RITIRO ON LINE - agosto 2022     










Venero la Parola di Dio, l’Icona ed il Crocifisso. Traccio sulla mia persona il Segno della mia fede, il Segno della Croce, mi metto alla presenza del Signore che vuole parlarmi. 

 (Bose Assisi)

 

Entra pure, Signore, perché ho bisogno di sole,

di luce e di nuovi colori.

Entra pure, Signore, e se mi trovi addormentato

non aver paura di svegliarmi.

Ti aspetto da sempre.

 (Un minuto con Dio)

 Veni, Sancte Spiritus, Veni, per Mariam.

 

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INCONTRI DI GESU’ LUNGO LE STRADE POLVEROSE DELLA PALESTINA

 

In parrocchia recentemente è stata proposta una serie di Lectio incentrata sugli incontri di Gesù con alcuni “personaggi” colti nella concretezza della loro vita quotidiana, narrati nel Vangelo di Luca. Sono dei “ritratti dal vivo”! In questi personaggi si possono riscontrare molti  aspetti presenti anche nella vita di ciascuno di noi, nonostante la distanza temporale.  Sono spazi di concreta umanità ma anche di svelamento della verità.

 

 

 

 

  

 

 

 

 

 

 

 

 

LECTIO Apro la Parola di Dio e leggo in piedi i brani che mi vengono proposti.    (Lc 7, 11-17)

 

11In seguito Gesù si recò in una città chiamata Nain, e con lui camminavano i suoi discepoli e una grande folla. 12Quando fu vicino alla porta della città, ecco, veniva portato alla tomba un morto, unico figlio di una madre rimasta vedova; e molta gente della città era con lei. 13Vedendola, il Signore fu preso da grande compassione per lei e le disse: «Non piangere!». 14Si avvicinò e toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: «Ragazzo, dico a te, alzati!». 15Il morto si mise seduto e cominciò a parlare. Ed egli lo restituì a sua madre. 16Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio, dicendo: «Un grande profeta è sorto tra noi», e: «Dio ha visitato il suo popolo». 17Questa fama di lui si diffuse per tutta quanta la Giudea e in tutta la regione circostante.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

MEDITATIO   Seduto, rileggo la Parola per più volte, lentamente. Anche la lettura della Parola di Dio è preghiera. Siamo entrati in quella zona più sacra e più lunga del nostro Ritiro On Line: il grande silenzio! Il protagonista è lo Spirito Santo.

 Il modo migliore per assaporare un brano delle Scritture è accoglierlo in noi come un cibo nutriente per il nostro spirito, è avere la certezza che sia Dio a volerci parlare per farci entrare nelle dimensioni del suo disegno di amore e di salvezza. Se ascoltiamo attentamente la Parola potremo entrare in un rapporto vivo con il Padre, per lasciarci plasmare dal suo stesso "cuore"

 

 GESÙ E UNA MADRE AFFLITTA

 

La presenza del Maestro itinerante nel villaggio di Nain, in Galilea, produce non tanto un miglioramento della situazione esistenziale, quanto un totale cambiamento: il passaggio dalla morte alla vita!

 

Struttura del racconto

Il racconto evangelico si snoda in modo equilibrato. Vi è un versetto di introduzione (7,11) che descrivono l’arrivo di Gesù nella città, mostrano i personaggi e le loro situazioni concrete. «Gesù si recò in una città chiamata Nain, e con lui camminavano i suoi discepoli e una grande folla».

Seguono quattro versetti incentrati attorno all’azione di Gesù (7,12-15), un’azione potente e straordinaria che capovolge, rivoluziona, cambia radicalmente il contesto drammatico presentato all’inizio del brano. «12Quando fu vicino alla porta della città, ecco, veniva portato alla tomba un morto, unico figlio di una madre rimasta vedova; e molta gente della città era con lei. 13Vedendola, il Signore fu preso da grande compassione per lei e le disse: «Non piangere!». 14Si avvicinò e toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: «Ragazzo, dico a te, alzati!». 15Il morto si mise seduto e cominciò a parlare. Ed egli lo restituì a sua madre.»

