RITIRO ON LINE - agosto 2024 |
Venero
la Parola di Dio, l’Icona ed il Crocifisso. Traccio sulla mia
persona il Segno della mia fede, il Segno della Croce, mi metto alla
presenza del Signore che vuole parlarmi.
(Comunità di Bose)
Se tu mi guardi, Signore, non avrò paura di
camminare su questa impossibile strada.
Se tu mi guardi, Signore, mi basterà questa poca
luce.
Se tu mi guardi, Signore, non avrò bisogno d’altro.
Se tu mi guardi, Signore.
Veni, Sancte Spiritus, Veni, per Mariam.
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I SALMI INSEGNANO A PREGARE
Continua la piccola serie di Lectio suggerite dalla lettura di alcuni salmi. Per
fare ciò prendiamo liberamente spunto da alcune riflessioni di padre Ubaldo
Terrinoni, (OFM cappuccini), raccolte nel suo libro “I salmi insegnano a
pregare”.
LECTIO
Apro la Parola di Dio e leggo in piedi i brani che mi vengono proposti.
Salmo
103 (102)
vv. 1-2 introduzione
quanto è in me benedica il suo santo nome.
2Benedici il Signore, anima mia,
non dimenticare tutti i suoi benefici.
vv. 3-19 fragilità umana e grazia divina
3Egli perdona tutte le tue colpe,
guarisce tutte le tue infermità,
4salva dalla fossa la tua vita,
ti circonda di bontà e misericordia,
5sazia di beni la tua vecchiaia,
si rinnova come aquila la tua giovinezza.
6Il Signore compie cose giuste,
difende i diritti di tutti gli oppressi.
7Ha fatto conoscere a Mosè le sue vie,
le sue opere ai figli d’Israele.
8Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
9Non è in lite per sempre,
non rimane adirato in eterno.
10Non ci tratta secondo i nostri peccati
e non ci ripaga secondo le nostre colpe.
11Perché quanto il cielo è alto sulla terra,
così la sua misericordia è potente su quelli che lo
temono;
12quanto dista l’oriente dall’occidente,
così egli allontana da noi le nostre colpe.
13Come è tenero un padre verso i figli,
così il Signore è tenero verso quelli che lo temono,
14perché egli sa bene di che siamo plasmati,
ricorda che noi siamo polvere.
15L’uomo: come l’erba sono i suoi giorni!
Come un fiore di campo, così egli fiorisce.
16Se un vento lo investe, non è più,
né più lo riconosce la sua dimora.
17Ma l’amore del Signore è da sempre,
per sempre su quelli che lo temono,
e la sua giustizia per i figli dei figli,
18per quelli che custodiscono la sua alleanza
e ricordano i suoi precetti per osservarli.
19Il Signore ha posto il suo trono nei cieli
e il suo regno domina l’universo.
vv. 20-22 conclusione
20Benedite il Signore, angeli suoi,
potenti esecutori dei suoi comandi,
attenti alla voce della sua parola.
21Benedite il Signore, voi tutte sue schiere,
suoi ministri, che eseguite la sua volontà.
22Benedite il Signore, voi tutte opere sue,
in tutti i luoghi del suo dominio.
Benedici il Signore,
anima mia.
MEDITATIO
Seduto, rileggo la Parola per più volte, lentamente. Anche la lettura della
Parola di Dio è preghiera. Siamo entrati in quella zona più sacra e più lunga
del nostro Ritiro On Line: il grande
silenzio! Il protagonista è lo Spirito Santo.
Il
modo migliore per assaporare un brano delle Scritture è accoglierlo in noi
come un cibo nutriente per il nostro spirito, è avere la certezza che sia
Dio a volerci parlare per farci entrare nelle dimensioni del suo disegno di
amore e di salvezza. Se ascoltiamo attentamente la Parola potremo entrare in
un rapporto vivo con il Padre, per lasciarci plasmare dal suo stesso "cuore"
Salmo 103 – Benedici il Signore, anima mia
Premessa e struttura letteraria
Questo salmo «è
il protovangelo della misericordia, è il
cantico
dei cantici della bontà e dell’amore
del Signore», afferma G.
Ravasi;
-
il
card. Mercier
scrive che «con
cinque
secoli di anticipo
abbiamo
la
più
bella
parafrasi
del celebre motto
di Giovanni:
“Dio
è amore”».
