RITIRO ON LINE                                                                                                   
aprile
2011  

Venero la Parola di Dio, l’Icona ed il Crocifisso.   Traccio sulla mia persona il Segno della mia fede, il Segno della Croce, mi metto alla presenza del Signore che vuole parlarmi.

 

 

Loda il Signore, anima mia:

loderò il Signore finché ho vita,

canterò inni al mio Dio finché esisto.

Non confidate nei potenti,

in un uomo che non può salvare.

Beato chi ha per aiuto il Dio di Giacobbe:

la sua speranza è nel Signore suo Dio,

che ha fatto il cielo e la terra,

il mare e quanto contiene,

che rimane fedele per sempre,

rende giustizia agli oppressi,

dà il pane agli affamati.

Il Signore libera i prigionieri,

il Signore ridona la vista ai ciechi,

il Signore rialza chi è caduto,

il Signore ama i giusti,

il Signore protegge i forestieri,

egli sostiene l’orfano e la vedova,

ma sconvolge le vie dei malvagi.

Il Signore regna per sempre.

(dal Salmo 146)

 Veni, Sancte Spiritus, Veni, per Mariam.

 

 

    I Poveri – La mano del povero, dono di vita nell’incontro

 

 

 

 

 

 

 

LECTIO   Apro la Parola di Dio e leggo in piedi il brano che mi viene proposto.  (1 Re 17,7-16)

7Dopo alcuni giorni il torrente si seccò, perché non era piovuto sulla terra. 8Fu rivolta ad Elia la parola del Signore: 9«Alzati, va’ a Sarepta di Sidone; ecco, io là ho dato ordine a una vedova di sostenerti». 10Egli si alzò e andò a Sarepta. Arrivato alla porta della città, ecco una vedova che raccoglieva legna. La chiamò e le disse: «Prendimi un po’ d’acqua in un vaso, perché io possa bere». 11Mentre quella andava a prenderla, le gridò: «Per favore, prendimi anche un pezzo di pane». 12Quella rispose: «Per la vita del Signore, tuo Dio, non ho nulla di cotto, ma solo un pugno di farina nella giara e un po’ d’olio nell’orcio; ora raccolgo due pezzi di legna, dopo andrò a prepararla per me e per mio figlio: la mangeremo e poi moriremo». 13Elia le disse: «Non temere; va’ a fare come hai detto. Prima però prepara una piccola focaccia per me e portamela; quindi ne preparerai per te e per tuo figlio, 14poiché così dice il Signore, Dio d’Israele: “La farina della giara non si esaurirà e l’orcio dell’olio non diminuirà fino al giorno in cui il Signore manderà la pioggia sulla faccia della terra”». 15Quella andò e fece come aveva detto Elia; poi mangiarono lei, lui e la casa di lei per diversi giorni. 16La farina della giara non venne meno e l’orcio dell’olio non diminuì, secondo la parola che il Signore aveva pronunciato per mezzo di Elia.

Parola di Dio.

 

 

 

 

 

 

 

 

MEDITAZIO   Seduto, rileggo la Parola per più volte, lentamente. Anche la lettura della Parola di Dio è preghiera. Siamo entrati in quella zona più sacra e più lunga del nostro Ritiro On Line: il grande silenzio !   Il protagonista è lo Spirito Santo.

 Il modo migliore per assaporare un brano delle Scritture è accoglierlo in noi come un cibo nutriente per il nostro spirito, è avere la certezza che sia Dio a volerci parlare per farci entrare nelle dimensioni del suo disegno di amore e di salvezza.

Se ascoltiamo attentamente la Parola potremo entrare in un rapporto vivo con il Padre, per lasciarci plasmare dal suo stesso "cuore".

 

Elia: povero tra i poveri

Siamo di fronte alla prima apparizione di Elia sulla scena: egli si presenta al re Acab annunciando l'avvento drammatico di una siccità: «In questi anni non ci sarà in Israele né rugiada, né pioggia, se non quando io lo comanderò» (1 Re 17, 1).

