Venero la Parola di Dio, l’Icona ed il Crocifisso. Traccio sulla mia persona il Segno della mia fede, il Segno della Croce, mi metto alla presenza del Signore che vuole parlarmi.
Signore, usa le mie labbra per dire al mondo che la vita ha scassinato il forziere della morte. Usa le mie labbra per baciare i lebbrosi di ogni periferia della terra. |
Usa le mie labbra per pronunciare il tuo nome. Usa le mie labbra, Signore Gesù. Sono tue. (Emily Shenker) |
Veni, Sancte Spiritus, Veni, per Mariam.
LE VIE PER LA FELICITA’
Nelle beatitudini Gesù indica il cammino verso la vera felicità, che non è un sentimento bensì un’attitudine; non si basa su ciò che si possiede, ma su una gioia interiore, ben più profonda, che possiamo incontrare nell’intimo di noi stessi.
LA FELICITA’ – LE OTTO BEATITUDINI
LECTIO Apro la Parola di Dio e leggo in piedi i brani che mi vengono proposti.
«Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se muore, porta molto frutto» (Gv 12,24)
“In verità, in verità vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un inviato è più grande di chi lo ha mandato. Sapendo queste cose, siete beati se le mettete in pratica” (Gv 13, 16-17)
“Io sono la vite vera e il Padre mio è l'agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. lo sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli” (Gv 15, 1-8)
“Uscì e andò, come al solito, al monte degli Ulivi; anche i discepoli lo seguirono. Giunto sul luogo, disse loro: "Pregate, per non entrare in tentazione". Poi si allontanò da loro circa un tiro di sasso, cadde in ginocchio e pregava dicendo: "Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà". Gli apparve allora un angelo dal cielo per confortarlo. Entrato nella lotta, pregava più intensamente, e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadono a terra. Poi, rialzatosi dalla preghiera, andò dai discepoli e li trovò che dormivano per la tristezza. E disse loro: "Perché dormite? Alzatevi e pregate, per non entrare in tentazione" (Lc 22,39-46)
"Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?". E Gesù gli rispose: "Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette" (Mt 18, 21-22)
Vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati.
Beati i miti, perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli» (Mt 5, 1-10)
MEDITATIO Seduto, rileggo la Parola per più volte, lentamente. Anche la lettura della Parola di Dio è preghiera. Siamo entrati in quella zona più sacra e più lunga del nostro Ritiro On Line: il grande silenzio ! Il protagonista è lo Spirito Santo.
Il modo migliore per assaporare un brano delle Scritture è accoglierlo in noi come un cibo nutriente per il nostro spirito, è avere la certezza che sia Dio a volerci parlare per farci entrare nelle dimensioni del suo disegno di amore e di salvezza. Se ascoltiamo attentamente la Parola potremo entrare in un rapporto vivo con il Padre, per lasciarci plasmare dal suo stesso "cuore".
La felicità
Indipendentemente dal sesso, dalla religione, dall'etnia, dalla condizione sociale, tutti cerchiamo di essere felici. Ma che cos'è la felicità?
"Felice" proviene dal latino felix, che originariamente voleva dire "fertile", "fruttuoso", “che dà frutto”. Per estensione del significato, poiché ciò che è fertile è anche propizio, favorevole, felix è diventato sinonimo di "fortunato", "allegro", "soddisfatto".
Felicità allora è il dono di dare frutto. Si può dire che essere felice non è soltanto arrivare al momento del raccolto, ma fare tutto il lavoro che viene prima di avere il granaio pieno: la preparazione del campo, la semina, l'attesa, la cura durante la crescita e, alla fìne, la mietitura. La felicità ha inizio nella decisione di seminare!
Mentre si lavora per arrivare alla raccolta dei frutti, la felicità accompagna questo processo. Questo proposito deve essere vero, sincero ed essenziale nella nostra vita. E’ il senso che diamo a ciò che facciamo.
