Venero la Parola di Dio, l’Icona ed il Crocifisso. Traccio sulla mia persona il Segno della mia fede, il Segno della Croce, mi metto alla presenza del Signore che vuole parlarmi.
Signore,metto nelle Tue Mani e nel Tuo Cuore tutti i sentimenti che provo e vivo nella mia vita quotidiana e in
questo momento. Aiutami a non farmi influenzare dai miei stati d’animo, aiutami a non lasciarmi ingannare dalle
vie dei sentimenti quando mi portano ad amare solo se sono amato, solo se sento gioia e facilità nell’amare.
Grazie, perché Tu mi ami così come sono e vuoi davvero il mio bene e la
mia Gioia. |
“Le donne sono quelle del Vangelo di Luca;
la gioia è quella che scaturisce dal loro incontro con Gesù”
Proseguiamo la preghiera suggerita da alcune lectio tratte da episodi del
Vangelo di Luca, nelle quali il filone comune è la GIOIA DELLE DONNE CHE
INCONTRANO GESU’.
Oggi lasciamoci toccare dall’incontro tra la così detta “peccatrice” e Gesù.
Queste
riflessioni sono liberamente tratte da alcune lectio di don Davide Caldirola,
della Chiesa di Milano.
Buona
meditazione e buona preghiera.
LECTIO Apro
la Parola di Dio e leggo in piedi i brani che mi vengono proposti.
(Luca
7,36-50)
Uno dei farisei lo invitò a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e
si mise a tavola. Ed ecco, una donna, una peccatrice di quella città, saputo che
si trovava nella casa del fariseo, portò un vaso di profumo; stando dietro,
presso i piedi di lui, piangendo, cominciò a bagnarli di lacrime, poi li
asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di profumo. Vedendo
questo, il fariseo che l'aveva invitato disse tra sé: «Se costui fosse un
profeta, saprebbe chi è, e di quale genere è la donna che lo tocca: è una
peccatrice!». Gesù allora gli disse: «Simone, ho da dirti qualcosa». Ed egli
rispose: «Di' pure, Maestro». «Un creditore aveva due debitori: uno gli doveva
cinquecento denari, l'altro cinquanta.
Non avendo essi di che restituire, condonò
il debito a tutti e due. Chi di loro dunque lo amerà di più?». Simone
rispose: «Suppongo sia colui al quale ha condonato di più». Gli disse Gesù: «Hai
giudicato bene». E, volgendosi verso la donna, disse a Simone: «Vedi questa
donna? Sono entrato in casa tua e tu non mi hai dato l'acqua per i piedi; lei
invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi
capelli. Tu non mi hai dato un bacio; lei invece, da quando sono entrato, non ha
cessato di baciarmi i piedi. Tu non hai unto con olio il mio capo; lei invece mi
ha cosparso i piedi di profumo.
Per questo io ti dico: sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto
amato. Invece colui al quale si perdona poco, ama poco». Poi disse a lei: «I
tuoi peccati sono perdonati». Allora i commensali cominciarono a dire tra sé:
«Chi è costui che perdona anche i peccati?». Ma egli disse alla donna: «La tua
fede ti ha salvata; va' in pace!».
MEDITATIO
Seduto, rileggo la Parola per più volte, lentamente.
Anche la lettura della Parola di Dio è preghiera. Siamo entrati in quella zona
più sacra e più lunga del nostro Ritiro On Line:
il grande
silenzio ! Il protagonista è lo Spirito
Santo.
Il
modo migliore per assaporare un brano delle Scritture è accoglierlo in noi
come un cibo nutriente per il nostro spirito, è avere la certezza che sia
Dio a volerci parlare per farci entrare nelle dimensioni del suo disegno di
amore e di salvezza. Se ascoltiamo attentamente la Parola potremo entrare in
un rapporto vivo con il Padre, per lasciarci plasmare dal suo stesso
"cuore".
(Luca 7,36-50)
La parola spezzata
Tante volte, quando mi è capitato di predicare questo
testo, ho provato a dire alla gente: «Pensate cosa succederebbe
se ora
una
donna
entrasse in chiesa, attraversasse la navata e
mentre io sto parlando iniziasse ad accarezzarmi e a baciarmi. Cosa direste di
lei? E di me?».
Al posto giusto?
Non dobbiamo sottovalutare l'effetto paralizzante di un testo così.
“Vedendo questo, il fariseo che l'aveva invitato disse tra sé: «Se costui fosse
un profeta, saprebbe chi è, e di quale genere è la donna che lo tocca: è una
peccatrice!»