Immediatamente, il Signore si preoccupa di indicare al profeta un possibile rifugio, un luogo dove egli sarà al sicuro da probabili ritorsioni e da lui stesso miracolosamente nutrito: «I corvi per mio comando ti porteranno da mangiare» (17, 4); quanto all'acqua il Signore promette: «berrai al torrente» (17, 4). Si tratta di una situazione pa­ragonabile a quella di Israele nel deserto: come la manna per il popolo, anche il cibo per Elia viene dal cielo, portato dai corvi; come gli israeliti hanno bevuto l'acqua sgor­gata dal "basso", dalla roccia, così anche il profeta si disseta con l'acqua che scorre nel letto di un torrente. Analogamente a Israele, così anche Elia risulta totalmente dipendente da Dio per la sua sopravvivenza, sperimentando appieno la sua piccolezza.

Il profeta, sulle orme del popolo, entra in questo percorso di abbandono, di povertà, in cui la propria vita è garantita totalmente da un altro. Ma a un certo punto si seccò il torrente perché non era piovuto sulla terra. Anche per l'uomo di Dio sopraggiungono le conseguenze della siccità; il corso d'acqua che si prosciuga sembra contraddire l'assi­curazione di Dio: «berrai al torrente»; d'altra parte, senza acqua il cibo miracoloso non è più sufficiente per scampare alla morte. La povertà si fa ancora più radicale per Elia: povertà di una parola divina che non trova più riscontro nella realtà, povertà di una promessa che cade.

Se per Israele la manna cessa dopo l'ingresso nella terra promessa, il sostentamento che si interrompe per Elia ci rivela, tra le righe, che in qualche modo si sta compiendo anche per lui una promessa: và a Sarepta di Sidone; ecco, io là ho dato ordine a una vedova di sostenerti.  L'ordine è chiaro e perentorio: andare in un paese straniero, in una città pagana, e - peggio ancora - nella terra patria della regina Gezabele, moglie di Acab, nemica acerrima che cercherà l'uomo di Dio per togliergli la vita (19, 2).

Se fino a questo momento il Signore aveva provveduto a un riparo per il suo profeta, adesso lo chiama a uscire da questo rifugio da povero, senza alcuna difesa: Elia non ha più niente, se non la promessa che una vedova provvederà al suo sostentamento. Il Signore invita un Elia bisognoso e straniero a esporsi alle insicurezze della relazione in una terra ostile e ancora di più all'incertezza di un nutrimento che gli dovrà giungere da una vedova.

La vedova, appartenente a una delle categorie di poveri per eccellenza, è legata per il suo sostentamento alle offerte del popolo; ella racimola per vivere, raccogliendo ciò che è lasciato indietro da altri, ciò che è dimenticato («quando raccogli la messe del campo e dimentichi nel campo un covone non tornare a prenderlo! Sarà per il forestiero, per l'orfano e la vedova», Dt 24, 19-21). Proprio colei che per definizione si conserva in vita grazie al dono ricevuto dagli altri, proprio una vedova avrà la capacità di nutrire il profeta, offrendogli la possibilità di vivere. Ed ecco che Elia scopre di essere ancora più povero del povero, perché proprio al povero dovrà chiedere, perché la sua esistenza dipenderà da chi non può garantire neanche per la propria.

Ma dietro la vedova, figura dell'indigente che non riesce a provvedere neanche a se stesso, si nasconde il volto di Dio: il testo ebraico, infatti, usa la medesima espressio­ne per indicare il nutrimento che viene provveduto direttamente da Dio e quello che sarà offerto dalla vedova; il cibo che Elia riceverà dalla donna bisognosa sarà lo stesso cibo che veniva da Dio, quasi a sottolineare come la vita che scaturisce dal povero sia la stessa vita di Dio.

