Venero la Parola di Dio, l’Icona ed il Crocifisso. Traccio sulla mia persona il Segno della mia fede, il Segno della Croce, mi metto alla presenza del Signore che vuole parlarmi.
E' bello cantare inni
al nostro Dio,
è dolce innalzare la lode.
Egli conta il numero
delle stelle
e chiama ciascuna per nome.
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Il Signore sostiene i poveri.
Intonate al Signore
un canto di grazie,
sulla cetra cantate inni
al nostro Dio.
(dal salmo 147) |
Veni, Sancte Spiritus, Veni, per Mariam.
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Le ore del giorno scorrono rapide. Impossibile fermarle.
Il credente però le può «redimerle».
Continuano le lectio liberamente tratte da alcune riflessioni di don Davide
Caldirola, sacerdote della Chiesa di Milano.
Buona meditazione e buona preghiera.
LECTIO Apro
la Parola di Dio e leggo in piedi il brano che mi viene proposto.
(Matteo
2,1-12)
1Nato
Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da
oriente a Gerusalemme
2e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei
Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo».
3All’udire
questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme.
4Riuniti
tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul
luogo in cui doveva nascere il Cristo.
5Gli risposero: «A Betlemme di
Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta:
6E tu, Betlemme,
terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda: da te
infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele».
7Allora
Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo
in cui era apparsa la stella
8e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate
e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo
sapere, perché anch’io venga ad adorarlo».
9Udito
il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li
precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino.
10Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima.
11Entrati
nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo
adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e
mirra.
12Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra
strada fecero ritorno al loro paese.
MEDITATIO
Seduto, rileggo la Parola per più volte, lentamente.
Anche la lettura della Parola di Dio è preghiera. Siamo entrati in quella zona
più sacra e più lunga del nostro Ritiro On Line:
il grande
silenzio ! Il protagonista è lo Spirito
Santo.
Il
modo migliore per assaporare un brano delle Scritture è accoglierlo in noi
come un cibo nutriente per il nostro spirito, è avere la certezza che sia
Dio a volerci parlare per farci entrare nelle dimensioni del suo disegno di
amore e di salvezza. Se ascoltiamo attentamente la Parola potremo entrare in
un rapporto vivo con il Padre, per lasciarci plasmare dal suo stesso
"cuore".
Alla
luce di una stella: l'ora del cammino
Di notte
Non tutte le notti sono buie, non tutte sono lugubri e vuote. C'è la luminosa
notte della nascita, c'è l'abbagliante notte di Pasqua. Ma
la notte
può essere
anche il
momento del
cammino. Per lo
meno è
stato così
per quei
misteriosi personaggi che
noi chiamiamo
«i re
Magi». Una cosa è certa: hanno camminato alla luce di una stella, cioè di
notte. Quello della stella, a
pensarci bene,
è
un
segno molto
debole, fragilissimo. Le
stelle sorgono
al buio,
e ci
vuole molto buio per poterle
vedere. Di giorno spariscono, si perdono
con la
luce del
sole. Chi
si orienta
alla luce
di una stella deve imparare a
camminare di notte, al chiarore tenue
di questi
punti luminosi
intensi e
fragilissimi, che una
nuvola può
inghiottire in
un istante,
che un
temporale improvviso può cancellare e far
scomparire.
Anche il viaggio notturno dei Magi non è esente da pasticci, errori, ritardi e
confusioni, e in questo ricorda molto da vicino il nostro arrancare, il nostro
perderci e ritrovarci, e forse anche il nostro desiderio di non arrenderci, di
ritrovare la via ogni volta in cui ci siamo perduti. La notte diventa il momento
del cammino: un cammino tutt'altro che semplice, esposto a ogni tipo di insidia
e di fatica. Eppure un cammino possibile, a patto che si possa
vedere almeno una
stella, o
che si
possa stringere tra le mani
una piccola luce. O trovare qualcuno a cui attaccarsi, a cui dare la
mano. Infatti se
qualche volta
il coraggio
e la
forza vengono
meno, abbiamo la mano di un amico che ci afferra, abbiamo un Signore che
con noi percorre le strade senza sole e senza
stelle dell'affanno
e della
fatica quotidiana,
delle cadute
e degli
inciampi da
cui continuamente ci dobbiamo
rialzare.