In questa scena tutti quelli che pensavano di essere
al posto giusto (Simone il fariseo, i suoi ospiti, gli invitati. ..) si sentono
a disagio improvvisamente, fuori fase, e colei che avrebbe dovuto sentirsi fuori
posto (perché se sei una pubblica peccatrice non entri in quel modo in una casa
perbene!) trova finalmente posto, forse per la prima volta in tutta la vita.
Entriamo nell'ascolto di un vangelo così, allora, solo se torniamo
col cuore e il pensiero
a tutte le volte in cui nella vita abbiamo
avvertito il disagio di non trovarci al posto giusto o la fatica di sentirci
estranei, stranieri, oppure non ci siamo sentiti accolti e accettati, o non
abbiamo trovato uno sguardo accogliente, incoraggiante, di qualcuno che ci ha
fatto spazio nella sua casa e nella sua vita, che finalmente ci ha fatto sentire
a nostro agio là dov'eravamo, così come eravamo.
Irrompe sulla scena
“Ed ecco, una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella
casa del fariseo, portò un vaso di profumo; stando dietro, presso i piedi di
lui, piangendo, cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi
capelli, li baciava e li cospargeva di profumo.”
Guardiamo più da vicino a questa donna che irrompe sulla scena e fa saltare
tutti gli equilibri, le posizioni acquisite, le modalità rassicuranti di agire e
di pensare. Luca ci fa subito capire che sta per accadere qualcosa di importante
e di sorprendente.
Gli studiosi dei vangeli sottolineano come un fatto
del genere fosse teoricamente possibile. Chi invitava un ospite di riguardo
nella sua dimora, faceva in modo che tutti lo potessero
vedere: la sua
presenza aumentava il prestigio della casa e
del suo padrone. Era un bel modo per farsi pubblicità, per farsi riverire e
stimare. Tutti potevano buttare l'occhio e curiosare. Ma la donna non si limita
a guardare: entra, prende posto, tocca, ruba la scena. Di per sé non si pone al
centro, sceglie una posizione apparentemente marginale: per terra, ai piedi. Ma
come non notarla? Come non accorgersi di lei? Tanto più che tutti sanno chi è e
che mestiere fa...
“Vedendo questo, il fariseo che l'aveva invitato disse tra sé: «Se costui fosse
un profeta, saprebbe chi è, e di quale genere è la donna che lo tocca: è una
peccatrice!».”
I gesti che compie portano in sé tutto lo scandalo del contatto, tutto il
linguaggio della seduzione, che è forse l'unico che la donna conosce bene. È
abituata a esprimersi così: col corpo più che con le parole; e per dire qualcosa
a Gesù si affida alla forte fisicità della grammatica del corteggiamento, del
contatto fisico. Gesù accoglie anche l'ambiguità possibile di gesti così. Non la
rifiuta. Si lascia amare sfidando il giudizio di tutti, i malintesi che ne
seguono, le parole taglienti di condanna dei benpensanti. Dietro di essi Gesù
coglie solo l'amore, nient'altro.
Le lacrime, i piedi, il profumo
E allora le lacrime finiscono col dire soltanto la
forza del pentimento e del dispiacere per una vita buttata via:
“piangendo,
cominciò a bagnarli di lacrime”.
La donna lava i piedi di Gesù così come Gesù laverà i piedi degli apostoli
nell'ultima cena: segno di
amore, di servizio, di chi non vuole
innalzarsi ma restare a terra, in mezzo alla polvere. Queste lacrime hanno il
gusto e il sapore di una liberazione, di uno scioglimento. Non spezzano il
cuore: lo lavano, lo purificano, lo rinnovano. Sono un battesimo, un'acqua che
fa passare dalla morte alla vita. Perfino i capelli sciolti - segno di peccato
nella tradizione dell'epoca
-
diventano icona di una trasformazione avvenuta, di un
amore che si è liberato: “poi
li asciugava con i suoi capelli”
. E il profumo riempie una casa rendendola solo ora davvero accogliente:
“li
cospargeva di profumo”.
Gesù non è più l'ospite accolto per fare bella figura ma il Maestro e il Signore
amato a cui regalare la vita.
