Venero la Parola di Dio, l’Icona ed il Crocifisso. Traccio sulla mia persona il Segno della mia fede, il Segno della Croce, mi metto alla presenza del Signore che vuole parlarmi.
Porgi l’orecchio, Signore, alle mie parole: intendi il mio lamento. Sii attento alla voce del mio grido, o mio re e mio Dio, perché a te, Signore, rivolgo la mia preghiera. Al mattino ascolta la mia voce; ti espongo la mia richiesta e resto in attesa. Entro nella tua casa; mi prostro verso il tuo tempio santo. |
Guidami, Signore, nella tua giustizia; spiana davanti a me la tua strada. Gioiscano quanti in te si rifugiano, esultino senza fine. Proteggili, perché in te si allietino quanti amano il tuo nome. Signore, come scudo li circondi di benevolenza. (dal Salmo 5) |
“Nessuno è
talmente avanzato nella conoscenza delle scritture da non poter ulteriormente
progredire…poiché esse, anche quando sono spiegate in diverse maniere,
conservano sempre occulti segreti”
(san Gregorio Magno)
Proseguiamo la serie di lectio tratte da episodi del Vangelo di Matteo, nei
quali il filone comune è la fede: fede povera, fede vacillante, fede messa alla
prova, ma anche fede grande e fede vissuta nel quotidiano.
Queste
riflessioni sono liberamente tratte da alcune lectio di padre Innocenzo Gargano,
monaco camaldolese.
Buona
meditazione e buona preghiera.
LECTIO Apro
la Parola di Dio e leggo in piedi i brani che mi vengono proposti.
«
21Partito
di là, Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidone.
22Ed
ecco, una donna cananea, che veniva da quella regione, si mise a gridare: «Pietà
di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio».
23Ma
egli non le rivolse neppure una parola. Allora i suoi discepoli gli si
avvicinarono e lo implorarono: «Esaudiscila, perché ci viene dietro gridando!».
24Egli
rispose: «Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa
d’Israele».
25Ma
quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo: «Signore, aiutami!».
26Ed
egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini».
27«È
vero, Signore – disse la donna –, eppure i cagnolini mangiano le briciole che
cadono dalla tavola dei loro padroni».
28Allora
Gesù le replicò: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri». E
da quell’istante sua figlia fu guarita.
»
MEDITATIO
Seduto, rileggo la Parola per più volte, lentamente.
Anche la lettura della Parola di Dio è preghiera. Siamo entrati in quella zona
più sacra e più lunga del nostro Ritiro On Line:
il grande
silenzio ! Il protagonista è lo Spirito
Santo.
Il
modo migliore per assaporare un brano delle Scritture è accoglierlo in noi
come un cibo nutriente per il nostro spirito, è avere la certezza che sia
Dio a volerci parlare per farci entrare nelle dimensioni del suo disegno di
amore e di salvezza. Se ascoltiamo attentamente la Parola potremo entrare in
un rapporto vivo con il Padre, per lasciarci plasmare dal suo stesso
"cuore".
UNA GRANDE FEDE
«
Pietà di me, Signore, figlio di Davide!
»
« Donna, grande è la tua fede!
»
(Mt 15,21-28)
In territorio pagano
È un testo breve ma molto
intenso. Per contestualizzarlo possiamo fare riferimento alla lectio che
riguardava l'episodio di Gesù che cammina sul mare (RitiroOnLine di gennaio
2017), dopo aver costretto i suoi discepoli a salire sulla barca e a precederlo
sull'altra sponda. Quel brano si concludeva con l'approdo della barca in
territorio pagano, a Genèsaret, dove la gente del luogo, riconosciuto Gesù, gli
portò tutti i malati della regione. È una sottolineatura molto forte:
«
E la gente del luogo, riconosciuto Gesù, diffuse la notizia in tutta la regione;
gli portarono tutti i malati e lo pregavano di poter toccare almeno il lembo del
suo mantello. E quanti lo toccarono furono guariti.
» (Mt 14,35-36).
Questa pressione dei
pagani sulla porta di Israele, questa loro insistenza nel poter toccare almeno
l'orlo del mantello di un ebreo, fa parte dei segni messianici. Nel tempi
messianici tutti i popoli della terra chiederanno di poter toccare almeno il
lembo del mantello dei figli d'Israele, per stabilire una qualsiasi parentela
con Colui che porta in sé l'elezione di Dio. Pensiamo a questo proposito anche
all 'altra cananea pagana, Ruth, che non vuole rimanere nella sua terra, ma
sceglie di seguire la suocera per continuare a vivere quel rapporto che grazie a
suo marito aveva potuto stabilire con Israele. Viene poi accolta da Booz e
proprio da lei uscirà Davide, il re d'Israele.
