RITIRO ON LINE - aprile 2025
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Venero
la Parola di Dio, l’Icona ed il Crocifisso. Traccio sulla mia
persona il Segno della mia fede, il Segno della Croce, mi metto alla
presenza del Signore che vuole parlarmi.
Verbo fatto carne la Tua Parola mi salva,
ogni sua sillaba è medicina, conforto,
cura, calore, protezione.
La Tua Parola è tutto.
La Tua Parola sia il mio tutto.
(Luca Rubin - Un
minuto con Dio)
Veni, Sancte Spiritus, Veni, per Mariam.
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“COME SIGILLO SUL TUO CUORE”: il Cantico dei Cantici
Ci stiamo facendo aiutare da Don Salvatore Tardio (sacerdote dell’Arcidiocesi di Brindisi-Ostuni) ad entrare dentro a questo libro della Bibbia, poco conosciuto.
Don Salvatore, nel suo recente libro “Come
sigillo sul tuo cuore”, ci racconta un
amore inedito e coraggioso.
Oggi mediteremo e pregheremo ispirati dai primi versetti del Cantico, da 2 a 4.
Buona riflessione e buona preghiera!
LECTIO
Apro la Parola di Dio e leggo in piedi i brani che mi vengono proposti.
(Ct
1,2-4)
Sì,
le
tue
tenerezze
sono
più
dolci
del
vino.
3 Per la fragranza sono inebrianti i tuoi profumi, profumo olezzante è il tuo nome, per questo le giovinette ti
amano.
4Attirami dietro a te, corriamo! M'introduca il re nelle sue stanze: gioiremo e ci rallegreremo per te, ricorderemo
le
tue
tenerezze
più
del
vino. A ragione ti amano!
MEDITATIO
Seduto, rileggo la Parola per più volte, lentamente. Anche la lettura della
Parola di Dio è preghiera. Siamo entrati in quella zona più sacra e più lunga
del nostro Ritiro On Line: il grande
silenzio! Il protagonista è lo Spirito Santo.
Il
modo migliore per assaporare un brano delle Scritture è accoglierlo in noi
come un cibo nutriente per il nostro spirito, è avere la certezza che sia
Dio a volerci parlare per farci entrare nelle dimensioni del suo disegno di
amore e di salvezza. Se ascoltiamo attentamente la Parola potremo entrare in
un rapporto vivo con il Padre, per lasciarci plasmare dal suo stesso "cuore"
SOGNO D’AMORE – il desiderio di lui - (Ct 1,2-4)
(stralci da “Come sigillo sul tuo cuore”)
Ct
1,
2-4:
versetti densissimi e
profondissimi, da
suddividere in due parti. I versetti 2-3,
con la loro tematica e il versetto
4.
Ognuna di queste parti
incomincia con una richiesta. La prima: «Mi
baci con i baci della sua bocca!»; il verbo è alla
terza persona ed
esprime un desiderio,
esattamente come l’inizio del versetto 4:
«Attirami
dietro a te...!».
Ciascuna parte si chiude con una corale, la cui
chiave di lettura è l'amore:
«Per questo le ragazze di
te
si innamorano.
A
ragione
ti
amano»
(Ct
1,3
/
1,4).
Inizia
lei
a
parlare
e
il
suo
dire è
senza
preamboli,
senza premesse,
senza introduzione; arriva subito al cuore del discorso,
all’
espressione di
forte
desiderio
che
non lascia
margini di
dubbio.
La
lingua
ebraica
utilizza
parole
e
sostantivi che
hanno un assonanza particolare anche con
il corpo; mentre si pronunciano le parole ebraiche, le labbra si accostano
come nell'atto
del
baciare:
mi baci con i baci della sua bocca
!
Il
Cantico si apre dunque con
parole di
desiderio e tale si presenta l'amata: c'è
spasmo, anelito, brama sia di ciò che forse
è
già
stato oggetto di esperienza
—
ed
ora
non lo sperimenta
più
perché
lui
è
assente
—
sia
come
manifestazione
del
desiderio
di quanto non è ancora sperimentato.