Trovare un posto, il nostro posto
Il brano di Luca ci racconta anzitutto la gioia di trovare posto. Possiamo
osservare la gente che entra in chiesa. Ci sono quelli che hanno il
'I
«posto fisso»
(guai a toccarglielo!), quelli che cercano di
nascondersi là dove non possono essere visti dall'altare, quelli che rimangono
sempre in fondo,
quelli che si piazzano vicini agli
altoparlanti perché sono sordi. C'è chi entra a passo di marcia, sicuro di sé,
come se fosse il padrone di casa, chi si avvicina con qualche esitazione
guardandosi intorno, chi si ferma a lungo concentrandosi su qualche gesto di
devozione per prendere familiarità col luogo sacro. Tutti cercano un posto dove
stare bene, con se stessi e davanti al Signore.
Queste scene di vita ordinaria di parrocchia possono essere lette come una
metafora della vita. Facciamo i conti ogni giorno con un'umanità varia e
diversa, con approcci alla vita dissimili, con stili e comportamenti
lontanissimi tra loro. C'è chi è «attaccato al posto» tanto da non volerlo mai
lasciare e chi si muove per decenni spaesato, senza mai sentirsi a casa; chi
entra in ogni luogo come se ne fosse padrone, sicuro della propria forza, e chi
chiede sempre permesso, come se sentisse addosso il peso di dare fastidio; chi
non sa distinguere una spiaggia da un luogo sacro e chi si toglie i sandali come
Mosè davanti al roveto, perché sa di camminare su terra sacra. Ci piacerebbe non
sentirci stranieri a casa nostra, avere un luogo che sia «nostro» non nel senso
del possesso ma dell'affetto, non della tana o del nido ma dello spazio ospitale
in cui - sentendoci accolti - possiamo a nostra volta accogliere altri peccatori
come noi.
La Chiesa può essere questo posto, quando è semplice, accogliente, non rigida,
libera...
Un posto, una casa
Ma più radicalmente vorremmo trovare posto presso
qualcuno, ai piedi di qualcuno, nel cuore di qualcuno. La peccatrice osa gesti
che travalicano la sfera di una compostezza ingessata pur di trovare posto ai
piedi del Signore. Sfida le regole del buon senso e della buona educazione, e
sceglie la misura
sconsiderata
dell'amore per dirigere
i suoi passi verso il
Maestro
e trovare un angolo dove sostare:
“Ed
ecco, una donna, una peccatrice di quella città,…stando dietro, presso i piedi
di lui…”
. Da lei raccogliamo la gioia di chi finalmente ha trovato casa. La sua casa
sono i piedi di Gesù, perché il discepolo trova casa all'ultimo posto, quello
che lui ha scelto, quello dove può ascoltare meglio la sua parola e lasciarsi
guarire dalla sua misericordia.
Fiducia in un riscatto
Ma non c'è nell'esperienza della peccatrice soltanto la gioia di trovare posto.
C'è la fiducia nella possibilità di riscatto della propria vita: con questa
certezza nel cuore la donna sfida tutto e tutti. La presenza del Maestro ha
ridestato in lei una speranza forse sopita: quella che le suggerisce che la sua
esistenza non è perduta per sempre, può essere accolta, raccolta e riscattata:
“saputo che si trovava nella casa del fariseo”.
Le lacrime con cui lava i piedi del Maestro non dicono soltanto il dolore del
peccato o il pentimento del cuore, ma indicano lo scioglimento di tutta la vita,
un affidamento, una consegna. Questa vita così fallimentare e disperata può
ricominciare, può trovare riscatto. La peccatrice esce dalla paralisi dello
spirito: quella che fa credere che non c'è più nulla da fare, che bisogna
rassegnarsi, che le cose non cambieranno mai, che si è perduto troppo tempo, che
si sono sprecate troppe occasioni. Il Signore gliene darà un'altra:
«La tua fede ti ha salvata; va' in
pace!». Il suo entrare nella casa del
fariseo contro ogni buon senso non è animato soltanto da un grande coraggio, al
limite dell'incoscienza, ma anche dalla gioia di chi ha deciso che ricominciare
è possibile, che la vita può continuare.
