RITIRO ON LINE - aprile 2024 |
Venero
la Parola di Dio, l’Icona ed il Crocifisso. Traccio sulla mia
persona il Segno della mia fede, il Segno della Croce, mi metto alla
presenza del Signore che vuole parlarmi.
Dio della
vita, donami la grazia di riconoscerti e di essere tua presenza
in ogni
situazione di dolore, di morte, ma anche di gioia e di vita.
Tu sei vita!
(Luca Rubin
- Un Minuto con Dio)
|
Veni, Sancte Spiritus, Veni, per Mariam.
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I SALMI INSEGNANO A PREGARE
Continua la piccola serie di Lectio suggerite dalla lettura di alcuni salmi. Per
fare ciò prendiamo liberamente spunto da alcune riflessioni di padre Ubaldo
Terrinoni, (OFM cappuccini), raccolte nel suo libro “I salmi insegnano a
pregare”.
LECTIO
Apro la Parola di Dio e leggo in piedi i brani che mi vengono proposti.
Salmo 18 (19)
vv. 2-7
l’inno
a
Dio da tutto il creato
2
I cieli narrano la gloria di Dio,
l’opera
delle sue mani annuncia il firmamento.
3Il giorno al giorno ne affida il racconto
e la notte alla notte ne trasmette notizia.
4Senza linguaggio, senza parole,
senza che si oda la loro voce,
5per tutta la terra si diffonde il loro annuncio
e ai confini del mondo il loro messaggio.
Là pose una tenda per il sole
6che esce come sposo dalla stanza nuziale:
esulta come un prode che percorre la via.
7Sorge da un estremo del cielo
e la sua orbita raggiunge l’altro estremo:
nulla si sottrae al suo calore.
vv. 8-15 l’inno
alla Torah
8La legge del Signore è perfetta,
rinfranca l’anima;
la testimonianza del Signore è stabile,
rende saggio il semplice.
9I precetti del
Signore sono retti,
fanno gioire il cuore;
il comando del Signore è limpido,
illumina gli occhi.
10Il timore del Signore è puro,
rimane per sempre;
i giudizi del Signore sono fedeli,
sono tutti giusti,
11
più preziosi dell’oro,
di molto oro fino,
più dolci del miele
e di un favo stillante.
12Anche il tuo servo ne è illuminato,
per chi li osserva è grande il profitto.
13Le inavvertenze, chi le discerne?
Assolvimi dai peccati nascosti.
14Anche dall’orgoglio salva il tuo servo
perché su di me non abbia potere;
allora sarò irreprensibile,
sarò puro da grave peccato.
15Ti siano gradite le parole della mia bocca;
davanti a te i pensieri del mio cuore,
Signore, mia roccia e mio redentore.
MEDITATIO
Seduto, rileggo la Parola per più volte, lentamente. Anche la lettura della
Parola di Dio è preghiera. Siamo entrati in quella zona più sacra e più lunga
del nostro Ritiro On Line: il grande
silenzio! Il protagonista è lo Spirito Santo.
Il
modo migliore per assaporare un brano delle Scritture è accoglierlo in noi
come un cibo nutriente per il nostro spirito, è avere la certezza che sia
Dio a volerci parlare per farci entrare nelle dimensioni del suo disegno di
amore e di salvezza. Se ascoltiamo attentamente la Parola potremo entrare in
un rapporto vivo con il Padre, per lasciarci plasmare dal suo stesso "cuore"
Salmo 18 – I cieli narrano la gloria di Dio
Premessa e struttura letteraria
Qui
siamo alle prese con un inno arioso e solenne
che il
salmista
eleva
al
Creatore
per
le meraviglie
profuse
nel
creato, in modo particolare per il sole, astro
potentissimo e luminoso,
che rispande dovunque la
sua luce e il suo fulgore.
Egli esprime viva
gratitudine
anche
per
il
dono
della Torah, la
legge divina,
perché con chiarezza
di indicazioni di vita illumina la strada che ogni
pio fedele deve e vuole
percorrere.