Entriamo dunque nel cammino dei Magi, in questa loro incrollabile fiducia
riposta in un segno piccolissimo, tanto più luminoso quanto più la notte è
oscura. Ci fa
bene contemplare
il loro
viaggio ancora
prima che cominci,
scrutarlo nella
sua genesi
incerta, nell'incomprensibile
pagina della
prima apparizione
di una
stella, per accompagnarlo
fino al
termine, su
quell'«altra
strada»,
ancora una
volta ignota
e sconosciuta, che
saranno costretti a percorrere
dopo aver adorato il Bambino.
Poi la luce può venire a mancare, e il cammino divénta un gioco di richieste e
domande perché si è smarrita la strada. Ma
ogni tanto
il Signore
ci rimette
tra le
mani la
grazia di vedere qualcosa che ci aveva attratto, e ci ridice che possiamo
ricominciare, che la sua luce non si è mai spenta. Rileggere la pagina del
viaggio dei Magi significa allora accogliere l'invito a custodire la grazia
degli inizi, a
chiedere al
Signore che
ci ridoni
giorni in
cui ci
sentiamo
irresistibilmente
attratti
dalla
sua
luce.
I Magi fanno una lunga strada
per vedere
e adorare il Signore. Una strada che possiamo solo immaginare, che il
Vangelo di Matteo non prova neppure a descrivere.
Ma di certo il Vangelo ci dice che i Magi sanno domandare, ascoltano; più che
cercare segni sanno accoglierli, e trovano i segni perché camminano:
«dicevano:
“Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella
e siamo venuti ad adorarlo”»
Non hanno
paura di
cambiare strada,
o di
perderla, o
di trovare ostacoli, corrono perfino il rischio di lasciarsi imbrogliare.
E qui vale la pena spendere due parole su Erode, questo tragico e terribile
personaggio, uno dei più crudeli
che la
storia ricordi.
Perfino lui
diventa utile nella ricerca
dei Magi, senza averne nessuna intenzione, pur essendo preoccupato soltanto di
difendere il proprio potere.
La Provvidenza
si serve
anche di
un uomo
così, delle
sue paure,
delle sue
debolezze, e
insieme della sua cattiveria e della sua ferocia, per condurre in
porto
la faticosa
navigazione dei
Magi. È consolante pensarlo, dal nostro punto
di vista,
di persone
che a
volte si
pensano troppo fragili
o troppo
impastate di
peccato e
di cattiveria
per fare qualcosa di buono, per riscattare magari con un gesto
soltanto una
vita costruita
su abissi
di miseria
e di ingratitudine.
Non siamo
mai così
poveri o
così cattivi da
non poter
fare nulla
di buono.
Anche se
lo facciamo senza
accorgerci...
Il testo di Matteo ci invita a contemplare l'assoluta mancanza di linearità del
cammino dei Magi, a fare i conti con
la loro
difficile strada:
c'è buona
volontà, ma anche ingenuità;
ci sono delusioni, ci sono domande
e richieste poste alle persone sbagliate. I pochi segni incerti sono decifrati a
fatica; molta della loro vita e della loro ricchezza è parola che riguarda il
passato; il futuro, in compenso, è un enigma tutto da sciogliere. Impossibile
non riconoscersi
nel loro
viaggio notturno, nel loro
movimento disordinato in mezzo alle tenebre, che è cifra della nostra vita
quotidiana. Alla fine arrivano,
perché più
forte del
loro perdersi
è il
desiderio di Gesù
di incontrarli.
