Venero la Parola di Dio, l’Icona ed il Crocifisso. Traccio sulla mia persona il Segno della mia fede, il Segno della Croce, mi metto alla presenza del Signore che vuole parlarmi.
O Dio, faccio fatica
ad ammetterlo,
ma spesso mi sento
piccolo e fragile. |
Signore, salvami!
Con la tua mano sorreggimi
e sarò davvero in pace!
(50
salmi “giovani”)
|
Veni,
Sancte Spiritus, Veni, per Mariam.
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L’INCONTRO CON “L’UOMO DEI DOLORI”
La lectio di oggi prende spunto dall’episodio evangelico del “GIUDIZIO”, aiutati
da una riflessione del giornalista P.G. Liverani.
Buona
meditazione e buona preghiera.
LECTIO Apro
la Parola di Dio e leggo in piedi i brani che mi vengono proposti.
(MT 25,31-46)
31Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà
sul trono della sua gloria. 32Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli
separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, 33e porrà le
pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. 34Allora il re dirà a quelli che saranno
alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno
preparato per voi fin dalla creazione del mondo, 35perché ho avuto fame e mi avete
dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete
accolto, 36nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete
venuti a trovarmi”. 37Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo
visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere?
38Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo
vestito? 39Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a
visitarti?”. 40E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a
uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. 41Poi dirà anche a
quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno,
preparato per il diavolo e per i suoi angeli, 42perché ho avuto fame e non mi avete
dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, 43ero straniero e non
mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete
visitato”. 44Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto
affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo
servito?”. 45Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non
avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”. 46E se ne
andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».
MEDITATIO
Seduto, rileggo la Parola per più volte, lentamente.
Anche la lettura della Parola di Dio è preghiera. Siamo entrati in quella zona
più sacra e più lunga del nostro Ritiro On Line:
il grande
silenzio ! Il protagonista è lo Spirito
Santo.
Il
modo migliore per assaporare un brano delle Scritture è accoglierlo in noi
come un cibo nutriente per il nostro spirito, è avere la certezza che sia
Dio a volerci parlare per farci entrare nelle dimensioni del suo disegno di
amore e di salvezza. Se ascoltiamo attentamente la Parola potremo entrare in
un rapporto vivo con il Padre, per lasciarci plasmare dal suo stesso
"cuore".
"RICERCATI DALL’ETERNITA’ "
Il Cristo che si offre a noi sotto le apparenze del
pane,
Questo presentato oggi è uno dei
brani evangelici più noti e fa veni
re
alla mente un altro racconto "evangelico", questa volta di Santa Madre Teresa di
Calcutta, ricordato in tutte le sue moltissime biografie:
“Una
volta ho raccolto un
uomo dalla strada. Il suo corpo era pieno di vermi. L’ho
portato nella
nostra casa e che cosa ha detto? Non ha imprecato, non ha inveito contro
qualcuno. Ha solo detto: "Ho vissuto come un animale nelle strade, ma adesso
morirò come un angelo, amato, curato". Ci
vollero tre
ore per
pulirlo. Dal
suo corpo malato
emanava
un odore nauseante. Alla fine egli aveva guardato la suora e aveva detto:
"Sorella, vado a casa da Dio", ed è morto.
Non ho mai visto su un volto umano un sorriso così radioso come quello che vidi
sul viso di quell' uomo. Egli è andato alla casa di Dio. Vedete che cosa può
fare l'amore! È possibile che la giovane suora non se ne rendesse conto in quel
momento, ma aveva toccato il corpo
di Cristo.
Gesù lo
aveva detto: "Ogni volta che
farete ciò per l' ultimo dei miei fratelli, lo avrete fatto a me"».
Un'altra volta, a Bombay, alcune suore avevano raccolto un uomo sulla strada e
lo avevano portato a casa, un grande locale regalato a Madre Teresa da una ditta
inglese e trasformato in una casa per moribondi. Cresciute alla scuola della
Madre, se n'erano preso cura con amore, lo avevano trattato con dignità. Tutta
la sua schiena era senza pelle e la sua carne era tutta consumata. Dopo averlo
lavato, l'avevano messo a letto. Madre Teresa racconta: «Una
sorella mi disse che non aveva mai visto tanta gioia espressa su un volto.