La felicità secondo Gesù
Per Gesù, la felicità può essere intesa nell'ambito di questa concezione. In quello che ci dice, Gesù non associa l'essere felice a un lavoro finito, realizzato, e nemmeno a una vita priva di preoccupazioni, sofferenze, persecuzioni. Se essere felici è dare frutto, ecco cosa ci ha detto Gesù: «Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se muore, porta molto frutto».
Si capisce che, per Gesù, per dare frutto è necessario mettere a repentaglio la vita, avere un motivo fondamentale per il quale vivere ...
La felicità è il fondamento, il supporto che sostiene le nostre azioni. Se non c'è "morte", dono totale di sé a un impegno, allora rimaniamo soli, con i nostri egoismi in un mondo illusorio. Ma quando sappiamo dove vogliamo andare e ci mettiamo in cammino, il frutto, la felicità, ci seguirà fin dal primo passo.
Nel vangelo di Giovanni, Gesù ci rivela il cammino di questa felicità tanto cercata: “In verità, in verità vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un inviato è più grande di chi lo ha mandato. Sapendo queste cose, siete beati se le mettete in pratica”. Così per Gesù la felicità non è legata a un momento, non è una circostanza, ma la disposizione a riconoscere l'autorità di Dio su di noi.
È bene aver coscienza che la nostra vita non ci appartiene; abbiamo la vita, siamo vivi ... ma il soffìo della vita è di Dio.
Quando tentiamo di sederci sul trono che appartiene all'Altissimo, cadiamo inevitabilmente in una insoddisfazione esistenziale, poiché non è in nostro potere cambiare la maggior parte delle cose che capitano. Ciò che possiamo fare è dare senso a tutto ciò che ci accade. Se crediamo in Lui e viviamo questa verità, allora, grazie ad ogni accadimento, percepiremo gli occhi di Dio che vegliano su di noi.
La volontà di Dio
È difficile, lo sappiamo bene, parlare di volontà di Dio. Abbiamo la nostra propria volontà, siamo liberi di decidere, è vero; ma esiste una ragione più grande per la quale siamo vivi, e questo è innegabile. Quando riusciamo a contemplare la nostra esistenza nel contesto di questo universo più grande, allora percepiamo che esiste un perché, che le cose semplicemente non capitano per caso.
Questo insegnamento di Gesù è direttamente collegato alla parabola della vite e dei tralci: non siamo noi l'agricoltore, non siamo la vite, siamo solamente i tralci... Questo insegnamento può essere liberante per noi.
Soltanto rimanendo in Dio porteremo frutto e saremo felici ... ma per far questo è necessario essere potati, una volta o l'altra. Molte delle potature che riceviamo nella vita ci inducono a ribellarci, al momento non le comprendiamo, ma una lettura più ampia della nostra storia ci farà vedere che in tutto ciò che accade c'è la pedagogia di Dio.
Felici soffendo?
Per noi è difficile capire e concepire le beatitudini. Come si può essere felici o beati patendo la fame, soffrendo, essendo calunniati?
La felicità non sta nel benessere, nella bonaccia, ma nella accettazione di ciò che stiamo vivendo con questa o quella situazione.
Se siamo immersi nella sofferenza, e la croce è semplicemente croce, siamo crocefissi, e gridiamo e recalcitriamo.
Ma se riusciamo a guardare oltre quel momento, quella circostanza, riempiendo di senso con maggiore giudizio la nostra esistenza, allora il dolore acquista un senso. Anche se soffriamo, la ragione principale che muove la nostra vita ci farà felici, poiché non ci arrendiamo, non desistiamo, non pieghiamo la testa, ma "lottiamo" con dignità.
Qui la lotta non è contro le sofferenze, alcune delle quali sono inevitabili, ma si tratta di lotta interiore che ingaggiamo con noi stessi di fronte alla quale possiamo credere: lottare è non perdere mai la speranza e avere davanti agli occhi la fede sincera che ci muove.
È il grande assenso, il grande "amen" della liturgia ... Sia fatta, si compia la tua volontà, Signore ... io credo.