 

L'incontro e la mano del povero

Ed ecco l'incontro atteso; Elia si presenta alla vedova, alla povera, con una richiesta: Prendimi un po' d'acqua in un vaso. L'imperativo tradisce la sicurezza del profeta, la certezza indubitabile che quell'acqua, che Dio non manda più dal cielo ormai chiuso, possa essere ritrovata nella brocca di una donna qualunque, di una bisognosa e da lei possa essere ricevuta.

È una vedova straniera a dare adesso a Elia quella bevanda di cui non disponeva più, quell'acqua che non si prende da soli, ma che si riceve in dono, proprio come gli scrosci che Dio faceva piovere dal cielo. Elia, l'uomo per la cui parola la pioggia cessa e ritorna, adesso chiede dell'acqua. Il profeta si fa povero davanti al povero, bisognoso, ben consapevole che la donna che gli sta davanti può offrirgli ciò che egli non ha più.

Senza indugio la richiesta aumenta di intensità: Prendimi anche un pezzo di pane. L'uomo di Dio domanda che il pane gli venga portato dalla mano della vedova: egli ha fiducia che la mano del povero, mano tesa per mendicare, per raccogliere le rimanenze, la mano vuota che chiede, in realtà sia piena e abbia la capacità di donare nutrimento, di elargire vitalità e forza. Il profeta fa affidamento sulle risorse della donna, è sicuro che da ciò che ella possiede possa scaturire un'occasione di vita.

Ed ecco che di fronte a colui che confida nelle sue risorse, la donna si mette in gioco, senza riserve né nascondimenti: ella non dispone di ciò che il profeta le chiede (non ho nulla di cotto; il profeta aveva chiesto un pezzo di pane già cotto, ma la donna non ha niente di già preparato). Tuttavia possiede qualcosa: un pugno di farina nella giara e un po' d'olio nell’ orcio. Un pugno di farina è ciò che la donna ha.

La sua risorsa però non può garantire la vita: la mangeremo e poi moriremo. La mano del povero effettivamente contiene qualcosa, ma si tratta di una risorsa a breve termine, che dà garanzie appena per sé e il figlio. La donna possiede un pane che non può sfamare, che non offre sostegno per l'avvenire.

 

Il pane e la parola

A ciò che la donna ha a disposizione manca qualcosa; vengono in mente le parole di Dt 8,3, parole che Gesù stesso ripeterà (Mt 4, 4): «L'uomo non vive soltanto di pane, ma di ciò che esce dalla bocca del Signore». Non si vive solo di pane, c'è necessità di una parola che lo accompagni. La parola che esce dalla bocca del Signore è una parola che crea, che fa esistere gli esseri nella loro dignità, una parola che promuove l'altro, riconoscendone la bontà. Ecco allora ciò che sfama, ciò che sazia e fa vivere: non semplicemente il pane, ma il pane insieme alla parola; alla donna manca proprio questo, una parola che riconosca il valore di quel pane, una parola che attesti che quel pane presago di morte in realtà può garantire la vita.

Questa è portata dal profeta, l'uomo della parola; Elia, infatti, va dalla vedova non solo come bisognoso ma anche come profeta, come colui che porterà la parola di Dio dentro una storia di indigenza e morte.

Ecco la parola di riconoscimento, pronunciata appunto per bocca dell'uomo di Dio: prima prepara una piccola focaccia per me e portamela. Elia riconosce che la risorsa della ve­dova può portare la vita e chiede una piccola focaccia da quella stessa farina che la donna aveva ritenuto insufficiente, che - a suo dire - poteva costituire solo una breve dilazione della fine inesorabile.

Chiedendo di sfamarsi proprio da quella mano, da quella risorsa, il profeta mostra come il riconoscimento si attui tramite una parola che ha il suo compimento nella condivisione. La farina che secondo la vedova potrà ritardare di poco la morte sua e di suo figlio, per Elia è invece così importante, significativa e ricca, da chiedere di esserne nutrito, da domandare di condividerla. E come se la donna riuscisse a credere che il suo pugno di farina possa garantire un futuro solo nel momento in cui si presenta qualcuno, il quale afferma di poter vivere di ciò che lei ha, qualcuno che crede nella sua piccola "ricchezza" a tal punto da voler vivere con lei di questa.