Chiesi poi alla sorella: "Che cosa hai provato quando hai tolto tutta quella
sporcizia dal suo corpo? Che cosa hai sentito?". Lei mi guardò e mi disse: " Non
avevo mai sentito come allora la presenza di Cristo. Non avevo mai creduto come
allora la parola di Gesù che dice: Ero malato e l'avete fatto a me. Era presente
e lo potevo guardare in faccia"» .
L’UOMO DEI DOLORI
La convinzione di Madre Teresa era
che la sofferenza, di qualunque
tipo essa fosse, rende
l'uomo che
ne è investito immagine e somiglianza di Cristo,
l’«Uomo
dei dolori
», come lo chiamò Isaia (53,3) molti secoli prima che il Figlio
di Dio s'incarnasse e
patisse sulla croce. Questa
era un'idea che Madre Teresa esplicitava ogni volta che poteva, senza tema di
incomprensione o di contestazione, consapevole soltanto della forza della verità
e dell'amore di Dio per le sue creature. Questa somiglianza, che rinnova quella
descritta all'inizio dell'Antico Testamento, rivela tutta la grandezza della
dignità dell'uomo, che non può essere ignorata. «Cristo
– dice il Concilio -
svela anche
pienamente l'uomo all'uomo e gli fa
nota la sua altissima vocazione» (GS 22).
Indubbiamente Gesù non era un povero nelle condizioni dei derelitti delle strade
di Calcutta, tuttavia il racconto della sua nascita ne descrive una povertà
autentica, sia pure momentanea, dovuta a coloro - "i
suoi" - che non l'accolsero e lo rifiutarono: «Non
c'era posto per lui nella locanda». Insomma, se la
somiglianza del prototipo umano a Dio, di cui parla la Genesi
(1,27), è opera diretta del Padre, la somiglianza del malato, del
morente, del povero, del bambino sfruttato o abusato, al Figlio
- non sembri assurdo o blasfemo: anche
Cristo «Dio
lo trattò da peccato in nostro favore» (2Cor 5,21) - è opera
del peccato, inteso come causa dell'ingresso
della sofferenza e della povertà nella vita del mondo e dell'uomo.
GESU’ PANE
Alla
prima considerazione, però, Madre Teresa ne aggiungeva un'altra di tipo
"eucaristico". In una conversazione disse:
«Il
Cristo che si offre a noi sotto le apparenze del
pane e il Cristo che si nasconde sotto l'aspetto sofferente del povero, è
lo stesso Gesù».
E alle sue giovani
postulanti e novizie Madre Teresa diceva:
«Avete
visto, durante la Messa, con quanta attenzione il sacerdote tocca il Corpo di
Cristo divenuto pane di vita? Fate altrettanto con i poveri».
Madre Teresa aveva dovuto faticare non poco per ottenere, a Calcutta, l'uso di
un grande locale annesso al tempio della dea Kalì per trasformarlo in
Nirmal Hriday, in "Casa del cuore
puro", dove lei e le sue suore accoglievano i derelitti raccolti
per le vie della città, in mezzo alle
immondizie: corpi che erano poco più di resti umani in sfacelo.
Quella che un tempo era peggio che "carne da macello", perché suscitava
soltanto ribrezzo e nausea,
ora era la carne stessa di
Cristo, il volto stesso di Gesù, il
corpo del Salvatore alla soglia, finalmente, della risurrezione.
«Gesù
sofferente
- questa è una delle preghiere più note di Madre Teresa -
fa' che ogni giorno possa vedere te nella persona dei
malati e che possa servirti prendendomi cura di loro. Fa' che io ti riconosca
nella ripugnante maschera dell'ira, del crimine o della follia e possa dire:
"Gesù mio sofferente, com'è immensamente bello servirti!". Caro malato, quanto
mi sei diletto, perché tu sei
l'immagine del Cristo; è un onore per me potermi occupare di te!».