Gesù ci ha preceduti
Gesù ha sperimentato questo dono di sé nel momento più cruciale della sua vita: "Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà".
Ai discepoli insegna che la preghiera è l'armatura principale per non cadere in tentazione. In questo caso, la peggiore tentazione è desistere, abbandonarsi alla disperazione di coloro che attraversano la vita senza la luce della fede.
La tristezza ci fa cadere nel sonno di fronte alla vita. Dormire è la stessa cosa che tentare di rifugiarci in un mondo di sogni e non affrontare la realtà.
Gesù chiede ai discepoli: «Perché dormite?». Questa domanda è rivolta anche a noi tutte le volte che cerchiamo un riparo sicuro nella fantasia, nell'irreale, e non siamo sufficientemente forti per lottare.
Gesù poi dice ai discepoli: «Alzatevi e pregate, per non entrare in tentazione». Alzarsi in questo caso è lo stesso che prendersi su la vita, è caricarsi la propria croce.
È mettendosi sulle spalle la croce che si manifesta la felicità, poiché in questo modo si tengono gli occhi fissi negli occhi del Padre.
La felicità non è…
Quando la felicità è incostante, instabile, allora non siamo felici, viviamo dormendo.
La felicità non è tutta la ricchezza del mondo, non sono tutti i piaceri che la vita può darci, non è l'avere o il possedere, la felicità non è la persona che io desidero. La felicità non sta lì davanti agli occhi, non può essere toccata con le mani, non può essere gustata col palato, la felicità non sta e non starà mai fuori.
Per questo siamo così infelici, poiché cerchiamo nelle cose ciò che non si può abbracciare.
La felicità comincia con un viaggio interiore
La stessa espressione "cercare la felicità" dovrebbe essere messa in questione. Infatti, si cerca ciò che non abbiamo o che perdiamo.
Il verbo "cercare" ci porta quasi sempre nel mondo esterno. Per questo associamo erroneamente la felicità con oggetti, persone o situazioni. E nel caso dell'infelicità tendiamo a credere che in certi momenti il mondo cospira per la nostra infelicità, e possiamo elencare le persone che secondo noi sono la causa per cui siamo infelici.
Questo è pericoloso poiché responsabilizziamo gli altri di ciò che è invece personale.
La ricerca della felicità, se non è stata preceduta dalla ricerca di se stessi, in un viaggio interiore di autoconoscenza, non varrà a nulla.
La felicità è virtù!
Le otto vie per la felicità
Nella Sacra Scrittura il numero otto è simbolico. Il numero sette riflette la pienezza, l'infinito, è un numero perfetto: "Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?". E Gesù gli rispose: "Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette".
Otto è sette più uno, come un di più di pienezza. Agli occhi di Dio, otto è grazia che non si contiene in sé, che trabocca.
Le otto beatitudini sono il traboccare di felicità dell'anima in Dio. Non c'è nulla che offuschi la luce, la presenza di Dio in noi, questo fuoco che arde senza vedersi.
Un viaggio difficile
Parlando delle beatitudini, nessuno ha la pretesa di dare ricette per essere felice. Non è possibile concepire la felicità come qualcosa di esterno, fuori di noi. Infatti, queste vie non sono strade che si vedono.
La realtà che mi circonda, le situazioni esterne che vivo, le relazioni che stabilisco devono condurmi a una interiorizzazione di quello che sono, come sono e dove pretendo di arrivare. Si tratta di un cammino ...
Questo viaggio sarà, certamente, uno dei più difficili. Perché, quando cerchiamo la verità dentro noi stessi, siamo come di fronte a uno specchio che riflette non solo la nostra immagine fisica, ma tutto ciò che siamo interiormente.
E non è sempre facile guardarci e soprattutto accettarci.
Chi è pienamente beato?
Gesù parla di otto beatitudini, ma potrebbero essere quindici, venti, non importa il numero, non si tratta di una cifra precisa. È pienamente beato colui che guarda la vita come qualcosa di più.