Fiducia in “qualcuno” speciale
Legata a questa gioia coraggiosa, c'è la fiducia
incondizionata nel Signore. La peccatrice non è così ingenua da non comprendere
che i suoi gesti saranno interpretati male, saranno visti come un assurdo
tentativo di seduzione. Ma non rinuncia a farli. Sente e sa che Gesù non la
giudicherà male, che sarà capace di non fraintenderla, che non la manderà via e
neppure si approfitterà di lei, della sua disponibilità, del suo rimanere ai
suoi piedi. È la gioia di chi sa di essere conosciuto, scoperto in tutta la sua
miseria eppure ugualmente amato. Il Maestro saprà volerle bene, e non sarà
nemmeno preoccu pato di dirle «convertiti!» o «cambia vita!». Almeno per una
volta in vita questa donna ha la gioia di non essere usata, giudicata, segnata a
dito. Non dovrà sottrarsi agli sguardi degli uomini per la vergogna e neppure,
al contrario, attirarli su di sé, come la sua condizione di vita le chiede di
fare. Potrà essere guardata così com'è, nella sua umanità ferita, nella sua
condizione disonorata. Nella nostra vita cerchiamo soprattutto uno sguardo così:
non chiediamo di essere visti con un'indulgenza finta, condiscendente, che
simula di ignorare la nostra miseria. Chiediamo di essere accettati per quello
che siamo. E quando incontriamo qualcuno che
ci
ama
non perché
ignora
il
nostro
vissuto
e
le
nostre
ferite,
ma
perché
le
sa
accogliere
e
perdonare,
allora
comprendiamo di
potergli
consegnare
con
fiducia
tutto
quel
poco
che abbiamo:
la
nostra
intera
esistenza.
Amo come posso
La peccatrice ama come può, con il linguaggio che sa e che conosce. I gesti che
compie - tanto simili e tanto diversi da quelli di un corteggiamento o di un
tentativo di seduzione - diventano l'offerta di sé ai piedi del Maestro. È come
se dicesse a lui: «Non spaventarti per quanto faccio. Questo è l'unico modo che
ho per dirti che ti voglio bene». E Gesù risponde come meglio non si potrebbe,
non ritraendosi da questo amore dal quale sa cancellare ogni traccia di
ambiguità perché ne scorge la purezza dell' intenzione. In altre parole: Gesù
non ha paura a lasciarsi amare.
“volgendosi verso la donna,…
egli disse alla donna…”
La relazione con l’altro
Così scrive in un bel commento il teologo Aristide Fumagalli
(A. Fumagalli, Come lui ha amato, San Paolo, Cinisello Balsamo 2010.):
“Gesù ama desiderando la relazione con l'altro. Non impone all'altro un modo di
amare, ma ne accoglie il suo, non sfuggendo nemmeno alle carezze di una donna
quando esse, non perché maliziose, ma perché maliziosamente interpretabili,
potrebbero dare adito ai sospetti. Così facendo sembrerebbe richiamare alla sua
chiesa la necessità di non restare sempre imbrigliata nel timore di essere
equivocata.
L'amore non è un pericolo da cui guardarsi, ma una potenzialità da vivere. La
scoperta della bellezza espressiva di certi gesti, fuoriuscendo dalla loro
collocazione tra i gesti sconvenienti e peccaminosi, giunge quando qualcuno
mostra la loro bontà”.
Amare con iI corpo e con i gesti
Ci viene regalata la gioia di tornare ad amare col nostro corpo e con i gesti
che sa esprimere. Ci sentia mo liberati dal pensare ad esso come a un ingombro,
un involucro cattivo che imbriglia l'anima e lo spirito puro. E ci viene da
chiedere al Signore la purezza e la spontaneità dei bambini, la tenerezza che
sta nelle carezze dei vecchi, la libertà e la leggerezza della passione degli
innamorati. Spesso esprimiamo la nostra gioia solo a metà. Rimane come
mortificata dalla durezza della nostra espressione, dall'imbarazzo con cui ci
mostriamo incapaci di un abbraccio, dalla paura che frena il nostro libero
accostarci alle persone. E la durezza del tratto cancella anche le intenzioni
migliori, mortifica gli slanci del cuore, irrigidisce la scioltezza del discorso
e dell'incontro. La gioia di chi impara l'ampiezza e la misura dei gesti di
amore, al contrario, è una gioia che contagia e travolge, e che poco alla volta
impara anche il senso del limite e della distanza.
La dolcezza di stare a terra tra le lacrime
Un'ultima gioia possibile ci viene regalata da questo splendido brano di Luca: è
quella di chi impara la dolcezza dello stare a terra in mezzo alle lacrime.
“stando dietro, presso i piedi di lui, piangendo…”
“Vedendo
questo, il fariseo che l'aveva invitato disse tra sé: «Se costui fosse un
profeta, saprebbe chi è, e di quale genere è la donna che lo tocca: è una
peccatrice!».”
La posizione della donna - ai piedi di Gesù, nel
pianto, sotto l'occhio torvo e disgustato del fariseo e dei commensali -
parrebbe vicina alla disperazione.