Due versetti (7,16-17) concludono la narrazione, riportando la reazione positiva dei presenti: essi lodano Dio e riconoscono Gesù quale profeta. Si manifesta in tal modo lo sfondo cristologico del racconto. «16Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio, dicendo: «Un grande profeta è sorto tra noi», e: «Dio ha visitato il suo popolo». 17Questa fama di lui si diffuse per tutta quanta la Giudea e in tutta la regione circostante.»

 

L’approccio iniziale

Ci si trova nella cittadina di Nain (o Naim), in Galilea, a otto ore di cammino da Cafarnao, a una decina di chilometri a sud-est di Nazaret. Si accenna al fatto che Gesù è vicino alla porta della città, luogo pubblico, zona di passaggio e di incontro, in un andirivieni di persone e cose.

Oltre ai luoghi, sono indicati i personaggi, raccolti in due tempi e posti in parallelo.

 

I due gruppi

Da un lato, nel senso dell’ingresso in città: «Gesù si recò in una città chiamata Nain, e con lui camminavano i suoi discepoli e una grande folla». Gesù si dirige verso Nain; i discepoli lo seguono, percorrendo la stessa strada; la folla si accoda ad essi e li accompagna.

Dall’altro lato, in uscita dalla città: «Quando fu vicino alla porta della città, ecco, veniva portato alla tomba un morto, unico figlio di una madre rimasta vedova; e molta gente della città era con lei».

Un morto viene portato al sepolcro per la sepoltura; vi è accanto una donna: la madre; il figlio morto è unico e che essa è vedova; la folla numerosa segue il feretro, si associa alla madre. Si tratta di un dramma non solo familiare ma anche cittadino.

I due gruppi assai folti procedono in direzioni opposte. Non possiedono nulla in comune, non si conoscono, non hanno relazioni fra loro, non abitano nello stesso villaggio.

I componenti del primo gruppo seguono un uomo ormai famoso, Gesù,  ormai un personaggio ben noto.

I membri del secondo gruppo accompagnano un cadavere, una persona morta, figlio di una vedova. Gli orfani e le vedove appartengono alle persone tra le più misere da un punto di vista sociale ed economico.

 

Indifferenza o compassione?

Luca non si sofferma sui sentimenti nell’animo degli uni e degli altri (non è Luca a dire che la donna piange; lo farà intendere Gesù). I discepoli non pregano il Maestro di dare il suo aiuto per alleviare quella situazione pietosa; essi non intervengono. Neanche la donna chiede qualcosa. Nemmeno le due folle intercedono per lui. Le due schiere, pur passando vicine, ma le direzioni sono opposte, sono psicologicamente distanti una dall’altra; diversi sono gli interessi e lo stato d’animo.

Luca, in questo modo, vuole mettere in evidenza l’iniziativa di Gesù. Se anche lui fosse passato accanto, senza fermarsi, nessuno dei presenti avrebbe conosciuto la salvezza. Ma non è stato così. Cristo mostra un’attenzione particolare, una profonda sensibilità. «Il Signore fu preso da grande compassione»: Egli si ferma, consapevole che lì c’è sofferenza e  dolore. É venuto precisamente per portare il lieto annuncio ai poveri.

Sebbene nessuno chieda l’aiuto, Gesù interviene in modo inaspettato. La salvezza non va concepita esclusivamente come risposta alle attese dell’uomo. Essa sovrasta le aspettative umane, è dono gratuito di Dio,  inatteso, non programmato.

Resta il fatto che nessuno dei presenti implora qualcosa, anche perché il giovane è già morto. A chi si potrebbe domandare aiuto in una situazione estrema e definitiva come questa? Chi può avere un rimedio contro la morte?