Dunque,
due magnifiche realtà: il
potente
disco
solare
che sfolgora festoso e illumina e riscalda
ogni uomo e l’intero creato (vv. 5b-7), e la legge divina che è un autentico
regalo dell’Alto. Questa Torah non è
costituita da una fredda e pesante lista di prescrizioni e proibizioni, ma è
l’aiuto
amoroso e premuroso che Dio offre a ognuno perché
cammini nelle vie del giusto e si realizzi pienamente.
Un
esegeta rabbinico del medioevo afferma che «come
il
mondo
non si illumina
e vive
se non per opera
del sole,
così l’anima non si sviluppa
e non raggiunge la
sua pienezza di vita
se
non
attraverso la
Torah».
Nella prima
parte del salmo (vv.
1-7)
si
ha
un
inno
di lode
al Creatore, che si eleva a sua
gloria da ogni angolo della terra
e segnatamente
dal
sole: l’astro più splendente.
È
un
inno eloquente
che ognuno
sa udire e interpretare.
Nella
seconda parte (vv. 8-15) viene magnificata
la Torah nelle
sue qualità, in una specie di litania (è «perfetta,
e verace,
sicura, retta, limpida, pura, giusta»), segue poi un elenco in cui sono enumerati i frutti che essa
produce nell’uomo («fa
vivere,
rende
saggi,
allieta
il
cuore,
illumina
lo
sguardo»).
Commento
vv. 2-7 l’inno
a Dio
da tutto
il creato
«I cieli narrano la gloria di Dio».
Il
salmo si apre in
modo grandioso e festoso,
partendo
da tanto in alto, dai cieli:
è
un
plurale
nel
testo
originale, perché
i
cieli sono più di
uno, sovrapposti.
Raccontano la
gloria di
Dio profusa nel creato.
Tutto ciò che esiste è «opera delle
sue mani». Egli non ha bisogno di
Iavorare e di faticare per
dare vita alle realtà create,
gli basta parlare, gli basta dare
un ordine e subito le creature rispondono al
suo appello e
vengono
all’esistenza dal
nulla.
In
un
altro
salmo
viene
proclamato poeticamente che i cieli sono «opera delle sue
dita»
(Sal
8,4).
Le
antiche
culture
politeiste,
confinanti
con
Israele,
intrecciavano rapporti religiosi di profonda devozione con i
cieli,
perché
li
consideravano
come
divinità.
Il
popolo
di
Dio, dietro la
guida dei profeti, ha ridotto l’azzurro
manto celeste a una semplice e meravigliosa
creatura, plasmata sapientemente da Dio. Questo, del resto, lo si trova
confermato nel primo capitolo del libro della
Genesi (Gen
1,11-12.20). I cieli sono qui personificati e
presentati come entusiasti
testimoni
di quanto Dio ha
creato.
Essi non si stancano di «narrare»,
di «annunciare»,
di «raccontare»
a tutti
le
meraviglie
dell’universo.
Anche il
giorno e la notte
sono personificati; anzi, nel
loro incessante avvicendarsi, avviene che
l’uno passa all’altra il compito della lode perché non sia mai interrotta: «il
giorno al giorno ne affida il racconto e la
notte alla notte ne
trasmette notizia» (v. 3).
Il salmista immagina il giorno e la
notte come due cori che si alternano,
gareggiando, con melodie coinvolgenti e uniche. Così, lo
spazio dei cieli immensi
e il
tempo scandito dal
giorno e
dalla notte costituiscono parte indispensabile
di una polifonia
affascinante
e
misteriosa.
Le parole e le note di questa musica si sviluppano in
un silenzio profondo,
assoluto.
In realtà però non si tratta di
parole, di frasi articolate e neppure di
suoni, per cui
il
messaggio
che
viene
lanciato
non
ha bisogno
dell’apparato uditivo. E
tuttavia è un linguaggio...
eloquente! La
creazione è la parola di Dio. Basta guardare,
contemplare,
ascoltare, certo con le orecchie, ma
anche e soprattutto con
iI cuore e con la mente. «È
allora che il silenzio dei cieli
—
afferma
s.
Giovanni
Crisostomo —
diventa
una
voce
più
squillante
di quella di una tromba; questa voce grida
alle
nostre orecchie e ai nostri occhi la
grandezza di chi li ha
fatti»
(PG
49,105).