La vita
è tutto
questo, la
loro come la nostra: un
viaggio dove nulla è sicuro. Solo l'attesa di Dio rimane certa, e la sua volontà
insopprimibile di accoglierci.
Una sosta nel viaggio: la gioia ritrovata
C'è un momento di grande commozione nel percorso
dei Magi.
Matteo ce
lo descrive
così: «Al
vedere
la stella
provarono una gioia
grandissima».
Non è
ancora la
fine del
viaggio, ed
è ancora
notte. C'è
ancora molto da camminare, ma tutto diventa più semplice, tutto assume un
altro tono e un altro colore. Impressiona notare come Matteo non parli della
gioia dei Magi nel momento in cui incontrano e adorano il Bambino, ma ne parli
in termini entusiastici al
riapparire della
stella. I
Magi ritrovano
una “persona cara”, applaudono al ritorno di un'amica che si
era perduta.
La gioia
del ritrovare
è grande
perché ha superato la prova della perdita e della sconfitta.
Capita così anche nella nostra vita,
quando improvvisamente si riaccende una luce, quando si scoprono segni
per cui rallegrarsi. La vita è bella quando ritrovi qualcuno che avevi perso,
quando raccogli sprazzi di luce, istanti di commozione che credevi smarriti per
sempre. Quando ti viene
riaffidata per
puro dono la vita di
un'altra persona, quando ti viene offerta la possibilità di ripartire. Prima
però occorre passare attraverso la
dolorosa esperienza
del perdere,
del venir meno.
La fine del viaggio: l'adorazione e il dono
Anche il
viaggio dei
Magi trova
una sua
conclusion:
«Entrati
nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo
adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e
mirra.».
E’ una
conclusione carica
di stupore,
imprevedibile. La stella
li porta
in una stalla e
li induce
a guardare
verso la terra e non verso il cielo, verso una mangiatoia, e non verso un
trono. Sarà stato semplice, per i Magi, riconoscere il Re dei Re in mezzo alla
polvere, in una collocazione inadeguata alla sua dignità e alla sua grandezza?
Ancora una volta Matteo non ci dà notizie precise, e ci lascia solo intuire i
sentimenti dei Magi, rivelandoci un
particolare importante. Se rileggiamo il testo scopriamo che i Magi
prima vedono Gesù
e lo
adorano,
poi
aprono gli
scrigni coi
loro doni. Prima «cadono a
terra» in adorazione, e solo in un secondo momento offrono i loro doni.
Sono anzitutto conquistati da lui, dal Bambino; sono talmente presi
dalla sua
presenza, dalla
sua luce,
che non
hanno fretta di offrire quanto hanno faticosamente portato fino
alla stalla.
Non guardano
ai loro
stessi regali,
come se fossero preoccupati di far bella figura davanti a lui; i doni
possono anche aspettare! Prima c'è da cadere a terra,
in adorazione
silenziosa. Al
centro c'è
Gesù, non ci sono loro con la
loro generosità. Il loro è un dono che non ruba la scena a
nessuno.
Questo atteggiamento è profondamente consolante, per
noi che
rileggiamo duemila
anni dopo
la pagina
di Matteo, forse consapevoli di quanto poco abbiamo da offrire al Signore
al termine del cammino delle nostre giornate. Se il nostro scrigno è vuoto,
possiamo sempre adorarlo e
contemplarlo, e per lui è abbastanza. Dio non ha bisogno dei nostri regali; non
dobbiamo ingraziarcelo, o rabbonirlo con offerte e sacrifici. Lui non vuole
delle cose: vuole noi, la nostra persona, la nostra presenza. Accetta quanto gli
portiamo soltanto se è
segno vero,
gratuito, disinteressato
del bene
che gli vogliamo.
Vogliamo pensare la vita come lieta restituzione di quanto ci è stato dato, e
non come la disperata
e affannosa
ricerca di
chi vuole
guadagnare prestigio davanti a Dio e agli uomini, vantandosi del bene che
fa o della ricchezza del proprio
dono.