Va preso sul serio il dramma della morte. La cultura greca dell’antichità ammetteva l’immortalità dell’anima. Questa concezione tuttavia non chiariva l’enigma della morte, poiché non precisava se questa vita avrebbe raggiunto la felicità piena oppure no.

Così Luca ci presenta, nel versetto 12, il giovane defunto, la madre e i concittadini che soffrono con lei: «Quando fu vicino alla porta della città, ecco, veniva portato alla tomba un morto, unico figlio di una madre rimasta vedova; e molta gente della città era con lei» .

La donna è vedova. La morte ora la dissocia definitivamente da suo figlio, l’unico che aveva. In tal modo la morte strappa via anche la sua maternità effettiva; la rende inerte, infeconda, sola. Si ritrova abbandonata a se stessa, senza più nessuno sostegno economico. Si tratta di una vedova, un essere che non conta nella società, insignificante. Ancor più misera, in quanto ha perso suo figlio, che costituiva per lei una sicurezza, un appoggio e una difesa. La situazione é drammatica.

L’insieme del racconto fa intravedere che la vicinanza di Gesù non solo è proficua quando umanamente si intravede ancora la speranza, ma anche quando dal punto di vista umano si dissolve ogni barlume di poter venire a capo di qualcosa. Dal punto di vista della speranza cristiana è vero che dove c’è la morte Cristo porta la vita, poiché è venuto per distruggere la morte.

Gli uomini si possono fare prossimi a coloro che muoiono e ai sopravvissuti, partecipare alla loro sofferenza e piangere con essi. Gesù invece salva dalla morte, agisce contro di essa, risuscita chi è morto.

 

L’intervento di Gesù

Dopo i due versetti introduttivi che hanno avuto lo scopo di esporre la situazione penosa di una madre priva dell’unico figlio, subentra la parte centrale del racconto, con la descrizione dell’intervento liberatore di Cristo.

Luca al versetto 13 dichiara: «Il Signore» (vedendola); non dice semplicemente che Gesù l’ha vista, ma usa un titolo a lui caro, il Signore. Gesù è il Signore della vita, colui che ha il potere di liberare dalla morte. Non va dimenticato che Luca scrive dopo che la risurrezione di Gesù è avvenuta; alla luce di questa guarda con occhio nuovo alle vicende passate, alle opere che Gesù ha compiuto lungo la sua esistenza terrena.

Nel Vangelo di Luca, inoltre, questa è la prima volta che Gesù viene chiamato Signore (Kyrios) in senso assoluto, non al vocativo, ma al nominativo come soggetto agente. In tutta la narrazione evangelica precedente quel titolo era riservato a Dio; ora è attribuito a Gesù.

Ció che sorprende è l’accostamento tra questo titolo altamente onorifico e l’atteggiamento di compassione verso la donna. Gesù è Signore, ma è capace di avvicinarsi alla creatura umana. Un «Signore» che sta alla pari con Dio e che insieme si commuove con l’uomo.

Il testo aggiunge: «Vedendola», vedendo la donna, per evidenziare che il Signore si interessa prevalentemente della donna e il suo sguardo si fissa su di lei. La sua attenzione si posa sulla madre che piange. Il fulcro attorno a cui si muove il brano è propriamente lei, quella donna, una madre, già vedova, che ha perduto il figlio unico. Gesù la vede e ne percepisce tutta l’angoscia. L’atto di «vedere» non corrisponde a uno sguardo generico, distratto, né a un atto scrutatore intriso di curiosità. Qualcosa di più profondo esprime l’occhio di Cristo su quella donna.

 

Si commosse per lei

Gli evangelisti poche volte mettono in evidenza gli stati psicologici di Gesù; ma quando lo fanno, intendono sottolinearne il profondo significato. Luca utilizza in questo caso uno specifico verbo per indicare un amore viscerale, che viene dall’intimo dell’essere; lo ripete solo per tre volte, nel suo vangelo: in questo brano, nella parabola del buon samaritano e in quella del figlio prodigo.