Occorre tener conto di
tutto questo per poter
entrare nel senso celato in questa pagina. Ci si può anche riferire a ciò che
Gesù ha detto nella sinagoga di Nazareth a proposito della donna di Zarepta di
Sidone, o a proposito di Naaman il siro, e così possiamo percepire questa
visione straordinaria:
«
Verranno molti popoli e diranno: «Venite, saliamo sul monte del Signore, al
tempio del Dio di Giacobbe, perché ci insegni le sue vie e possiamo camminare
per i suoi sentieri». Poiché da Sion uscirà la legge e da Gerusalemme la parola
del Signore.
» (Is 2,3-4).
Oppure possiamo lasciarci
colpire dalla contemplazione di quella folla numerosissima che si unì al popolo
d'Israele nel momento in cui usciva liberato dalla schiavitù d'Egitto. C'è una
costante insistenza, all'interno del Primo e del Nuovo Testamento, sul desiderio
dei gentili di stabilire una qualsiasi parentela e comunanza di vita con
Israele, per poter così partecipare della stessa elezione. Tutto il libro degli
Atti degli apostoli corrisponde all'esplicitazione di questo desiderio nascosto
eppure tanto impellente, che sarà esaudito da Dio prima ancora che ne prendano
consapevolezza i suoi stessi inviati: gli Apostoli. Pensiamo all'osservazione
di Pietro:
«
Allora Pietro disse: «Chi può impedire che siano battezzati nell’acqua questi
che hanno ricevuto, come noi, lo Spirito Santo?
».
(At 10,47).
E quella osservazione di
Pietro che poi diventa l'esclamazione
della Chiesa:
«
Pietro allora prese la parola e disse: «In verità sto rendendomi conto che Dio
non fa preferenza di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a
qualunque nazione appartenga.
»
(At 10, 34-35).
Senza proselitismi
Dunque siamo di fronte a
una pagina che si inserisce all'interno di una visione di apertura dell'elezione
in tutte le direzioni della terra, e tuttavia sembra che per Gesù sia difficile
vivere questa apertura durante la sua vita terrena. Vorrebbe impedirsi di aprire
questa elezione prima dell'ora del suo innalzamento da terra. Come se Gesù
avesse la preoccupazione di liberare se stesso e i suoi discepoli dalla
tentazione di realizzare l'universalismo senza passare attraverso la volontà del
Padre, accettando la morte e l'umiliazione della croce. L'attenzione di Gesù a
non anticipare i tempi è il primo messaggio che possiamo ricavare da questa
pagina.
In primo luogo occorre
accettare l'itinerario di svuotamento e di adesione alla volontà del Padre fino
alla morte di croce. Solo dopo aver toccato questo fondo si può vivere anche
l'esperienza dell'esaltazione, dell'innalzamento e intronizzazione alla destra
del Padre. Ciò che Gesù sperimenta nella propria vita diventa anche la strada da
seguire, il metodo che la sua comunità deve perseguire.
In secondo luogo dobbiamo
notare che lo Spirito precede colui che porta la bella notizia, e lo precede
creando nel destinatario l'apertura della fede, la disponibilità a riconoscere
l'energia della Parola salvifica che l'evangelizzatore dovrà portare.
Questa insistenza della
donna cananea ci porta a riconoscere che lo Spirito prepara.
Nel Vangelo secondo
Giovanni, nel
contesto dell'incontro
di Gesù con la samaritana, abbiamo un'osservazione molto precisa da parte
di Gesù:
vedete i campi come già biondeggiano, ecco voi siete stati inviati a raccogliere
ciò che non avete seminato, un altro ha seminato e voi siete subentrati con la
gioia di chi è chiamato a raccogliere.
Dunque c'è una
preparazione, una plantatio ecclesiae
che precede la Chiesa stessa. È molto misterioso tutto questo. Pensiamo che
perfino nella sensibilità moderna si riconosce a una Teresina di Gesù la qualità
di missionaria, sebbene abbia consumato tutta la sua vita all'interno di un
monastero, e questo perché la sua preghiera aveva preparato il cuore di coloro
che avrebbero ricevuto il seme della parola di Dio.