Il ritorno a casa: il pellegrinaggio universale
Finisce il viaggio dei Magi con un ritorno per altra via: «Avvertiti
in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro
paese».
I Magi riprendono a viaggiare. Tornano indietro, tornano sui loro passi, ma non
attraverso le medesime strade. Per loro mettersi di nuovo in cammino non
significa ripetere all'infinito i medesimi gesti, le medesime parole, i medesimi
discorsi. Significa trovare nuovi
accenti, nuovi
messaggi, nuovi
gesti, nuovi
percorsi. Fuggono la
tentazione di ripetersi, di riproporre il
medesimo schema, di
voler ritrovare a
tutti i
costi la
«magia»
del primo viaggio, del primo incontro.
Il ritorno dei Magi è una ripresa,
non una
ripetizione. Non
si chiedono
come far rivivere
il successo
o la
magia dell'incontro
precedente, ma accettano
la sfida
del cambiamento,
la promettente e insicura
novità di un percorso diverso.
Anche i
Magi, dunque,
avranno dovuto
rinunciare ai progetti e
imparare a muoversi per tentativi. Avranno dovuto
azzardare qualche
scelta, si
saranno resi
disponibili a cambiare in corsa gli schemi e i programmi.
Questo loro tratto
«elastico»
ci invita a rileggere con più pacatezza la nostra azione quotidiana. I progetti
che abbiamo in testa riguardo alla nostra vita, i nostri sogni, le nostre
scommesse, hanno bisogno di essere purificati col fuoco, di essere riletti a
partire da ciò che realmente siamo in grado di fare qui e ora. Hanno bisogno, se
necessario, di essere accantonati e cambiati, di essere riletti e trasformati.
Anche nei progetti migliori c'è sempre qualche casella vuota, qualche nome fuori
posto che fa saltare l'equilibrio.
Nella vita si impara a non essere troppo rigidi, si acquisisce la virtù
dei grandi allenatori, che sanno fare
i
cambi giusti, quelli che risolvono
la partita. La vita non è
fatta solo di progetti, ma anche di tentativi. Saperli miscelare con attenzione
e con cura è virtù da domandare al
Signore.
Il viaggio di ritorno dei Magi ci interpella riguardo
alla nostra
capacità di cambiare, di non ripeterci, di muoverci anche per tentativi,
di cercare nuovi percorsi quando i vecchi si sono interrotti, o non sono più
praticabili.
I Magi di tutti I tempi
Ma il ritorno dei Magi non è ancora finito. Essi sono diventati l'emblema delle
genti che da tutto il mondo arrivano al presepe. Quello che pare il percorso di
tre statuine composte e benvestite è in realtà un movimento confuso di cammelli,
dromedari, uomini, donne, bambini, vettovaglie, masserizie. Ci piace pensare che
tutto questo
agitarsi dell'uomo,
questo suo
errare come viandante mosso
dalla disperazione, dalla fame, dalla guerra, dalla fede o da qualsiasi altra
causa, poco alla volta riesca a trovare un
senso.
È necessario un nostro vagare per trovare un senso e una direzione. Spesso nel
cammino dell'umanità si fondono insieme confusione e ricchezza; ogni spostamento
dell'uomo crea nello stesso tempo squilibrio e risorsa. Dai Magi ci sentiamo
spinti a guardare con maggiore
tenerezza ai
passi del
nostro vagare,
e a
quelli di un'umanità intera che cerca posto nel mondo; da loro impariamo
a rileggere più serenamente l'inquieto percorso della storia umana e del suo
continuo movimento.
La parola per la mia vita: quattro
atteggiamenti
Come primo spunto di meditazione proviamo a suggerire quattro atteggiamenti,
quattro stili di preghiera personale e di scelte concrete che nascono e maturano
dall'ascolto di un testo così.
