, di accogliere il suo amore per noi. È l’intuizione del regno di Dio dentro di me, la certezza di aver toccato Gesù.
È Gesù che ci precede, ci accompagna, ci è vicino, Gesù solo! Contempliamo in silenzio questo mistero: Dio si fa vicino ad ogni uomo!
Per Cristo, con Cristo e in Cristo a te, Dio Padre Onnipotente,
nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoli.
Amen
ACTIO Mi impegno a vivere un versetto di questi brani, quello che mi ha colpito di più.
Si compie concretamente un’azione che cambia il cuore e converte la vita. Ciò che si è meditato diventa ora vita!
Prego con la Liturgia delle Ore, l’ora canonica del giorno adatta al momento.
Concludo il momento di lectio recitando con calma la preghiera insegnataci da Gesù: Padre Nostro...
Arrivederci!
(spunti da una riflessione di don Paolo Scquizzato)