È misteriosissimo questo
lavoro dello Spirito. Questo criterio fornisce la linea da seguire nel nostro
impegno di evangelizzazione. Anche quando « raccogliamo » dobbiamo farlo
rendendo grazie con cuore riconoscente, perché un altro ha faticato prima di
noi. Questa indicazione di fondo ci deve aiutare a cogliere il senso che si
nasconde in questa pagina. Confrontando questo brano con il parallelo di Marco
(7,24-30):
«
Partito di là, andò nella regione di Tiro. Entrato in una casa, non voleva che
alcuno lo sapesse, ma non poté restare nascosto. Una donna, la cui figlioletta
era posseduta da uno spirito impuro, appena seppe di lui, andò e si gettò ai
suoi piedi. Questa donna era di lingua greca e di origine siro-fenicia. Ella lo
supplicava di scacciare il demonio da sua figlia. Ed egli le rispondeva: «Lascia
prima che si sazino i figli, perché non è bene prendere il pane dei figli e
gettarlo ai cagnolini». Ma lei gli replicò: «Signore, anche i cagnolini sotto la
tavola mangiano le briciole dei figli». Allora le disse: «Per questa tua parola,
va’: il demonio è uscito da tua figlia». Tornata a casa sua, trovò la bambina
coricata sul letto e il demonio se n’era andato.
», possiamo notare che Matteo concentra la sua attenzione sul dialogo tra Gesù e
la donna,
per evidenziare
il modo misterioso in cui si
manifesta la salvezza operata da
Dio.
Solitudine che attrae
In un primo momento Gesù
tenta di allontanarsi dalla folla. Purtroppo nella traduzione italiana
non si coglie
la preoccupazione di Gesù di
allontanarsi in solitudine, ma nel testo greco il verbo
anachorein (chora
è la campagna) lo mostra con estrema evidenza. L'anacoresi propria della
tradizione monastica è il nascondersi nella solitudine della campagna, nel
silenzio. Altre volte Gesù aveva tentato di nascondersi nella solitudine della
montagna, oppure in un luogo appartato, ma dal momento che non si accende una
luce per metterla sotto il letto ma sul candeliere
anche nella solitudine Gesù attrae. Di
nuovo torniamo ad un riferimento alla vita monastica, nella quale
l'evangelizzazione è esemplificata con l'immagine della lucerna, che irradia
luce e calore nella profondità del suo silenzio e nella distanza della sua
solitudine. Un modo molto particolare di evangelizzare. Se vogliamo fermarci a
considerare la storia della Chiesa osserviamo che tutta l'evangelizzazione
dell'Europa, a partire da Gregorio Magno in poi, si è realizzata con questo
metodo. Un gruppo di monaci che si sposta da una comunità già fiorente ad un
luogo deserto nel cuore di una regione pagana per vivere, in tutta semplicità,
la vita apostolica, caratterizzata dall'avere un cuore solo ed un'anima sola.
Non dunque un « andare » ma un « attrarre », dovuto al fatto che la luce
autentica sprigiona luminosità e calore nell'umiltà, nel silenzio della
solitudine. Dunque Gesù, compiuto il suo esodo, si è appartato entrando, di
fatto, nella regione impura per eccellenza. In questo contesto la donna, a sua
volta impura fin dalla nascita, avverte la novità di questa presenza e se ne
sente irresistibilmente attratta. Capisce che in colui che si è reso solidale è
presente l'energia
stessa di Dio:
«
Ed ecco, una donna cananea, che veniva da quella regione, si mise a gridare:
«Pietà di me, Signore, figlio di Davide!"
»
(Mt 15,22).
Il grido dell'invocazione
È una vera e propria
preghiera: eleson me, Kyrie yios David
; c'è già tutto. È la completezza di un'invocazione che già possiamo intuire
come cristiana. Parte dalla percezione della propria miseria, della propria
pochezza, del proprio peccato e grida verso Colui che è riconosciuto come il
Signore. È già una confessione di fede completa. Immediatamente, dopo questa
invocazione, subentra la certezza di essere stati ascoltati. La donna non chiede
la guarigione della figlia, ma semplicemente indica una situazione concreta:
«
Mia
figlia è molto tormentata da un demonio
» (v. 22)
È il grido di tutti
coloro che vorrebbero vivere in pienezza e non ne sono in grado, perché si
sentono in balìa di energie contrarie. Di fronte ad una preghiera così sincera,
così profondamente attraversata
dall'angoscia stupisce il silenzio
di Gesù:
«
Ma egli non
le rivolse neppure una parola
» (v. 23).