Vedremo che negli 8 capitoli del Cantico si
ripete la medesima dinamica, scandita dal passaggio separazione-ricerca-
unione, la stessa alternanza: lei (Ct 1), oppure lui (Ct
4), oppure entrambi (Ct
7) esprimono il medesimo desiderio del
bacio.
La reciprocità
è
dunque
messa
in
rilievo
come
una
delle caratteristiche,
anzi
l'asse
portante
dell'amore:
non
ci
può
essere amore a senso unico!
Il
diverso
utilizzo
delle
persone
dei
verbi
—
terza
e
seconda
persona
—
porterebbe a
pensare da
una
parte
che
lui sia
presente,
che
lo
sposo
sia
finalmente
arrivato;
dall'altra
che
lei
lo
stia immaginando e che questo sogno sia talmente
forte da poter sentire lo sposo presente.
La bellezza del Cantico, infatti, sta proprio nell'ambiguità, un tratto
tipico della poesia dove non si ha mai la percezione di afferrare
correttamente ciò che il poeta scrive.
L'elemento “profumo” diventa fondamentale in
questo passaggio; quando si ama intensamente
una
persona, pronunciandone il
nome,
se
ne
avverte il profumo. L’innamorata del Cantico nel solo
pronunciare il
nome del
diletto
ne avverte il profumo
e
può
rivolgersi a
lui
quasi
fosse
presente,
mentre
in realtà è assente.
Il
desiderio
arriva
sempre
a
questa
“realtà”
di
presenza
“pur
nella distanza’, fino al riconoscimento identitario che solo un’intensità
d'amore produce: il titolo ricevuto dall'innamorato è quello di “Re”
(Ct
1,4) come a dire “ti considero e sei realmente il
signore della mia vita”.
I Padri della Chiesa vedono in questo Re già la
figura di Cristo, l'unto; il profumato per eccellenza con l'unzione
regale.
Chi
è dunque questo Re del Cantico, se non
l'amato? In ebraico l'amato viene definito “amato
mio”
creando un'altra assonanza linguistica con l'atteggiamento che egli assume
nei
confronti
dell'amata quando
la
riempie
di
carezze. Si è nella fase più alta
dell’innamoramento.
Il
versetto
4
inizia
con
un
desiderio:
«portami
via»
ed
assume
improvvisamente
una
coloritura inaspettata, meravigliosa,
straordinaria,
perché gli stessi verbi utilizzati
dall'autore
sono di
forte
richiamo
liturgico.
Quando
l'amata
afferma
«mi
introduca il Re
nelle sue
stanze»
sta
pensando alla
stanza
della
madre,
alla
stanza
del
desiderio,
dell'unione fisica,
ma poiché il sostantivo “stanza” in
ebraico significa anche Tempio, l'espressione assume una sfumatura
liturgica, confermata dal verbo “ricordare”, richiamo al
memoriale liturgico.
Gli
altri
verbi
utilizzati
—
“gioire
e
rallegrare”
—
sono
esattamente
quelli che
popolano i Salmi di ascensione verso
Gerusalemme, cantati dai pellegrini. Tutti questi legami liturgici
sono a
conferma
che
l'unione
dei
due
innamorati parla di Dio
senza nominarlo.
«A
ragione di te ci si innamora»:
la giovinetta del Cantico
dei Cantici non è gelosa, ma non è neppure
sprovveduta o ingenua; è sicura dell'amore di
lui
ed
è anche convinta che l'amore, di
per sé, è diffusivo. Non
teme neppure il fatto che lui
sia “amabile” anche
per gli
altri
e non solo
per lei; ciò
non implica sentimenti di gelosia e non
costituisce alcun limite all'amore. Quanto meravigliosa è la
libertà di questa donna di
fronte al
suo amato! Quanto meraviglioso
il
fatto
che
si sia
riconciliata
con il possesso, con l'impedimento all'apertura del
cuore e
indichi
così a
ciascuno il
percorso per giungere al più
alto
grado
di
libertà
d'amore:
se
sei
amabile
per me,
sei amabile per tutti!