La
liturgia
ebraica
si serve di questo salmo nel giorno
del
Kippùr
(celebrazione che cade verso fine settembre-inizio ottobre): giorno
delI’espiazione e della confessione dei
peccati, nel quale ognuno si raccoglie in
profondo silenzio e
pratica un austero digiuno. Il pio ebreo prega
Dio di concedergli il perdono dei peccati commessi contro di lui e contro il
prossimo.
Il salmo si apre
(vv. 1-2) e si chiude (vv. 20-22) con un
appassionato invito,
che il
salmista rivolge a se stesso,
al
«suo
intimo» secondo
il
testo
originale, e
poi,
nel
finale,
a
tutte
le
creature
celesti
e terrestri per benedire il Signore. È una preghiera di
ringraziamento per il perdono ottenuto; procede in un’ordinata
antitesi
tra
grazia divina da una parte,
e fragilità
e povertà umana dall’altra, come si evidenzia
nel seguente
schema:
vv. 3-4a:
fragilità umana (colpe, malattie);
vv. 4b-5:
grazia divina (perdono, guarigione);
vv. 6-8:
grazia divina per tutti (giustizia, bontà,
pietà, amore);
vv. 9-10:
fragilità
umana di tutti (ira, contestazione, colpe);
v. 11:
grazia divina (misericordia, timor di Dio);
v. 12:
fragilità umana (colpe);
v. 13:
grazia divina (paternità, pietà);
vv. 14-16:
fragilità umana (come erba, come fiore è la
nostra vita);
vv.
17-19:
soluzione:
trionfo della grazia divina.
(G. Ravasi)
La
benedizione iniziale e, soprattutto, quella
finale, nell’intenzione del salmista, vuole essere il canto poderoso di
un immenso coro che coinvolge tutti: gli esseri
celesti e quelli
terrestri,
quasi
a
far
capire
che
la
vita
dell’uomo
sulla terra acquista pieno significato se è
riferita a Dio in
espressione di lode e di benedizione.
Due volte ricorre il
verbo in
apertura («benedici»)
e quattro volte in chiusura
(«benedite»).
È un pressante invito che
risulta, a un tempo,
lode e preghiera, canto e ringraziamento, inno
e formula di
gratitudine.
Inoltre, in questa composizione si può notare il
passaggio
dall”‘io”
al
’noi",
dalla
prima
persona
singolare
alla
prima persona plurale.
L’orante diventa l’immagine
dell’intera comunità. Ciò che Dio ha fatto a lui, lo fa a tutti. La
sua esperienza assume proporzioni corali:
tutti coinvolti nel
peccato
e
tutti
perdonati
da
Dio e,
dunque,
tutti
uniti nel ringraziamento.
E’ un salmo penitenziale
fortemente originale in
cui non si chiede il perdono: si ringrazia invece
per il perdono ottenuto.
L’invito è a «non dimenticare» e quindi «a ricordare» tutti
i benefici ricevuti da Dio. Il «ricordare», in chiave
biblica, implica sempre una risposta concreta ai divini benefici, una dimostrazione pratica.
L’orante vuole rendere
gloria all’amore e alla misericordia di Dio: amore e misericordia
che non si sono mai attenuati per lui lungo il cammino fin qui percorso, non
sono mai venuti meno, perché
amore
e
misericordia
sono
«più
forti
della
morte».
Nei vv. 3-5 ci si imbatte in una sequenza
di verbi nella forma classica del participio: (il Signore)
perdona
le colpe,
guarisce
tutte le malattie,
salva
dalla fossa,
corona
di grazia e di
misericordia,
sazia
di beni e
rinnova
la giovinezza. Il salmista,
nella successione di questi participi, mira a esplicitare il
modo costante di agire di Dio, il suo
abituale... «stile» che lo
contraddistingue; vuole sottolineare che i suoi divini e
premurosi
interventi non si limitano allo spirituale, ma si
estendono e coinvolgono tutta la persona dell’uomo:
corpo e
anima,
spirito
e
fisico,
mondo
interiore
e
mondo
esteriore.
Inoltre, nella configurazione stilizzata della
composizione,
resta da rilevare nei vv. 9-10 la quadruplice
proposizione
formulata
in chiave
negativa col fine di evidenziare una
precisa importante verità: Dio, lasciandosi guidare dall’amore,
supera di gran lunga la semplice linea
retributiva e si attesta
con
generosità e
gioia
su
quella
della
misericordia:
«Non
è
in
lite
per
sempre,
non
rimane
adirato
in
eterno.
Non
ci
tratta
secondo
i
nostri
peccati
e
non
ci
ripaga
secondo
le
nostre
colpe».