Sembra non lasciarsi
commuovere. È molto strano. Sappiamo che generalmente Gesù quando è messo di
fronte a situazioni analoghe si sente « commuovere le viscere ». Spesso basta
una situazione per commuovere Gesù e spingerlo a condiscendere.
Qui no. Se il racconto si
fermasse qui resteremmo molto confusi. Forse proprio questo nasconde un criterio
molto prezioso per la nostra evangelizzazione: è eliminata ogni tentazione
proselitistica.
Gesù ci insegna ad essere
estremamente distaccati e prudenti. Ci insegna a mortificare la nostra sete di
guadagno anche spirituale. È duro. Talvolta siamo stati disposti a far violenza
pur di far entrare nella Chiesa le persone che si pensava solo così si sarebbero
potute salvare: compelle intrare, è
un'espressione che san Agostino ha usato in un contesto molto preciso, e
successivamente è diventata la norma di missionari troppo « focosi ». Gesù
invece insegna a custodire il silenzio, a liberarci da pretese proselitiste di
qualunque tipo, perché possa
emergere e maturare la fede.
Farsi come loro
Di fronte al silenzio di
Gesù vediamo l'intervento dei discepoli. Forse Gesù desiderava proprio questo.
Aspettava una sollecitazione da parte dei suoi discepoli perché a loro volta si
facessero carico delle necessità del prossimo. Il suo silenzio ha dunque una
finalità ben precisa, e indica un concreto metodo di evangelizzazione: fatevi
carico delle necessità della gente,
immedesimatevi con la loro stessa richiesta , con il loro stesso dolore, in modo
che la risposta nasca da ciò che avete sperimentato con coloro ai quali siete
stati mandati.
È questa la linea che sta
emergendo all'interno della comunità cristiana universale. In questi ultimi
tempi si è compreso che l'unico modo per preparare la strada al Vangelo è quella
di condividere la situazione dei poveri: prima ancora di servire i poveri, farsi
come loro:
«
Allora i suoi discepoli gli si avvicinarono e lo implorarono: «Esaudiscila,
perché ci viene dietro gridando!
»
(v.
23).
Questa donna, si comporta
come la vedova che di fronte al
giudice iniquo non riceve giustizia ma prosegue ad insistere, sapendo che alla
fine se il giudice non si commuoverà la esaudirà almeno per allontanarla (Lc
18,1-8). Questa preghiera insistente realizza così, senza saperlo,
un'indicazione precisa data da Gesù, perché Dio che è Padre
ad un figlio che chiede il pane non darà pietre. Pensiamo alla bellissima
parabola dell 'uomo che va a bussare di notte al suo amico, perché gli sono
arrivati ospiti e non ha nulla da offrire; se questi non vorrà alzarsi per
amicizia, si alzerà dal letto e aprirà all'amico, purché smetta di bussare (Lc
11,9-13). Così ora la cananea di fatto, senza saperlo, è diventata preghiera e
di fronte al silenzio di Gesù non smette di gridare perché i suoi amici lo
costringano a dare ciò che lui non vorrebbe dare. È un'indicazione per noi.
Quando non riusciamo ad ottenere qualcosa siamo invitati a coinvolgere la
comunità. Matteo insisterà su questo nel cap. 18 quando si ritroverà non di
fronte ad un pagano ma di fronte a
qualcuno che ha peccato all'interno della comunità ecclesiale. Dirà:
se vuoi guadagnare il fratello e il tuo
intervento personale non è
sufficiente cerca l'aiuto di due o tre e se non riuscirai a guadagnare il
fratello neppure con l'aiuto di due o tre coinvolgi tutta la comunità in questa
richiesta insistente. È un'apertura sconvolgente, perché coinvolge Dio
stesso. Là dove non sei arrivato tu insieme con due o tre o con l'intera
comunità, certamente arriverà Dio.
Dunque questo secondo passaggio di coinvolgimento della comunità che è quasi una
necessità dovuta al fatto che chi ha bisogno non si dà mai per vinto, ma
prosegue a chiedere.