“Vedere” e “sentire compassione”: due atti tra loro intrinsecamente correlati; presi insieme offrono la visione di un animo interiormente ricco e sensibile, come quello di Gesù. Se vi è solo l’azione del vedere, senza il movimento del cuore, essa resta su di un piano di astrazione; se, al contrario, si muove l’interiorità ma non accompagnata da uno sguardo accurato e preciso, essa decade nel sentimentalismo superficiale. Il vedere, dunque, deve suscitare la sensibilità interiore, guidata dall’occhio perspicace e attento.

Dal cuore profondamente toccato dalla visione delle cose, conseguono le azioni. Questo è stato vero per Cristo, come lo deve essere anche per ciascuno di noi: lasciarsi coinvolgere completamente. L’ha vista, l’ha capita, l’ha amata. Ora è pronto ad agire.

 

Non piangere

Dice alla madre: «Non piangere». Con queste parole Gesù rivela i sentimenti della donna, la sua sofferenza; insieme la esorta al conforto e alla speranza. Gesú, nel momento in cui dice «non piangere», sostiene e valorizza questa parola compiendo il miracolo. Non si limita ai buoni consigli, ma interviene efficacemente.

«Non piangere», cioé desisti nel fare il lamento funebre, richiede un’ac- coglienza di fede della madre, una disponibilità interiore ad accettare l’invito e a non rimanere chiusa in se stessa. Senza l’atteggiamento di fiducia e di abbandono, queste parole potrebbero essere prese come una beffa. Si può pensare che se la donna non avesse accolto quelle parole, sarebbe rimasta prigioniera della morte, serrata nella tomba con suo figlio. La vita non sarebbe tornata a sbocciare.

 

Toccò

«Si avvicinò e toccò la bara». Ora il racconto si trasferisce dalla madre al figlio. Gesú si fa vicino fino a toccare la bara; non teme di incorrere nell’impurità rituale. La vicinanza di Gesù ridona la vita, eliminando ogni impurità derivante dalla morte: supera la legge e si manifesta “il Signore”. Per questo non ha paura di intromettersi nel rito funebre e di compiere la sua missione.

Al gesto di Gesù il corteo si arresta: «I portatori si fermarono». Questi camminano in direzione del sepolcro, orientati verso la definitiva tumulazione  del giovane. Tale movimento è interrotto da Gesú. La realtà nuova che appare é ben diversa: il tragitto verso la tomba non si attuerà. Il giovinetto vivrà, tornerà alla vita, muovendosi in senso opposto rispetto al corteo funebre, in direzione della vita, non della tomba.

 

Chiamò

Le sue parole ne sono una testimonianza: «Ragazzo, dico a te, alzati». Da Gesú si viene a sapere che il morto é un giovane. La giovinezza comporta la pienezza della vita, appare assai lontana dallo spauracchio della morte, ma questa, con il suo potere distruttivo, raggiunge non solo l’anziano, ma anche il giovane.

Con Gesú, solo con lui, il dominio  della morte é sconfitto. La sua parola risulta onnipotente ed efficace: «Dico a te». Gesù non parla nel nome del Signore, ma in prima persona.

Avviene l’imprevedibile: « Dico a te, alzati! Il morto si mise seduto e cominció a parlare». Ecco il fatto nuovo e sconvolgente. Il giovane é tornato all’esistenza, infatti da disteso si pone a sedere, da silenzioso si mette a parlare. Si vede subito il passaggio straordinario dalla morte alla vita, dalla staticità al movimento, dal mutismo alla loquacità. Chi avrebbe potuto neanche pensare una simile cosa? Da qui lo sconcerto, la meraviglia, l’esplosione di gioia e la glorificazione resa a Dio che si è fatto vicino e agisce concretamente in Gesù. É mai possibile questo?

