RITIRO ON LINE                                                                                                   
dicembre 2018

                                                                                                                                                                                                                                                

 

Venero la Parola di Dio, l’Icona ed il Crocifisso.   Traccio sulla mia persona il Segno della mia fede, il Segno della Croce, mi metto alla presenza del Signore che vuole parlarmi. 

 

 

E' bello cantare inni

 

al nostro Dio,

 

è dolce innalzare la lode.

 

Egli conta il numero

 

delle stelle

 

e chiama ciascuna per nome.

 


 

Il Signore sostiene i poveri.

 

Intonate al Signore

 

un canto di grazie,

 

sulla cetra cantate inni

 

al nostro Dio.

 

 

(dal salmo 147)

 

Veni, Sancte Spiritus, Veni, per Mariam.

 

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Le ore del giorno scorrono rapide. Impossibile fermarle.

Il credente però le può «redimerle».

 

Continuano le lectio liberamente tratte da alcune riflessioni di don Davide Caldirola, sacerdote della Chiesa di Milano.

Buona meditazione e buona preghiera.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LECTIO Apro la Parola di Dio e leggo in piedi il brano che mi viene proposto.  (Matteo 2,1-12)

 

1Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme 2e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». 3All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. 4Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. 5Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: 6E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele».

7Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella 8e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo».

9Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. 10Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. 11Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. 12Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

MEDITATIO   Seduto, rileggo la Parola per più volte, lentamente. Anche la lettura della Parola di Dio è preghiera. Siamo entrati in quella zona più sacra e più lunga del nostro Ritiro On Line: il grande silenzio !  Il protagonista è lo Spirito Santo.

 Il modo migliore per assaporare un brano delle Scritture è accoglierlo in noi come un cibo nutriente per il nostro spirito, è avere la certezza che sia Dio a volerci parlare per farci entrare nelle dimensioni del suo disegno di amore e di salvezza. Se ascoltiamo attentamente la Parola potremo entrare in un rapporto vivo con il Padre, per lasciarci plasmare dal suo stesso "cuore".

 

 

Alla luce di una stella: l'ora del cammino

 

 

 

Di notte

Non tutte le notti sono buie, non tutte sono lugubri e vuote. C'è la luminosa notte della nascita, c'è l'abbagliante notte di Pasqua. Ma la notte può essere anche il momento del cammino. Per lo meno è stato così per quei misteriosi personaggi che noi chiamiamo «i re Magi». Una cosa è certa: hanno camminato alla luce di una stella, cioè di notte. Quello della stella, a pensarci bene, è un segno molto debole, fragilissimo. Le stelle sorgono al buio, e ci vuole molto buio per poterle vedere. Di giorno spariscono, si perdono con la luce del sole. Chi si orienta alla luce di una stella deve imparare a camminare di notte, al chiarore tenue di questi punti luminosi intensi e fragilissimi, che una nuvola può inghiottire in un istante, che un temporale improvviso può cancellare e far scomparire.

 

Anche il viaggio notturno dei Magi non è esente da pasticci, errori, ritardi e confusioni, e in questo ricorda molto da vicino il nostro arrancare, il nostro perderci e ritrovarci, e forse anche il nostro desiderio di non arrenderci, di ritrovare la via ogni volta in cui ci siamo perduti. La notte diventa il momento del cammino: un cammino tutt'altro che semplice, esposto a ogni tipo di insidia e di fatica. Eppure un cammino possibile, a patto che si possa vedere almeno una stella, o che si possa stringere tra le mani una piccola luce. O trovare qualcuno a cui attaccarsi, a cui dare la mano. Infatti se qualche volta il coraggio e la forza vengono meno, abbiamo la mano di un amico che ci afferra, abbiamo un Signore che con noi percorre le strade senza sole e senza stelle dell'affanno e della fatica quotidiana, delle cadute e degli inciampi da cui continuamente ci dobbiamo rialzare.