Pochi sono stati così "fortunati" da saper trasformare in oggetto di venerazione
esseri che non suscitavano repulsione. E pochi, credo, hanno mai saputo narrare
con tanta veridicità ed efficacia la gioia dell'incontro del cristiano con
Cristo sotto le spoglie del povero, del malato, dell' abbandonato, del
moribondo. Eppure questi incontri sono la stessa cosa dell'incontro con
l'Eucaristia.
BACIARE IL LEBBROSO
E
allora non
è forse anche
questa un'esperienza di
eternità? Se io tocco con la mia mano quella di un povero - ma bisogna saperlo
vedere con un amore che non è frequente, anche se proprio questo è l'amore di
cui parla il vangelo - tocco la mano stessa di Gesù.
Quando baciava un lebbroso, Francesco d’Assisi sapeva
di baciare Gesù. Quella mano con cui tracciamo alla meglio in segno della croce
sul nostro corpo, difficilmente toccherà
il corpo di Gesù dolente. Per diventare Cristo nelle nostre mani, non
serve solo l'umanitarismo, non sono sufficienti
la pietà, la commozione, la solidarietà. Possono diventare ostacoli la
gratificazione e la buona coscienza di fare del bene. Potremmo scivolare nella
semplice ricerca della nostra soddisfazione, dimenticandoci il Gesù povero,
solo, malato, abbandonato, sofferente, morente, lebbroso.
Quel corpo dev'essere amato di quell'amore grande di cui parlava Teresa di
Calcutta: «Siamo
stati creati per cose grandi: per amare e per essere amati».
C'è un'eternirà che ci viene quotidianamente offerta, anche se con la visibile
discrezione di Dio. Ci viene offerta nella preghiera, quando ci mettiamo in
ascolto e in dialogo con Dio; nell'Eucaristia, quando - letteralmente
- tocchiamo con mano e
mangiamo il corpo di Cristo; nella parola di Dio, che parla direttamente a
ciascuno di noi; nell'adorazione eucaristica, quando Cristo peregrinante,
predicante, torturato, ucciso, sepolto, risorto ci si mostra per guardarci negli
occhi e per farsi guardare come il contadino del santo Curato d'Ars.
Gesù ci viene davanti nell'incontro con il povero e il malato, con il solo,
l'abbandonato, il senza-casa, il senza-patria, il lebbroso, il paria,
l'aborrito. Ci viene davanti quando «due
o tre sono riuniti nel mio nome, perché io sono in mezzo a loro».
Vi siamo immersi giorno e notte come membra del corpo mistico di Cristo, vale a
dire della Chiesa: membra, dunque, di un Corpo eterno.
VITA E FEDE
C'è
chi teme che questa diuturna permanenza dell'eternità presso di noi ci costringa
a collocarci nelle condizioni di vita dei mistici, degli asceti, dei religiosi
contemplativi. Timori a parte, tutto
quello che
abbiamo detto non costituisce
mistica né
ascetica.
Non ci dobbiamo spaventare: iI vero cristiano, infatti, deve considerarsi un
contemplativo anche quando, da laico, vive nel mondo in mezzo a tutti i problemi
e i drammi della sua condizione quotidiana di vita: «Contemplativi
itineranti».
MISTICA E SANTITA’
Il Catechismo della Chiesa Cattolica al
n. 2014 afferma che la mistica è «il
progresso spirituale [che] tende all'unione sempre più intima con Cristo»
per partecipare al suo «mistero
mediante i sacramenti e, in lui, al mistero della Santissima Trinità. Dio ci
chiama tutti a questa intima unione
con lui, anche se soltanto ad alcuni sono concesse grazie speciali o segni
straordinari di questa vita mistica».
La mistica, insomma, equivale alla santità, di cui ci spaventiamo sempre troppo.
E quella che si potrebbe chiamare l' universale vocazione o chiamata alla
mistica altro non è che l'«universale
vocazione alla santità» della quale parla il Concilio, vale a
dire la dimensione realistica della santità cristiana: quella della
quotidianità, della ferialità , della normalità della vita.