Il primo.
Consegno nelle
mani del
Signore le
fatiche della mia ricerca. Rileggo gli avvenimenti più recenti della mia
vita e provo a interpretarli alla luce della Parola.
Cosa muove
le mie
decisioni, come
reagisco di fronte
alla fatica
e alle
difficoltà del
cammino, cosa
sto veramente cercando?
Il secondo.
Affido alla grazia di Dio i miei compagni di strada. Li ricordo ad uno ad uno e
prego per loro. Provo a
fare memoria
di qualche
momento di
gioia o
anche di tensione che
ho condiviso
con loro.
Ringrazio per
il loro affetto
e la
loro presenza,
per i
momenti in
cui sulla
mia strada riappare
la luce
di una
stella. Ricordo
che i
Magi si sono
«trovati»,
non si
sono scelti.
Anche nella
vita capita così.
Faticosamente si
impara a
camminare insieme.
Il terzo.
Contemplo il mondo con le sue carovane di persone in continuo movimento. Penso
ai tanti magi del giorno
d'oggi che
iniziano viaggi
lunghissimi, spesso senza
tesori da portare se non quelli di grandi speranze,
spesso in
fuga più
che in
pellegrinaggio. Faccio
i conti con
le mie
resistenze ad
accoglierli, a
interessarmi di loro anche solo da lontano. Prego per un'umanità
pacificata e solidale.
Il quarto.
Provo a
incominciare.
Forse c'è un gesto che mi viene chiesto da molto tempo, una cosa che ho sempre
rimandato anche se ne
avverto
l'importanza e l'urgenza, un impegno che non mi sono mai voluto prendere. Trovo
un buon gesto di inizio, dò principio a
un'opera, e
verifico la
mia scelta
con una
persona che mi possa
consigliare e accompagnare.
ORATIO
Domando umilmente di poter essere coerente con le indicazioni emerse dalla
meditatio. Esprimo fede, speranza, amore. La preghiera si estende e diventa
preghiera per i propri amici, per la propria comunità, per la Chiesa, per tutti
gli uomini. La preghiera si può anche fare ruminando alcune frasi del brano
ripetendo per più volte la frase/i che mi hanno fatto meditare.
Alla fine dei giorni,
il monte del tempio del Signore
sarà saldo sulla cima dei monti
e s’innalzerà sopra i colli,
e ad esso affluiranno tutte le genti.
Il Signore sarà giudice fra le genti
e arbitro fra i popoli.
Spezzeranno le loro spade
e ne faranno aratri,
delle loro lance faranno falci;
una nazione non alzerà più
la spada contro un’altra nazione,
non impareranno più l’arte
della guerra.
Venite, camminiamo nella luce
del Signore.
(da Isaia 2)
CONTEMPLATIO
Avverto il bisogno di guardare solo a Gesù, di lasciarmi raggiungere dal suo
mistero, di riposare in lui, di accogliere il suo amore per noi. È l’intuizione
del regno di Dio dentro di me, la certezza di aver toccato Gesù. È
Gesù che ci precede, ci accompagna, ci è vicino, Gesù solo! Contempliamo in
silenzio questo mistero: Dio si fa vicino ad ogni uomo!
Per Cristo, con Cristo e in Cristo a te, Dio Padre Onnipotente,
nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria per tutti i secoli dei
secoli. Amen
ACTIO
Mi impegno
a vivere un versetto di questi brani, quello che mi ha colpito di più.
Si compie concretamente un’azione che cambia il
cuore e converte la vita. Ciò che si è meditato diventa ora vita!
Prego
con la Liturgia delle Ore, l’ora canonica del giorno adatta al momento.
Concludo il momento di lectio recitando con calma la preghiera insegnataci da
Gesù: Padre Nostro...
Arrivederci!
(spunti liberamente tratti da una lectio di don Davide Caldirola, della Chiesa
di Milano)
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