Entriamo dunque nel cammino dei Magi, in questa loro incrollabile fiducia riposta in un segno piccolissimo, tanto più luminoso quanto più la notte è oscura. Ci fa bene contemplare il loro viaggio ancora prima che cominci, scrutarlo nella sua genesi incerta, nell'incomprensibile pagina della prima apparizione di una stella, per accompagnarlo fino al termine, su quell'«altra strada», ancora una volta ignota e sconosciuta, che saranno costretti a percorrere dopo aver adorato il Bambino.

 

Prima del viaggio: un'irresistibile attrazione

C'è un principio guida nel cammino dei Magi, una luce che esercita un'attrazione irresistibile. Per certi aspetti è più forte addirittura del chiarore del sole.

«Alcuni Magi vennero da oriente», scrive Matteo. Significa che i Magi girano le spalle all'oriente, al sole che sorge, per andare da Gesù. Camminare verso il sole

 che sorge è immagine forte: evoca scenari di conquista, di crescita, di pienezza. I Magi imboccano la direzione contraria, vanno verso occidente, verso il tramonto,

 verso ciò che deperisce e viene a mancare. Non si può comprendere perché agiscano in questo modo dissennato, lasciando la sicurezza e gli onori della loro casa.

A meno di accettare l'idea di una rivelazione folgorante, della scoperta di qualcosa di irresistibile. In realtà i Magi non partono grazie a una decisione, ma perché sono

 come stregati, afferrati da qualcosa di più grande di loro. È la chiamata alla vita. È la vocazione.

I Magi raccolgono questo coraggio, fanno pochi calcoli. Partire più che una scelta è diventata una necessità; la strada chiede a gran voce di essere percorsa.

A volte occorre pensare in questi termini al percorso della propria fede. C'è qualcosa di irresistibile, che sta agli inizi, una chiamata legata a segni esili che pure

 appaiono certissimi. E si parte, ci si fida.

Poi la luce può venire a mancare, e il cammino divénta un gioco di richieste e domande perché si è smarrita la strada. Ma ogni tanto il Signore ci rimette tra le mani la grazia di vedere qualcosa che ci aveva attratto, e ci ridice che possiamo ricominciare, che la sua luce non si è mai spenta. Rileggere la pagina del viaggio dei Magi significa allora accogliere l'invito a custodire la grazia degli inizi, a chiedere al Signore che ci ridoni giorni in cui ci sentiamo irresistibilmente attratti dalla sua luce.

 

 

Durante il viaggio: la fatica della ricerca

I Magi fanno  una lunga strada  per  vedere  e adorare il Signore. Una strada che possiamo solo immaginare, che il Vangelo di Matteo non prova neppure a descrivere.

Ma di certo il Vangelo ci dice che i Magi sanno domandare, ascoltano; più che cercare segni sanno accoglierli, e trovano i segni perché camminano: «dicevano: “Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo”» Non hanno paura di cambiare strada, o di perderla, o di trovare ostacoli, corrono perfino il rischio di lasciarsi imbrogliare. E qui vale la pena spendere due parole su Erode, questo tragico e terribile personaggio, uno dei più crudeli che la storia ricordi. Perfino lui diventa utile nella ricerca dei Magi, senza averne nessuna intenzione, pur essendo preoccupato soltanto di difendere il proprio potere. La Provvidenza si serve anche di un uomo così, delle sue paure, delle sue debolezze, e insieme della sua cattiveria e della sua ferocia, per condurre in porto la faticosa navigazione dei Magi. È consolante pensarlo, dal nostro punto di vista, di persone che a volte si pensano troppo fragili o troppo impastate di peccato e di cattiveria per fare qualcosa di buono, per riscattare magari con un gesto soltanto una vita costruita su abissi di miseria e di ingratitudine. Non siamo mai così poveri o così cattivi da non poter fare nulla di buono. Anche se lo facciamo senza accorgerci...