In seguito alla parola di riconoscimento, la vedova mette in gioco con fiducia tutto ciò che ha: quindi ne preparerai per te e tuo figlio, ricorda il profeta. Preparare la prima focaccia per Elia, significa investire tutto il dono posseduto per qualcun altro, significa rinunciare alla propria vita e a quella del proprio figlio perché un altro possa vivere di questa stessa vita. Infatti, nel momento in cui la donna preparerà la focaccia per Elia, ella userà totalmente la sua farina; quella focaccia che il profeta mangerà sarà la stessa focaccia che doveva servire per lei e per il figlio, quella stessa che avrebbero mangiato.

Quando la mano della donna avrà donato tutto ciò che conteneva, allora potrà solo ricevere il dono del Signore. L'uomo di Dio mangia la focaccia «della donna», la donna mangerà così del «dono di Dio», di cui poi tutti vivranno. Così Elia e la donna sono resi in qualche modo simili, fratelli, ugualmente dipendenti dal dono del Signore, dalla sua promessa:    la farina nella giara non si esaurirà e l’orcio dell'olio non diminuirà.

Come avviene dunque l'incontro con il povero? Il primo momento, come ci mostra Elia, è la fiducia nelle potenzialità dell'altro, nelle sue risorse, che possono venire alla luce solo se provocate da questa fiducia. Ma non basta: è necessaria una parola profetica di riconoscimento dell'altro, che lo promuova, assieme a ciò che egli ha messo a disposizione, una parola che si compie nella richiesta di condivisione; in questo modo l'altro riesce a mettersi in gioco, investendo tutto ciò di cui dispone. Ecco che si realizza l'incontro, un incontro di fraternità in cui è possibile godere insieme del dono di vita sovrabbondante che viene dal Signore.

 

La risorsa moltiplicata

La donna andò e fece come aveva detto Elia; ella ha fiducia nella parola di chi davanti a lei si è fatto più povero di lei, così che mangiarono lei, lui e la casa di lei per diversi giorni. Ciò che esce dalla mano della vedova adesso potrà nutrire non solo Elia, ma anche la donna con la sua famiglia.

L'immagine conclusiva che il testo ci offre è quella dell’'uomo di Dio che fa comunità stabile con la vedova e con i suoi, quella dell'uomo di Dio accolto nella casa del povero. Elia entra così in tutto lo spessore della vita della donna; avendo mangiato dalla sua mano, ella lo prende con sé, nella sua casa, condivide tutto con lui, dalla vita alla morte.

L'uomo di Dio che va a mani vuote, consapevole di poter solo ricevere e' cosciente che il povero è capace di donare, può entrare alla fine nel cuore di questo povero.

Così si compie il comando che il Signore aveva rivolto a Elia all'inizio del passo: và a Sarepta, cioè: «Poni lì la tua sicurezza, nella famiglia del povero. Entra in quella vita e fermati là». Rimanendo con la donna Elia sarà di nuovo tramite di vita e insieme alla vita le consegnerà un ultimo messaggio. Nel seguito del testo, infatti, il figlio della vedova si ammala, muore ed ella impreca contro l'uomo di Dio. La morte del figlio, un'ulteriore drammatica povertà dopo la vedovanza, è letta dalla donna come "punizione di Dio", come accanimento dell'onnipotente contro di lei.

Il profeta si fa carico di questa morte, prega e il Signore ridona la vita al giovane. Ecco che dopo essersi fatto indigente, dopo aver condiviso con il povero tutto, dopo aver mangiato dalla sua mano, essersi caricato della morte che attraversava la sua casa, l'uomo di Dio può lasciare un'ultima "parola" silenziosa alla donna: la povertà non è segno del disprezzo di Dio, non è segno dell'abbandono da parte di Dio! Al contrario Dio stesso viene a ridonare la vita dentro questa povertà.