Il canto silenzioso e solenne della creazione è ben
intelligibile ed è alla portata di tutte le menti e di tutti i cuori,
perciò «per tutta la terra si diffonde il
loro annuncio e ai
confini del mondo il
loro messaggio»
(v. 5). Reca un messaggio che ogni popolo sa agilmente decodificare, perché è
al di
là
di
ogni idioma particolare.
«Si propaga
dappertutto e raggiunge i confini del mondo. È
un linguaggio intelli-
gibile: nessuno può addurre la scusa della
lontananza o del
fatto
che
si
tratti
di
una
lingua
straniera. È
una
lingua
universale, anteriore e capace di superare la
confusione di Babele»
(L.A.
Schökel
—
C.
Carniti).
L’autore
ha
presentato fin
qui tre importanti
e celebrati protagonisti:
il firmamento,
il giorno
e
la
notte.
Ora
passa
a
fermare
la
sua
attenzione e
riflessione
su
un’altra
meravigliosa creatura che è il principe del
creato:
il sole.
Probabilmente, alla base del
riferimento specifico al fiammeggiante disco solare c’è il richiamo a un inno
pagano al dio-sole, dove viene cantato ed esaltato come un eroe invincibile.
Anche la cultura egiziana
celebrava il
dio Aton
come
dio solare.
Qui
ovviamente il
salmista
ha
«purificato»
il
grandioso astro da ogni divinizzazione e lo ha
ridotto a una semplice
creatura
di
Dio.
Lo descrive
come un
valoroso
guerriero, al
quale Dio
stesso
ha
costruito
una
tenda
in
un
luogo
sconosciuto
e
irraggiungibile,
perché
si
riposi:
«Là
pose
una
tenda
per
il sole» (v. 5).
In
questa
tenda, quale stanza nuziale, egli
ritempra le sue forze nella notte, e poi al
mattino si alza
fresco e riposato per riprendere il percorso
che gli è stato
assegnato.
Anche altri testi biblici
richiamano
la
stessa
immagine:
«Sorge il sole: si ritirano (i leoncelli) e si accovacciano nelle loro
tane. Allora l’uomo esce per il suo lavoro, per la sua fatica fino a sera»
(Sal 104,22-23).
Il
sole non parla, non lancia messaggi che sia
possibile
cogliere
con l’udito, ma il
suo
silenzio e il suo potente
e
implacabile ardore
è
più
eloquente
di
ogni
parola.
Nello spazio di un giorno copre la distanza da
oriente a
occidente: «Sorge
da un estremo del cielo e la sua orbita raggiunge
l’altro
estremo»
(v.
7a).
Lungo
il
suo
cammino
rispande generosamente luce, calore ed energia
a ogni essere e penetra dovunque: «Nulla
si sottrae al suo calore»
(v.
7b).
E tuttavia egli non è libero nel percorrere la sua
orbita
circolare
da un estremo all’altro,
perché
Dio ha tracciato per lui
un
preciso
itinerario secondo
sapienti
indicazioni.
Il maestoso inno della creazione si chiude qui,
perché il
salmista,
dopo aver cantato il
sole, passa a esaltare
un’altra
luce,
una
luce
morale,
che
illumina
potentemente la
coscienza
di
ogni
uomo:
è
la
Torah,
la
legge.
vv.
8-15
l’inno alla Torah
Il
termine
Torah non
si
riferisce
a
un codice
legislativo,
ma
indica
un
vero
e
proprio
insegnamento del Signore e si estende ai primi
cinque Iibri della
Bibbia, cioè al
Pentateuco,
all’intero complesso
dei precetti mosaici e, in modo più ampio e
completo, alla parola di
Dio. È
un magnifico inno che si articola
ordinatamente
in due strofe: nella prima (vv. 8-11) il
salmista si profonde in
una
specie di litania che esalta la legge di Dio;
nella seconda invece (vv. 12-15) delinea il profilo spirituale del servo
della
Torah.
«La legge del Signore è
perfetta,
rinfranca
l’anima» (v.