Il testo di Matteo ci invita a contemplare l'assoluta mancanza di linearità del cammino dei Magi, a fare i conti con la loro difficile strada: c'è buona volontà, ma anche ingenuità; ci sono delusioni,  ci sono domande e richieste poste alle persone sbagliate. I pochi segni incerti sono decifrati a fatica; molta della loro vita e della loro ricchezza è parola che riguarda il passato; il futuro, in compenso, è un enigma tutto da sciogliere. Impossibile non riconoscersi nel loro viaggio notturno, nel loro movimento disordinato in mezzo alle tenebre, che è cifra della nostra vita quotidiana. Alla fine arrivano, perché più forte del loro perdersi è il desiderio di Gesù di incontrarli. La vita è tutto questo, la loro come la nostra: un viaggio dove nulla è sicuro. Solo l'attesa di Dio rimane certa, e la sua volontà insopprimibile di accoglierci.

 

Una sosta nel viaggio: la gioia ritrovata

C'è un momento di grande commozione nel percorso dei Magi. Matteo ce lo descrive così: «Al vedere la stella provarono una gioia grandissima». Non è ancora la fine del viaggio, ed è ancora notte. C'è ancora molto da camminare, ma tutto diventa più semplice, tutto assume un altro tono e un altro colore. Impressiona notare come Matteo non parli della gioia dei Magi nel momento in cui incontrano e adorano il Bambino, ma ne parli in termini entusiastici al riapparire della stella. I Magi ritrovano una “persona cara”, applaudono al ritorno di un'amica che si era perduta. La gioia del ritrovare è grande perché ha superato la prova della perdita e della sconfitta.

Capita così anche nella nostra vita, quando improvvisamente si riaccende una luce, quando si scoprono segni per cui rallegrarsi. La vita è bella quando ritrovi qualcuno che avevi perso, quando raccogli sprazzi di luce, istanti di commozione che credevi smarriti per sempre. Quando ti  viene  riaffidata per  puro  dono la vita di un'altra persona, quando ti viene offerta la possibilità di ripartire. Prima però occorre passare attraverso la dolorosa esperienza del perdere, del venir meno.

 

La fine del viaggio: l'adorazione e il dono

 

Anche il viaggio dei Magi trova una sua conclusion: «Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra.». E’ una conclusione carica di stupore, imprevedibile. La stella li porta in una stalla e li induce a guardare verso la terra e non verso il cielo, verso una mangiatoia, e non verso un trono. Sarà stato semplice, per i Magi, riconoscere il Re dei Re in mezzo alla polvere, in una collocazione inadeguata alla sua dignità e alla sua grandezza?

Ancora una volta Matteo non ci dà notizie precise, e ci lascia solo intuire i sentimenti dei Magi, rivelandoci un particolare importante. Se rileggiamo il testo scopriamo che i Magi prima vedono Gesù e lo adorano, poi aprono gli scrigni coi loro doni. Prima «cadono a terra» in adorazione, e solo in un secondo momento offrono i loro doni.

Sono anzitutto conquistati da lui, dal Bambino; sono talmente presi dalla sua presenza, dalla sua luce, che non hanno fretta di offrire quanto hanno faticosamente portato fino alla stalla. Non guardano ai loro stessi regali, come se fossero preoccupati di far bella figura davanti a lui; i doni possono anche aspettare! Prima c'è da cadere a terra, in adorazione silenziosa. Al centro c'è Gesù, non ci sono loro con la loro generosità. Il loro è un dono che non ruba la scena a nessuno.

Questo atteggiamento è profondamente consolante, per noi che rileggiamo duemila anni dopo la pagina di Matteo, forse consapevoli di quanto poco abbiamo da offrire al Signore al termine del cammino delle nostre giornate. Se il nostro scrigno è vuoto, possiamo sempre adorarlo e contemplarlo, e per lui è abbastanza. Dio non ha bisogno dei nostri regali; non dobbiamo ingraziarcelo, o rabbonirlo con offerte e sacrifici. Lui non vuole delle cose: vuole noi, la nostra persona, la nostra presenza. Accetta quanto gli portiamo soltanto se è segno vero, gratuito, disinteressato del bene che gli vogliamo.