Nei
vv. 11-13 con tre artistiche immagini
(simbologie),
l’autore tenta di offrire una
qualche idea delI’infinita grandezza e
misericordia
di Dio.
Prima di tutto, si serve delle
due fondamentali
dimensioni
del cosmo
visibile:
deIl’altezza
del cielo rispetto alla terra (v. 11) e della
larghezza
dell’oriente rispetto all’occidente (v. 12). Ebbene,
l’amore
misericordioso di
Dio
è
ben
più
grande.
Con
la terza immagine, poi, attinta dalla
simbologia della pietà paterna,
vuole illustrare
l’assenza
di ogni limite
all’esperienza che
l’orante può
fare
della
bontà
e
della
misericordia divina.
«I miei giorni
scorrono più veloci d’una
spola,
svaniscono
senza
un
filo
di
speranza.
Ricordati che
un soffio
è
la
mia
vita»
(Gb
7,6-7);
«L’uomo,
nato
da
donna,
ha
vita
breve
e
piena
d’inquietudine, come
un
fiore
spunta
e
avvizzisce,
fugge
come
l’ombra
e
mai si
ferma» (Gb
14,1-2).
Questa originale composizione poetica si riferisce
con ogni probabilità
a
una
liturgia
di ringraziamento. Ecco
quale dovrebbe
essere stata la successione degli eventi:
Un
pio
ebreo
si
ritrova
pienamente
coinvolto
in
un’amara
esperienza di peccato,
che ha
sconvolto
il
suo spirito e il
suo fisico. Su
questa penosa situazione interviene
misericordiosamente il Signore: il peccatore apre gli occhi sulla
propria
condizione
di
miseria
e
si
libera
dal
peso
gravoso.
Si
rende ben conto dello scampato pericolo e
desidera
vivamente salire al tempio per esprimere la sua
commossa
gratitudine
al Signore con un «sacrificio di azione di
grazie».
Però, in
questo
momento
spirituale così importante
non vuole essere solo, invita perciò
familiari,
parenti,
amici e vicini a unirsi a lui. Vestito
a festa,
accompagnato
da
una discreta
folla,
sostenendo tra
le
braccia
un
inerme
agnello, sale al tempio per offrire con gioia
il sacrificio. Qui,
alla
presenza
di Dio
e
dei
suoi
intimi,
narra
la
terribile
vicenda
personale
e
sottolinea
i
benefici
ricevuti
da
Dio.
In
un
clima
di
generale
commozione, elenca
i
favori
celesti di cui ha beneficiato (il Signore perdona,
guarisce,
salva, sazia, agisce.
..) e descrive anche con tre precisi termini la sua situazione peccaminosa da
cui è stato liberato:
-
v.
3
«iniquità»,
-
v.
10 «sbaglio,
errore»,
-
v.
12
«infedeltà,
rottura
dell’aIleanza».
Il primo,
iniquità,
richiama l’immagine del «curvarsi,
piegarsi, torcersi» sotto il gravoso peso dei peccati.
Il termine inoltre designa lo
stato colpevole
del peccatore, cioè la
condizione
morale
nella quale egli passa a vivere
a motivo
dei
peccati.
La
sua situazione,
disordinata
e complicata, è
il
risultato
di
atti
peccaminosi. Quindi,
l’iniquità
è vista come conseguenza, come effetto di una serie
di
peccati.
Al
di là
dell’atto
che
finisce
e
passa,
c’è
una
situazione
di inquinamento
morale che rimane e si espande a
macchia
d’olio su tutto e su tutti in modo
inarrestabile,
finché non interviene Dio.
Così, il nostro salmista celebra con gioia il
perdono, che gli è stato accordato,
e dichiara pubblicamente la sua riconoscenza a
Dio per essere stato liberato da questa triste condizione:
«Egli perdona tutte
le
tue
colpe,
guarisce
tutte
le
tue
infermità»
(v.
3).
Si noti anche qui che il senso originale della
radice verbale va bene al di là di una contestazione o di una momentanea
ribellione, perché esprime una diserzione e una defezione
definitiva,
senza ripensamenti e senza
alcuna
speranza.
Resta
soltanto
lo
spazio
di
un
intervento dall’alto che,
gioiosamente,
c’è
stato
nel
caso
del
nostro
autore.
Anzi, basandosi
sulla propria esperienza,
eleva
a principio
il
modo
di
agire
di
Dio:
Non
ci
tratta
secondo
i
nostri
peccati,
e non ci ripaga secondo le nostre colpe…,
quanto
dista
l’oriente dall’occidente,
così
egli
allontana
da
noi le
nostre
colpe.