 

Restituì

«Egli lo restituì a sua madre»: è l’ultimo gesto di Cristo, quello di riconsegnare il figlio alla madre. All’inizio Gesù mostrò di aver pietà di lei, poi si avvicinò al figlio e lo chiamò, infine la sua attenzione ritorna sulla madre. Questa di nuovo ricupera la sua maternità, nel momento in cui riceve il figlio dalle mani di Gesù; una maternità nuova, perché, quando ora accoglie suo figlio, ella sa che la vita di lui ora non proviene da lei ma dal Signore. Quel figlio è un dono, non un suo possesso. In forza dell’intervento prodigioso di Gesù, la madre e il figlio recuperano in modo nuovo la loro identità. Gesù opera non solo la risurrezione del figlio, ma anche la fioritura di una nuova maternità nella donna che di nuovo ritrova il figlio. Quel figlio acquista una luce diversa, vive di una vita nuova: è un vero dono, il dono del Signore della vita.

Il giovane può essere di nuovo sostegno e aiuto per la madre, mentre questa è pronta di nuovo a dare se stessa per il figlio. Si può dire veramente che tutti due, madre e figlio, acquistino una vita nuova; la risurrezione tocca l’uno e l’altra, non solo a livello fisico e materiale, ma, più profondamente, in una rigenerazione spirituale che schiude il cuore alla fede.

 

Il riconoscimento finale

Il primo a prendere la parola in questo brano è Gesù, poi il giovane, quindi tutti i presenti che glorificano Dio. Infine si dice che la fama di Gesù (cioè la parola su Gesù) si diffonde su tutta la regione di bocca in bocca.

Una vasta diffusione della parola, che indica la vittoria sulla morte. La morte, infatti, conduce al silenzio, alla chiusura della mente e del cuore. Con Gesù invece l’uomo ritorna a parlare, non con parole vuote o inutili, ma piene di gioia, di amore, di gratitudine e di bene.

«Tutti furono presi da timore»: è la reazione dell’uomo di fronte alla

manifestazione divina. Davanti a Dio, grande, trascendente, santo, l’uomo si sente piccolo, debole, limitato. Appare l’infinita distanza tra l’uno e l’altro; da qui il senso di interiore sgomento e di religioso rispetto.

Questo sacro timore fa esplodere l’animo e la bocca in espressioni di riconoscenza e di glorificazione.

«Tutti»: le due folle si unificano. Non solo il giovane risuscitato e la donna si ritrovano uniti nel comune amore, ma anche i due gruppi di persone estranee, che non avevano nulla in comune, sono congiunti nella medesima esperienza di stupore e di fede. Il centro e la fonte da cui scaturisce tale comunione è Gesù il Signore.

«Glorificavano Dio»: il fine cui tende l’azione di Gesù non è soltanto il bene dell’uomo, ma anche e innanzitutto la gloria di Dio. Da Gesù, dalla sua parola, dai suoi gesti, traspaiono la potenza e la bontà di Dio. Per questo nasce spontanea la lode e la gratitudine.

«Un profeta grande è sorto tra noi»: le due schiere riunite riconoscono in Gesù un uomo inviato da Dio, per la poderosa opera da lui compiuta. Da lì, da quel fatto preciso, l’animo scopre le meraviglie di Dio e si innalza alla lode e al ringraziamento. La glorificazione viene da un atteggiamento di fede che sa vedere nelle vicende storiche la presenza operante di Dio.

In questo caso si rivela l’identità di Gesù, non come semplice profeta, ma come «grande profeta». Una mirabile esplosione di lode, che fa scendere il cielo sulla terra e solleva la terra verso il cielo.

Luca ama presentare Gesù, Figlio di Dio, Messia, Salvatore, come il profeta escatologico, l’ultimo e il definitivo. Non nel senso limitativo che egli è un profeta fra tanti, ma nel significato forte che è il Figlio di Dio manifestato con i tratti tipicamente profetici, per la sua parola, i suoi gesti, la sua morte. Vi è pertanto il collegamento con i profeti antichi, ma insieme viene affermato il netto superamento.