8a), così esordisce il salmista. La legge è
perfetta:
il
termine ebraico vuol dire che è integra e che
non manca di
alcun
elemento
costitutivo
e,
proprio
per
questo,
risulta
una guida garantita, perché ognuno proceda
sicuro lungo i rischiosi
tornanti
della
vita.
È
un’espressione che
trova
conferma
nel simbolismo
biblico della «via»:
«La via di Dio
è perfetta...,
egli ha reso integro il mio cammino»
(Sal 18,31.33);
«chi cammina nella via dell’innocenza, costui sarà
al mio servizio» (Sal 101,6); «beato chi è
integro
nella
sua
via»
(Sal
119,1).
Nei
versetti 8-9 vengono indicati tre sinonimi
della Torah:
testimonianza,
ordini e
comandi,
che ridondano a beneficio
dell’uomo, producendo in
lui
frutti preziosi: «rendono
saggio
il
semplice,
recano
gioia
al
cuore
e danno
luce
agli
occhi».
Ciò vuol dire che la legge educa l’uomo a essere
semplice,
trasparente, puro,
limpido,
terso,
tutto
orientato
verso
il Signore.
La legge, inoltre, è fonte di letizia: reca gioia al
cuore, perché non risulta affatto come una imposizione pesante
e insopportabile, ma come un prezioso aiuto
per l’itinerario
interiore.
La
legge,
infine,
illumina
gli occhi
della mente, perché
invita
a
riflettere
e a
ricercare
ciò
che è
meglio.
Nei
versetti 10-11 viene ribadita la perfezione e
la purezza della Torah, la quale è limpida e vera senza alcuna
ombra di falsità e è immutabile in quanto non
necessita di
revisione
e
di
aggiornamento. L’autore
fa
seguire un duplice paragone: la Torah è più
preziosa dell’oro e più dolce del miele. Evidentemente, l’oro ne sottolinea la
preziosità, il miele la dolcezza. Questa dunque è l’esperienza
garantita
per
chiunque
si
dispone
docilmente
alla scuola della Torah.
Anche i profeti hanno richiami alla
scuola della Torah: richiami poetici
soprattutto
sulla dolcezza
della Parola:
«Io
mangiai
il
rotolo: fu
per la
mia
bocca
dolce
come
il
miele»
(Ez
3,3);
«Quanto
sono
dolci
al
mio
palato
le
tue
promesse,
più
del miele
per
la
mia
bocca»
(Sal
119,103);
«Amo
i
tuoi
comandi,
più
dell’oro,
dell’oro
più
fino»
(Sal
119,127).
Dopo aver magnificato le meraviglie
della Torah, il
salmista si rivolge in
prima
persona
al
Signore,
qualificandosi come
umile
servo della Torah (vv. 12-15). Ovviamente, qui
non
ha il significato di “schiavo”, bensì di “docile
servo”, che vive in intimo
rapporto
d’intesa
con
Dio.
Questo
servo
si
riconosce
e
si dichiara,
in
tutta
sincerità,
molto
imperfetto
e
povero. Si
confessa e dice: «la
legge è perfetta, però ci sono
molte cose che mi restano nascoste; apprezzo e assaporo
la legge, ma
non riesco
a compierla»
(L.A.
Sehökel — C.
Car- niti).
Sottopone al Signore soprattutto quattro
“ombre” morali, quattro pericoli, che lo umiliano e
lo disorientano interiormente:
le inavvertenze, i
peccati commessi
per ignoranza, l’orgoglio e il grave peccato.
Prima di tutto, i peccati commessi senza averne piena
consapevolezza; questi possono essere il triste prodotto di cattive
inclinazioni, di tendenze e istinti non frenati e non ben
gestiti.
Ma
ciò che risulta seriamente preoccupante
alla verifica del «servo della Torah» è
l’orgoglio,
l’arroganza, la ribellione ostinata al
progetto di Dio, come avvenne nella vicenda dei nostri progenitori (Gen 3). È
la sfida insensata del
ribelle, è la superbia, che tende a soggiogare
l’uomo e a fargIi commettere una
serie interminabile di errori.
Vi è infine un quarto pericolo che egli vuole
assolutamente
scongiurare dalla sua vita: il
grave peccato:
«sarò puro dal grave peccato».