Alle pecore perdute d'Israele
La seconda risposta dopo
il silenzio da parte di Gesù è una risposta che certamente l'evangelista
utilizza per spiegare gradualmente ciò che poi si è verificato all'interno della
comunità dei cristiani: come mai Gesù è rimasto all'interno dei confini
d'Israele e poi Pietro e Paolo sono andati oltre i confini? Bisogna tener conto
di questo per poter comprendere questa successiva risposta di Gesù dopo il
silenzio:
«
Non sono
stato mandato se non alle pecore perdute della casa di Israele »
(v. 24).
Bisognerebbe soffermarsi
su questo punto, perché vuole richiamare la fedeltà di Dio alla promessa
fatta ad
Abramo, a Davide
e alla loro discendenza. La
sua parola è parola di fiducia eterna, di fedeltà eterna perciò non può non
rivolgere anzitutto la sua proposta di salvezza a Israele. Proprio perché sia
rispettata fino in fondo questa fedeltà di Dio, Gesù sottolinea di essere stato
mandato alle pecore della casa di Israele.
Questo è molto importante perché ci permette
di superare alcune delle difficoltà più gravi alle quali purtroppo anche
la Chiesa non sempre è riuscita a sottrarsi, cioè il pensare che la Chiesa sia
una sostituzione e che dunque Israele debba essere abbandonato del tutto. Non è
così, anzi, solo entrando nella casa di Israele possiamo attingere e toccare il
mantello che ci reca la salvezza. A questo punto l'obiettivo si sposta, non è
più la donna che si deve convertire verso Gesù. La sua conversione la donna l'ha
già dimostrata ripetutamente, l'ha dimostrata invocandolo come Signore e figlio
di Davide, l'ha dimostrata insistendo a gridare e cercando di coinvolgere i
discepoli di Gesù perché si facessero interpreti della sua situazione. Adesso è
Gesù che deve convertirsi, è lui che è messo di fronte a un inaudito e
misterioso invito pressante della donna, che si esprime perché dentro di sé è
presente l'energia stessa di Dio. Ed essa precipitandosi lo adorò (prosekynei),
si prostrò
dinanzi a lui (v. 25).
Questo atteggiamento già
fa avvertire il senso di un riconoscimento liturgico della presenza di Dio sotto
le sembianze di questo uomo di Nazareth: precipitandosi lo adorò dicendo:
Signore,
aiutami! Gesù è spinto
a cambiare direzione
al proprio itinerario, a rendersi conto, lui uomo di Nazareth, che ormai
è arrivato il tempo di aprire tutti i confini al nuovo che viene dal di fuori,
perché questa donna da fuori sta premendo contro la porta del cuore del Signore.
È l'incontro di due persone, ma ormai la cananea è la personalità spirituale che
interpreta l'atteggiamento dei popoli pagani che premono per entrare a far parte
della casa di Israele. Gesù certamente si sente provocato da questa insistenza e
tenta ancora di opporre un rifiuto, ma non sappiamo se si tratta di un vero
rifiuto o di un'ulteriore provocazione perché la donna finalmente apra a lui
tutta la sua vita:
«
Ed egli
rispose: "Non è bene prendere il
pane dei figli e gettarlo ai cagnolini"
» (v.26).
I cani sono i pagani,
coloro che sono fuori, sono gli animali impuri per definizione. Come può un
ebreo abituato a non contaminarsi mai, neppure lasciandosi toccare il lembo del
mantello, come mai ha accettato una cosa del genere?
Le briciole
dei cagnolini
È la risposta della donna
il vertice di tutto il racconto:
« È vero,
Signore – disse la donna –, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono
dalla tavola dei loro padroni »
(v. 27).
Non pretende altro questa
donna. È un riferimento molto preciso a tutti i gentili che sono invitati alla
tavola imbandita di Israele. Tutt'altro che sostituire coloro che il Signore ha
scelto nella sua imperscrutabile elezione. I pagani, i gentili, in tanto sono
raggiunti dalla salvezza in quanto cercano di saziarsi delle briciole che cadono
dalla tavola imbandita per Israele. Questa tavola imbandita è certamente la
Torah, la tavola delle Scritture, ma soprattutto è la tavola dell'elezione,
sulla quale Dio dimostra la propria eterna fedeltà a Israele. Dunque è solo
conseguenza di questa fedeltà di Dio a Israele il nostro invito a entrare nella
stessa casa per nutrirci di ciò che è sovrabbondante alla sua tavola: «
E ne avanzarono dodici canestri, del pane
che avevano mangiato e del quale si erano saziati ». È molto difficile per
noi che proveniamo dai gentili, dai pagani, accettare questa pagina di Matteo,
eppure dobbiamo tenerne conto. Solo quando riusciremo ad accettare fino in fondo
questa nostra situazione, solo allora il Signore stesso si commuoverà e ci
risponderà come ha risposto Gesù alla cananea:
«
Donna, grande
è la tua fede! »
(v.28).