Su che
cosa interroga ed esige risposta la
lettura di questa Parola?
Su
un
aspetto
che
molte
volte
nella
vita
si
assopisce, si addormenta e talvolta scompare,
rendendo l'esistenza arida
e insignificante. La
sfida
è
sulla
realtà
del
desiderio: il
desiderio
dell'amore!
…….
Il
desiderio, quando è
vero,
sincero, umile, puro,
costante, è
energia che canalizza e
fa
scendere l'amore. Il
desiderio è il motore della vita, è
l'anima di ogni rapporto, ma è anche ciò
che, paradossalmente, nelle relazioni si spegne per primo.
In
questi
versetti
il
desiderio
si
esprime
con
l'invocazione di un bacio, manifestazione
della comunione di spirito, comunione di respiro. Il Targum, il commento
ebraico alle Scritture, afferma che Dio creò Adamo con un bacio quando
soffiò nelle sue narici un alito di vita (Gen 2,7).
Sempre nella tradizione ebraica, Mosè
ricevette la
legge sul monte
Sinai mediante un bacio e quando Mosè morì
sul monte Nebo la sua
anima
era resistente ad
uscire
dal
corpo
perché
desiderava
ardentemente
mettere
piede
nella
Terra
promessa;
Dio
allora
lo
portò
con
sé
mediante
un
bacio.
È l'esperienza autentica dell'amore! Il ricordo dell'amore
accende il desiderio: è
per questo che l'atto di ricordare è
sempre questione di
cuore e
non
di
intelligenza. La memoria
e
il
ricordo
non
si
radicano nell’intelletto,
ma
nel
cuore.
La persona ricorda ciò che ha riscaldato
oppure ferito il cuore
ed
ogni
nostalgia, in fondo,
alla
radice,
è
nostalgia
di
amore.
La
sfida è mantenere acceso il desiderio, per essere attirati dietro l'amato. È questa la
domanda che il testo presenta: cosa
ne
abbiamo fatto del
nostro
desiderio, dei
nostri
desideri? Del desiderio di Dio?
L’innamoramento
è
sempre frutto di
una
follia, di un'ubriacatura;
non
per
nulla,
nel
Cantico,
si
parla
di
profumo
e di vino. Un forte profumo, un vino inebriante
possono portare
ad
una
specie di stordimento, così
come
quando ci
innamoriamo
siamo
preda
di
un'ebbrezza
insolita.
Al
credente
basterebbe
guardare
la
Croce
per
comprendere fin dove può arrivare questa
follia, fin dove può arrivare
l'ebbrezza
dell'amore
e
del
desiderio.
Negli innamoramenti di
ciascuno vi
è un aspetto di follia, di
illusione, un’idealizzazione
dell'amore
e
dell'altra
persona. È proprio nella relazione d'amore
che si conclude come una sorta di implicito patto: non
si dice verbalmente, ma nel profondo
si coltiva una speranza. Nell'amore per una persona, per un ideale, nei
confronti di Dio,
si
sancisce
e
si
stipula
un
accordo:
“Tu
ti
prenderai
sempre cura
di
me
e
io
mi
prenderò
sempre
cura
di
te!”.
Sembra
di toccare il cielo con un dito!
Capita anche
nelle vocazioni
religiose
o
di
vita consacrata, e a
nulla
vale
il
tentativo di dissuadere o ammorbidire l'enfasi della
vocazione stessa
facendo
aprire
gli
occhi
sul
“terribile quotidiano”
che
subentra
quando
ogni
entusiasmo iniziale finisce.