Come
è
tenero
un
padre
verso
i
figli,
così il
Signore
è tenero
verso quelli che lo temono
(vv. 8.10.12-13).
Dio
è
un padre
«misericordioso
e pietoso,
lento
all’ira e
grande
nell’amore» (v. 8). Pertanto,
la misura del castigo non
è costituita
dalla
sua giustizia,
bensì dalla sua misericordia;
questa
supera di gran lunga quella. D’altre
parte,
se lui
si comportasse
con noi come
in realtà meriteremmo,
chi
mai
potrebbe
salvarsi?
Il
salmista, nel magnificare la misericordia di
Dio che supera di gran lunga «lo schema
della pura giustizia retributiva, introduce un”‘irrazionalità” nella bontà di
Dio.
Egli nel suo amore
preferisce sospendere
la
sua
ira
e
perdonare
alla
sola
condizione che
“la
colpa
sia riconosciuta” (Ger 3,13). Non esige
fiscalmente una riparazione o un pagamento proporzionato ma solo la conversione
nel riconoscimento del peccato. Dio non domanda che il
peccato
sia
pagato,
ma
solo
confessato.
A leggere il salmo con una certa attenzione, si rimane benevolmente
colpiti dal fatto che l’autore esalta in esclusiva la
misericordia
e il perdono di Dio e non riserva alcun riferimento ai castighi e alle
punizioni. Mentre si nota che in altri
testi biblici, insieme al tema della
misericordia, si riscontra
immancabilmente
anche
l’accenno
agli interventi punitivi.
«Egli
si
è
gettato
dietro
le
spalle
tutti
i
nostri
peccati»
(Is
38,17).
Michea
aggiunge
che
«i
peccati
li
ha
gettati in fondo al
mare»
(Mi
7,19), per cui sono
sepolti
per
sempre.
«Anche
se i
vostri peccati fossero come scarlatto,
diventeranno
bianchi
come
neve.
Se
fossero
rossi
come
porpora,
diventeranno
come
lana»
(Is
1,18).
«
Come l’erba
sono i
giorni dell’uomo
»
L’autore del salmo, dopo aver
cantato la grandezza immensa
della
misericordia
di
Dio
(nella
dimensione
della «lunghezza»
e della «larghezza»),
posa la
sua
attenzione
sulla piccolezza, la povertà e la caducità
dell’uomo. Ricorre
alle immagini di creature effimere che
spuntano all’alba e,
prima che arrivi sera, non sono più: è il filo
d’erba, il
fiore
del campo, la colonna di fumo che «investita dal vento, più
non esiste» (v. 16). Sì,
l’uomo è un soffio, un’ombra, un filo
d’erba che secca rapidamente
ed è calpestato e ridotto in
polvere.
Caducità,
povertà
e
fragilità
dell’uomo
potrebbero
dare
adito a tristezza, angoscia e smarrimento
interiore. E
invece
non si coglie neppure l’ombra di questi
sentimenti nell’intera
composizione.
«Il salmista non ha una visione angosciata
della caducità. Nessun lamento in proposito. Nessuna domanda;
anzi, la debolezza dell’uomo è considerata
una ragione — per
il salmista forse la ragione — per cui Dio lo
ama: “Egli
sa bene
di che siamo plasmati, ricorda che noi siamo polvere”
(v. 14).
Intuizione
che
sorprende
e
commuove»
(B.
Maggioni).
La
fragilità e la
brevità
della
vita dell’uomo
sono evidenziate non
tanto
per
attenuare
la
colpa
quanto
per
muovere Dio a compassione e per confermare
l’uomo nell’adesione
alla divina misericordia.
Dio, in qualità di inarrivabile «artista», ha
sì plasmato e modellato l’uomo dal fango,
però l’esperienza insegna che questo «fango»
viene facilmente sgretolato dal sole cocente
della tentazione e dallo
spirare
violento
del
vento
della
prova.
Perciò,
nessuno
conosce come lui
la
radicale fragilità dell’uomo,
ed è per
questo che egli moltiplica generosamente i
gesti di misericordia. E
quest’ultima non è il
segno della sua debolezza,
ma
lo
spazio
nel
quale
egli
manifesta
il
suo amore.
«Lo
investe il
vento...»!