Vogliamo pensare la vita come lieta restituzione di quanto ci è stato dato, e non come la disperata e affannosa ricerca di chi vuole guadagnare prestigio davanti a Dio e agli uomini, vantandosi del bene che fa o della ricchezza del proprio dono.

 

Il ritorno a casa: il pellegrinaggio universale

Finisce il viaggio dei Magi con un ritorno per altra via: «Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese».

I Magi riprendono a viaggiare. Tornano indietro, tornano sui loro passi, ma non attraverso le medesime strade. Per loro mettersi di nuovo in cammino non significa ripetere all'infinito i medesimi gesti, le medesime parole, i medesimi discorsi. Significa trovare nuovi accenti, nuovi messaggi, nuovi gesti, nuovi percorsi. Fuggono la tentazione di ripetersi, di riproporre il medesimo schema, di voler ritrovare a tutti i costi la «magia» del primo viaggio, del primo incontro.

Il ritorno dei Magi è una ripresa, non una ripetizione. Non si chiedono come far rivivere il successo o la magia dell'incontro precedente, ma accettano la sfida del cambiamento, la promettente e insicura novità di un percorso diverso.

Anche i Magi, dunque, avranno dovuto rinunciare ai progetti e imparare a muoversi per tentativi. Avranno dovuto azzardare qualche scelta, si saranno resi disponibili a cambiare in corsa gli schemi e i programmi.

Questo loro tratto «elastico» ci invita a rileggere con più pacatezza la nostra azione quotidiana. I progetti che abbiamo in testa riguardo alla nostra vita, i nostri sogni, le nostre scommesse, hanno bisogno di essere purificati col fuoco, di essere riletti a partire da ciò che realmente siamo in grado di fare qui e ora. Hanno bisogno, se necessario, di essere accantonati e cambiati, di essere riletti e trasformati. Anche nei progetti migliori c'è sempre qualche casella vuota, qualche nome fuori posto  che fa saltare l'equilibrio.  Nella vita si impara a non essere troppo rigidi, si acquisisce la virtù dei grandi allenatori, che sanno fare i cambi giusti, quelli che risolvono la partita. La vita non è fatta solo di progetti, ma anche di tentativi. Saperli miscelare con attenzione e con cura è virtù da domandare al Signore.

Il viaggio di ritorno dei Magi ci interpella riguardo  alla  nostra  capacità di cambiare, di non ripeterci, di muoverci anche per tentativi, di cercare nuovi percorsi quando i vecchi si sono interrotti, o non sono più praticabili.

 


I Magi di tutti I tempi

 

Ma il ritorno dei Magi non è ancora finito. Essi sono diventati l'emblema delle genti che da tutto il mondo arrivano al presepe. Quello che pare il percorso di tre statuine composte e benvestite è in realtà un movimento confuso di cammelli, dromedari, uomini, donne, bambini, vettovaglie, masserizie. Ci piace pensare che tutto questo agitarsi dell'uomo, questo suo errare come viandante mosso dalla disperazione, dalla fame, dalla guerra, dalla fede o da qualsiasi altra causa, poco alla volta riesca a trovare un senso.

È necessario un nostro vagare per trovare un senso e una direzione. Spesso nel cammino dell'umanità si fondono insieme confusione e ricchezza; ogni spostamento dell'uomo crea nello stesso tempo squilibrio e risorsa. Dai Magi ci sentiamo spinti a guardare con maggiore tenerezza ai passi del nostro vagare, e a quelli di un'umanità intera che cerca posto nel mondo; da loro impariamo a rileggere più serenamente l'inquieto percorso della storia umana e del suo continuo movimento.