In realtà mai come ora il suo cuore è pieno di
speranza. Finalmente questa peccatrice ha potuto gridare a tutti il suo
desiderio di purificazione, la sua voglia di riscatto e di perdono. Per poterlo
fare ha dovuto sfidare se stessa e l'ostilità del mondo circostante. Ma ne
valeva la pena.
Ci è capitato forse, di vivere una situazione così, di ritrovare in un momento
di tenebra la necessità di lasciarsi convertire e lavare dal pianto, il
desiderio di trovare un gesto di purificazione e di riscatto. Insensibilmente le
lacrime che accompagnano la confessione del nostro peccato e del nostro limite
diventano lacrime di gioia. Siamo ancora lì, a terra, armati soltanto del nostro
pianto e del profumo del nostro desiderio di tornare ad amare, e udiamo la
parola del Maestro che dice: «Sono perdonati i tuoi peccati, perché hai molto
amato. Va' in pace». La gioia di chi impara a piangere ai piedi di Gesù - alla
fine - è quella di chi trova pace.
Cosa è rimasto in quella stanza?
Proviamo a immaginare la stanza in cui si è svolta
questa scena di amore e di perdono. La tavola è stata sparecchiata, i commensali
se ne sono andati, i servi hanno pulito e raccolto gli avanzi, le luci sono
state spente, ciascuno è tornato a casa portandosi via un ricordo, un'immagine,
forse anche un turbamento nel cuore. Entriamo nella stanza e non troviamo più
traccia del banchetto sontuoso e di chi vi ha partecipato. Ma una cosa è
restata:
il profumo versato dalla donna.
“portò un vaso di profumo…
e
li cospargeva di profumo.”
Il pavimento e le pareti ne conservano la fragranza, l'aria ne è ancora
attraversata. Rimane, quando tutto è finito, la gioia di essere profumo, la
felicità di un gesto gratuito capace di restare nel contempo invisibile e reale,
percepibile ma non palpabile, silenzioso e intenso.
ORATIO
Domando umilmente di poter essere coerente con le indicazioni emerse dalla
meditatio. Esprimo fede, speranza, amore. La preghiera si estende e diventa
preghiera per i propri amici, per la propria comunità, per la Chiesa, per tutti
gli uomini. La preghiera si può anche fare ruminando alcune frasi del brano
ripetendo per più volte la frase/i che mi hanno fatto meditare.
Signore Gesù,
voglio essere per te come quel barattolino di olio di nardo che Maria
riversò sui tuoi piedi.
Voglio essere come nardo per camminare con te, amare con te le persone
che incontriamo quotidianamente; voglio essere strumento di rivelazione
della tua presenza. Dal mio profumo tutti devono sentire che tu sei qui.
Dal mio profumo tutti si devono accorgere della tua presenza, del tuo
amore.
Consumami tutto Signore, non lasciare che nessuna goccia vada sprecata.
Riversami dove tu vuoi; fa' che il mio agire, il mio diffondere la tua
presenza parta sempre da te e non avvicini amori fatui, amori leggeri.
Io come quell'olio e come Maria ho scelto la parte migliore che non mi
verrà tolta. Aiutami ad afferrarti Gesù.
Non permettere che la vita e i suoi buffi e strani andamenti mi
stacchino da te.
Ho trovato un tesoro, una perla preziosa; non posso sprecare una così
bella e grande occasione.
(Alessandro
Galimberti; 1980-2004)
CONTEMPLATIO
Avverto il bisogno di guardare solo a Gesù, di lasciarmi raggiungere dal suo
mistero, di riposare in lui, di accogliere il suo amore per noi. È l’intuizione
del regno di Dio dentro di me, la certezza di aver toccato Gesù. È
Gesù che ci precede, ci accompagna, ci è vicino, Gesù solo! Contempliamo in
silenzio questo mistero: Dio si fa vicino ad ogni uomo!
Per Cristo, con Cristo e in Cristo a te, Dio Padre Onnipotente,
nell’unità dello Spirito Santo,
ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoli.
Amen
ACTIO
Mi impegno
a vivere un versetto di questi brani, quello che mi ha colpito di più.
Si compie concretamente un’azione che cambia il cuore e converte la vita. Ciò
che si è meditato diventa ora vita!
Prego con la Liturgia delle Ore, l’ora canonica del giorno adatta al momento.
Concludo il momento di lectio recitando con calma la preghiera insegnataci da
Gesù: Padre Nostro...
Arrivederci!
(spunti liberamente tratti da alcune lectio di don Davide Caldirola, della
Chiesa di Milano)