Beato è colui che non vive soltanto momenti di felicità, ma compie il suo cammino esistenziale con una pace interiore tale da dominare qualsiasi situazione estrema.
Sono beati quelli che sono illuminati dalla fede in qualcosa e, di fronte a questo credere, a questo avere fiducia, si donano totalmente.
Beato chi ha costruito la sua casa sulla roccia: non importa ciò che arriva, venti, tempeste, terremoti, uragani ... le basi di quella casa rimangono stabili.
Al contrario, quando edifichiamo la nostra costruzione interiore, forgiamo il nostro essere guidati dalla vanità, dalla fretta, dalla prepotenza, dall' arroganza, quando crediamo di essere il centro dell'universo, e ci incoroniamo signori di noi stessi, allora la nostra casa è costruita sulla sabbia ... al minimo soffio, siamo come polvere sollevata dal vento.
La strada per essere felici è ascoltare e mettere in pratica la parola di Gesù.
Gesù afferma che sono beati coloro che vivono la povertà, il dolore, la mansuetudine, coloro che hanno sete di giustizia, che sono misericordiosi, che cercano la pace, sono puri di cuore e sono perseguitati a causa del Regno di Dio.
Il frutto
Dopo ogni beatitudine, Gesù sembra assegnare un premio a chi si impegna a viverla.
Ma attenzione: non è una medaglia, come accade a chi corre la maratona. Non è un indennizzo.
È piuttosto il frutto.
Un'azione genera l'altra: il “premio” è piuttosto il risultato del seme messo sotto terra, è frutto del lavoro, della fatica, del voler essere sempre fedeli a Dio e alla sua volontà.
È la gratuità dell'amore del Padre.
ORATIO Domando umilmente di poter essere coerente con le indicazioni emerse dalla meditatio. Esprimo fede, speranza, amore. La preghiera si estende e
diventa preghiera per i propri amici, per la propria comunità, per la Chiesa, per tutti gli uomini. La preghiera si può anche fare ruminando alcune frasi del brano
ripetendo per più volte la frase/i che mi hanno fatto meditare.
Qual è la logica del tuo regno? Perché devo farlo io? Non spetta a me. Sono arrivato fino qui, dopo anni di studio, di lavoro, di sacrifici. Ho una posizione, un titolo e un nome. Sono qualcuno, e merito rispetto. Perché dovrei ripartire da zero? Perché dovrei abbassarmi fino al più basso dei gradini? Come fai, Gesù, a non capire questo? |
Perché non mi guardi in faccia mentre ti parlo? Perché fai finta di non ascoltarmi? Perché lavi i miei piedi e li asciughi come se tu fossi l’ultimo dei servi? Nell’acqua del catino ti vedo capovolto: un dio alla rovescia, un uomo al contrario. Fammi capire, Gesù: qual è la logica del tuo Regno?
(da “Hai un momento, Dio?”) |
CONTEMPLATIO Avverto il bisogno di guardare solo a Gesù, di lasciarmi raggiungere dal suo mistero, di riposare in lui, di accogliere il suo amore per noi. È l’intuizione del regno di Dio dentro di me, la certezza di aver toccato Gesù.
È Gesù che ci precede, ci accompagna, ci è vicino, Gesù solo! Contempliamo in silenzio questo mistero: Dio si fa vicino ad ogni uomo!
Per Cristo, con Cristo e in Cristo
a te, Dio Padre Onnipotente,
nell’unità dello Spirito Santo,
ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoli.
Amen
ACTIO Mi impegno a vivere un versetto di questi brani, quello che mi ha colpito di più.
Si compie concretamente un’azione che cambia il cuore e converte la vita. Ciò che si è meditato diventa ora vita!
Prego con la Liturgia delle Ore, l’ora canonica del giorno adatta al momento.
Concludo il momento di lectio recitando con calma la preghiera insegnataci da Gesù: Padre Nostro...
Arrivederci!
(spunti liberamente tratti da una riflessione di padre Erlin, missionario claretiano)