 

La parola per la mia vita: quattro atteggiamenti

Come primo spunto di meditazione proviamo a suggerire quattro atteggiamenti, quattro stili di preghiera personale e di scelte concrete che nascono e maturano dall'ascolto di un testo così.

Il primo. Consegno nelle mani del Signore le fatiche della mia ricerca. Rileggo gli avvenimenti più recenti della mia vita e provo a interpretarli alla luce della Parola. Cosa muove le mie decisioni, come reagisco di fronte alla fatica e alle difficoltà del cammino, cosa sto veramente cercando?

 

Il secondo. Affido alla grazia di Dio i miei compagni di strada. Li ricordo ad uno ad uno e prego per loro. Provo a fare memoria di qualche momento di gioia o anche di tensione che ho condiviso con loro. Ringrazio per il loro affetto e la loro presenza, per i momenti in cui sulla mia strada riappare la luce di una stella. Ricordo che i Magi si sono «trovati», non si sono scelti. Anche nella vita capita così. Faticosamente si impara a camminare insieme.

 

Il terzo. Contemplo il mondo con le sue carovane di persone in continuo movimento. Penso ai tanti magi del giorno d'oggi che iniziano viaggi lunghissimi, spesso senza tesori da portare se non quelli di grandi speranze, spesso in fuga più che in pellegrinaggio. Faccio i conti con le mie resistenze ad accoglierli, a interessarmi di loro anche solo da lontano. Prego per un'umanità pacificata e solidale.

 

Il quarto. Provo a incominciare. Forse c'è un gesto che mi viene chiesto da molto tempo, una cosa che ho sempre rimandato  anche se ne avverto  l'importanza e l'urgenza, un impegno che non mi sono mai voluto prendere. Trovo un buon gesto di inizio, dò principio a un'opera, e verifico la mia scelta con una persona che mi possa consigliare e accompagnare.

 

    

 

 

 


 

ORATIO Domando umilmente di poter essere coerente con le indicazioni emerse dalla meditatio. Esprimo fede, speranza, amore. La preghiera si estende e diventa preghiera per i propri amici, per la propria comunità, per la Chiesa, per tutti gli uomini. La preghiera si può anche fare ruminando alcune frasi del brano ripetendo per più volte la frase/i che mi hanno fatto meditare.

Alla fine dei giorni,

il monte del tempio del Signore

sarà saldo sulla cima dei monti

e s’innalzerà sopra i colli,

e ad esso affluiranno tutte le genti.

Il Signore sarà giudice fra le genti

e arbitro fra i popoli.

Spezzeranno le loro spade

e ne faranno aratri,

 

delle loro lance faranno falci;

una nazione non alzerà più

la spada contro un’altra nazione,

non impareranno più l’arte

della guerra.

Venite, camminiamo nella luce

del Signore.



(da Isaia 2)
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CONTEMPLATIO     Avverto il bisogno di guardare solo a Gesù, di lasciarmi raggiungere dal suo mistero, di riposare in lui, di accogliere il suo amore per noi. È l’intuizione del regno di Dio dentro di me, la certezza di aver toccato Gesù.  È Gesù che ci precede, ci accompagna, ci è vicino, Gesù solo! Contempliamo in silenzio questo mistero: Dio si fa vicino ad ogni uomo!

 

Per Cristo, con Cristo e in Cristo a te, Dio Padre Onnipotente,  

nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoli.  Amen

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ACTIO     Mi impegno a vivere un versetto di questi brani, quello che mi ha colpito di più.

Si compie concretamente un’azione che cambia il cuore e converte la vita. Ciò che si è meditato diventa ora vita!  Prego con la Liturgia delle Ore, l’ora canonica del giorno adatta al momento.

Concludo il momento di lectio recitando con calma la preghiera insegnataci da Gesù: Padre Nostro...

Arrivederci!  

  

(spunti liberamente tratti da una lectio di don Davide Caldirola, della Chiesa di Milano)

 

 

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