 

Conclusione

Un'immagine incisiva: la mano del povero, una mano che spesso pensiamo di dover riempire, a cui, invece, il Signore ci chiama ad accostare la bocca per mangiare. Mangiare dalla mano del povero, mangiare lo stesso pane che ci viene porto da quella mano. Un mangiare che evoca alleanza, relazione di vita, gustata da chi in essa ha scoperto il volto di Dio. Chissà, forse anche per Elia e la vedova potremmo dire quanto Es 24, 11 afferma degli anziani di Israele: «Essi contemplarono Dio, poi mangiarono e bev­vero».

 

 

Per la riflessione 

Sperimentare la propria povertà: quando nel mio rifugio sicuro, magari provveduto proprio da Dio, qualcosa viene a mancare o viene meno la possibilità di vita, quando sperimento la miseria della solitudine, accetto la sfida di espormi - da povero - alla relazione?

Figli del povero: mi metto di fronte al mio andare verso il bisognoso. Come incontro il povero? Mi relaziono come verso "un figlio", caricando così quasi istintivamente la relazione di maternalismo o paternalismo? Con Elia si apre adesso la possibilità di diventare "figlio" del povero, per accostarmi a lui in modo nuovo...

Rincontro: mi fermo e ripercorro le tappe dell'incontro di Elia con la vedova straniera. In filigrana posso scorgere il riflesso dei miei incontri con tanti fratelli poveri. Torno alle immagini essenziali dell'incontro: la mano del povero, il pane che questa mano contiene, la richiesta di mangiare di quel pane, da quella mano...

Nella casa del povero: andare, portare e tornare via... Rifletto se per caso non vivo così, qualche volta, la mia relazione con il fratello bisognoso. Perché questo accade? Elia mi spinge a "osare", a trovare il coraggio di stabilirmi nella casa del povero, di fermarmi là, per porre là sicurezza e speranze.

 

ORATIO    Domando umilmente di poter essere coerente con le indicazioni emerse dalla meditatio. Esprimo fede, speranza, amore. La preghiera si estende e diventa preghiera per i propri amici, per la propria comunità, per la Chiesa, per tutti gli uomini. La preghiera si può anche fare ruminando alcune frasi del brano ripetendo per più volte la frase/i che mi hanno fatto meditare.

 

Aiutami, o Gesù, a credere fermamente

nell’amore e nella premura di Dio per i poveri.

Fammi comprendere che se gli uomini,

creano discriminazione e umiliano i poveri,

Dio, invece, li fa subito possessori del Regno suo.

Se gli uomini riducono alla fame i fratelli,

Dio prepara un banchetto per saziarli.

Se gli uomini fanno piangere i propri simili,

Dio attende di far rifiorire il sorriso sulle loro labbra.

Né la sofferenza, né la povertà, né la fame

potranno mai distaccare dal grande oceano

di felicità che è il cuore di Dio.

(don Canio Calitri)

 

 

 CONTEMPLATIO Avverto il bisogno di guardare solo a Gesù, di lasciarmi raggiungere dal suo mistero, di riposare in lui, di accogliere il suo amore per noi. È l’intuizione del regno di Dio dentro di me, la certezza di aver toccato Gesù.

 È Gesù che ci precede, ci accompagna, ci è vicino, Gesù solo! Contempliamo in silenzio questo mistero: Dio si fa vicino ad ogni uomo!

 

Per Cristo, con Cristo e in Cristo

a te, Dio Padre Onnipotente,

nell’unità dello Spirito Santo,

ogni onore e gloria

per tutti i secoli dei secoli.

AMEN

 

 

ACTIO     Mi impegno a vivere un versetto di questi brani, quello che mi ha colpito di più.

Si compie concretamente un’azione che cambia il cuore e converte la vita. Ciò che si è meditato diventa ora vita!

 

Prego con la Liturgia delle Ore, l’ora canonica del giorno adatta al momento.

Concludo il momento di lectio recitando con calma la preghiera insegnataci da Gesù: Padre Nostro...

 

Arrivederci!

 

(spunti da un percorso formativo della Caritas Italiana)