Quale vento? Certo, già la
vita
umana
è
sottoposta all’inesorabile
legge
della
caducità:
esperimenta l’arco parabolico di un inizio
promettente,
di
uno sviluppo pieno e maturo e di un
inevitabile declino, che
la conduce in braccio alla morte; «né più lo riconosce la sua
dimora»
(v. 16). Oltre a ciò, la vita, dall’alba al tramonto, subisce minacce, aggressioni,
violenze...; è esposta a forze
oscure impreviste e imprevedibili che recano
sofferenza e, talvolta,
ne
affrettano la
morte.
E
tuttavia Dio esprime immenso amore per l’uomo
e lo
segue con predilezione, senza perderlo mai di vista:
dall’inizio alla fine, «da sempre e per sempre»
(v. l7).
L’autore inoltre precisa anche
con Giobbe che
all’uomo,
pur
«breve di giorni e sazio di inquietudine»
(Gb
14,1), rimane sempre lo «spazio»
umano nel quale Dio celebra
il
suo
amore
misericordioso e compassionevole:
«L’amore
del Signore è da sempre,
per sempre
su
quelli
che
lo
temono,
e
la
sua
giustizia
per
i figli
dei
figli,
per
quelli
che
custodiscono
la
sua
alleanza e ricordano
i
suoi
precetti
per
osservarli»
(vv.
17-18).
vv. 20-22 conclusione
Giunto al termine
della sua
articolata
preghiera,
l’orante chiede
aiuto agli angeli per formulare
una
degna conclusione.
Essi
svolgono
normalmente
servizi
nella
corte
celeste,
ora però,
per quest’unica
volta,
si uniscano a
lui
per
ringraziare
e
benedire
il
Signore.
Al
poderoso
coro
angelico, si uniscano tutte le creature che
Dio ha creato e collocato in
ogni parte dell’universo. L’orante,
infine, ripete
l’invito
anche
a se
stesso,
alla
sua
anima.
Attualizzazione: pregare il salmo oggi
- l’apoteosi
della misericordia
In tempi posteriori al salmista, col sopraggiungere
della nuova
economia, una fanciulla di Nazaret riprenderà
questa
tematica
e
la
canterà
nel
Magnifìcat:
«La
sua
misericordia si
estende di generazione
in generazione su quelli che lo temono»
(Lc
1,50).
In ambedue le composizioni (Salmo e
Magnificat),
si assiste all’apoteosi della misericordia.
Anzi, nel salmo si nota che «misericordia e giustizia» costituiscono uno
stretto binomio, in
quanto ambedue esaltano unicamente
l’aspetto
misericordioso. La «giustizia» perde la connotazione
forense
per
esprimersi
in
chiave
di
misericordia.
In
definitiva, qui ci si trova alle prese con un
Dio
che
desidera “travolgere” l’uomo con la
sua misericordia, senza lasciarsi frenare o
bloccare
dalle varie modalità
di risposta dell’uomo.
A
lui
basta
un
cenno
di
ravvedimento,
un
solo gesto,
una
sola parola per inondarlo
di perdono.
La
sua
gioia
è
nel
donare
il
perdono.
ORATIO
Domando umilmente di poter essere coerente con le indicazioni emerse dalla
meditatio. Esprimo fede, speranza, amore. La preghiera si estende e diventa
preghiera per i propri amici, per la propria comunità, per la Chiesa, per tutti
gli uomini. La preghiera si può anche fare ruminando alcune frasi del brano
ripetendo per più volte la frase/i che mi hanno fatto meditare.
CONTEMPLATIO
Avverto il bisogno di guardare solo a Gesù, di lasciarmi raggiungere dal suo
mistero, di riposare in lui, di accogliere il suo amore per noi. È l’intuizione
del regno di Dio dentro di me, la certezza di aver toccato Gesù. È Gesù che ci
precede, ci accompagna, ci è vicino, Gesù solo! Contempliamo in silenzio questo
mistero: Dio si fa vicino ad ogni uomo!
Per Cristo, con Cristo e in Cristo a te, Dio Padre
Onnipotente,
nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria per tutti
i secoli dei secoli.
Amen
ACTIO
Mi
impegno a vivere un versetto di questi brani, quello che mi ha colpito di più.
Si compie concretamente un’azione che cambia il cuore e converte la vita.
Ciò che si è meditato diventa ora vita!
Prego con la Liturgia delle Ore, l’ora canonica del giorno adatta al
momento.
Concludo il momento di lectio recitando con calma la preghiera insegnataci da
Gesù: Padre Nostro...
Arrivederci!
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