Gesù opera il miracolo in prima persona, in forza della sua personale e diretta autorità. Egli agisce per se stesso, ponendosi sul medesimo piano divino. Una novità assoluta e sorprendente.

 

Tra noi, con noi

Il verbo «è sorto tra noi» corrisponde a quello stesso usato sopra, quando Gesù aveva detto al giovinetto: «Alzati». I due eventi perciò sono messi in correlazione uno con l’altro. Proprio a causa del suo essere il Vivente e sorgente della vita, Gesù ha il potere di risuscitare un morto.

«Dio ha visitato il suo popolo»: le parole della gente dichiarano che Dio stabilisce una presenza salvifica di sé in mezzo al popolo, facendosi avanti e avvicinandosi per visitarlo. Tutto quello che Gesù compie diventa segno della volontà salvifica di Dio e della sua azione tra il popolo.

Cristo può essere inteso come un “sacramento” di Dio nella storia, cioè la visibilità concreta e accessibile di Dio tra gli uomini. L’azione redentrice di Dio in Gesù fa rivivere non solo due individui, madre e figlio, ma in loro intende raggiungere tutto il «popolo».

 «Questa fama di lui si diffuse per tutta quanta la Giudea e in tutta la regione circostante».

La parola «Giudea» sta per Palestina vista nella sua interezza, e per tutto il popolo giudaico. Dal singolare si passa all’universale, da ciascuno a tutti, in modo che nessuno sia escluso dalla grazia e dalla vita che scendono da Dio Padre, per mezzo del Figlio suo Gesù, ai suoi discepoli, a tutti gli uomini.

 

La “buona notizia” è…

La “buona notizia” raggiunga anche noi oggi. Ciò che conta è saper vedere, saper accogliere, saper affidarsi; in altri termini, è necessaria la fede.

 

 (cattedrale di Le Mans)

 

 

 

 

ORATIO Domando umilmente di poter essere coerente con le indicazioni emerse dalla meditatio. Esprimo fede, speranza, amore. La preghiera si estende e diventa preghiera per i propri amici, per la propria comunità, per la Chiesa, per tutti gli uomini. La preghiera si può anche fare ruminando alcune frasi del brano ripetendo per più volte la frase/i che mi hanno fatto meditare.

 

Ti aspetto qui, Signore,

sulla riva dei miei giorni,

sulla spiaggia delle mie malinconie.

 

Ti aspetto qui, Signore,

e so che arriverai

prima che scenda la sera.

(P. Righero)

 

  

 

 

 

 

 

 

 

 

CONTEMPLATIO     Avverto il bisogno di guardare solo a Gesù, di lasciarmi raggiungere dal suo mistero, di riposare in lui, di accogliere il suo amore per noi. È l’intuizione del regno di Dio dentro di me, la certezza di aver toccato Gesù. È Gesù che ci precede, ci accompagna, ci è vicino, Gesù solo! Contempliamo in silenzio questo mistero: Dio si fa vicino ad ogni uomo!

 

 

Per Cristo, con Cristo e in Cristo a te, Dio Padre Onnipotente, 

nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria per tutti

i secoli dei secoli.  Amen

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ACTIO     Mi impegno a vivere un versetto di questi brani, quello che mi ha colpito di più.   Si compie concretamente un’azione che cambia il cuore e converte la vita. Ciò che si è meditato diventa ora vita!  Prego con la Liturgia delle Ore, l’ora canonica del giorno adatta al momento.

Concludo il momento di lectio recitando con calma la preghiera insegnataci da Gesù: Padre Nostro...

Arrivederci!                                                                            

 

(tratto da Lectio sul Vangelo di Luca proposte in parrocchia)

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