Quale? Probabilmente «il grave peccato» è
l’idolatria; è con questa espressione infatti che nella Bibbia viene designata «la
grave colpa» per eccellenza (Gen 20,9; Es 32,21.30-31;
2Re
17,21).
Dopo la
puntuale e sincera verifica di coscienza, il
salmista
dichiara
la
sua
profonda
sintonia
con
l’inno
alla
creazione e con il canto sulla perfezione
della legge e termina
con
una
preghiera
e
un
fermo
proposito:
mettere
sempre
perfetta
sintonia
tra
parole
e
pensieri,
tra
mente
e bocca:
«Ti
siano gradite le parole
della
mia bocca,
davanti
a
te
i
pensieri
del
mio cuore,
Signore,
mia
rupe
e
mio
redentore»
(v.
15).
Attualizzazione: pregare
il salmo
oggi -
la creazione lodi il Signore
L’universo
è
un
immenso
tempio
in
cui
si
celebra
una
incessante liturgia cosmica. Da
ogni essere vivente si eleva
di continuo
l’inno
di
gloria
a
Dio.
L’infinitamente piccolo e l’infinitamente grande fanno
salire, verso il cielo, da
ogni angolo del creato, un inno maestoso.
Magnificano
il creatore i miliardi di stelle disseminate
negli abissi spaziali; ognuna di esse si muove precisa e puntuale
nella
propria orbita. Tutto è
disposto e tutto si muove e si articola
secondo un divino
sapiente
disegno.
Anche l’avvicendarsi della notte e del giorno
(il giorno
dice azione, dinamismo,
vita; la notte dice quiete, riposo,
mistero) ci permette
di lavorare e di riposare
e anche di
riflettere su
ciò
che
abbiamo
realizzato nella
giornata.
Ebbene,
«Il
ritmo
della
natura,
della
creazione,
dovrebbe
diventare
il
ritmo
dello spirito,
perché c’è il
tempo dell’attività e il
tempo
della riflessione»
(F.R.
De
Gasperis
—
L.
Pacomio).
C’è
il
tempo in
cui ci si espone
ai
caldi raggi del sole nel giorno
e c’è il
tempo in cui ci si immerge
nella notte
come in
un
bagno
tonificante
di
silenzio.
Ma,
ahimé,
noi
facciamo
parte
di
una
generazione
distratta, che non si
accorge più di nulla e non si stupisce
più delle infinite meraviglie
del creato. L’uomo dei nostri
giorni, uomo della tecnica, dell’informatica e
della telematica, dà tutto per scontato.
A
causa
del
ritmo
elettrizzante del
suo «fare», ha
perso anche la capacità e la sensibilità di
porgere attenzione ai miracoli quotidiani che ci offre la natura e
che si compiono dentro di noi. Davvero egli
merita il monito che Dio rivolge all’inquieto e ribelle Giobbe: «fermati e
considera
le
meraviglie
di
Dio»
(Gb
37,14).
Fermati e considera... Ma,
purtroppo, l’uomo dei nostri
giorni è incapace di fermarsi; subisce la
schiavitù del «fare», la schiavitù delle scadenze dell’orologio, l’agenda degli
impegni
la
fa
da padrona. Avrebbe bisogno di un supplemento
di tempo, perché la giornata di ventiquattro ore non gli basta più.
Nel
vivo
desiderio
di
guadagnare
tempo,
ricorre
a
messaggi e a messaggini,
e così volano nell’etere parole,
tante, troppe
parole
da parte
di tutti
in
tutte
le direzioni.
E,
purtroppo,
nessuno
più
ascolta...
E, ironia della sorte, si assiste a uno sconcertante
paradosso. I sociologi, gli psicologi e i teologi sono concordi nel
denunciare nell’uomo moderno l’incapacità di
comunicare;
non
riesce
a
incontrare
per
dialogare
e
comunicare.
Nonostante le
molte
presenze
che
trova
dovunque,
egli
vive
un’agghiacciante solitudine.
Si
sente solo anche quando è
stipato
nello
scompartimento
del
«metrò».