Ovvero la santità di tutti i giorni, quella delle cose normali, della non
straordinarietà. La santità, cioè la normalità del vivere ogni giorno, da
cristiano e senza fughe, la realtà del mondo e della Chiesa, del "qui" e dell’
“ora", come se fossero un perenne kairos
(momento di grazia, secondo san Paolo), che non prevede necessariamente la
prospettiva né la ricerca degli eroismi e dei risultati, ma è disponibile agli
uni e agli altri. La santità della consapevolezza che il vero eroismo del
cristiano è quello della continuità, del non cedere né arretrare, del dire
sempre sì (che è più difficile del dire no) ogni giorno e tutti i giorni.
L’ETERNITA’, TUTTI I GIORNI
L'eternità non solamente ci viene messa accanto, letteralmente a portata di
mano, anche se a noi
sembra di doverla
cercare, ma è essa che ci cerca, c'insegue, ci accarezza e ci seduce. È
Dio stesso che lo dice, per bocca
del profeta Isaia: «Io
sono il Signore tuo Dio, che ti inseguo
per il tuo bene» (48,17).
Possiamo dire che l'eternità, se noi ci crediamo davvero - questo accadeva a
Francesco d'Assisi quando parlava di "perfetta letizia'' e a Teresa di Calcutta
anche mentre viveva per decenni il deserto dello spirito e il silenzio di Dio -
può riempire tutti i giorni, quelli gioiosi e quelli dolorosi, della nostra
vita.
Che diventano così tutti i giorni dell'eternità.
ORATIO
Domando umilmente di poter essere coerente con le indicazioni emerse dalla
meditatio. Esprimo fede, speranza, amore. La preghiera si estende e diventa
preghiera per i propri amici, per la propria comunità, per la Chiesa, per tutti
gli uomini. La preghiera si può anche fare ruminando alcune frasi del brano
ripetendo per più volte la frase/i che mi hanno fatto meditare.
Noblesse oblige.
La nobiltà obbliga….
Ti prego, mio Dio.
Aiutami a ricordare
la mia nobiltà.
A riscoprirla!
Perché non c’è nobiltà maggiore.
Dell’essere figlio di Dio!
E come tale.
Che anche io senta.
Gli obblighi di tale nobiltà.
Obblighi di amore.
Obblighi che spingono
verso gli altri.
Perché tutto in noi.
Va verso l’esterno…
Donami un’anima nobile.
Capace di coniugare in
forma attiva e passiva.
Tutti i verbi dell’esistenza.
Coniugazione attiva: con gli altri.
Che io cerchi “Di amare.
Più che di essere amato.
Di consolare,
più che di essere consolato”.
Coniugazione passiva: con Dio.
Essere da lui amati e consolati.
Perché è lui che ama e consola.
Ogni suo figlio….
(“Spunti quotidiani in cerca d’Autore” - Stefania Perna)
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CONTEMPLATIO
Avverto il bisogno di guardare solo a Gesù, di lasciarmi raggiungere dal suo
mistero, di riposare in lui, di accogliere il suo amore per noi. È l’intuizione
del regno di Dio dentro di me, la certezza di aver toccato Gesù. È
Gesù che ci precede, ci accompagna, ci è vicino, Gesù solo! Contempliamo in
silenzio questo mistero: Dio si fa vicino ad ogni uomo!
Per Cristo, con Cristo e in Cristo a te, Dio Padre
Onnipotente,
nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria
per tutti i secoli dei secoli.
Amen
ACTIO
Mi
impegno a vivere un versetto di questi brani, quello che mi ha colpito di più.
Si compie concretamente un’azione che cambia il cuore
e converte la vita. Ciò che si è meditato diventa ora vita!
Prego
con la Liturgia delle Ore, l’ora canonica del giorno adatta al momento.
Concludo il momento di lectio recitando con calma la preghiera insegnataci da
Gesù: Padre Nostro...
Arrivederci!
(tratto da una riflessione del giornalista P.G. Liverani)
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