Non
ci si deve meravigliare delle resistenze a
tale proposito, perché fanno
parte
di
questa
prima
fase
dell’innamoramento. D'altra parte, senza
quel
pizzico di
follia, nessuno di noi sarebbe giunto a
scelte definitive nella vita e tanto
meno
nessuno
farebbe scelte di
consegna ad
un'altra
persona,
di consegna a Dio, ad un'amicizia, ad un
ideale!
L'implicito patto di cui si parla,
tuttavia,
è illusorio e prima o poi
svanisce, si scioglie. Questa negatività,
che percepiamo come un limite, non è sbagliata e sfugge al
dramma solo se si riesce a viverla come un
dono, come un passaggio: quello dall'innamoramento illusorio all'amore,
accogliendo così la sfida di permanere dentro a tale “tempo” con tutto il
bagaglio della nostra umanità.
Ciascuno affronterà questa crisi, questo
passaggio dall’illusione all'amore, dalla fase del
desiderio alla fase dell'amore
autentico
portando
con
sé
la
propria
personalità,
tutto ciò che è e che possiede. Chi
è maggiormente sicuro di sé o ha avuto
alle spalle radici familiari robuste, affronterà tale momento con maggior
sicurezza, con flessibilità, sapendosi adattare ai cambiamenti e agli
sconvolgimenti.
Qualcun altro
potrà vivere
il
passaggio con ansia
o con
forme
improprie di attaccamento, ma in ogni caso
esiste un principio comune con
cui
lo
si
affronta: quello dell'esodo! L'esodo
inteso
come disponibilità
ad
uscire
da
sé stessi, a
lasciare i
propri
schemi,
a sbilanciarci verso un centro che sta
fuori, all'esterno della nostra persona.
Allora la sfida sarà quella di una vita che
continua ad ardere di desiderio, nonostante l'amore sia ormai disincantato;
nonostante
si
sia
attraversata
la
grande,
faticosa,
dolorosa
fase
del calo di mito, dell’illusione disillusa,
dell’impatto con la realtà; quando crollano le magie e si vede finalmente
l'altro semplicemente per quello che è.
Questo è il tempo in cui il
desiderio,
attraverso
un
processo di
vero
esodo,
di
abbandono
di sé, di disponibilità a lasciare il
proprio schema mentale e ancor più di vita, giunge
a dire:
«Attirami dietro
a te!».
La
donna
del
Cantico insegna a guardare dove risiedono i desideri
frustrati, le realizzazioni incomplete, gli
“incompiuti”;
quando
il
desiderio
si
spegne
e
le
illusioni
diventano
simili ad una gabbia che imprigiona e
mortifica la
libertà.
Questo
passaggio
non
si può fare se non si è persone
disponibili ad attraversare la vita
e,
contemporaneamente,
a
lasciarsi
attraversare dai
cambiamenti,
dalle
sorprese,
dalle
inquietudini, dalle
novità,
dalle
necessità,
dai
bisogni.
Sarebbe un
dramma
rimanere
rinchiusi in
sé
stessi,
prigionieri del
“pensavo
che
fosse,
che
dovesse
essere per sempre e invece...”. È un vero
dramma questo fatuo ancoraggio, questa
chiusura e
avvitamento su
di
sé
che
induce
a
percorrere
regioni
egoistiche,
con
soluzioni
autocentrate rispetto all'amore, per
l’incapacità di adattarsi al nuovo.
Tuttavia,
nonostante il prezzo
da
pagare,
è
più bello
e
prezioso
l'amore
rispetto
all’innamoramento;
un amore che offre stabilità e sicurezza.
Sono
diversi i
personaggi della Scrittura
che,
con
il
loro
bagaglio di fragilità e di umanità, hanno
compiuto tale attraversamento,
sia in negativo che in positivo.
Cosa
fece
Caino?