Forse per riattivare la comunicabilità
bisognerà ripartire dal silenzio: il silenzio eloquente della creazione, il
silenzio che
scaturisce
dalla
pienezza
della
vita
interiore, il
silenzio come
esperienza dell’incontro
con Dio.
Affidarsi
al
silenzio,
soprattutto quando
le
parole,
invece
di
scaturire
da
una pienezza
di
silenzio,
nascono
dalla
paura
del
silenzio.
l’inno alla Torah
Tutta
la
creazione
si
produce
incessantemente in una
perfetta e suggestiva armonia, perché
obbedisce con estrema
precisione alle leggi del Signore.
Anche
gli uomini vivranno un profondo accordo tra
loro quando si atterranno con docilità e impegno alle
divine disposizioni
indicate nella Torah.
Così, la creazione (rappresentata particolarmente
dal sole) e la storia degli uomini (guidata
dalla
Torah) potranno unirsi in una perfetta intesa per
elevare
all’unisono
una
maestosa
lode
corale.
Si
sa
per esperienza che l’assenza di leggi ha come
risultato disordine, anarchia, caos,
sopraffazione,
violenza. . . Al
contrario,
la
presenza
e l’osservanza delle leggi determina ordine,
rispetto, sicurezza,
pace, . . . Le
leggi non sono una
serie di
aride imposizioni, sono invece un aiuto che
scongiura pericolose
deviazioni dal
sentiero
della
vita e
sono un
rimedio in
caso di smarrimenti
nel
labirinto
delle
insidie.
L’autore
del salmo manifesta apertamente
tutta la sua
gioia per la certezza di avere un preciso
complesso di leggi,
che
gli
rivela
la
volontà
di
Dio.
Con
le
sue
smaglianti
dichiarazioni lascia comprendere che in lui
non c’è costrizione
e forzatura,
ma
gioia
e
gratitudine
al
Signore
per
questo prezioso dono: «I
precetti del Signore sono retti, fanno gioire il cuore; il comando del Signore è
limpido, illumina
gli occhi
[. . .];
i
giudizi del Signore
sono fedeli, sono tutti giusti, più preziosi
deIl’oro, di molto oro fino, più dolci del
miele
e
di
un
favo
stillante»
(vv.
9-11).
È
questione
di
mettere
il
cuore
in
tutto
ciò
che
ci
viene insegnato.
ORATIO
Domando umilmente di poter essere coerente con le indicazioni emerse dalla
meditatio. Esprimo fede, speranza, amore. La preghiera si estende e diventa
preghiera per i propri amici, per la propria comunità, per la Chiesa, per tutti
gli uomini. La preghiera si può anche fare ruminando alcune frasi del brano
ripetendo per più volte la frase/i che mi hanno fatto meditare.
Mi fa bene dirti grazie: mi sbalza fuori dalle sterili autocommiserazioni, e dalle lamentele che non finiscono mai.
Mi fa bene dirti grazie: allarga il mio sguardo, sana le ferite, satura le asfissie dell'anima. |
la voce cristallina del ruscello, l'aria che rinfresca la sera.
Mi fa bene dirti grazie, Sig
|
CONTEMPLATIO
Avverto il bisogno di guardare solo a Gesù, di lasciarmi raggiungere dal suo
mistero, di riposare in lui, di accogliere il suo amore per noi. È l’intuizione
del regno di Dio dentro di me, la certezza di aver toccato Gesù. È Gesù che ci
precede, ci accompagna, ci è vicino, Gesù solo! Contempliamo in silenzio questo
mistero: Dio si fa vicino ad ogni uomo!
Per Cristo, con Cristo e in Cristo a te, Dio Padre
Onnipotente,
nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria per tutti
i secoli dei secoli.
Amen
ACTIO
Mi
impegno a vivere un versetto di questi brani, quello che mi ha colpito di più.
Si compie concretamente un’azione che cambia il cuore e converte la vita.
Ciò che si è meditato diventa ora vita!
Prego con la Liturgia delle Ore, l’ora canonica del giorno adatta al
momento.
Concludo il momento di lectio recitando con calma la preghiera insegnataci da
Gesù: Padre Nostro...
Arrivederci!
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