La tua fede ti ha
permesso di sperimentare la stessa onnipotenza che è propria di Dio, perché
tutto è possibile a chi crede. Ormai la tua fede ti permette di identificare il
tuo volere alla realizzazione del volere stesso di Dio: «
Se avrete
fede quanto un chicco di senape, potrete dire a questa montagna: spostati e
gettati nel mare ...ed essa si sposterà ». Siamo stati introdotti
in questo itinerario e ciò che ci è riservato è straordinario: possiamo tutto,
proprio tutto ciò che vogliamo:
«
Quando
chiedete qualche cosa abbiate fede di ottenerla e vi sarà concessa
». Cosa possiamo chiedere con insistenza se non il dono dello
Spirito santo? (Lc 11,13).
Questa è la conclusione
che trae Luca. È un'applicazione concreta di una invocazione insita nel Padre
nostro: «
Venga il tuo regno ». È la realtà di Dio, con tutto ciò che
questa realtà comporta, di vita, di sostegno, di nutrimento. È lo stupore che
Gesù sperimenterà di fronte all'ufficiale regio, di fronte al centurione. Anche
per lui resta aperto lo stesso
interrogativo:
«
Ma il Figlio
dell'uomo quando verrà troverà la fede? ». Un interrogativo che
riguarda certamente noi ma riguarda anche gli « altri », ecco perché gli uni e
gli altri siamo posti di fronte a questo interrogativo.
ORATIO
Domando umilmente di poter essere coerente con le indicazioni emerse dalla
meditatio. Esprimo fede, speranza, amore. La preghiera si estende e diventa
preghiera per i propri amici, per la propria comunità, per la Chiesa, per tutti
gli uomini. La preghiera si può anche fare ruminando alcune frasi del brano
ripetendo per più volte la frase/i che mi hanno fatto meditare.
Anche noi alla ricerca.
Mi dicono che ho una vita tormentata,
e mi chiedono perché.
Per molti, Signore, sei una realtà
lontana dalla vita.
O al più, “aggiunta”.
E soprattutto, che poco aggiunge.
Ma a me, hai toccato il cuore.
Ho subito il tuo fascino.
Veramente mi “son lasciata sedurre”,
quando ho sentito che solo tu guarisci.
E fai “ardere il cuore” con le tue parole.
Di vita eterna.
Donami, Signore, un cuore docile
e paziente,
che non abbia fretta di migliorare.
Per valutare dove si trova.
Una fede umile, che accetti
il ritmo quotidiano.
Dei piccoli passi continui.
Fa di me “un viandante”,
sempre in cammino,
e un “mendicante”,
povero di tutto,
ma in fiduciosa attesa del tuo dono d’amore.
Per tutta la vita.
(da “Strada Facendo” di Stefania Perna)
CONTEMPLATIO
Avverto il bisogno di guardare solo a Gesù, di lasciarmi raggiungere dal suo
mistero, di riposare in lui, di accogliere il suo amore per noi. È l’intuizione
del regno di Dio dentro di me, la certezza di aver toccato Gesù. È
Gesù che ci precede, ci accompagna, ci è vicino, Gesù solo! Contempliamo in
silenzio questo mistero: Dio si fa vicino ad ogni uomo!
Per Cristo, con Cristo e in Cristo a te, Dio Padre Onnipotente,
nell’unità dello Spirito Santo,
ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoli.
Amen
ACTIO
Mi impegno
a vivere un versetto di questi brani, quello che mi ha colpito di più.
Si compie concretamente un’azione che cambia il cuore e converte la vita. Ciò
che si è meditato diventa ora vita!
Prego con la Liturgia delle Ore, l’ora canonica del giorno adatta al momento.
Concludo il momento di lectio recitando con calma la preghiera insegnataci da
Gesù: Padre Nostro...
Arrivederci!