Rimase
legato
alla
propria
idea,
a
se stesso ed uccise Abele nella sua
furia di
voler essere l'unico sulla faccia della
terra, l'unico amato dalla madre. Giacobbe, al contrario, fu capace di
ritornare al fratello Esaù e di tornarci
cambiato.
Anche Davide, nonostante il suo
peccato, manifestò misericordia e chiese perdono. In tanti altri personaggi
della Bibbia ritroviamo
la stessa
dinamica: un innamoramento frustrato
—
anche nei
confronti
di
Dio
—
che
seppe trasformarsi in amore serio, vero,
adulto.
Vi
è
un
personaggio nella
Bibbia (Geremia) che
visse
profondamente
tale dinamica
di innamoramento, trasformata
poi in profonda delusione nei confronti di
Dio; nonostante ciò, Geremia rimase
dentro
questa
dinamica
dell'amore
e
mantenne alto il desiderio.
In questa sua esperienza è Dio in gioco, non è una persona umana, non
è un
amico, non è l'amata: è Dio
stesso!
………
Sarebbe
bello se
in ogni
individuo
si potesse risvegliare il desiderio dell’Amore,
l'amore di un tempo: nell'oggi, nel momento e nella situazione in cui non si
è più preda delle
illusioni.
Invochiamolo
nella
preghiera
per
quando
saremo
anche
noi in questa fase; nella circostanza in cui la
sfida sarà
mantenere
vivo
il
desiderio e attivare
l'uscita
da
sé
per
non
rimanere ingabbiati dentro il
proprio “io”.
Solo
allora
potremo invocare: «Baciami
con i baci della tua bocca!».
Riaccendendo
interiormente la memoria, il
ricordo, il
desiderio profondo, riemergono le
motivazioni fondamentali delle scelte, degli amori, degli ideali, della
nostra stessa vita! Le motivazioni dei nostri rapporti con gli altri e del
nostro rapporto con
Dio: l'unico motore del nostro essere e
del nostro agire.
ORATIO
Domando umilmente di poter essere coerente con le indicazioni emerse dalla
meditatio. Esprimo fede, speranza, amore. La preghiera si estende e diventa
preghiera per i propri amici, per la propria comunità, per la Chiesa, per tutti
gli uomini. La preghiera si può anche fare ruminando alcune frasi del brano
ripetendo per più volte la frase/i che mi hanno fatto meditare.
Da quanto tempo non facevo entrare un po’ di luce nella mia anima!
Ho avuto paura di trovarla troppo in disordine, di vederla abbandonata, in
rovina.
Come il primo uomo, ho avuto paura che la Tua luce potesse mettere a nudo
Invece sei entrato con passo delicato, hai appoggiato la tua misericordia
anche negli angoli più oscuri e mi hai fatto del bene.
Hai rimosso la polvere dei miei peccati, hai fatto chiarezza nel caos miei
dubbi.
Certo rimane ancora molto lavoro da fare ma il più lo hai fatto Tu,
mio Signore e mio Dio.
CONTEMPLATIO
Avverto il bisogno di guardare solo a Gesù, di lasciarmi raggiungere dal suo
mistero, di riposare in lui, di accogliere il suo amore per noi. È l’intuizione
del regno di Dio dentro di me, la certezza di aver toccato Gesù. È Gesù che ci
precede, ci accompagna, ci è vicino, Gesù solo! Contempliamo in silenzio questo
mistero: Dio si fa vicino ad ogni uomo!
Per Cristo, con Cristo e in Cristo a te, Dio Padre
Onnipotente,
nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria per tutti
i secoli dei secoli.
Amen
ACTIO
Mi
impegno a vivere un versetto di questi brani, quello che mi ha colpito di più.
Si compie concretamente un’azione che cambia il cuore e converte la vita.
Ciò che si è meditato diventa ora vita!
Prego con la Liturgia delle Ore, l’ora canonica del giorno adatta al
momento.
Concludo il momento di lectio recitando con calma la preghiera insegnataci da
Gesù: Padre Nostro...
Arrivederci!
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